Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il maleficio occulto

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Zuccoli, Luciano 1 occorrenze

Mi sentivo stanco, irritato, proclive ad abbandonar tutto, per andarmene lontano io pure a cercar pace in qualche paese tepido e pieno di sole. Il dopopranzo, mentre le ombre cominciavano ad invadere la camera, mi colse ancora al medesimo posto; e con gli occhi sbarrati nel vuoto, i pugni stretti, andavo pensando che era tempo di scuotermi, di uscire o di accendere i lumi; e non trovandone la forza, rimanevo immobile, sempre con quello stupido pensiero in mente, di alzarmi per accendere la lampada. Forse non ne avrei fatto nulla, se d'improvviso, levando gli occhi e girandoli oziosamente, non avessi scorto sul limitare una figurina di donna; l'ombra della sera non mi permetteva di vederne il viso, ma l'atteggiamento, la linea, il gesto, non potevano ingannarmi. Entrata cautamente, stringeva nella mano destra il lembo della portiera e mi guardava attorno, cercandomi. - Clara! - dissi, mentre mi alzavo e le andavo incontro. - Ah, siete qui? Siete qui, all'oscuro?.... - ella domandò senza inoltrare, Sulla tavola stavano due candelabri, che accendevo di rado, quando mi vestivo per qualche serata; allora la bella luce delle dodici candele mi piaceva, dorata e dolce.... Le accesi e andai a chiudere poscia la finestra. - Perché eravate all'oscuro? - chiese la giovane nuovamente. - Venite, venite - le dissi, additandole il divano. - Ho da parlarvi.... - Ho da parlarvi io pure - ella ripetè. La guardai e vidi ch'ella doveva essere in preda a qualche forte sentimento: le sue sopracciglia corrugate s'univano in una linea dritta e singolarmente dura, così da mutar la espressione della fisionomia, per il solito aperta e fiduciosa. - Cose gravi? - domandai esitando. - Gravissime - ella confermò, sedendo sul divano. - Ma parlatemi voi prima. - Oh, non ho molto da dirvi. Volevo semplicemente annunziarvi che il barone seguita a giuocare, che il suo vizio è indomabile. Posso dirvi anche i nomi degli amici che convengono da lui...... Mi arrestai, vedendo un gesto brusco della donna. - Sempre il barone? - ella interruppe. - Gli date una caccia feroce, come ad una belva, non è vero? - Lo confesso: gli dò la caccia..... - E andate in casa sua, qui e sul lago, a interrogare i servi e le serve - continuò Clara con un indefinibile senso di disgusto. - Poi, dai pettegolezzi di codesta gente traete il tema per inventar dei romanzi a me! Un colpo di stile in pieno petto non mi avrebbe fatto più male di quelle poche frasi, che le labbra della giovane pronunciarono con un'espressione di sarcastico disprezzo. Mi si aprivano gli occhi un tratto. Il mio edificio era crollato e innanzi a me avevo se non Clara innamorata di Lorenzo, Clara stanca di conbattere, decisa a finirla con uno dei suoi due carnefici; e quell'uno ero io. - I servi e le serve, - mormorai intimidito.:- Certo, ho interrogato i servi e le serve, poiché non potevo mica chiedere al barone che cosa pensasse dell'assassinio di sua moglie..... - E chi vi ha mai incaricato di simili ricerche? - domandò la giovane. - E scendendo fino a costoro, non v'è passato per la testa che vi sareste ridotto a diventare confidente di tutti i pettegolezzi, di tutte le miserabili loro querimonie, della loro invidia, del loro astio?... - No, vi dico il vero: le persone che io interrogai erano ben lungi dal supporre ciò ch'io voleva: dovetti faticar molto per giungere a qualche affermazione concreta e decisiva. - Avete fatto il furbo, dunque? - interrogò Clara, con una nuova intonazione ironica. - Quantunque ciò vi paia inverosimile, devo confessarlo - risposi. Mi accorsi ch'io stava in piedi innanzi a Clara, come l'imputato innanzi al giudice; e la cosa mi spiacque. Afferrai bruscamente una sedia, vi presi posto, e seguitai: - Confessarlo?.... Ho detto male. Che cosa devo confessarvi? La mia sollecitudine per voi, il desiderio di aiutarvi in questa gravissima ora della vostra vita, il lavorìo per salvarvi da un passo fatale? Queste non son cose che si confessino, non son cose delle quali ci si fa un vanto. Ho interrogato dei servi e delle serve, come voi dite; che cosa importa? Vi ho persuasa della verità dei miei sospetti; ecco il nodo della questione, ecco ciò che dovete ammettere. Il resto è trascurabile. Or ora vi dicevo che il barone ha ricominciato a giuocare; provatemi il contrario, se vi riesce. Saran confidenze di servi anche queste; ma io vi reco la verità, e voi non avete nulla da opporle. - Vi credevo assai più nobile - mormorò Clara. - Dite che mi credevate assai più sciocco - ribattei con una risata cosi stridula, che lacerò le orecchie a me pel primo - Mi credevate un imbecille, voi e il barone, incapace di prendere una decisione e di condurla a buon porto; credevate che piuttosto di parlare ad un servo o a una serva, avrei lasciato correre l'acqua per la china, rabbrividendo per non so quale orgoglio di casta. Ah no! Volevo sapere e ho saputo. Come? Questo non vi riguarda. - E... di grazia, - interruppe Clara con quella sempiterna espressione di sarcasmo, la quale mi pungeva intollerabilmente - di grazia, che cosa avete saputo? - Me lo domandate? - esclamai. - Non vi ho raccontato tutto, non abbiam passato una intera notte a ricostruire l'accaduto?.... - Sì, un'intera notte - ripetè Giara. - Una intera notte nella quale non faceste che espormi dei ragionamenti. Per via di ragionamenti, avete dimostrato che il barone era mandante dell'assassino. Ma un fatto, un solo fatto, anche minuscolo, voi non l'avete esposto. Se io avessi avuto sufficiente abilità, in quella notte, per via di ragionamenti, avrei distrutto la vostra cabala, dimostrandovi a fil di logica, che so io? che il mandante, per esempio, eravate voi. Ho ripensato a quella notte, non dubitate, e vado ripensandovi, e ho concluso che siamo stati due pazzi! Voi avevate ancora la febbre; eravate convalescente. Quanto a me, col mio orribile carattere, facile a credere, a infiammarsi, a lasciarsi sviare, son rimasta vittima delle vostre fantasticherie.... E' questa la vostra opinione presente? - domandai, alzandomi. - Sì, è questa! - confermò Clara. - Io non ho nulla da obiettare - conclusi. - Siamo stati due pazzi, come voi dite; ma fortunatamente siete ancora in tempo di riparare alle nostre pazzie. Avete un fidanzato di gomma elastica, che si piega e si accomoda a piacere. Basterà un gesto per farvelo ritornare, scodinzolando ai piedi, come un cucciolo. Seguì un breve silenzio; presso la tavola, mi occupai a toglier la cera che colava dalle candele; ma d'improvviso mi rivolsi. - Dunque - esclamai - avete deciso? Avete deciso di sposarlo? E' riuscito nel suo intento? Ieri l'altro è stato da voi a parlarvi; da quel momento, voi diveniste fiduciosa..... Che cosa vi ha detto? - Non ho deciso niente, per ora, - rispose la giovane. - Soltanto, ho meditato e mi son chiesta che cosa voi mi aveste provato: nulla! Nulla, capite? - ripetè, animandosi. - Mi avete detto: " Il barone ha lasciato assassinare sua moglie ", e io vi ho creduto.... Non sentite che questo è assurdo?... Mi avete detto: " in paese, tutti lo accusano d'aver chiuso gli occhi perché il delitto avvenisse ". Ma dove è il paese nel quale non si accusa, non si mormora, non si sussurra?... Una serva vi ha confidato che quando udì il nome dell'assassino, il barone esclamò: " me l'imaginavo " e su questa frase avete ricamato le vostre più belle deduzioni... Ma l'avete udita, voi, codesta parola? Siete sicuro che essa sia uscita dalla bocca dell'uomo che accusate? Non può essere una invenzione, anche ingenua, della vostra confidente? Poi, quella notte, quando vi domandai di che cosa accusaste il barone, mi avete risposto: " non l'accuso di complicità morale e nemmeno d'aver preparata la morte di sua moglie, ma di non averla difesa contro il pericolo ". E l'accusate di questo delitto imponderabile, perché la vigilia dell'assassinio egli dovette partire e andarsene a Milano!.... " Se la vostra logica avesse fortuna, pochi si salverebbero dall'ergastolo, ve lo assicuro io!... Insomma, io vi chiedeva delle prove, e voi non avete potuto darmene..... Lo so, che ostentate un gran ribrezzo per le prove; ma via, che volete? sono una donna, e a certe altitudini speculative non posso giungere. - Che cosa vi ha detto? - interruppi, chinandomi verso Clara. - Nulla mi ha detto, - ella rispose ritraendosi un poco. - Perché si difendesse, avrei dovuto accusarlo; e voi credete che si possa così, improvvisamente, accusare un uomo d'assassinio? - Pure, se è stato da voi, qualche cosa deve avervi detto...... E' certo. Ha parlato d'amore.... - D'amore?- gridai. Avete ascoltato le sue parole d'amore, voi?.... - Vediamo di non perdere la testa per così poco - osservò Clara, inarcando le sopracciglia. - Se anche avessi ascoltate le sue parole d'amore, non avrei da renderne conto ad alcuno..... Ma non è già venuto a parlarmi dell'amor suo; bensì dell'amor mio per voi, perché l'indegna commedia che io recitava venendo tutti i giorni in casa vostra, egli l'ha creduta.... - Indegna commedia? - ripetei attonito. - E avendola creduta, - seguitò Clara, - ha compreso che a lui non rimaneva se non allontanarsi... - Infatti, - dissi, - è partito per Parigi, stanotte...... - E ha fatto malissimo, - concluse Clara freddamente. - Malissimo? - Senza dubbio..... Ah, voi supponete, dunque, che io abbia confermato i suoi sospetti, che abbia confessato d'essere ancora la vostra amante, quando non lo sono più?.... E perché avrei dovuto accusarmi d'una colpa che non ho commesso?.... Certo, non osando narrargli tutto, le mie visite a voi diventavano inesplicabili, e per ciò non ha potuto prestarmi fede, ed è partito. - Ma voi avete dunque tentato di giustificarvi, gli avete chiesto perdono, gli avete riconosciuto il diritto di giudicare le azioni vostre?.... Clara alzò le spalle. - Sapete pure che non ho da chieder perdono ad alcuno - ella disse. L'ho pregato di credere che le mie visite in casa vostra erano innocenti...... - Ma quest'uomo, pochi giorni addietro, vi faceva orrore. - Sì, quando prestavo fede alle vostre accuse. - Ed ora, dunque? - Ora, ve l'ho detto. Ripensandoci mi sembra d'aver fatto un pessimo sogno, per colpa vostra. In nome di Dio - aggiunse drizzandosi in piedi ella pure, quasi con un balzo - in nome di Dio, recatemi un fatto, una data, qualche cosa di concreto, e avrete vinto: ma i vostri indizi sono falsi. Vi dirò di più: è falsa perfino l'accusa che gli fate d'essere un giuocatore... Io non potei frenare un gesto di meraviglia dolorosa. - Si, sì - insistette Clara. - Voi dite che il barone giuocava e perdeva, perché ve l'hanno detto i suoi servi: voi affermate ch'egli giuoca tuttavia, e la notizia vi vien dalla fonte medesima. Non nego che ciò possa essere: ma tra il giuocare e il rovinarsi c'è differenza. Su, ditemi una cifra: quanto ha perduto a Milano, a Montecarlo, a Nizza, quanto perde qui? Ditemi una cifra, la quale mi dimostri che al momento dell'assassinio egli era rovinato e di quell'assassinio aveva bisogno. Non potete dir niente, è vero? Non sapete niente, non accusate, ma il solo fatto d'esser giuocatore rappresenta per voi il motivo riposto dalla complicità in assassinio. - Ah, non sentite, non sentite, ancora che siamo stati pazzi ad accusare e a condannare, cosi, cervelloticamente, quasi, per un esercizio retorico? Io l'ho sentito, questi giorni; io ho avuto vergogna della mia leggerezza.... - Vi prego - interruppi. - Comprendo troppo i vostri scrupoli per non apprezzarli. E' evidente che se vi lascio continuare per questa via, l'assassinio della povera baronessa finirà per ricadere sulla mia testa. Certo: no[n] sono il giuocatore, io sono l'uomo della disgrazia. Mi son voluto occupare dei fatti altrui, e la dura lezione mi sta benissimo. Del resto, nulla è perduto. Il barone tornerà fra un mese, come ha promesso..... - Oh no! - disse Clara, imprudentemente. - Fra pochi giorni. - Fra pochi giorni? - ripetei subito. - Come potete affermarlo? Clara si morse le labbra, guardandosi in giro. Stavamo di fronte l'uno all'altra, a pochi passi dal divano; alla nostra sinistra era la tavola coi candelabri accesi. - Come lo sapete? - insistetti. - Come sapete che tornerà fra pochi giorni? La donna si strinse nelle spalle, scuotendo il capo, annoiata. - Ditemi, dunque? - seguitai, fremendo di impazienza. - Alla sua villa non sanno niente di sicuro; e voi potete affermare che tra pochi giorni egli sarà qui?..... Vi ha scritto? - Senza dubbio. Io non parlo coi servi e se non mi avesse scritto, ignorerei la sua partenza. - E vi ha scritto che tornerà subito? Clara non rispose. - Insomma non volete parlare? - dissi, avvicinandomi anche di più alla giovane. - Ma non ne ho alcun obbligo, mi sembra - ella rispose. - Perché dirvi ciò che contiene una lettera diretta a me? Non son venuta per questo. Lo scopo della mia visita era di farvi ravvedere alla vostra volta. - Ravvedere? - mormorai - Ravvedere, sì, ravvedere! - concluse Clara. - Volevo dirvi di desistere dalla vigilanza sospettosa che esercitate sopra il barone. Io non credo, non credo più alla sua pretesa colpa; e se non è per convincermi, a che fine seguitare quest'opera indegna di voi e di me? Lasciatelo in pace. - Va bene: lo lascerò in pace - dissi rassegnato. - Vi prometto che lo lascerò in pace, ora e sempre. Ma come sapete che egli ritorna fra pochi giorni? - Daccapo! - esclamò la donna, spazientita. - Ora che ho la vostra promessa, il nostro colloquio è finito. Devo ringraziarvi della vostra lealtà aggiunse stendendo la mano guantata. Afferrai la piccola mano convulsamente. - Il nostro colloquio è finito - ripetei - tutto è finito! Non è vero Clara? Hai deciso di sposarlo. La sua visita ti ha scossa. Che cosa ti avrà detto? Ora comprendo: egli ritorna per sposarti. Egli ritorna perché un tuo telegramma, una tua lettera lo richiama a Firenze. E' così; non può essere che così...,. Clara stette muta. - Ah, ho indovinato! - esclamai. - Lo ami, lo ami: finalmente questa confessione me l'hai fatta, senza parlare. Oh, che cosa orribile! - Amico mio - ella interruppe, usando per la prima volta dopo tanto tempo la dolce parola - pensate quanto l'abbiam fatto soffrire senza ragione! L'abbiam costretto a fuggirsene lontano, con le nostre pazzie.... - E allora, l'hai richiamato presso di te? - conclusi. - Egli accorre, si getta a' tuoi piedi, e fra quindici giorni un bel matrimonio chiuderà la commedia. Abbandonai la mano di Clara e mi misi a passeggiare in lungo e in largo per la camera. - Sì, la commedia, - continuai, ridendo. - E' stata una commedia, una farsa, dalla quale io fui lo zimbello.... Non lo negare.... Io credeva, io voleva salvarti: e tu venivi qua per eccitare la sua gelosia, per provare il suo amore: ecco sciolto l'enigma; e quando hai visto che la bella impresa ha avuto buon fine, metti alla porta me, e ti dai a lui.... Che abile allettatrice! Che donnina a modo! Quanta diplomazia!.... - No! - esclamai, accorrendo e mettendomi innanzi all'uscio. - Non devi partire così. Non ti ho detto tutto..... Voglio chiederti se davvero tu credi il barone innocente? Vi risponderò quando m'avrete lasciato libero il passo, - disse la giovane. Mi risponderai ora, subito! - Ma che cosa è questa violenza? - esclamò Clara con la voce che tremava di collera. - Son caduta in un tranello? Per tutta risposta, mi volsi e chiusi la porta a mandata doppia. - Oh! - disse la giovane con un gesto di disprezzo. - Che cosa fate? Lasciatemi passare! Commettete una vigliaccheria.... - Dimmi che lo ami, e sei libera. - Lasciatemi andare! - ripetè la giovane, facendo un altro passo verso di me. - Dimmi che lo ami; dimmi che lo attendi per essere sua..... Dimmi tutto questo: ho bisogno di udir questo dalla tua bocca. Clara battè i piedi, vibrando d'impazienza. - Aprite! Siete pazzo; non siete che un pazzo! Aprite, via! - Lo ami? - In nome del cielo, lasciatemi passare! - Lo ami, il tuo Lorenzo? Ah, ho visto, sai, il ritratto che gli hai regalato: un bel ritratto, apposta per lui, con un abito fatto apposta per lui! E la scrittura: Clara al suo amico Lorenzo LorenzoLa giovane mi guardò trasognata. - Come sapete? - mormorò. - Avete frugato nelle sue carte? - E' probabile, - dissi. - è probabile anche questo..... - Ora non mi stupisco più che pensate di abusare d'una donna! ella esclamò con la voce quasi sibilante. - Vi introducete in casa altrui per frugar tra le carte e per ascoltar le spie..... - Sì, tutto ciò che vuoi. Ma tu non passi, di qui se non mi avrai prima confessato che intendi sposarlo, che intendi darti a quell'assassino. Egli non è che un assassino, ricordatelo bene: e ricorda pure ch'io te ne avvertii. Egli è un gingillo da forca, una canaglia coi guanti, uno sfruttatore di donne! - Tacete, tacete, tacete! - gridò Clara, alzando istintivamente la mano come per chiudermi la bocca. - Non insultate chi non può rispondervi! - Rispondermi? - esclamai. - Ah tu credi che il tuo eroe mi risponderebbe? Il tuo eroe ha paura, ha paura di me, di tutti: la paura è la sua caratteristica eminente... Ciò che ti dico ora, io non temerei di dirlo a lui. - Mi avete promesso di lasciarlo in pace... - interruppe Clara sollecitamente. - Oh, lo lascerò in pace! Non verrò a turbare la vostra luna di miele. Ma a te voglio dirlo ch'egli è un assassino... - Un assassino? - ripetè Clara, come se quella parola l'avesse sferzata in volto. - Un assassino? Ebbene, io lo amo! Una canaglia coi guanti? Ebbene, io lo amo! Uno sfruttatore di donne? Ebbene, io lo amo! Lo amo, lo amo mille volte! Lo amo: odi bene questa parola: lo amo! Ella s'ergeva di repente innanzi a me, con gli occhi che mandavan fiamme, con le labbra umettate agli angoli da una bava sottile. Furiosa, inviperita, fremebonda, pareva più alta, più snella, gettandomi in volto quella sfida. - Lo amo! - ella continuò. - Lo amo, ricordalo bene! Lo amo, e mi darò a lui. Hai voluto udire questo dalla mia bocca? Ebbene, sì, lo amo, l'ho richiamato a Firenze, e mi darò a lui! Hai voluto bere questo veleno? Ascolta ancora dunque: lo amo, lo amo, lo amo! Clara mi stava così vicina, che le nostre bocche si toccavan quasi; e ad ogni sua parola, io sentiva sul volto l'impressione d'una scudisciata. Allungai le braccia, le avvinsi attorno al busto della donna e la sollevai d'un colpo solo, come si spicca il frutto da un albero. Io la sentii straordinariamente leggiera. - Ah, tu lo ami? - dissi con calma, portandola e adagiandola sul divano. Ella pareva non aver più nozione di ciò che avveniva: mi curvai a viso a viso sulla giovane estenuata. - Ah, tu lo ami? - ripetei ironicamente. - Ebbene, ti ricordi ciò che mi dicevi quando venivi qui? Mi dicevi: "Prendimi, se mi vuoi; prendimi, se questo ti farà piacere; sarò tua, purché tu non soffra! ". E io ho sempre rifiutato! Ma non rifiuto ora: ora sarai mia. Mia, hai capito? Mia, devi essere, prima che di lui! Ella volgeva gli occhi intorno, smarrita, passandosi una mano sul volto come se uscisse da un sogno; ma non appena sentì ch'io ero presso di lei e le cingevo il busto con un braccio, fece un balzo e si ricoverò di là dalla tavola su cui stavano i lumi. - Mia, devi essere! - continuai. - Lo hai promesso cento volte: ora voglio che tu mantenga la tua promessa. E allungando rapidamente la mano, l'afferrai per un braccio: ella si divincolava in silenzio, respirando a fatica, dibattendosi con furia, gettando indietro la testa quando vedeva il mio volto avvicinarsi. Avvinghiati così lottavamo presso la tavola, accanitamente. - Oh vigliacco, vigliacco! - ella mormorò. Sentii che le forze le mancavano a poco a poco e ch'ella non poteva resistere ancora a lungo; ma presso a cadere, ebbe uno sforzo supremo, puntò i piedi a terra, inarcò il busto; e nel divincolarsi urtò contro un candelabro con la mano, violentemente. Il candelabro tentennò un attimo, e le si rovesciò addosso. Vidi una fiammata e udii il lieve crepitìo dei capelli che si bruciavano... Il candelabro cadde pesantemente a terra. Fu un lampo e fu il risveglio. Clara mi stava svenuta fra le braccia. Come pazzo di terrore, l'adagiai di nuovo sul divano: la fiamma le aveva bruci[a]to pochi capelli sull'occipite e le aveva lasciato una lunga striscia rossa sulla parte destra del collo... Ma non osando chiamare, le tolsi il cappellino che ancora aveva in testa e le spruzzai il volto con l'acqua. Ella rinvenne subito, guardò in giro, mi vide inginocchiato presso di lei. - Aprite! Lasciatemi andare! - disse rapidamente. Si portò la mano al collo, e soggiunse con un amaro sorriso: - Non è nulla. E' una piccola bruciatura; non c'è nemmeno il pretesto di chiamare il medico per fare sapere a tutta Firenze ch'io sono in casa vostra. Io mi alzai e le recai uno specchio. - E' una piccola bruciatura, - ella ripetè dopo essersi guardata. Avete voluto lasciarmi le stimmate del vostro amore... Datemi il cappello, ve ne prego. - Oh Clara! - mormorai avvilito. - Io non oso chiedervi perdono. - Perdono? - ella disse. - Ma sì, vi perdono, purché mi lasciate andare, purché la finiamo. E vedendo ch'io non mi muoveva, andò ella medesima a prendere il suo cappello, e se lo acconciò in testa. - Mi perdonate dunque? - Sì, sì, tutto ciò che volete; ma finiamola. - E' sera, ormai; non potete uscire sola a piedi. - Esco sola a piedi. Sapete dove abito; in un lampo sono a casa. Io andai ad aprire l'uscio; ella mi passò vicina. - Non mi potete perdonare a questo modo, con queste parole piene di freddezza - osservai, trattenendola con un gesto. - Vi perdono. Che cosa volete vi dica ancora? Debbo forse ringraziarvi? - Ditemi che ci rivedremo, che mi permetterete di venire da voi... Clara alzò le spalle. - Non so niente, - ella rispose. - Debbo prima riflettere. Si mosse, allontanò la portiera con una mano, e la lasciò ricadere dietro di sé, uscendo con passo tranquillo.

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