Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbandonando

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Cosima

243735
Grazia Deledda 1 occorrenze
  • 1947
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • verismo
  • UNICT
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Preferí quest'ultima, pure non abbandonando i suoi studi e i suoi gusti letterari. Quando tornava per le vacanze era un ampio respiro di nuova vita che animava la casa. Portava libri e regali, ed era vestito con modesta ma accurata eleganza. Ed era bello, col viso fine che sembrava quello di una razza diversa dalla sua, i grandi occhi chiari, trasparenti di intelligenza e di bontà. Non parlava molto, ma parlava bene, e aveva già una cultura larga e profonda, aiutata da una memoria straordinaria. E quello che più stupiva in lui era la serietà, quasi l'austerità dei costumi: non fumava, non beveva, non guardava le donne: studiava sempre, anche durante le vacanze. Qualche volta veniva a cercarlo un suo compagno di studi; Antonino, si chiamava, un bellissimo giovane bruno dall'aria un po' beffarda, vestito inappuntabilmente alla moda di allora, cappellino di paglia con nastro di tulle e veletta all'estate, mantello azzurro d'inverno, drappeggiato con eleganza dannunziana (almeno cosí Antonino dava ad intendere, chiamando fraternamente col solo nome di Gabriele il giovanissimo poeta che aveva degnato di una visita il paese di Cosima). Anche lui, Antonino, apparteneva ad una famiglia mista, fra borghese e paesana; la madre e le sorelle vestivano in costume, mentre lui e i fratelli, tutti studenti, avevano quasi un'aria aristocratica. Il padre, veramente, era esattore d'imposte, un uomo rude, taciturno, poco pratico della lingua italiana (come i maggiori signori del resto), di mirabile animo e nobiltà. Ben caratteristica era la loro abitazione, l'ultima del paese, costituita da fabbricati bassi che davano su un cortile chiuso, e dove, oltre la loro famiglia, vivevano altri parenti, con numerosi ragazzi: una specie di clan, ma di gente incivilita, anzi, intelligentissima. I ragazzi studiavano tutti, ed erano caustici, osservatori, beffardi. Una bella vigna che guardava sulla valle e verso i monti a nord, in dolce pendío, era attigua alla casa: piú tardi il padre di Antonino costruí in un angolo di questa vigna una casina alta, dove lo studente, nelle poche settimane che rimaneva in paese, viveva come in una torre d'avorio, studiando, o fingendo di studiare. Fu il primo, il lungo amore di Cosima. Quando egli veniva a cercare Santus, ella si nascondeva, presa dal terrore che egli potesse rivolgerle un semplice sguardo. Ma non c'era pericolo: egli passava accanto a lei e alle altre ragazze anche maggiori e piú belle ed esperte di lei, senza neppure vederle; e se veniva a cercare Santus era perché con lui poteva parlare delle cose e delle persone conosciute nella città dei loro studi; e perché Santus, poi, lo attirava con la sua singolare intelligenza e la sua originalità. Adesso, poi, il futuro medico, si dedica insolitamente ad altre cose all'infuori dei suoi studi. Costruisce, per esempio, un pallone volante, come li chiamavano allora, e riesce a meraviglia, nessuno conosce il segreto del suo apparecchio; ma certo è che il pallone, di carta-seta, per il cui finanziamento Santus è riuscito a farsi dare qualche sussidio dalla madre, un bel giorno sale dal cortile della casa, leggero e colorato come una grande bolla di sapone; vola sopra il paese, richiamando l'attenzione e l'ammirazione di tutti, sparisce, non ritorna. Qualche giorno dopo si seppe che era sceso, senza incendiarsi, in un angolo della montagna. Alcuni piccoli pastori di capre lo avevano veduto librarsi sopra le roccie, illuminato dal tramonto, credendolo una cosa sovrannaturale, e, nel vederlo scendere si erano inginocchiati presi da terrore superstizioso, gridando: «E lo spirito Santo, è lo Spirito Santo». Lusingato da questo successo, lo studente ne tentò un altro. Costruí una ruota pirotecnica, che doveva innalzarsi come il pallone e accendersi con fuochi artificiali di sorprendente effetto. Alcuni razzi di prova riuscirono bene: guizzarono in alto, una sera di agosto, si aprirono in meravigliosi getti di fiori incandescenti: ma quando si trattò di issare e far funzionare la ruota, questa s'incendiò, con grande spavento della famiglia, e il giovane inventore ne ebbe una mano e un braccio gravemente ustionati. L'insuccesso e il male lo avvilirono: dovette mettersi a letto, e per placargli le sofferenze e farlo dormire, il dottore gli ordinò una miscela alla quale era mescolato del cognac. Egli si addormentò; ma come se gli avessero propinato una bevanda magica, si svegliò stordito, e quando le sofferenze della sua scottatura lo tormentavano, si preparava la bevanda e ricadeva in sopore. Il suo umore cambiò: divenne irascibile e pigro, trascurò i suoi libri, si assentò per intere giornate da casa senza dire dove andava. Solo la compagnia di Antonino pareva piacergli: si chiudevano per lunghe ore nella camera alta della casa, e se Cosima, con la forza della curiosità e della passione, riusciva a mettersi in ascolto nel pianerottolo li sentiva leggere ad alta voce e commentare e discutere di cose letterarie. Antonino recitava i versi ultimi del suo diletto poeta: una mattina la sua voce risonò piú alta del solito, e nell'umile sereno silenzio della piccola casa patriarcale, si diffuse come una musica che raccontava di città lontane, luminose di fontane, di statue, di giardini, popolate solo di amanti, di donne bellissime, di gente felice.

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