Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonarle

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Come devo comportarmi. Le buone usanze

185167
Lydia (Diana di Santafiora) 1 occorrenze
  • 1923
  • Tip. Adriano Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Ogni madre di famiglia ha le sue occupazioni e, quando arriva il futuro genero, essa è costretta ad abbandonarle tutte. Quali sono i doveri d'una madre quando la figlia è fidanzata? Quale il contegno ch'essa deve tenere verso la giovane coppia? Una volta, le norme a questo proposito eran chiare e precise: i fidanzati non si vedevano, non si parlavano, non uscivano a passeggio se non sotto la sorveglianza oculata e continua della madre della fanciulla o d'altra persona della famiglia; per eccezione, questa sorveglianza era qualche volta affidata ai parenti dello sposo. Oggi, anche in questo, come in tante altre cose, si procede con meno rigore e si arriva anche a lasciare che i fidanzati vadano a passeggiare insieme soli, all' inglese. Qual'è, fra questi due estremi, la via da tenere? Noi crediamo che non si possano dare precise regole generali; poichè la necessità d'una maggiore o minore sorveglianza dipende da tante cose, che cambiano da famiglia a famiglia, da consuetudine a consuetudine. Una madre intelligente che conosce a fondo la propria figliuola e che ha avuto modo di far pratica delle inclinazioni e del carattere del futuro genero, saprà via via come regolarsi; e, quando crederà di poterlo fare senza danno, rallenterà un po' i legami d'una stretta sorveglianza. Ad ogni modo, essa si guarderà dall'eccedere nella sua condiscendenza; e ciò non solo per evitare inconvenienti che potrebbero sempre verificarsi, ma anche per non incorrere nel biasimo del mondo, la cui opinione, anche se errata o maligna, ha sempre gran peso. Così, noi non approviamo assolutamente il sistema di lasciare andar fuori soli i fidanzati, contravvenendo ad un uso particolare di tutta la stirpe latina. In Inghilterra, in Germania, si fa diversamente, lo so; ma quante altre cose si fanno in quei paesi, che in Italia non sono possibili! E ciò, senza tener conto delle differenze di clima, di razza, d'educazione. La madre lascerà invece una certa libertà alla figlia in fatto di corrispondenza. I fidanzati, si sa, hanno molte cose da dirsi, e anche se si vedono tutti i giorni, non possono fare a meno di scambiarsi spesso delle lettere. Una madre che ha fiducia della propria figlia e di colui che le sarà compagno, lascerà che i due colombi serbino per sè il dolce segreto della corrispondenza d'amore: spesso un senso di delicato pudore impedisce alla figlia di confidare i suoi intimi sentimenti a chicchessia, anche alla propria madre. Ma la madre reclamerà i suoi diritti tutte le volte che avrà ragione di credere che le cose non vadano come debbono andare. I due giovani, insieme coi genitori dell'una e dell'altro fanno, sul principio del fidanzamento, alcune visite ai parenti più stretti. Sono visite di famiglia, che non hanno nulla d'ufficiale; ma doverose per chi le fa, e gradite per chi le riceve. Con esse, ciascuno dei due giovani comincia a farsi conoscere ai suoi futuri parenti, comincia a far parte della famiglia nella quale sta per entrare. Un consiglio ai fidanzati, prima di terminare questo capitolo. Per quanto due cuori battano all' unisono, per quanto l'affetto e la stima reciproca siano grandi e profondi, vien sempre un giorno, durante il fidanzamento, nel quale una nube oscura vela il sereno delle giornate d'amore. Il più delle volte si tratta d'una piccolezza, della quale si ride volentieri quand'è passata; qualche volta anche di cosa d'una certa gravità. In tali circostanze, noi raccomandiamo vivamente ai giovani, la cui natura è quasi sempre ardente e impulsiva, una gran calma e una gran prudenza. Si guardino dalle parole acri e pungenti, dalle decisioni improvvise e irrimediabili: si risparmieranno lacrime e pentimenti. Una giovinetta intelligente, quando sia sicura dell'affetto del suo fidanzato, non abbia esigenze irragionevoli, non pretenda da lui sacrifizi gravi e continui; gli uomini in genere, e i giovani in particolare, amano d'essere indipendenti, desiderano di non sembrare schiavi delle volontà e dei capricci d'una donna; sono talvolta bruschi, impazienti, autoritari. In questi casi, la dolcezza e una ragionevole sottomissione, i rimproveri fatti con mitezza e con affetto valgono a raggiunger lo scopo molto più che non le scenate clamorose e violente. D'altra parte, una signorina fidanzata ha dei doveri ai quali non può sottrarsi; essa dev'esser pronta a fare dei sacrifizi, a rinunziare a dei divertimenti, anche innocenti. La società non impone all'uomo e alla donna eguali doveri: sarà forse un'ingiustizia, ma è così, e non è dato a noi di mutare uno stato di cose che dura da migliaia d'anni. Per esempio, una signorina che si recasse a un ballo senza il permesso o all'insaputa del fidanzato, commetterebbe una colpa grave; la mancanza non sarebbe ugualmente grave se fosse invece commessa dal fidanzato. Ma il giovane che ama veramente colei che deve esser sua moglie, non abusi dei suoi privilegi d'uomo libero e indipendente. Si ricordi che, se la donna non può far appello a privilegi sociali, può però soffrire e addolorarsi, può sentir diminuire in sè l'affetto e la stima per lui. La tratti dunque da pari a pari, e ai sacrifizi che le richiede sappia trovar compenso con sacrifizi propri. Soltanto così si cementerà quell'affetto che deve poi durare, secondo la bella espressione biblica, per tutta la vita e più in là.

Pagina 210

Cipí

206466
Lodi, Mario 1 occorrenze
  • 1995
  • Edizioni E. Elle
  • Trieste
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

C'era una volta (e c'è ancora) un piccolo paese disteso nel verde e al sole: nel paese c'era un palazzo alto alto e sul tetto del palazzo, nascosta sotto una tegola, una passera covava tre sue uova piccine, senza abbandonarle mai. Babbo passero pensava a procurarle il cibo volando dal nido alla campagna e dalla campagna al nido e sceglieva per lei i chicchi di grano piú teneri e grossi e saporiti e quando glieli portava le diceva: — Porta pazienza! Ancora un po' e sarai mamma! Un bel mattino di primavera la passera sentì: cric, cric..., allora alzò le ali e vide che erano nati tutti e tre. — Come sono felice! — esclamò, e insieme con babbo passero spiccò il volo verso il cielo azzurro. Al sole tiepido frullò le ali intorpidite, poi si alzò sopra i comignoli, piú in alto della punta del campanile, piú su del parafulmine, sempre piú in su, nell'azzurro. Quindi si tuffò di nuovo verso il suo nido e passando gridò alle nuvole, al sole, alle rondini, al nastro d'argento che si snodava laggiú in mezzo ai prati verdi, ai fiorellini e ai fili d'erba, agli alberi che stavano maturando i frutti e ai pioppi che facevano la guardia, dritti come carabinieri sull'attenti, accanto al fiume. — Sono nati! Sono mamma! Sono tre! Tornata al nido, li osservò attentamente: com'erano belli, pur senza piume, i suoi figlioli! Allungavano il collo verso la mamma, aprivano il becco, chiamavano. Uno, il piú piccino, era il piú birichino: sbatteva le alucce e si girava di qua e di là come se il nido fosse troppo stretto per lui. I fratellini facevano: cip, cip, cip, con garbo, lui invece gridava: cipí, cipí e non smetteva mai. — Ecco, lo chiameremo Cipí! — disse la mamma. A sentire quel verso strano il babbo e la mamma gli dicevano: — Perché piangi? — Cipí... cipí, voglio uscire di qui! — gridava lui. — Stai qui, ora ti copro con le mie piume calde, — gli sussurrava la mamma mentre lo scaldava con l'ala. Gli altri due si addormentavano subito, invece lui si dimenava: — Cipí... cipí..., voglio uscire di qui!... — e ci voleva del bello e del buono e tutta la pazienza della mamma per convincerlo a dormire come i suoi fratellini. E una volta che babbo e mamma non erano lí, nudo com'era, saltò fuori dal nido e cominciò a girare per i tetti, finché, arrivato sul ciglio, guardò giú e gli girò la testa.

Angiola Maria

207055
Carcano, Giulio 1 occorrenze
  • 1874
  • Paolo Carrara
  • Milano
  • Paraletteratura - Ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

» « Sì; ma dovrò abbandonarle. Pochi giorni ancora, e tornerò dove mi chiama, il mio debito sacro; che già per troppo tempo ho dimenticato. Oh! Dio mi conceda ch' io possa una volta vederle tutte e due vicine a me, sotto il mio tetto, eh' io viva con loro, sì.... perchè le amo, vedete! sono i soli legami che mi uniscono alla terra; mia madre, la donna amorevole e pietosa! mia sorella, angelo di modestia e di pazienza!... » « Non v'affliggete per loro; la virtù che si nasconde è sempre felice. Su via, aprite l'animo a più lieti pensieri; e, se non esigo troppo, leggetemi quello che avete scritto stamane, ve ne prego! » Il vicecurato stette alquanto a guardar taciturno il suo giovine amico; e poi levatosi lesse: LA VOCE DELLA FEDE.

Pagina 83

Il drago. Novelle, raccontini ed altri scritti per fanciulli

246691
Luigi Capuana 1 occorrenze
  • 1895
  • Enrico Voghera editore
  • Roma
  • Verismo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Si aspettava la stessa scena dell' altra volta, quando il babbo aveva finto di partire; si aspettava che mamma e sorelle si fossero precipitate attorno a lui per trattenerlo, per pregarlo di non abbandonarle... E invece le sorelle, chi si era rimessa a leggere, chi a lavorare di ricamo, chi stava a guardarlo indifferente, e la mamma sorrideva, quasi lui non dicesse davvero, o non le importasse niente che egli andasse via. Rimase un po' sconcertato; ma riprese animo e ripetè il terribile : — Me ne vado ! Non tornerò più! Nessuno si mosse. Pure egli fece tre o quattro passi; e siccome plaid e valigia lo impacciavano, chiamò : — Beppe ! Beppe ! Il servitore accorse. Ed egli, imperturbato, ordinò : — Portami giù la valigia; parto ! Il servitore, a un cenno impercettibile della signora, finse di ubbidirlo. Sul pianerottolo Lulù si voltò addietro. Gli pareva impossibile che nessuno lo seguisse per pregarlo di restare; e scese le scale, voltandosi quasi a ogni passo, meravigliato, stupito che lo lasciassero andar via. Gli era parso anzi che gli ridessero dietro. — La carrozza è pronta ? — domandò al servitore. — No, signorino. — Allora... partirò un'altra volta. E rientrò, con aspetto annuvolato e le mani dietro la schiena. Alla risata che lo accolse, Lulù si fermò: — Quando sarò grande, quando il babbo sarò io, — minacciò levando la mano, — vi farò vedere se me n'andrò davvero! E buttò sdegnosamente il berretto per terra.

Pagina 147