Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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L'angelo in famiglia

183322
Albini Crosta Maddalena 2 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Certuni ardiscono farsi beffa della nonna o del nonno, o di entrambi, perchè trascurati, zotici qualche volta nel muoversi e nel vestire, hanno il tabacco sul viso e si abbandonano ad atti che la civiltà non permette; ovvero perchè gli anni e le infermità li hanno resi deformi o difettosi li coprono di ridicolo e perfino talvolta di disprezzo o di scherno! Indegni! indegni! La terribile maledizione da Iddio scagliata contro lo snaturato figlio di Noè che ardì deridere il padre, non vi spaventa, non vi agghiaccia il cuore, non vi riduce a miglior consiglio? Ma Noè ebbe altri due figli, uno dei quali toltosi il mantello coprì il padre e lo difese e lo compensò dell'onta a lui recata dal fratello; quel figlio pietoso fu benedetto da Dio, benedetto fino alla più tarda generazione. Quell'Iddio benedice te pure, mia buona amica, sì, benedice te pure che amorevole, riverente, premurosa ti studii attorniare delle più solerti cure i tuoi avi, e copri di un velo i loro difetti; che, angelo del buon consiglio, con una di quelle arti che non s'insegnano, che non si apprendono altrove se non nel Cuore del nostro Gesù, inspiri loro di evitarli, rendi contenta la loro tarda età, nascondendo loro pietosamente tutto quanto può dar pena, procuri ad essi tutto quanto li può consolare. Sì, su te cade, su te riposa, tutta ti circonda la copiosa benedizione del Dio tre volte santo, e vivi sicura! per quanto il dolore possa venire a trovarti, la tua esistenza non perderà mai la pace, e la gioja e la calma non saranno mai straniere all'anima tua. Ho tutt'ora sott'occhi l'esempio di una famiglia una volta gaudente, prospera, felice, oggi miserabile, sconnessa, turbata. Erano due sposi circondati da tre carissimi figli, sani, intelligenti, affettuosi; gli affari andavano a gonfie vele, e l'industria del meccanico loro fruttava onore e guadagno oltre ogni speranza. Ma vi era una vecchia madre trascurata, sprezzata, alla quale quasi per elemosina si gettava un pezzo di pane ed una scarsa borsa che, se bastava appena a toglierla dall'indigenza, era ben lungi dal toglierla dal suo abbattimento, dall'avvicinarla, e dal comunicarle il benessere e la gioja comune. Io ero allora fanciulla, ed allorchè quella vecchia signora sfogava il suo cuore colla mia mamma, ed io sentiva il racconto delle sue pene, provavo una venerazione per la povera vecchia, ed un'indignazione pei giovani suoi figli, una specie di paura che non avesse a piombare sovra essi un tremendo gastigo. Un giorno la campana dà i mesti tocchi dell'agonia; un altro giorno una povera bara seguíta da pochi è portata al Cimitero; un altro giorno della vecchia si parla da pochi, poi non se ne parla più, non si ricorda nemmeno!... Quella famiglia quasi priva da un onere, continua a vieppiù prosperare, i figli si fanno essi pure un ridente ed agiatissimo stato... ma un giorno di morte repentina muore il capo di casa... un altro dì uno di quegli individui che incorniciati dal credito e dal buon nome pajono lanciati dal demonio nella società per sfasciarla, per annichilarla, quell'individuo fa morire di dolore una figlia, getta quasi nella miseria gli altri due; uno di questi ripristina la propria fortuna, ma a spese della pace e forse dell'onestà: l'altro maledice la madre, la quale se ne rimane così isolata nel mondo, abbandonata, infelice! Il mondo se degna di uno sguardo quelle membra staccate che formavano già un corpo solo, o non le cura o le disprezza; ma chi conosce quella storia oscura, non può a meno di ritornar con amarezza al pensiero una voce fioca ma concitata; una cuffia bianca ed un crine canuto su cui sdegnava posarsi la mano filiale... Buon Dio! perdona, perdona a tutti i loro errori; perdona a quel figlio forse più debole e sventurato che colpevole, perdona le sue colpe. Da quella famiglia dove tu sei sbandito, dove è sbandita fino l'immagine tua, leva i flagelli; ritorna tu colla tua presenza, porta la tua fede, la tua speranza, la tua carità, e quando tu avrai fatto ritorno in quella casa, tornerà il sereno, tornerà la calma, cesseranno le ire, cresceranno i figliuoletti nella tua legge, ed al fuoco delle passioni subentrerà il fuoco dell'amor tuo verace! Ma più frequenti, molto più frequenti io amo credere i casi in cui, non una prosperità fittizia, ma una prosperità vera, è il premio da Dio accordato a coloro i quali devoti al comandamento onorerai il padre e la madre tua venerano i cadenti genitori, o gli avi che la Provvidenza ha loro conservato per moltissimi anni. E se tu hai la grande ventura di avere ancora i tuoi nonni, ricordati di venerarne la canizie, perchè quella canizie riflette qualche cosa della maestà stessa dell'Onnipotente, perchè a quella canizie vanno attaccate le benedizioni del Signore. Te beata, se nel sentiero spinoso della vita avrai il conforto di non aver conturbato i vecchi anni degli avi tuoi! Te beata se, vecchia tu pure un giorno, potrai ricordare con compiacenza e con commozione che un dì sulla tua testa s'è posata una mano tremola e scarna, che una voce conosciuta presso a spegnersi per sempre, ha fatto un ultimo sforzo per benedirti... Oh! quella benedizione Iddio l'ha confermata, la conferma ogni giorno in cielo, e sarà feconda d'ogni bene al tuo corpo e all'anima tua!

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Abbiamo riflettuto assieme più d'una volta, che coloro i quali vengono colpiti dalla sventura senza essere contrabbilanciati dalla fiducia e dalla speranza del premio futuro a quella promesso, si abbandonano a smanie, alla disperazione, fino al suicidio se non sono cinici, e se non sono riusciti ad attutire ogni loro sentimento. Ad evitare simili eccessi, noi abbiamo in pronto le virtù cardinali, le quali ci sollevano da un gran peso, e se non arrivano ad asciugare le nostre lacrime, per non privarci del merito ad esse congiunto, le rendono però meno amare, e comunicano loro una soavità ignota per sempre al mondo ed ai mondani. E chi leggendo la stupenda poesia del Torti sulla Fede, allorchè egli parlando della vecchierella della sua montagna dice: O del raccolto le godesse il core, O la gragnuola i tralci le schiantasse, Benedisse nel gaudio e nel dolore, Nè fu il suo ragionar che una parola: La volontà sia fatta del Signore. chi non si sente profondamente intenerito, ed invogliato a ripetere con essa la difficile parola la volontà sia fatta del Signore? È un errore credere esservi bisogno di una simigliante rassegnazione soltanto nei grandi dolori i quali ci capitano a lunghi intervalli, mentre ci e più che mai indispensabile in tutte le circostanze della vita, se non in grado uguale, almeno nella sostanza, tanto nei piccoli contrattempi e nelle leggiere indisposizioni, quanto nelle più fiere sventure e nelle mortali infermità. Oggi mi duole il capo od il petto, mi sento senza lena, svogliata, ed ho una matta inclinazione ad inquietarmi di tutto e con tutti; se avrò il pensiero costante di tutto prendere dalla mano di Dio, non farò sentire il peso del mio male a coloro che mi circondano, ma sarò dolce con essi, paziente, e mi guarderò dal riuscir loro di flagello forse maggiore di quanto nol sia il mio stesso male. Ecco la pazienza, la rassegnazione cristiana produrre naturalmente l'uguaglianza di carattere, quell'uguaglianza invidiabile che conserva la pace nelle famiglie, accresce il vicendevole attaccamento, migliora gli animi, e genera una lunga serie di benedizioni. Mia cara amica, io spero che questi miei consigli ti sieno superflui, e tu già possieda quella dolcezza, quella tranquillità inalterabile la quale proviene dall'aver donato la mente ed il cuore a Dio, dal quale tutto accetta; ma, pur troppo, alla tua età le passioni sono vigorose, la fantasia agitata, e molto facilmente potresti cadere in preda della sfiducia, dello scoraggiamento. No, no, figliuola, non cedere alle tentazioni; è l'angelo delle tenebre che soffia nel tuo fuoco per unire alle sue le tue fiamme; non ti accorgi che l'angelo tuo benedetto nol vuole, e che lui, proprio lui, ti suggerisce al cuore quel buon consiglio, quella specie di rimorso, per strapparti dal cuore quella sublime parola che l'Unigenito Figlio di Dio c'insegnò a dire quando nell'orto del Getsemani, immerso in un sudore di sangue, esclamò al Padre: la vostra volontá sia fatta, e non la mia? Disprezza i piccoli acciacchi, le piccole miserie della vita; renditi ad essi superiori, tieni il tuo spirito rivolto a Dio, ed allorchè ti sopravverranno le disgrazie, saprai accoglierle con animo rassegnato, offerendo al Signore le tue pene in espiazione delle colpe tue e delle altrui. Allorchè ad Abramo fu fatto il terribile comando di sacrificare ed uccidere il suo unico figlio sospirato tanto tempo, e tanto teneramente amato, egli dovette provare uno smisurato dolore; pure egli pensa all'obbligo di rassegnarsi al voler del sommo Iddio e di prestargli l'atto della sua obbedienza; e, caricato Isacco delle legna sulle quali doveva essere svenato ed arso, si reca con lui sulla sommità del monte, lega il proprio figlio, gli benda gli occhi, ed impugnato un coltello e fatto un supremo sforzo di rassegnazione, solleva la mano per ferirlo ed ucciderlo. Ma il Signore ha veduto l'obbedienza del suo servo, ha accettato il sacrificio già consumato nel suo cuore, ed inviato un Angelo, arresta la mano al santo Patriarca, e gli restituisce il figlio. E chi può ridire la gioja immensa di quel padre virtuoso e fortunato? E chi può enumerare la lunga catena di benedizioni riservatagli da Dio pel suo eroico coraggio, per la sua eroica rassegnazione? Orbene, il Signore non pretende da te un simigliante eroismo; pure pretende qualche cosa, anzi molto da te, ed è che tu rinunci alle tue passioncelle, alle tue inclinazioni per servire Lui solo, ti uniformi completamente alla sua divina volontà in tutte le cose, diventi tutta di Dio e per Iddio. Desideri tu vivamente un collocamento onesto, e vedi sempre fuggirti dinanzi quell' ombra che prima ti aveva cotanto lusingata? Pensa che soltanto pel tuo bene Iddio ti lascia nella tua casa; Egli conosce le cose future come le presenti, e vede che quanto forma il tuo sospiro, sarebbe invece la tua rovina. Pronuncia adunque generosamente quel fiat mediante il quale la tua volontà sarà unita ed uniformata a quella di Dio, e ti renderà meno pungenti le perdite amarissime ch'io prego ti vengano risparmiate, ma che pur troppo facilmente verranno a colpirti. Entriamo in uno spedale; da un letto una donna ti guarda con occhio bieco quasi a vendicarsi del benessere che tu hai e ad essa tolto; t'avvicini ad essa, le dici parole pietose, le porgi un soccorso, ma l'inferma conserva alcunchè di selvaggio e d'irritato; si lagna del letto, del vitto, dell'infermiera, del medico, e finisce col bestemmiare che Dio ha fatto male ad aggravarla così... Col cuore accasciato ti allontani da quella malata, e t'accosti ad un'altra la quale ha un occhio più mite ed un'apparenza più tranquilla. Leggendo sulla tabella sovrapposta al letto, cancrena, chiedi tremante all'inferma se il suo male è tormentoso; essa affermando china dolorosamente il capo, e soggiunge non volerci che la somma carità delle infermiere a tollerarla cogl'infiniti suoi bisogni e cogl'interminabili suoi ahimè! Essa trova ottimo il trattamento usatole dai medici, dalle suore, dalle inservienti; dice e crede di non meritare tanta bontà; si sforza di ringraziar il Signore il quale si degna, colle pene temporali, accorciarle le pene del purgatorio, ed avendo sentito il medico susurrare all'orecchio dell'infermiera che quella vita non potrà prolungarsi oltre una quindicina di giorni, ha frenato un primo movimento di timore per dar luogo ad una vera esultanza. La terra si dilegua ai suoi occhi; non vede che il cielo. Tu le chiedi se ha parenti che la visitino, e la poveretta traendo un sospiro e levando al cielo uno sguardo ti dice che spera rivederli lassù: tu non sai distaccarti da quel povero letto, e mentre la povera inferma ti ringrazia commossa d'averla visitata senza pur conoscerla, ti dice che sei l'inviata di Dio e ti promette di pregare per te. Io lo vedo, sulle gote ti scorrono calde due lagrime, e giunta all'altarino della Madonna, e piegato il ginocchio nascondi il viso tra le mani volgendo nell' animo: Io sono veramente un nulla; quella è vera grandezza! Non sai allontanarti da quella sala senza volgere un ultimo sguardo alla povera inferma, senza riavvicinarti ad essa, raccomandarti nuovamente alle sue preghiere come a quelle d'un'anima santa, ed il suo limpido sguardo figgendosi nel tuo ti riempie di confusione, e come eco insistente e pur cara ti ripete al cuore: rassegnati, rassegnati al voler di Dio! Oh! sì la rassegnazione è una virtù difficile se la consideriamo astrattamente; ma se la vediamo praticata, posta in atto, leggiamo come in un libro lucente la soavità da cui è costantemente accompagnata. E dimmi; coloro i quali tolgono alle anime afflitte la rassegnazione cristiana, sforzandosi considerarla dote delle anime piccole, dimmi, cosa danno loro in compenso? Essi come popoli vandali e selvaggi non sanno che abbattere e distruggere, senza pensare nè aver modo alcuno a riedificare. Io ho una casina modesta se vuoi, ma ben salda sui fondamenti, comoda e pulita, adattata ai miei bisogni e rispondente a tutto il confortevole alla vita: viene un mestatore e mi dice che quella casa è piccola, indecente, rovinosa, e, senz'aver mezzo alcuno di rifarmela poi pretende la mia adesione per atterrarla, o tenta passare dal detto al fatto colla violenza; non sarei io sommamente sconsigliata, assoggettandomi alla stolta prepotenza del temerario? Oh! non lasciamoci abbattere questo edificio: non lasciamoci rapir dal seno questo tesoro!

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Galateo della borghesia

201630
Emilia Nevers 1 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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Il pane si rompe, non si taglia: le salse si abbandonano al gatto, nè si fa spugna della midolla di pane: si tien il coltello nella destra, la forchetta nella sinistra, tagliando la carne man mano e non mai sminuzzandola prima come cibo preparato pei polli. - La porzione si prende piccola, in casa privata, perchè se il cibo vi piace sapete di poterne riprendere, se non vi piace evitate così di lasciarlo sul piatto, il che è un'offesa alla padrona di casa. In certi luoghi predomina tuttavia il falso concetto che per mostrare che non si è golosi, bisogna accumulare una catasta sul piatto... e lasciarvela, sciupando il ben di Dio. Ignoro davvero dove si sia pescata sì balzana norma di civiltà. L'ho però veduta a metter in pratica, in casa mia, da due sposini, i quali, dopo aver sequestrate la maggior parte delle cose servite, non le assaggiarono neppure, con affettazione così burlesca che nemmeno il gelato, le torte e le frutta trovarono grazia ai loro occhi. Usciti da casa mia andarono difilato al caffè... dove passando li vidi un'ora dopo mangiare a due palmenti. Era civiltà il loro rifiuto? Era impaccio? Non sapevano come mangiare davanti a gente di soggezione? - Forse: quell'inconveniente tocca spesso a quelli che si abituano, per comodità, a mangiar male. Non si beve a bocca piena: non si mettono pesche, biscotti e zuccaro nel vino: non si tocca il cibo nel piatto comune con la propria forchetta: non si prende una gran porzione, offrendone metà al vicino, ed in genere non si offrono cose che possono dispiacere agli schifiltosi: non si da ad assaggiare roba propria, non si chiede di assaggiare quella di altrui, nè vino, nè bibite. Per quanto possibile si evita di soffiarsi il naso e sputare. Se si è troppo infreddati non si accettano inviti. Le ossa si spolpano col coltello; non si pigliano mai con una mano, men che meno con due, imitando il gesto famigliare delle scimmie. Si mangia con misura per non rimaner intorpiditi come serpenti boa, o non essere costretti, l'uomo a sbottonarsi il gilè, lasciando che ne trabocchi la bedaine, le signore, chiuse nel busto, a soffrir una specie di supplizio del medio evo, diventando violetta e correndo rischio di rimaner basite lì per lì. I ragazzi,che hanno forse meno giudizio ancora degli adulti, non vanno esortati a mangiare: l'ospite renderebbe loro un cattivo servizio e moralmente, facendo eco alla loro gola naturale e, fisicamente, compromettendo il loro stomaco. Non si beverà in modo eccessivo, per evitare..... Qui non occorre dir altro, eh? perchè da Noè in poi gli effetti del vino si conoscono. Le frutta presentano un grave quesito. Non vanno prese in mano che per pelarle, poi si tagliano a fette col coltello e si recano alla bocca colla forchetta: mele, pere, pesche, fichi vanno soggette a quella legge; le noci, in una tavola ben servita, si recano già spezzate; riguardo all'uva, chi segue il sistema igienico di non inghiottirne la buccia (ed è igienico davvero, sapete, care signore!) deve mangiarla... in camera propria. Non c'è che un frutto che mi abbia gravemente preoccupato,senza che potessi sciogliere il quesito. Indovinate: Sono le ciliege. Evidentemente non si può, come nel caso delle pesche, estirparne il nocciuolo con la punta del coltello; non si può nemmeno sputarlo nella mano, come fanno taluni. Vi sono certe forme di pulizia che riescono più disgustose della stessa mancanza di mondezza. E dunque che si farà?... Davvero non lo so e non ho veduto questo caso citato in nessuno dei dieci o dodici galatei che esistono a mia conoscenza. Non vedo modo d'uscire dal perfido dilemma: sputar i nocciuoli... o inghiottirli, un dilemma che somiglia un pochino a quello che Bernabò poneva sul Ponte del Naviglio ai due frati latori della scomunica: O mangiare o bere... Care lettrici, studiatelo voi il quesito, e se scoprite altra soluzione - mi raccomando - comunicatemela. Portar in tavola quei certi bicchieri a sottocoppa in cui si risciacquava la bocca anni fa, è usanza tanto vieta che è il caso di ridere di chi la mette in pratica piuttosto che degli ingenui, i quali, vedendo quell'acqua fumante sparsa di buccie dorate di limone...... la recano alle labbra. Si costuma però in certe case recar delle coppe di cristallo piene d'acqua profumata dove il commensale intinge le dita. Intascar frutta o dolci... pei bimbi che sono a casa, è una sconvenienza. Però l'anfitrione può senza ledere la creanza, quando si tratti di parenti od intimi, dare all'ospite qualche confetto in belle carte colorate o dorate da portare alla sua famigliuola. Nei conviti di nozze quei dolci si danno sempre, mettendoli in appositi e ricchi sacchetti. È formola vieta il chieder dopo pranzo al vicino se ha pranzato bene. Più vieto ancora il congratularsi seco stessi del buon pranzo con ingenue esclamazioni: - Ah! che scorpacciata! Come ho mangiato bene! Son sazio fino agli occhi! - senza contar le terribili espressioni: - Grazie, sono stufo; son obeso, non ne posso più... Come qualificare poi le persone che, sia da un ospite, sia all'albergo, s'incoraggiano a vicenda a mangiare più del bisogno con le frasi: - Non costa nulla, - oppure: - Dal momento che si paga a pasto!... - Esistono simili persone? direte voi. Eh! altro, care signore! esistono. E sono spesso persone facoltose, gente che se ne tiene e mangia tartufi e guarda d'alto in basso l'uomo cortese... che per mediocre fortuna è costretto a mangiar male!

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