Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abbandonare

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Fondamenti della meccanica atomica

435711
Enrico Persico 4 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Si deve dunque abbandonare la concezione intuitiva del moto continuo lungo una certa traiettoria, per fissare invece l'attenzione sulla distribuzione spaziale della densità di probabilità, la quale sarà definita, come per i fotoni, da una funzione P (x, y, z, t) tale che P dx dy dz rappresenti la probabilità (1) Per precisare il significato che si deve dare in meccanica ondulatoria alla parola « probabilità», si deve pensare di avere un gran numero N di sistemi indipendenti identici e sottoposti alle stesse condizioni iniziali, e di eseguire su ciascuno di essi un'osservazione della particella al tempo t: se su N' sistemi l'osservazione dà il risultato considerato, diremo che la «probabilità» di questo è N'/N. (Nel caso ottico, si poteva riferirsi alla presenza simultanea di N fotoni: qui non è possibile, perchè N particelle agirebbero tra loro alterando le rispettive distribuzioni di probabilità). Similmente, quando si parla del valore medio di una grandezza, si intende che si deve misurare questa negli N sistemi suddetti, e prendere la media. che, eseguendo un'osservazione al tempo t, si trovi la particella nell'elemento di volume definito da . Analogamente si introdurrà una densità di probabilità per le componenti della velocità della particella al tempo t. E la meccanica delle particelle materiali non dovrà quindi servire a determinarne il moto, cioè posizione e velocità in funzione del tempo (il che contravverrebbe al principio di Heisenberg, perchè equivarrebbe a postulare l'esistenza di fenomeni atti a definire esattamente posizione e velocità di una particella in un dato istante) ma dovrà invece avere un ufficio analogo a quello che ha l'ottica nei riguardi dei fotoni, cioè quello di determinare le densità di probabilità e . Se poi si tien presente che i fenomeni di diffrazione, che rappresentano una delle più evidenti prove del carattere ondulatorio delle leggi dell'ottica, si verificano anche per le particelle materiali (come si è visto al cap. IV, p. I), si è indotti naturalmente a ricercare se anche nel caso delle particelle materiali le densità di probabilità non possano ricavarsi da equazioni del tipo di quella delle onde (1) Sui limiti dell'analogia tra ottica e meccanica, v. Pauli, ZS. f. Phys., 80 (1933), p. 573 e segg. . Questa idea si può precisare nel modo seguente (2) Non occorre dire che il procedimento euristico qui riportato non riproduce affatto lo svolgimento storico della teoria (per il quale rinviamo a quanto si è detto nella parte I) nè pretende di darne una giustificazione rigorosa. .

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Quando si presentarono ai fisici queste difficoltà, essi si erano già formata per altra via la convinzione che la meccanica e l'elettromagnetismo classici non si possano applicare nel mondo atomico, così che, anzichè abbandonare il modello di Rutherford, si cercò di determinare delle leggi atte a farlo funzionare in modo da render conto dei risultati sperimentali. Queste leggi furono proposte per la prima volta da BOHR, nel 1913, ed enunciate poi in forma più generale da Sommerfeld: ma prima di esporle dobbiamo accennare rapidamente agli altri campi nei quali si erano già incontrate contraddizioni con le leggi classiche, ed ai tentativi fatti per sostituirle con leggi nuove. Il primo di questi tentativi, che aperse la strada alla moderna fisica atomica, fu quello fatto dal fisico tedesco MAX PLANCK nel 1900 per dare una teoria dell'emissione del corpo nero: uno successivo, e riguardante la natura della luce anzichè quella della materia, fu fatto da EINSTEIN nel 1905, introducendo il concetto dei «quanti di luce».

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Così si è stati costretti ad abbandonare l'ipotesi più naturale, che cioè gli elettroni siano costretti ad oscillare sotto l'azione del campo elettrico della luce, e che, quando le loro oscillazioni divengano abbastanza ampie, finiscano per essere divelti dall'atomo cui appartengono ed essere lanciati fuori. Ma vi è una difficoltà più grave, che si presenta indipendentemente da ogni particolare ipotesi sul meccanismo dell'effetto fotoelettrico, ed è la seguente. Diminuendo l'intensità della luce, si può far sì che l'energia che cade su ogni atomo durante tutta l'esperienza (calcolata nell'ipotesi che l'energia cada uniformemente su tutta la superficie) sia assai inferiore alla forza viva con cui viene espulso l'elettrone, eppure anche in queste condizioni gli elettroni vengono emessi con la stessa energia cinetica.

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. , la quale ha avuto importanza decisiva nello sviluppo ulteriore della fisica atomica, mostrandosi sempre più feconda di risultati conformi alla esperienza. Tale ipotesi consiste nell'attribuire all'elettrone, oltre alla carica elettrica ed alla massa, anche un momento magnetico di valore uguale a cioè ad un magnetone di Bohr) ed un momento angolare (meccanico) avente la stessa direzione ed avente il valore : come se si trattasse di una piccola trottola,il cui asse fosse magnetizzato. Anzi, in un primo tempo si pensò di poter interpretare queste proprietà pensando l'elettrone come una sfera elettrizzata ruotante intorno ad un asse: la rotazione della massa avrebbe prodotto il momento angolare meccanico, mentre la rotazione della carica elettrica, equivalendo ad un sistema di correnti circolari, avrebbe dato luogo al momento magnetico. Questo modello si è ben presto dovuto abbandonare, ma tuttavia l'ipotesi di Uhlenbeck e Goudsmit ha conservato il nome improprio di «ipotesi dell'elettrone rotante», (spinning electron in inglese) ed il momento angolare di un elettrone si suole anche oggi designare col nome di spin. L'elettrone ha dunque perduto la simmetria, sferica, per acquistare un asse privilegiato, quello del suo spin.

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Lezioni di meccanica razionale. Volume primo

495784
Tullio Levi Civita - Ugo Amaldi 3 occorrenze

Vedremo per altro più avanti (nello studio generale dei campi vettoriali, che riserbiamo al secondo Volume) come in certi casi giova abbandonare l’ipotesi restrittiva della uniformità in tutto il campo (si cfr. intanto l'esempio d)del n. 29).

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Il modello fisico tipico di una tal specie di vinicolo si ha per la massa oscillante di un pendolo ad asta rigida (di peso trascurabile) e a sospensione sferica; ma lo stesso legame si può immaginar realizzato anche in altri modi, p. es. mediante due superficie materiali σ', σ'' vicinissime a σ dall’una e dall’altra parte di essa, e tali da rinserrare fra loro,con costante contatto, il punto P in guisa che esso non possa mai abbandonare la superficie σ.

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Così il nostro vincolo bilaterale si potrà considerare come realizzato dall’azione simultanea dei due vincoli unilaterali, determinati dalle due superficie materiali di appoggio σ' e σ'', vietanti ciascuno a P la libertà di abbandonare σ da una delle due bande. Di codesti due vincoli unilaterali entra in azione o l'uno o l'altro, secondo che la forza attiva (totale) F sollecitante P è diretta da una parte o dall’altra rispetto al piano tangente a σ nella posizione occupata da P. Considerando allora, anche in questo caso il coefficiente di attrito (che riterremo senz’altro eguale su σ ' e su σ") e chiamando cono di attrito l’insieme delle due falde di cono relative ai due vincoli unilaterali costituenti il vincolo bilaterale, potremo senz’altro ritenere che: Condizione necessaria e sufficiente, affinché un punto materiale, vincolato a muoversi su una superficie, resti in equilibrio sotto la sollecitazione di una forza, è che questa forza non sia esterna al cono di attrito.

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