Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonata

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Saper vivere. Norme di buona creanza

193412
Matilde Serao 1 occorrenze
  • 2012
  • Mursis
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Se voi siete sola, solissima in un villaggio, in un'isola abbandonata (e non si è mai assolutamente soli, anche in un deserto e anche in un'isola, esempio Robinson Crusoè), allora potrete anche fare una intera coltre al filet, potrete ricamare un intero mobile di un salotto, a punto antico, potrete, persino, fare degli arazzi di alto liccio; ma, se appena siete in tre, in quattro, in cinque, sarà una gran cosa, se metterete cinquanta punti nel vostro ricamo, se potrete fare due quadrettidi filet, se potrete dare una sola stella di colori argentei alla vostra bizzarra tappezzeria, che imita l'antico. Non lo sperate, i vostri lavori domestici ritorneranno in ottobre, quasi intatti, alla città. Eppure, dovete portarli con voi! Vi sono momenti, vi sono ore, in cui un lavoro fra le mani, sotto gli occhi, è di una necessità assoluta: esso è una scusa, un pretesto, un diversivo, un derivativo; esso è una salvezza, per esso gli occhi possono abbassarsi o alzarsi come vogliono, le mani sono occupate, la persona sembra scomparsa: esso calma i nervi, regola la voce, mette delle pause sapienti nella conversazione. Una donna che ricama, è venti volte più padrona di se stessa, accanto a un uomo, che una donna, la quale non fascia nulla: una donna, che fa l'uncinetto, è molto più la padrona di suo marito, che non una donna disoccupata... Io non approfondisco il soggetto, perché voi già lo avete tutto inteso, care lettrici: il lavoro è, dunque, un'arma di difesa e di offesa, in villeggiatura. E chi di voi vorrebbe andare alla guerra, senza corazza e senza spada?

Pagina 128

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193663
Costantino Rodella 2 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
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Spesso accade ancora che la fanciulla, abbandonata dall'amica di ieri, si rode di dispetto, e per vendetta fa delle accuse, e quindi la maldicenza e le recriminazioni, che disseccano le purissime vene dell'affetto. Onde quella concordia, che Marina notò sul principio in tutte le allieve, s'accorse che era solo di apparenza, solo alla superficie; ma sotto vi erano le piccole società, le fazioni, le passioncelle, i risentimenti, i dispettuzzi, le malignità. Cresciuta più negli anni e indagato meglio il cuore umano, trovò che quello che si scambia generalmente per affetto e amicizia, non è che amor proprio, o meglio amor di sè, egoismo bello e buono, e non amore degli altri; il che deve essere ben distinto. L'amore vero è l'antagonista dell'egoismo e dell'amor proprio; l'amore non dimanda nulla per sè, ma tutto per altrui; quando s' ama davvero, la nostra vita passa fuori di noi e si riversa sopra un' altra persona; laddove l'amor proprio rivolge tutto a sè, non pensa che a sè, cerca persone per parlar di sè, per narrare i suoi piaceri, per farsi compassionare nelle sventure, e invidiare nelle prosperità; e quindi siam sempre 1ì col nostro: io qui, io là; ma io ho fatto, io ho detto, che reca sazietà nell'amichevole conversare. L'amor proprio nasce da una sensibilità vivissima, che genera due inclinazioni troppo diverse, quali sono, di amare e il desìo di provar emozioni; le quali due disposizioni sono nella donna in grado eminente, perché come è facile a commuoversi e a maravigliarsi, altrettanto sente necessità di amare; e qui sta bene ricordare il nobile detto di Madama di Stael: che l'amore per l'uomo è un episodio, e per la donna è la storia di tutta la vita. Se non che il più delle volte piuttosto che amore è desiderio di piacere e di essere amata, che la domina; ed ecco qui l'amor proprio, che di nuovo fa capolino, il quale facilmente si scambia per una virtù; la vanità esagera le nostre facoltà, e presto ci persuadiamo di essere necessari; e quindi non crediamo mai d'essere stimati ed amati, quanto meritiamo, di qui quella sazietà dell'amica, quando non ha più nulla da comunicarci per farci maravigliare e commuovere, e quel cercare altre amicizie, altre emozioni, alimento che sempre manca, e sempre si cerca (1). La signora Bianca, che tanto bene sapeva distinguere l'egoismo attraverso agli affetti, aveva fin dai teneri anni cercato di sviluppare in Marina quegli amori, che non hanno ritorno, che vanno fuori di noi, che non portano compenso; come la cura de' fiori, degli uccelli; la protezione degli infelici. E forse anche questo contribuì a rendere Marina amorevole e generosa, ricca di affetto, senza cercar mai ricompensa; se non era la ricompensa più sublime, che sta nell'approvazione della coscienza, la ricompensa che Dio infonde nel cuore ben nato quando fa del bene. (1)V.M me NECKER DE SAUSSAURE, L’èducation progressive.

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E anche dopo che ebbe abbandonata la scuola, quelle ore concesse alla lettura, non eran romanzi che pigliasse in mano, ma libri di storia. Il padre le aveva fatto dono di tutta la collezione storica di Duruy, che a poco a poco lesse tutta non solo, ma ne fece anche de' compendi. Che diversità dalla cugina Erminia, essa pure si deliziava nella lettura, anzi passava tutto il dì a divorare libri, la madre la credeva una letterata coi fiocchi! Figuratevi; aveva letto tutti i romanzi, che da vent'anni in qua diluviano in Italia dalla Francia e dall'Inghilterra! Ma trovatasi un dì con Marina, e ragionando amichevolmente, questa aveva un buon senso, una sicurezza sui costumi de' popoli, una ricchezza di cognizioni, che l'Erminia n'era maravigliata; ed è allora che s'accorse d'aver sciupato il tempo; perché spremendo la sua mente per vedere che c'era rimasto di tutta quella falange di libri divorati, nulla ne veniva fuori. E così appunto è della lettura di romanzi, i quali svaporano in un impotente sentimento, e in isterili aspirazioni, che si sfogano in alcune lagrimette, e nulla più; quando non corrompono il senso morale.

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