Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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GIACINTA

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Capuana, Luigi 5 occorrenze

La sua fanciullezza abbandonata le si aggravava sul cuore terribilmente, coi piú vivi particolari, rimescolandola tutta. E quando le passava dinanzi agli occhi l'immagine di Beppe, con quel testone nero e quelle pupille nere che l'avevano tenuta cosí sottomessa, sentiva vibrare per tutto il corpo una sensazione strana, d'inesplicabile tenerezza verso quell'unico amico della sua infanzia che l'aveva tanto divertita e le aveva voluto un po' di bene! E i baci di quelle labbra carnose le rifiorivano, caldi, per un istante, sulle gote insieme colle carezze delle ruvide mani di lui. Cosí le si accresceva la smania di rivedere i luoghi dov'era trascorsa la sua fanciullezza, cari luoghi che dopo cinque anni di lontananza già prendevano nella sua immaginazione proporzioni grandiose, splendori abbaglianti. Che altro le avrebbero rammentato quel ripostiglio, quegli alberi, quei viali, quel chiosco del giardino di cui le pareva di poter contare ancora sulle piante rampichine, i viticci spenzolanti e le foglie ad una ad una? Ma l'assaliva lo sgomento: - Ah! ... La sua mamma non le voleva bene! Pensando a questo, subito le si gonfiavano gli occhi di lagrime. - Perché non le voleva bene? Perché? E dal dispetto, sentiva seccarsi il pianto. - Sarebbe arrivata a odiar la mamma? E tremava.

Son cresciuta fin oggi quasi abbandonata a me stessa; lasciami continuare cosí. Non dubitare, non avrai noie per cagion mia. Le mie idee non sono assurde, vedrai ... Ma lasciami libera, assolutamente, te ne prego! ... In ogni caso, dovrò prendermela soltanto con me. Aveva parlato a scatti, quasi facesse uno sforzo per frenar le parole, tenendo bassa la testa, con gli occhi fissi al pavimento, stirando qua e là convulsamente le pieghe sul davanti del vestito; e la signora Marulli seguiva macchinalmente con lo sguardo quel significativo arrabbattarsi delle mani di sua figlia, intanto che ogni parola di essa le martellava sul cuore; poi si rizzò, dominandosi a stento. - Per ora in casa comando io! - disse con la voce turbata - Che t'immagini? ... Che ti si è dato a intendere? ... Son forse queste le lezioni apprese in collegio? - Il collegio ci rende quali ci ricevette! - rispose Giacinta. - Sei un'ingrataccia! - No, mamma. - Un'ingrataccia! ... - replicò la signora Teresa. - Ma, bada, ve'! È bene che tu lo sappia: a me i romanzetti non garbano punto. So come troncarli: tientelo per detto. - Se tu credi che io abbia dei romanzetti pel capo! - Che significa dunque quel: lasciami libera? - Te lo spiegherei se tu fossi piú calma. - Sono calma, calmissima; ci vuol altro per agitarmi. Che significa dunque? ... E aspettava la risposta mordendosi il mignolo, col gomito appoggiato sull'altro braccio piegato sotto il seno, scotendo irrequietamente un piede ... Giacinta esitava. - Significa - poi disse - che l'avvenire è ancora lontano ... ; che, per ora, né io né te dobbiamo ... legarci le mani. Credimi, ho in orrore la società, benché la conosca assai poco ... Non darti pensiero di me ... Se dovrò prender marito, non prenderò che una persona di mia scelta, risolutamente ... a costo di farti dispiacere ... Ma non lo prenderò, mamma ... Ho un presentimento ... Che so? ... Ecco ... non riesco a spiegarmi ... Non darti piú pensiero del mio avvenire ... Non ci penserò nemmeno io ... Qualcosa nascerà ... vedrai ... Però, te lo ripeto, non avrai noie per cagion mia ... Lasciami fare ... anche una sciocchezza! Che te ne importa? ... La signora Teresa non aspettò che terminasse; le voltò le spalle, sbatacchiando l'uscio con violenza. E Giacinta ricadde abbandonatamente sulla seggiola, sfinita dallo sforzo fatto e quasi sgomenta della piena coscienza di sé stessa acquistata in quel punto.

Elvira, sopraffatta da un repentino nodo di tosse, diventata livida in viso, s'era abbandonata sul canapè, portando il fazzoletto alla bocca. - Non è nulla, - si affrettò a dire, rimettendosi quasi subito. - È passato: non è nulla. Ma non poté nascondere il fazzoletto senza che Andrea non si accorgesse della macchia rossa rimastavi impressa. La signora Emilia era scappata via per non farsi vedere dalla figlia con le lagrime agli occhi. Andrea posò le carte sul tavolino: - Si riguardi; continui la cura ... - Non prenda ora questa scusa ... - È impossibile; non saprei piú far nulla. Rimandiamo il miracolo a un'altra volta. Ma si riguardi, si riguardi!

Giacinta trovavasi nel suo salottino, abbandonata sulla poltrona, in uno di quei deliziosi abbattimenti che le montavano all'improvviso dalle viscere agitate. Vedendo entrare sua madre come un colpo di vento, lasciò cascare il libro di mano; e il braccio le spenzolava fino a terra, mollemente. - Ma, dunque, hai perduto la testa? La signora Teresa le si era piantata dinanzi, con le braccia in croce, ancora pallida dalla rabbia. Giacinta la guardava, sollevandosi a poco a poco sulla vita, già indovinando: ma rispose: - Perché? - Me lo dimandi? ... Gerace ha rinunziato al suo impiego ... E il tono della voce lasciava capire: e siete stati d'accordo! - Fa quel che gli pare e piace. - È un miserabile, se si rassegna ... a lasciarsi mantenere da te! La signora Marulli alzava la voce, minacciava con la mano. - Mentono! - disse Giacinta. Aveva bisogno di negare, per contenersi, per farsi forza. Sugli occhi le passavano larghe ondate di nebbia; alla gola aveva un nodo. E si contorceva sulla poltrona, si mordeva a sangue le labbra per impedire che la piena di terribili rimproveri, gonfiatasi a un tratto nel suo cuore, non irrompesse, insultando. - Mentono? - replicava la signora Teresa con feroce ironia. - Mentono? ... Tanto meglio. Conviene smentirli. - Certe calunnie non le raccatto. Egli, forse le ignora. - Sarà bene che tu l'avverta. - No. Varrebbe come dirgli: allontanatevi di casa mia. Non voglio abbassarmi fino a questo; farei troppo piacere a taluni. E una smentita che non fosse spontanea non avrebbe, in questa circostanza, nessun valore per me. La signora Teresa era ammutolita: - Come? Non rispondeva altro? Alzava le spalle? - E se colui - riprese a dire, tornando ad alterarsi - insiste nella sua rinunzia! ... Oh, insisterà! ... Insisterà! Poiché tu lo mantieni! Glielo buttava in faccia con tutto il disprezzo della sua collera, come una lordura, mentre sua figlia, a mani giunte, cogli occhi desolati, balbettando, la supplicava di tacere. - Poiché tu lo mantieni - ella replicava, calcando la voce. - Dovrei, forse ... farmi mantenere da lui? - Oh! ... La signora Teresa s'era sentita colpire al petto, a bruciapelo; e barcollò, brancolando per trovare una seggiola. - Mamma! Mamma! Giacinta, che s'era slanciata a sorreggerla, l'aiutava a sedersi. Avrebbe voluto mozzarsi la lingua, avrebbe voluto scancellare perfino dall'aria l'insulto sfuggitele di bocca: - Mamma! Mamma! Ma la signora Teresa, respingendola, si voltava dall'altra parte per evitarne gli sguardi. Non poteva parlare; era la prima volta che si sentiva addirittura vinta, calpestata; e le pareva di morire. - Mamma, mamma, perdona! - singhiozzava Giacinta, inginocchiata ai suoi piedi. - Un sorso d'acqua! - disse la signora Teresa. E mentre quella correva di là, per servirla con le proprie mani ed evitare le indiscrezioni delle persone di servizio, ella s'andava tastando la testa, come se vi sentisse il dolore di un colpo di mazza piombatovi su. Giacinta le accostò, trepidamente, il bicchiere alle labbra; poi, intinta nell'acqua la punta d'un fazzoletto, le bagnava la fronte e le tempie. Sua madre la lasciava fare, ad occhi chiusi, concentrata, rimproverandola soltanto con lunghi tentennamenti di testa. - No! Sta' zitta! - le ripeteva Giacinta. - Ne riparleremo. Non devi pensarci ... Perdona! - È finita! - rispondeva la signora Teresa svincolandosi dalle mani che tentavano di trattenerla ancora. - Questo è un colpo che mi uccide! Lo sento qui, nel cuore! Fa', fa' pure a tuo modo! - aggiungeva quasi calma, ma piena di durezza. - Non posso impedirtelo ... È già un pezzo che non mi dài retta. Te n'avvedrai appresso, povera illusa, tu che ti fidi dell'amore d'uomo come quello! Oh, fa' pure! ... Non ti dirò una sola parola: aspetterò. Quando avrai finito di trascinare nel fango il tuo nome, il tuo onore, la tua fortuna, per metterli sotto i piedi di quel miserabile ... sí, miserabile! Vedi? lo dico senza sdegno ... - Zitta, mamma! ... Zitta! - Quando i nostri nemici, t'avran vista arrivare dove neppure il loro odio avrebbe creduto possibile che tu arrivassi; quando la passione, che ora ti accieca ... Ma allora ... allora, forse, non sarò piú qui, per poterti rinfacciare; sarò morta! ... Non vorrà dire; te lo rinfaccerai da te stessa: La mamma aveva ragione! ... E tutte queste parole, che ora disprezzi ... e non han servito che a farmi insultare, tutte, sillaba per sillaba, ti verranno in viso ... Vedrai! Giacinta stette un momento ad ascoltarla a capo chino, atterrita alla voce lenta e cupa che pareva gittasse un infame maleficio sull'avvenire di lei, con quelle esclamazioni ripetute come rintocchi d'una campana d'agonia; poi scattò, con tutte le forze del suo sangue, delle sue fibbre, dei suoi nervi ... - L'amo! ... intendi? L'amo! ... Che m'importa di voialtri? ... Resterà!

Giacinta sguizzava leggera fra le coppie che ballavano confusamente, abbandonata al suo ballerino che, guidandola, le domandava: - Si sente stanca? - No, punto. E giravano, giravano, sguizzavano; Andrea Gerace un po' serio, ella sorridente, da persona già come abituata, quantunque fosse quello il suo primo ballo. - Lei balla come una meridionale - le disse Gerace in un momento di sosta. - È la prima volta che io non rimpiango le feste di Napoli. - Son lieta - rispose - di rammentarle in qualche modo le signorine di laggiú. - Me le fa dimenticare. - ... Che caldo! Si soffoca. Si soffocava infatti; ed era un continuo agitar di ventagli ora che l'orchestra si riposava. Gli uomini si facevano vento coi cappelli a molla schiacciati. - Gerace, una canzonetta delle vostre! ... La signora Villa gliel'aveva detto con quella smanceria di voce e di atteggiamento bambinesco ch'ella soleva affettare per far piú colpo. - Sí, sí! La signora Rossi, la Mazzi, il Porati, il Gessi e gli altri ch'eran lí appresso approvarono. - La Carmenella! Mastro Raffaele! suggerirono ad una volta Merli e Ratti. Anzi il Ratti andò a prenderlo addirittura pel braccio, e facendogli delle moine come una signorina, fra le risate che scoppiavano da ogni parte della sala, lo conduceva al pianoforte dove già preludiava il Porati. - Che simpatico giovane! Giacinta si limitò ad accennare col capo che era della stessa opinione della Gina. Non voleva perdere una nota. Quella melodia, improntata di una gaiezza mesta, si dondolava col suo ritmo, mollemente, e faceva dondolare, per consenso, tutte le teste: poi, all'ardito strappo di voce che riprendeva la frase allegra del ritornello, correva attorno un mormorio di entusiasmo represso. Gina, presa la mano di Giacinta, gliela stringeva forte nei passaggi piú belli, quasi stesse per isvenirsi. - Canta meglio del solito questa sera! - le diceva sotto voce. Quella sera Gerace aveva anche una singolare maniera di lanciar le note verso Giacinta; ed essa, che se n'era accorta, se le sentiva aggirare attorno alla persona, posar sulla fronte, strisciar lievemente sulle guance e sul collo, solleticanti; e aggrottava le sopracciglia, e si chinava inavvertitamente verso di lui, attratta da quella strana sensazione cosí nuova per lei. Quando alla fine scoppiaron gli applausi, le parve di destarsi da un sogno. - Quella musica era durata un'eternità? ... Un minuto secondo? Non sapeva rendersene conto. Gerace le si era avvicinato per ringraziarla degli applausi. - Son io che debbo ringraziar lei - rispose. - Che musica! Mi è parso quasi di veder Napoli e il suo golfo, che, forse, in realtà non vedrò mai. - Ti diverti dunque, malatina? - venne a dirle Mochi in quel punto. La sorvegliava, inquieto, da un pezzo; e le porse il braccio, mentre Giacinta rispondeva: - Non è difficile, a quel che pare. Vedendoli passare tra la folla degli invitati, la Maiocchi ammiccò alla signora Villa seduta dirimpetto. L'assiduità del Mochi attorno di Giacinta cominciava a dar nell'occhio: - Quel vecchio dissoluto era capace di tutto! La signora Maiocchi notò che Giacinta, tornando in sala sempre al braccio del Mochi, era un po' rannuvolata. Infatti non ballò piú. - Grazie - disse al Ratti che la invitava ad una polka. - Sono stanca. Ho ballato anche troppo; son convalescente. Mi scusi.

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