Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonantesi

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Piccolo mondo antico

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Fogazzaro, Antonio 1 occorrenze

Egli si alzò, tutto vibrante di una commozione senza nome, si chinò sopra di lei, la raccolse da terra, non renitente né abbandonantesi, con mani risolute e riguardose, se la collocò vicina sulla dormeuse, le cinse con un braccio le spalle, la strinse a sé, le parlò sui capelli, bagnandoli di poche lagrime ardenti che a quando a quando gli rompevan la voce: "Povera Luisa mia, no, non l'hai uccisa tu. Come vuoi che io pensi questa cosa? Oh, no, cara, no. Io ti benedico, invece, per tutto che hai fatto per lei da quando è nata. Io che non ho fatto niente, ti benedico, te che hai fatto tanto. Non dir più, non dir più quella cosa! La nostra Maria ..." Un violento singhiozzo gli ruppe le parole, ma subito l'uomo, con forte volere, si vinse, continuò: "Non sai cosa dice la nostra Maria in questo momento? Dice: mamma mia, papà mio, adesso siete soli, ciascuno di voi non ha che l'altro, siate uniti più che mai, donatemi a Dio perché mi ridoni a voi, perché io sia il vostro angelo e vi conduca un giorno a Lui e stiamo insieme per sempre. La senti, Luisa, che dice così?". Ella fremeva nelle sue braccia, scossa da sussulti violenti, col viso basso, resistendo a Franco che glielo voleva alzare. Finalmente gli prese in silenzio una mano e gliela baciò. Egli pure, allora, la baciò sui capelli. Poi gli sussurrò: "Rispondimi". "Tu sei buono", rispose Luisa con voce accorata e debole, "tu hai pietà di me ma non pensi quello che tu dici. Tu devi pensare che la causa della sua morte sono io, che se avessi seguito i tuoi sentimenti, le tue idee, non sarei uscita di casa, e se non uscivo di casa non succedeva niente, Maria sarebbe viva." "Lascia star questo, lascia star questo. Tu potevi credere che Maria fosse in camera o con la Veronica, tu potevi rimanere in sala con gli sposi e la disgrazia sarebbe successa ugualmente. Non pensar più a questo, Luisa. Ascolta invece quello che ti dice Maria." "Povero Franco! Poveretto, poveretto!", disse Luisa, con un'amarezza di sottintesi paurosi, da far gelare il sangue. Franco tacque, tremando, non valendo a immaginare cosa ella pensasse, eppure temendo udirlo. Si sciolsero lentamente dalla loro stretta, Luisa per la prima. Ella riprese però la mano di suo marito, volle accostarsela da capo alle labbra. Franco trasse teneramente a sé quella di lei, tentò un'ultima parola: "Perché non mi vuoi rispondere?" "Ti farei troppo male", diss'ella, sottovoce. Egli ebbe il senso di una irreparabile rovina nell'anima di lei e tacque. Non ritirò la mano ma si sentì mancare ogni forza, invader da uno scuro, da un gelo, come se Maria, chiamata inutilmente, fosse morta una seconda volta. L'angoscia, la stanchezza, l'afa, i misti odori della camera poterono tanto sopra di esso che dovette uscire per non venir meno. Andò in loggia. Le finestre erano aperte; l'aria pura, fresca, lo rianimò. Pianse, al buio, la sua figliuola, senza ritegno, senza nemmeno quel ritegno che vien dalla luce. S'inginocchiò ad una finestra, s'incrociò le braccia sul petto, pianse, col viso al cielo, lagrime e parole a flutti, parole incomposte di strazio e di fede ardente, chiamando Dio in aiuto, Dio, Dio che lo aveva colpito. E glielo disse, a Dio, con la piena delle lagrime, che gli permettesse di piangere ma che sapeva bene perché la bambina era morta. Non aveva egli tanto pregato che il Signore la salvasse dal pericolo di perdere la fede stando con sua madre? Ah quella sera, quella ultima sera che Maria gli aveva detto "papà mio, un bacio" e tante altre tenerezze e non voleva lasciar la sua mano, come come aveva pregato! Era un terrore, una gioia, uno spasimo di ricordarlo. "Signore, Signore", diss'egli verso il cielo, "Tu tacevi e mi ascoltavi, Tu mi hai esaudito secondo le tue vie misteriose, Tu hai preso il mio tesoro con Te, ella è sicura, ella gode, ella mi aspetta, Tu ne congiungerai!" Non fu amaro il dirotto pianto in cui le parole morirono. Ma dopo, pensando ancora quest'ultima sera, gli fu amarissimo di esser partito senza dirlo a Maria, di averla ingannata. "Maria, Maria mia", supplicò piangendo, "perdonami!" Dio, come gli pareva impossibile che tutto questo fosse vero, come gli pareva di andar nell'alcova, di doverla trovar là, dormente nel suo lettino, con la testa piegata sulle spalle e le manine aperte abbandonate sulle lenzuola, con le palme in su! E invece vi era, sì, ma! ... Oh che cosa! non poteva, non poteva essere fine al pianto. Venne la Leu col lume e gli portò il caffè. L'aveva mandata la signora. Egli ebbe un movimento di tenera gratitudine per sua moglie. Dio, povera Luisa, che infelicità nera la sua! E quali spaventose apparenze di castigo per lei nel colpo che le piombava sopra in quel momento, proprio in quel momento! Lo aveva ben compreso, lei, ch'egli doveva pensar così e lo pensava davvero e aveva negato per pietà, sì, per pietà com'ella aveva inteso pure. E queste spaventose apparenze di castigo non frutterebbero dunque niente? Ella si separava da Dio più che mai, chi sa fino a qual punto. Povera, povera Luisa! Non era da pregar per Maria, Maria non ne aveva bisogno, era da pregar per Luisa, da pregar dì e notte, da sperar nelle preghiere dell'animetta cara, nascosta in Dio. Egli parlò con la Leu, abbastanza calmo, si fece raccontar da lei tutto che aveva veduto, tutto che aveva udito della cosa terribile. "La voreva propi el Signor la Soa tosetta", disse la Leu per ultimo. "Bisoeugnava vedèlla in gièsa, cont i so manitt in crôs cont el so bel faccin seri. La somejava on angiol tal e qual! Propi." Poi domandò a Franco se desiderasse tener il lume. No, preferiva star allo scuro. E il funerale, a che ora si farebbe? La Leu credeva che si farebbe alle otto. La Leu, quando cominciava a discorrere, non smetteva facilmente e forse aveva anche paura di starsene soletta in cucina: "El so papà!", diss'ella ancora prima di andarsene. "El so car papà! L'è forsi minga vott dì che son vegnüda chì a portagh di castegn a la sciora e sta cara tosetta, che la parlava inscì polito, propi come on avocàt, la fa: "Sai, Leu, presto il mio papà viene a Lugano e io vado a trovarlo". Ciào, l'è ona gran roba!" Lagrime e lagrime. Ah Iddio aveva preso la bambina per toglierla agli errori del mondo, Iddio aveva punito Luisa degli errori suoi ma non era disegnato l'orribile castigo anche per lui? Non aveva egli colpe? Oh sì, quante, quante! Ebbe la chiara visione di tutta la propria vita miseramente vuota di opere, piena di vanità, mal rispondente alle credenze che professava, tale da renderlo responsabile dell'irreligiosità di Luisa. Il mondo lo giudicava buono per le qualità di cui non aveva merito alcuno, essendo nato con esse; tanto più severo sentiva sopra di sé il giudizio di Dio che molto gli aveva dato e frutto non ne aveva colto. S'inginocchiò da capo, si umiliò sotto il castigo, nella desolata contrizione del cuore, nell'ardor di espiare, di purificarsi, di farsi degno che Iddio lo ricongiungesse con Maria. Pregò e pianse a lungo a lungo, poi uscì sulla terrazza. Il cielo imbiancava sopra la Galbiga e le montagne del lago di Como; veniva giorno. Dal nero Boglia imminente soffiavano le tramontane fredde. Da vicino e da lontano, a riva di lago e nell'alto grembo della valle, si levaron suoni di campane. L'idea che Maria e la nonna Teresa erano insieme, felici, salì al cuore di Franco spontanea, chiara e soave. Gli parve che il Signore gli dicesse: ti addoloro ma ti amo, aspetta, confida, saprai. Le campane suonavano da vicino e da lontano, a riva di lago e nell'alto grembo della valle, il cielo diventava più e più bianco sopra la Galbiga, verso il lago di Como, lungo l'erto profilo nero del Picco di Cressogno; e le distese dell'acqua piana prendevano laggiù in levante, fra le grandi ombre dei monti, un chiaror di perla. Le frondi della passiflora, tocche dalle tramontane, ondulavano silenziosamente sopra il capo di Franco, agitate dall'aspettazione della luce, della gloria immensa che scendeva in oriente colorando di sé nuvoli e sereno, salutata dalle campane. Vivere, vivere, operare, soffrire, adorare, ascendere! La luce voleva questo. Portarsi via i vivi tra le braccia, portarsi via i morti nel cuore, ritornare a Torino, servir l'Italia, morir per lei! Il nuovo giorno voleva questo. Italia, Italia, madre cara! Franco giunse le mani in uno slancio di desiderio. Anche Luisa udì le campane. Non avrebbe voluto udirle, non avrebbe voluto che venisse giorno mai più, che venisse l'ora di ceder Maria alla terra. Inginocchiata presso il corpicino della sua creatura le promise che ogni giorno, finché avesse vita, sarebbe venuta a parlarle, a portarle fiori, a tenerle compagnia, mattina e sera. Poi sedette, affondò nei pensieri cupi che non aveva voluto dire al marito, cresciuti e maturati in lei nel corso di ventiquattr'ore come una maligna infezione assorbita da lungo tempo, rimasta inerte per lungo tempo, colta, un dato momento, dalla corrente del sangue, divampata con fulminea violenza. Tutte le sue idee religiose, la sua fede nell'esistenza di Dio, il suo scetticismo circa la immortalità dell'anima tendevano a capovolgersi. Ella era convinta di non essere affatto in colpa della morte di Maria. Se realmente esisteva una Intelligenza, una Volontà, una Forza padrona degli uomini e delle cose, la mostruosa colpa era sua. Questa Intelligenza aveva freddamente disegnato la visita della Pasotti e il suo dono, aveva allontanato da Maria le persone che potevano custodirla in assenza della madre, l'aveva tratta senza difesa nelle sue insidie feroci, e uccisa. Questa Forza aveva fermato lei, la madre, proprio nel momento in cui stava per compiere un atto di giustizia. Stupida lei che aveva prima creduto nella Giustizia Divina! Non v'era Giustizia Divina, vi era invece l'altare alleato del Trono, il Dio austriaco, socio di tutte le ingiustizie, di tutte le prepotenze, autore del dolore e del male, uccisore degl'innocenti e protettore degl'iniqui. Ah s'egli esisteva, meglio che Maria fosse tutta lì, in quel corpo, meglio che nessuna parte di lei cadesse, sopravvissuta, nelle mani della sua Onnipotenza malvagia! Ma era possibile dubitare che quest'orribile Iddio esistesse. E se non esistesse si potrebbe desiderare che una parte dell'essere umano continuasse a vivere, non miracolosamente, ma naturalmente, oltre la tomba. Ciò era forse più facile a concepire, che la esistenza di un tiranno invisibile, di un Creatore feroce contro le proprie creature. Meglio la signoria della Natura senza Dio, meglio un padrone cieco ma non nemico, non deliberatamente cattivo. Certo non bisognava pensare più in alcun modo né inquesta vita né in una vita futura, se vi fosse, al fantasma vano, Giustizia. La fioca luce dell'alba si mesceva a' suoi pensieri come a quelli di Franco, solenne e consolante per lui, odiosa per lei. Egli, cristiano, pensava una insurrezione di collera e d'armi contro fratelli in Cristo per l'amore di un punto sopra un minimo astro dei cieli; ella pensava una ribellione immensa, una liberazione dell'Universo. Il pensiero di lei poteva parere più grande, l'intelletto di lei poteva parere più forte; ma Colui che meglio è conosciuto dalle generazioni umane quanto più ascendono nella civiltà e nella scienza; Colui che consente venire onorato da ciascuna generazione secondo il poter suo e che gradatamente trasforma ed alza gl'ideali dei popoli, servendosi per il governo della terra, nel tempo opportuno, anche degl'ideali inferiori e perituri; Colui ch'essendo la Pace e la Vita sofferse venir chiamato il Dio degli eserciti, aveva impresso il segno del Suo giudizio sul viso della donna e sul viso dell'uomo. Mentre l'alba si accendeva in aurora, la fronte di Franco venivasi irradiando di una luce interiore, gli occhi suoi ardevano, fra le lagrime, di vigor vitale: la fronte di Luisa sempre più si oscurava, le tenebre salivano in fondo a' suoi occhi spenti. Al levar del sole una barca comparve alla punta della Caravina. Era l'avvocato V. che veniva da Varenna alla chiamata di Luisa.

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