Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonarlo

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SCURPIDDU

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Capuana, Luigi 1 occorrenze

Pure non osava credere che Paola avesse potuto fargli la partaccia di abbandonarlo! Le voleva tanto bene! L'avea cresciuta e addestrata con tanta cura! Gli teneva così buona compagnia la sera nel suo bugigattolo, quando si metteva a discorrere con lei appollaiata nel paniere infisso nel muro e che le serviva da nido! Ormai non la reputava più una tàccola, ma una persona: tanto si mostrava intelligente ed affezionata! Com'era carina - sembrava un bambino bizzoso - nei momenti che gli faceva i dispettucci di tirargli l'orecchio, un ciuffo di capelli, di strappargli di mano un oggetto, il fil di rame, per esempio, in quei giorni che egli stava occupato ad annodare coroncine e badava poco a fare il chiasso con lei! Gli teneva il broncio, si allontanava su per gli alberi attorno, accorreva con ritardo al richiamo di lui, come se volesse castigarlo ... E appena si risolveva, che carezze, che vellicamenti di orecchi! E con che grazia gli si appollaiava sul braccio, piegando le gambine, talvolta mettendo la testa sotto un'ala, quasi intendesse di dirgli: - Vorrei stare qui sempre! Ci si sta così bene! - Giacchè per lui Paola parlava a verso suo, sì, ma parlava, e pure intendeva le parole di lui. - Paola ! Ehi! Paola ! Paola ! Vide apparire di su la cima del Monte un gran stormo di tàccole che volavano fitte e facevano una macchia nera nel cielo azzurro. Scendevano, gracchiando allegre, rapidamente, verso le rocce della vallata dov'erano i loro nidi, Scurpiddu attese che gli passassero, in alto, sul capo, per chiamare replicatamente: - Pao! ... Pao! ... Pao! .. - mangiandosi l'ultima sillaba del nome per imitar meglio il grido delle tàccole; e facendosi visiera della mano contro il sole, guardava ansioso, se mai avesse potuto riconoscerla. E l'aveva riconosciuta dalla catenina di rame che le straluccicava al collo Allora si era messo a gridare più forte: - Paola ! Pao! ... Pao!.. - Ma le altre tàccole avevano circondato Paola per condurla con loro, come una conquista gloriosa, a viver libera tra le rocce. Scurpiddu notò infatti che, un istante, Paola si era arrestata, aveva piegato il volo in giù, e che le altre tàccole, stringendosele attorno, beccandola, spingendola, l'avevano costretta a tirar via, tra un clamoroso gracchìo di vittoria. Lo stormo era già lontano, e Scurpiddu , immobile, con gli occhi gonfi di lagrime, credeva di veder luccicare ancora la catenina di fil di rame al collo dell'ingrata che lo abbandonava ... - Paola ! - gridò con voce soffocata dai singhiozzi. Ma Paola era già sparita dietro i fichi d'India che facevano siepe su l'orlo delle rocce nella gola della Caldaietta. - Vergogna! Piangere per una tàccola? - le disse la massaia. - Non sei più un bambino! A letto, prima di spegnere il lume, Scurpiddu si sentiva solo senza Paola . Guardava il paniere vuoto infisso nel muro e crollava il capo. Pure non disperava di rivederla. - Tornerà! - pensava. - Qui stava calduccia. A una buca della roccia non saprà adattarsi certamente. Tornerà! E la mattina, avanti di avviarsi coi tacchini al pascolo, si affacciò dal ciglio del precipizio dietro il frantoio per richiamare la fuggitiva, caso mai la scorgesse. Gli rispose soltanto l'eco, due o tre volte. Scurpiddu tornò addietro a capo chino, e sfogò la stizza coi tacchini che quella mattina non andavano diritto, o indugiavano a pascolare tra le erbe ai fianchi della strada. Guappo si buscò un bel colpo di canna, Vittorio Emanuele un calcio, Garibaldi un urto con la gamba. E per via, Scurpiddu guardava in alto, osservando gli stormi di tàccole che passavano gracchiando allegramente. Ma Paola non era tra essi; l'avrebbe sùbito riconosciuta. Con un groppo alla gola, dimenticava di cavar dalla tasca la colazione; non c'era più Paola che venisse a beccargli la fetta di pane nero tra le mani. Più tardi però l'appetito si fece sentire. Scurpiddu a ogni boccone, masticando lentamente, quasi il pane o le olive nere salate avessero sapore amaro, guardava attorno, lontano, lusingandosi ancora che da un momento all'altro Paola comparisse; ma l'infamaccia, - così egli diceva internamente, - non si faceva vedere! E sarebbe stato meglio, se non si fosse fatta più vedere. Sul tardi un piccolo stormo di tàccole, sei o sette, venne a posarsi sui mandorli di Rossignolo. Una di esse si staccò dal ramo poco dopo, e si mise ad aliare sul branco dei tacchini che pascolavano. Si accostava, tornava indietro rapidamente, riveniva esitante…Era Paola , con la catenina di rame che luccicava al collo! Scurpiddu non aveva forza di chiamarla, tanto la commozione gli paralizzava la lingua, dandogli frèmiti di gioia. Due o tre volte, Paola tornò a posarsi con le altre sul ramo del mandorlo, riprese ad aliare gracchiando, pareva attendesse il richiamo; poi le compagne spiccarono il volo e la condussero via. - Infamaccia! - singhiozzò Scurpiddu . Da quel giorno in poi la infamaccia non si fece vedere più.

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