Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIFI

Risultati per: abbandonarti

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

ABRAKADABRA STORIA DELL'AVVENIRE

676014
Ghislanzoni, Antonio 1 occorrenze
  • 1884
  • Prima edizione completa di A. BRIGOLA e C. EDITORI
  • prosa letteraria
  • UNIFI
  • w
  • Scarica XML

- Abbandonarti! - esclamò il levita colla sua voce d'angelo - qual altra missione può avere il sacerdote di Cristo fuori quella di portare la croce degli infelici, di perdonare e di redimere? I due viandanti si abbracciarono, e di nuovo si posero in cammino. FINE DEL PROLOGO.

IL GIORNALINO DI GIANBURRASCA

683057
Bertelli, Luigi - Vamba 1 occorrenze
  • 1912
  • MARZOCCO Sessantunesima edizione
  • prosa letteraria
  • UNIFI
  • w
  • Scarica XML

Potevo abbandonarti, giornalino mio caro, unico conforto in tante vicissitudini della mia vita? No, mille volte no! Zitto, zitto, in punta di piedi, salii nella mia cameretta, mi misi, il cappello, presi la mia borsa e ritornai giù, pronto a lasciar la casa di mia sorella per sempre. Ma non feci a tempo. Proprio nel momento in cui ero per varcare la soglia di casa, Luisa mi agguantò per le spalle esclamando: - Dove vai? - A casa - risposi. - A casa? - A quale casa? - A casa mia, dal babbo, dalla, mamma e dall'Ada... - E come fai a prendere il treno? - Non prendo treno: vo a piedi. - Disgraziato! A casa anderai domani. Collalto ha spedito al babbo in questo momento, la lettera alla quale non ha aggiunto che queste parole: "Stamani Gian Burrasca in meno di un quarto d'ora ha fatto tante birbanterie che ci vorrebbe un volume a descriverle. Venga a prenderlo domattina, e gliele dirò a voce". - Mi sentivo accasciato sotto il peso delle mie sventure e non replicai. Mia sorella mi spinse in camera sua e, vedendomi in quello stato, cedette e un sentimento di pietà, e passandomi una mano sul capo esclamò: - Ma Giannino, Giannino mio! Come hai fatto a far tanti danni in pochi minuti che sei rimasto solo? - Tanti danni? - risposi singhiozzando. - Io non ho fatto niente... È il mio destino infame che mi perseguita sempre, perché son nato disgraziato... - In quel momento entrò il Collalto che, avendo udite le mie ultime parole, esclamò a denti stretti: - Disgraziato? Disgraziati son quelli che devono tenerti in casa... ma per me, questa volta puoi star sicuro, è una disgrazia che finisce domani! - L'accento ironico di mio cognato mi fece tanto rabbia in quel momento, che le lacrime mi si seccarono a un tratto negli occhi, e scattai: - Sì, disgraziato! Qualche volta, è vero, m'è successo di far del male che poi è riuscito in bene per gli altri, come il fatto di quel marchese che faceva i bagni di luce dal professor Perussi il quale guadagna ora dei bei quattrini con la cura della cipolla che ho inventata io... - Ma chi te l'ha detto?... - Lo so e basta. E come quell'altro fatto della marchesa Sterzi alla quale ho fatto credere che tu mi abbia guarito dalla voce nasale... - Zitto! - No, non voglio stare zitto! E siccome quel fatto ti fece dimolto comodo, così tu non mandasti la lettera a casa mia, per non dare un dispiacere ai miei genitori! Succede sempre così: quando il male che può fare un ragazzo vi torna utile, voialtri grandi siete pieni di indulgenza; mentre poi se facciamo magari qualcosa a fin di bene e che ci riesce male, come è successo a me stamani, allora ci date tutti addosso senza remissione!.. - Come! Ardiresti di sostenere che quel che hai fatto stamani era a fin di bene? - Sicuro! Io volevo far godere un poca di libertà a quel povero canarino che s'era annoiato a star sempre rinchiuso in quella gabbia; è forse colpa mia se il canarino appena fuori ha sporcato il ricamo di seta della sera Matilde? Allora il gatto l'ha voluto castigare e gli è saltato addosso; è colpa mia se Mascherino è troppo severo e si è mangiato il canarino? Per questo fatto si meritava una lavata di testa e io l'ho messo sotto la cannella del bagno... È colpa mia se l'acqua gli ha fatto male allo stomaco? È colpa mia se ha rotto il vaso di vetro di Venezia? È colpa mia se, non riuscendomi di chiudere la cannella del bagno, l'acqua ha allagato il salotto e ha fatto scolorire il tappeto di Persia della sora Matilde? E poi io ho sempre sentito dire che i tappeti veri di Persia non sbiadiscono... Se è sbiadito vuol dire elle non era persiano... - Come non era persiano! - urlò in quel momento la sora Matilde entrando in camera di mia sorella come una bomba. - Anche le calunnie! E che calunnie! Si osa calunniare la buon'anima di mio zio Prospero che era un galantuomo, incapace di regalarmi un tappeto persiano falso!... Ah! Quale profanazione, mio Dio!... - E la sora Matilde appoggiò un gomito sul cassettone alzando gli occhi al cielo e prendendo una posa malinconica che mi è rimasta così impressa da poterla riprodurre come un ritratto con la fotografia, e che lì per lì mi fece proprio ridere. - Andiamo, via! - esclamò mia sorella. - Non bisogna poi esagerare: Giannino non voleva certo mancar di rispetto a tuo zio... - Non è forse mancar di rispetto a mio zio il dire che mi ingannava regalandomi dei tappeti coi colori falsi? Sarebbe come se dicessi a te che hai le gote tinte col rossetto! - Eh no! - rispose piccata mia sorella. - Non è lo stesso caso perché il tappeto alla fin fine è scolorito, mentre io ho in faccia una tinta che non sbiadisce, e, grazie a Dio, non divento mai gialla... - Dio, come prendi le cose sul serio! - esclamò la sora Matilde sempre più indispettita. - Io ho fatto un paragone, e non ho voluto dir niente affatto che tu ti tinga. Se mai lo dice qui il tuo signor fratello che mi ha raccontato che quando eri ragazza avevi il rossetto sulla toelette... - A queste parole mi sentii arrivare uno scapaccione che veniva certo da mia sorella, e corsi a chiudermi in camera mia, dalla quale sentii una gran lite che si accendeva tra le due donne che facevano a chi urlava di più, mentre ogni tanto la voce del Collalto cercava invano di calmarle esclamando: - Ma no... Ma sì... Ma senti... Ma pensa... - E rimasi nella mia camera finché non venne Pietro a prendermi per andare a pranzo, durante il quale il Collalto e Luisa, tra i quali ero a sedere, mi tenevano a turno per la giacchetta come se io fossi stato un pallone senza frenare, e loro avessero avuto paura che volassi via da un momento all'altro. La stessa scena si è ripetuta stamani per la colazione, dopo la quale Pietro mi ha riaccompagnato qui in camera dove sto aspettando l'arrivo del babbo il quale certamente considererà la cose dal lato peggiore, come fanno tutti! Intanto Pietro mi ha detto che Luisa e la sora Matilde non si parlano più da ieri... E anche di questo si dirà che la colpa è mia come se dipendesse da me il fatto di avere una sorella con la faccia troppo rossa e una cognata con la faccia troppo gialla!...

Il maleficio occulto

684174
Zuccoli, Luciano 1 occorrenze

. - Ma non vedi, non vedi che sei troppo bella per potere abbandonarti; non capisci che si soffre qualunque cosa, pur di averti? Su guàrdati, dunque! Cerca di comprendere; pensa al nostro passato; ricòrdati ciò che ho fatto io.... Questa medesima notte non ti dice nulla?.... Non commetto una follìa, ora, qui, in casa tua, chiuso con te, mentre tutti lo sanno? E che cosa vuoi tu fare contro di lui? Vuoi accusarlo? Vuoi dirgli ch'egli lasciò uccidere una donna, la quale egli doveva difendere? Vuoi dirgli ch'egli desidera prima le tue ricchezze e poi te? Come potrai trovare tutto questo, se io stesso non oso, io che lo odio con tutta la potenza del mio cuore e del mio cervello? Devi tacere, devi darti a lui: è troppo tardi; non gli sfuggi più.... Se anche non ti ama, ha bisogno del tuo denaro.... Sì, la frase è brutale, ma mi piace, perché è vera!.... E pel bisogno di denaro, se non per concupiscenza di te, egli è pronto a soffrire qualunque cosa.... Non vedi come s'è adattato alla mia intimità, come mi accoglie, come mi sorride, come m'invita?..... Io sono il pedaggio: per giungere a te e al danaro, bisogna soffrire la mia presenza..... Ed egli ha capito, obbedisce, s'è fatto piccolo.... Ah che cosa puoi contro simile uomo? Di', che cosa puoi?..... E ciò dicendo, le afferrai le mani, la scrutai negli occhi, quasi per costringerla a meditare, per rapirle un'idea..... - Ci penserò, -.- ella rispose, mentre le lagrime le scendevano per le guance pallide. - Mi ucciderò, piuttosto.... Ma dimmi: tu che cosa sai di lui?.... Di che l'accusi? - E' vero, mormorai. - Di che l'accuso? Non si vede ancora abbastanza..... Sedetti, e con la testa fra le mani, guardando nel vuoto, raccolsi il pensiero, mentre Clara aspettava in piedi. - E' strano, - dissi lentamente. - Codesta figura è inafferrabile: ora l'ho viva e chiara innanzi agli occhi, ora si annebbia e mi sfugge, com'è sfuggita a tutti, ai giudici, al pubblico, a tutti. No, io non l'accuso di complicità materale; e nemmeno l'accuso d'aver voluta e preparata la morte di sua moglie; e nemmeno l'accuso d'aver intuito sicuramente ciò che stava per avvenire. Ma egli desiderava che ciò avvenisse, e ha lasciato crescere di giorno in giorno la possibilità, se non la probabilità, del fatto.... Mi rivolsi a Clara direttamente. - Egli è un giuocatore, capisci? Ha la psicologia del giuocatore, ed ha giuocato una carta. Ha, per così dire, lasciato aperto l'uscio alla fortuna; non è colpa sua se pel momento la fortuna era rappresentata dal delitto....... d'un altro! Egli aveva bisogno d'essere libero, poiché la donna da lui sposata non cedeva alle pretensioni di danaro; la morte di lei significava il largo, incontrastato possesso d'ogni bene: egli si è augurata la morte della donna, e, non osando uccidere, si è guardato dal difenderla contro un pericolo. - Ma tutto ciò è mille volte più orribile dell'assassinio! - esclamò la giovane, con una smorfia di disgusto. - E cotesto pericolo c'era, esisteva? - seguitai. - Sì, è indubitabile: la solitudine della villa e la sua postura a pochi chilometri dal confine svizzero; l'audacia del ladro, la quale cresceva col crescere dei sospetti, la condizione disperata di lui, per la quale o perdeva o vinceva tutto in un colpo; quel medesimo furto dell'anello, commesso nella camera della baronessa, la soglia della qual camera non incuteva dunque al ladro nè paura nè rispetto...., Queste erano minacce gravi e continue: supponendo anche l'assurdo, supponendo il barone ben lontano dall'imaginare chi fosse il ladro, in ogni caso non era obbligo suo di rimanere presso la moglie? Qual'è l'uomo che abbandona una creatura debole in condizioni simili, di giorno e di notte? - Sì, sì - interruppe Clara - sì, è certo, hai ragione: egli ha desiderato di ucciderla! L'ha data in balìa ad altri, a un'altr'uomo, a un bruto, perché la finisse!...... Oh! ma non trovo parole per costui: è un rettile. E' peggio, peggio, peggio dell'assassino che hanno condannato all'ergastolo!..... Agitata, convulsa, con un singhiozzo violento che pareva romperle il petto, ella si lasciò cader sul divano, portando le mani fredde alle tempie brucianti; i capelli d'oro le fluivano giù per il fianco, ed ella s'inchinò lievemente, si distese quant'era lunga. - E' il tuo sposo di domani, costui! - dissi. Ah! ma finiscila! - rispose Clara con violenza. - Non mi vedrà più! Sii buono, finiscila, non impaurirmi ancora! Vedendo ch'ella rabbrividiva di freddo o di terrore, presi dal divano la mantiglia e l'avvolsi attorno al busto della giovane, stringendomela fra le braccia. E' l'odio che mi rende implacabile e cattivo - spiegai sommessamente. Io odio cotesto uomo, non solo pel male ch'egli meditava di fare a te, ma anche pel delitto che ha commesso contro l'altra infelice. La quale era bella, m'hanno detto, e gentile e dolce e desiderosa d'amore. Ah, sa scegliere le sue vittime, con un gusto che par ferocia, colui!... Ma dimmi, Clara: tu ignoravi ch'egli giocasse? - Ignoravo tutto, tutto! - esclamò Clara. - Qui a Firenze, come a Milano, come dovunque, è molto stimato.... - A Milano, però si conosce la sua passione senza freno, - osservai. - A Milano io non abito; e d'altra parte, una donna sa sempre ben poco: voi conoscete molte cose, avete il passaggio in ogni luogo; una donna è schiava, al vostro confronto. Tu stesso, che avresti osato dirmi, se.... se non ne avessi il diritto pel nostro passato? - E' vero, - mormorai. - Il mio amore ti ha fatto un po' di bene..... Clara si tolse alla mia stretta, indovinando ch'io stava per coprirle il volto di baci; e rispose: - Ti devo una gratitudine infinita....... Io scrollai le spalle, sorridendo con amarezza, e la lasciai. - Non ti basta, è vero? - continuò la giovane. - Devo essere tua, anche non amandoti più? Non credere ch'io voglia tormentarti con queste parole: ho per te un'affezione profonda; ma è un'affezione come per un fratello.... Ciò che si chiama amore, è svanito. Io ascoltavo, sentendo di non poter nulla rispondere; e poiché stava silenzioso, pallido, a testa bassa, Clara, dopo un lampo d'esitazione, aggiunse con voce sommessa: - Vieni qui..... Io mi avvicinai. - Mi vuoi? - ella seguitò sottovoce. - Se posso darti un po' di gioia, ebbene, prendimi! Non voglio vederti soffrire. - Mi ami? - domandai, chinandomi verso la giovane. - No, - ella rispose nettamente. - Ti voglio molto bene: l'ho detto. La guardai: lo sguardo diritto dei grandi occhi grigi e limpidi era sincero. Mi levai quasi con un balzo. - Non pensiamoci - dissi, scuotendo la testa. - Se non mi ami, sarai di marmo!.... Nel lungo silenzio che seguì, rimasi in piedi, addossato alla specchiera, fissando quell'amante morta. Pareva morta anche fisicamente, così stesa e senza moto, a occhi aperti. Ella non pensava già più alle sue parole: riviveva forse il dramma che io le avevo narrato; e per non soffrire oltre, io che soffriva atrocemente per le parole vere uscite dalla bocca indimenticabile, mi sforzai d'imitar la donna e di ripensare a colui che poteva ancora farla sua. - Capisci l'uomo? - dissi improvvisamente. - Da quando t'ha incontrata qui a Firenze, non giuoca più. Sa vincersi; e perciò è temibile. Non giuoca; ma domandagli che ha fatto delle sue terre, e d'una casa a Milano, e d'una villa in Val Malenco. Sfumate come la nebbia, a colpi di macao o di faraone. Domandagli se conosce Montecarlo, e la jetée di Nizza, e il Casino di Vichy. - Montecarlo? - interruppe Clara. - Ne parlavamo alcune sere addietro; mi disse che non c'era mai stato. - L'ipocrita! -.... e che giuocava a domino, qualche volta, e che s'addormentava subito. A domino è probabile: mi ci addormento io pure. Ma dovresti farti spiegare il trente-et-quarante, o la roulette. Insomma non dirà nulla. Questo è il suo corredo di nozze: lo tiene in serbo per fartene una sorpresa più tardi, - Mai, mai, mai! - ripetè la giovane, levandosi in piedi e ravviandosi i capelli. - Bada: è un lottatore formidabile. Conosce tutte le arti. - Clara alzò le spalle. - Ci penserò - disse. - Non dubitarne: difendo la mia vita. - Oh, a lui basterebbe la tua borsa! - conclusi. - Va; sono stanca: reggo appena, - mormorò Clara. - E' quasi l'alba.... Mi accompagnò alla portai, ne girò la chiave, l'aperse. Quando fummo ambedue sulla soglia, mi guardò in faccia. - Ti ringrazio? - domandò con un sorriso breve. E innanzi che io avessi potuto rispondere, la sua bocca era congiunta alla mia...... - Poiché sono di marmo, - ella disse maliziosamente,questo non ti fa male..... Rinchiuse la porta, scomparve, e il suo passo si spense..

Pagina 33

Cerca

Modifica ricerca