Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonando

Numero di risultati: 2 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Mitchell, Margaret

221295
Via col vento 2 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Tutti gli si affollarono intorno, abbandonando sulle tavole e a terra i bicchieri e i ventagli di palma. Malgrado la distanza, ella udí il clamore delle voci che interrogavano, chiamavano, e intuí la febbrile tensione degli uomini. Finalmente al disopra del vocio confuso si levò la voce di Stuart Tarleton in un grido esultante: - Yee-eey-y! - come se fosse a caccia. Ed ella udí per la prima volta, senza saperlo, il grido dei Ribelli. Mentre continuava a guardare, i quattro Tarleton, seguiti dai ragazzi Fontaine, uscirono dal gruppo e corsero verso le scuderie gridando: - Jeemes! Ehi, Jeemes! Sella i cavalli! «Si dev'essere incendiata la casa di qualcuno» pensò Rossella. Ma fuoco o non fuoco, lei non doveva fare altro che rientrare nella stanza da letto prima di essere scoperta. Il suo cuore batteva meno violentemente adesso; ella salí in punta di piedi i gradini, al disopra del vestibolo silenzioso. Una calda sonnolenza pesava sulla casa, come se anch'essa dormisse come le ragazze, fino al sopraggiunger della notte in tutta la sua bellezza con la musica e le candele. Pian piano aperse la porta dello spogliatoio e scivolò dentro. Aveva ancora la mano sulla gruccia quando dalla fessura della porta di fronte che metteva nella camera da letto le giunse la voce di Gioia Wilkes, sommessa come un sussurro. - Mi pare che Rossella si sia comportata come una sfacciata, oggi. La fanciulla sentí che il suo cuore ricominciava la folle danza; inconsciamente vi premette sopra la mano come per costringerlo a fermarsi. «Gli spioni ascoltano spesso cose molto istruttive» le risuonò nella memoria. Doveva uscire nuovamente? O farsi vedere e mettere in imbarazzo Gioia come meritava? Ma la voce che udí subito dopo la fece fermare. Neanche una coppia di muli avrebbe potuto trascinarla via quando riconobbe la voce di Melania. - Oh, Gioia, non esser cattiva. È soltanto vivace e spiritosa. A me è sembrata simpaticissima. «Oh» pensò Rossella ficcandosi le unghie nel corpetto. «Sentirsi difendere da quella piccola ipocrita!» Era peggio della lieve maldicenza di Gioia. Rossella non aveva mai avuto fiducia in nessuna donna e non aveva mai attribuito a nessuna - eccetto sua madre - motivi che non fossero egoistici. Melania era sicura di Ashley, perciò poteva concedersi il lusso di manifestare uno spirito cosí cristiano. Rossella pensò che in questo modo Melania faceva pompa della sua conquista e in pari tempo si procurava la nomea di essere buona e dolce. Era un trucco che anche lei aveva usato molte volte parlando di altre ragazze con gli uomini; ed era sempre riuscita in quel modo a convincerli della sua bontà e del suo altruismo. - Senti, cara - riprese Gioia aspramente, alzando un po' la voce - bisogna dire che sei cieca. - Ssst, Gioia - bisbigliò Sally Munroe - ti sentiranno in tutta la casa! Gioia abbassò la voce ma continuò. - Non hai visto che cercava di accaparrarseli tutti? Perfino Mr. Kennedy che è il corteggiatore di sua sorella. Non ho mai visto una cosa simile! E certo ha cercato di attirare anche Carlo. - Gioia ridacchiò con una certa sufficienza. - Sapete bene che io e Carlo... - Davvero? - bisbigliarono alcune voci eccitate. - Sí, ma non ditelo a nessuno, ragazze... Non ancora! Vi furono ancora delle risatine e le molle del letto cigolarono come se qualcuno avesse spinto Gioia. Melania mormorò qualche parola sulla sua felicità di avere Gioia per sorella. - Ah, io non sarei davvero felice di avere Rossella per sorella, perché è sfacciata come non ve ne sono altre - giunse la voce afflitta di Etta Tarleton. - Ma è quasi fidanzata con Stuart. Brent dice che non glie ne importa un fico; ma in verità anche lui ne è pazzo. - Se domandate a me - mormorò Gioia con misteriosa importanza - c'è solo una persona di cui a lei importi. Ed è Ashley. I bisbigli si fusero violentemente interrogando, interrompendo, e Rossella si sentí ghiacciare dal timore e dalla umiliazione. Gioia era una stupida, una cretina, una sempliciona per quanto concerneva gli uomini, ma aveva per quanto concerneva le altre donne, un istinto femminile che Rossella non aveva mai considerato. La mortificazione e l'orgoglio offeso di cui aveva sofferto nella biblioteca con Ashley e con Rhett Butler erano punture di spillo a paragone di questo. Si poteva aver fiducia che gli uomini - anche un individuo come Mr. Butler - avrebbero taciuto; ma con le chiacchiere di Gioia Wilkes che spettegolava a destra e a sinistra, prima delle sei tutta la Contea sarebbe al corrente. E Geraldo la sera prima aveva detto che non voleva che il paese ridesse di sua figlia. Come riderebbero tutti adesso! Un sudore vischioso le bagnò le costole partendo dalle ascelle. La voce di Melania, misurata e tranquilla, si levò sulle altre con lieve rimprovero. - Sai benissimo che non è cosí, Gioia, e non è gentile da parte tua... - È cosí, Melly, e se tu non fossi sempre intenta a cercare la bontà in quelli che non ne hanno, te ne accorgeresti. E io sono contenta. Le sta bene. Rossella O'Hara non ha mai fatto altro che mettere scompiglio e cercare di portar via gli spasimanti alle altre ragazze. Sai benissimo che ha portato via Stuart a Lydia, mentre non sapeva che farsene. E oggi ha cercato di attrarre Mr. Kennedy, Ashley, Carlo... «Debbo andare, a casa!» pensò Rossella. «Debbo andare a casa!» Se avesse potuto per opera di magía essere trasportata a Tara, al sicuro! Poter essere con Elena, vederla, nascondere il viso nel suo grembo, piangere e raccontarle tutto! Se avesse udito ancora una parola si sarebbe precipitata nella stanza e avrebbe afferrato a manate i pallidi capelli di Gioia e avrebbe sputato in faccia a Melania Hamilton per mostrarle ciò che pensava della sua carità. Ma si era già comportata in modo abbastanza volgare oggi, proprio come una qualsiasi miserabile stracciona bianca; e questo era il suo tormento. Si strinse le mani contro le gonnelle perché non frusciassero e indietreggiò furtivamente come un animale. «A casa» pensava nell'attraversare velocemente il vestibolo davanti alle porte chiuse e alle stanze silenziose; «debbo andare a casa.» Era già nel porticato, quando fu colpita da un nuovo pensiero: non poteva andare a casa, non poteva fuggire! Doveva assistere, sopportare tutta la malizia delle ragazze e la propria umiliazione e il crepacuore. Fuggire, significava dar loro maggiore esca. Picchiò il pugno chiuso contro la grande colonna bianca lí accanto, come se avesse desiderato essere Sansone e far crollare le Dodici Querce distruggendo tutti quelli che vi erano dentro. Li farebbe pentire, farebbe veder loro... Non sapeva ancora come, ma lo avrebbe fatto. Li offenderebbe peggio di come essi avevano offeso lei. Per il momento Ashley come Ashley era dimenticato. Non era il bel giovane sonnolento di cui ella era innamorata, ma era una parte dei Wilkes, delle Dodici Querce, della Contea; ed essa li odiava tutti perché ridevano. La vanità è piú forte dell'amore, a sedici anni, e nel suo cuore ardente non vi era posto per altro, ora, che per l'odio. «Non andrò a casa» pensò, «rimarrò qui e li farò pentire. E non lo dirò mai alla mamma. No, non lo dirò a nessuno.» Fece una sforzo per rientrare in casa, risalire le scale e andare in un'altra camera da letto. Nel voltarsi vide Carlo che rientrava dall'altra estremità del lungo vestibolo. Vedendola si affrettò verso di lei. Aveva i capelli in disordine e il viso color geranio per l'eccitazione. - Sapete che cosa è successo? - gridò anche prima di averla raggiunta. - Avete sentito? È arrivato or ora Paolo Wilson da Jonesboro con le notizie! Fece una pausa, senza fiato, essendole arrivato accanto. Ella non fece motto e lo fissò. - Lincoln chiede uomini, soldati, - volontari voglio dire - settantacinquemila! Di nuovo Mr. Lincoln! Ma possibile che gli uomini non pensassero mai a ciò che realmente accadeva? Ecco che questo idiota si aspettava che lei si eccitasse per i capricci di Mr. Lincoln, mentre aveva il cuore spezzato e la reputazione quasi rovinata. Carlo la fissò; il volto di lei era bianco come la cera e i suoi occhi verdi brillavano a guisa di smeraldi. Egli non aveva mai visto un fuoco simile nel volto di una fanciulla, un tale splendore negli occhi di nessuno. - Son troppo goffo - disse. - Avrei dovuto dirvelo piú dolcemente. Ho dimenticato che le donne sono cosí delicate. Mi dispiace di avervi turbata cosí. Non vi sentite venir meno? Posso andarvi a prendere un bicchier d'acqua? - No - rispose Rossella e cercò di sorridere convulsamente. - Vogliamo andare a sedere sul banco? - chiese il giovane prendendola per il braccio. Ella annuí ed egli la aiutò cortesemente a scendere i gradini e la condusse attraverso l'erba fino al banco di ferro sotto alla quercia piú maestosa, nel piazzale davanti alla casa. «Come sono fragili e tenere le donne» pensò; «basta nominare la guerra per vederle svenire.» Questa idea lo fece sentire molto uomo, e quindi egli raddoppiò di gentilezza. La fanciulla sembrava cosí strana, e nel suo volto bianco era una selvaggia bellezza che gli fece balzare il cuore. Possibile che ella fosse sgomenta al pensiero che egli potesse andare in guerra? No, era una presunzione eccessiva. Ma perché lo guardava cosí bizzarramente? E perché le sue mani tremavano, mentre tirava fuori il fazzolettino di trina? E le sue folte ciglia battevano come quelle delle fanciulle nei romanzi che aveva letto, per timidità ed amore. Carlo si schiarí la voce tre volte per parlare, senza riuscirvi. Abbassò gli occhi perché quelli verdi di lei erano cosí penetranti che sembrava quasi che vedessero al di là di lui. «Ha una quantità di quattrini» pensava rapidamente Rossella, mentre nel suo cervello si formava un nuovo piano. «E non ha genitori che possano darmi noia; e per di piú vive ad Atlanta. Se lo sposassi subito, farei vedere a Ashley che di lui non m'importava un fico... che volevo soltanto civettare. E per Gioia sarebbe la morte. Non troverà mai, mai un altro corteggiatore e tutti rideranno di lei. E Melania ne sarebbe addolorata, perché vuol molto bene a Carlo. E sarebbero addolorati anche Stu e Brent...» Non sapeva precisamente perché voleva dar loro un dispiacere, se non perché avevano delle sorelle dispettose. «E tutti sarebbero indispettiti quando io ritornassi qui in visita in una bella carrozza, con una quantità di bei vestiti e una casa mia. E non potrebbero mai, mai ridere di me.» - Certo, vuol dire combattere - disse Carlo dopo parecchi tentativi imbarazzati. - Ma non vi agitate, Miss Rossella; in un mese sarà tutto finito e sentiremo i loro lamenti. Sicuro, i loro lamenti! Non vorrei per nulla al mondo mancare di sentirli. Ho paura che stasera non ci sarà il ballo perché lo Squadrone deve riunirsi a Jonesboro. I ragazzi Tarleton sono andati a diffondere la notizia. So che alle signore dispiacerà. Ella fece - Oh! - non sapendo dire altro; ma questo bastò. Le stava ritornando il sangue freddo e la sua mente ricominciava a veder chiaro. Su tutte le sue emozioni si formava uno strato di ghiaccio ed ella pensò che non sentirebbe mai piú nulla di ardente. Perché non prendere quel bel ragazzo timido? Valeva come gli altri e a lei non importava nulla di nessuno. No, non avrebbe piú voluto bene a nessuno, anche se avesse vissuto fino a novant'anni. - Non posso decidere ora se andrò con Mr. Wade Hampton nella Legione della Carolina del Sud o con la Guardia di città di Atlanta. Ella disse ancora - Oh! - e i loro occhi s'incontrarono; e le ciglia che si agitarono furono la sua rovina. - Mi aspetterete, Miss Rossella? Sarà... Sarà divino sapere che voi mi aspettate finché li avremo battuti! - Attese senza respirare le parole di lei, osservando le labbra rosse che s'increspavano agli angoli e notando per la prima volta l'ombra di quegli angoli e pensando come sarebbe bello baciarli. La mano di lei, col palmo umido di traspirazione, scivolò nella sua. - Non vorrei aspettare - mormorò, e i suoi occhi si velarono. Seduto, stringendole la mano, egli la fissò a bocca aperta. Con gli occhi bassi, Rossella lo guardava attraverso le ciglia, con l'impressione che egli somigliasse a un rospo enorme. Egli fece per parlare piú volte, boccheggiò, tornò ad arrossire. - Possibile che mi amiate? Ella non rispose ma abbassò gli occhi e Carlo fu nuovamente trasportato in un'atmosfera di estasi e d'imbarazzo. Forse un uomo non dovrebbe rivolgere una simile domanda a una ragazza. E forse per lei sarebbe sconveniente rispondergli. Non avendo mai avuto il coraggio di mettersi prima d'ora in una simile situazione, Carlo non sapeva come comportarsi. Aveva voglia di urlare, di cantare e di baciarla; di far delle capriole sul prato e poi di correre a dire a tutti quanti, bianchi e negri, che essa lo amava. Ma si limitò a stringerle la mano fino a farle penetrare gli anelli nella carne. - Volete sposarmi presto, Miss Rossella? - Uhm! - rispose ella giocherellando con una piega della veste. - Dobbiamo fare un doppio matrimonio con Mel...? - No, - rispose ella rapidamente, e i suoi occhi ebbero uno splendore minaccioso. Carlo comprese di aver nuovamente commesso un errore. Era naturale che una fanciulla desiderasse una festa di nozze propria, non una gloria condivisa. Come era buona a passar sopra ai suoi rossori! Se almeno fosse buio ed egli fosse incoraggiato dalle tenebre, e riuscisse a baciarle la mano dicendole tutto ciò che anelava di dirle! - Quando posso parlare con vostro padre? - Piú presto è, meglio è - rispose ella, sperando che egli rallentasse la dolorosa pressione sui suoi anelli, senza costringerla a dirglielo. Egli balzò in piedi e per un attimo Rossella temette che facesse una capriola prima che la dignità lo trattenesse. La guardò, raggiante, con tutto il suo semplice onesto cuore negli occhi. Nessuno l'aveva mai guardata cosí, e nessuno piú la guarderebbe in quel modo; ma ella pensò soltanto che le sembrava un vitello. - Vado a cercarlo - disse col viso illuminato da un sorriso. - Non posso aspettare. Volete scusarmi... cara? - Pronunciò questa parola con sforzo, ma essendovi riuscito la ripeté con piacere. - Sí, vi aspetterò qui. È fresco e si sta bene. Egli attraversò il prato e scomparve dietro alla casa, lasciandola sola sotto la quercia le cui foglie stormivano. Dalle scuderie uscivano uomini a cavallo; i servi negri cavalcavano frettolosamente dietro ai loro padroni. I ragazzi Munroe passarono velocemente agitando i loro cappelli; i Fontaine e i Calvert percorsero la strada gridando. I quattro Tarleton attraversarono il prato e le passarono davanti, e Brent gridò: - La mamma ci darà i cavalli! Y-eey-iii! - Scomparvero lasciandola nuovamente sola. La casa bianca drizzava davanti a lei le sue grandi colonne, e sembrava che si ritraesse da lei con dignità. Oramai, non sarebbe stata mai piú la sua casa. Ashley non le farebbe mai oltrepassare quella soglia come sua sposa. Oh, Ashley! Che cosa ho fatto? Nella profondità del suo intimo, sotto l'orgoglio felice e il freddo senso pratico, qualche cosa si agitò dandole dolore. Era nata in lei un'emozione da adulta, piú forte della sua vanità e del suo egoismo volontario. Ella amava Ashley, sapeva di amarlo, e non gli aveva mai voluto tanto bene come nel momento in cui vide Carlo scomparire alla svolta del viale inghiaiato.

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Egli volse il capo e le diede un'occhiata che la fece indietreggiare abbandonando il suo braccio. Non vi era sarcasmo, ora, nei suoi occhi; ma piuttosto un'espressione di collera e anche di stupore. Torse le labbra volgendo nuovamente il capo. Per un pezzo proseguirono in un silenzio interrotto soltanto dai lievi vagiti del bimbo e da qualche gemito di Prissy. Finalmente Rhett voltò il cavallo ad angolo retto e dopo un poco si trovarono su una strada larga e soffice. Le forme incerte delle case diventavano sempre piú rare e ai due lati si stendevano folte boscaglie. - Siamo fuori città, adesso - disse Rhett brevemente tirando le redini; - e sulla strada principale per McDonough. - Presto. Non vi fermate! - Lasciate respirare un momento questa bestia. - Poi volgendosi a lei, le chiese lentamente: - Siete ancora decisa, Rossella, a commettere questa follia? - Quale? - Volete ancora tentare di arrivare a Tara? È un suicidio. Fra voi e Tara vi è la cavalleria di Lee e l'esercito yankee. Dio mio! Avrebbe ora rifiutato di condurla a casa, dopo ciò che ella aveva sopportato in quella tremenda giornata? - Oh, sí, sí! Vi prego, Rhett, sbrighiamoci. Il cavallo non è stanco. - Un momento. Non potete andare a Jonesboro seguendo la linea ferroviaria. Si è combattuto qui tutto il giorno. Conoscete altre strade, carrozzabili o sentieri, che non attraversino Jonesboro? - Oh, sí! - esclamò Rossella sollevata. - Conosco una strada carrozzabile che lascia Jonesboro di fianco e fa il giro di diverse miglia. Papà ed io la percorrevamo a cavallo. Sbuca vicino alla proprietà di Maclntosh ed è soltanto a un miglio da Tara. - Bene! Allora può darsi che riusciate. Il generale Steve Lee è stato da quella parte durante il pomeriggio di oggi per coprire la ritirata. Forse gli yankees non vi sono ancora. Quindi potete arrivate se gli uomini di Lee non vi prendono il cavallo. - lo... posso arrivare? - Sí, voi. - La sua voce era aspra. - Ma Rhett... voi... non ci accompagnate? - No. Vi lascio qui. Ella si guardò attorno con uno sguardo folle; guardò il cielo livido, gli alberi neri che sembravano le pareti di una prigione, le figure spaventate nel carro, e finalmente lui. Era impazzita? O non aveva udito bene? - Ci lasciate? E dove... dove andate? - Cara figliola, vado con l'esercito. Ella sospirò, sollevata e irritata. Perché scherzava in questo momento? Rhett nell'esercito! Dopo tutto quello che aveva sempre detto... - Che gusto spaventarmi cosí! Andiamo! - Non sto scherzando, mia cara. E sono dolente che voi non accettiate con spirito migliore il mio sacrificio. Dov'è il vostro patriottismo, il vostro amore per la Nostra Causa Gloriosa? Ora sarebbe il momento di dirmi che debbo tornare vittorioso o morto. Ma fate presto, perché a me occorre un po' di tempo per farvi un bel discorsetto prima di partire per la guerra. Era la solita voce beffarda. Egli la scherniva e in certo modo, scherniva anche se stesso. Non era possibile che parlasse sul serio. E non era credibile che pensasse di lasciarla su quella strada buia con una donna che poteva essere moribonda, un neonato, una piccola imbecille negra e un bimbo atterrito; non poteva lasciarle il compito di portarli attraverso miglia e miglia di campi di battaglia, in preda a mille pericoli. - Scherzate, Rhett! Gli afferrò il braccio e lagrime di terrore le sgorgarono dagli occhi. Egli sollevò la sua mano e glie la baciò leggermente. - Egoista sino alla fine, non è vero, mia cara? Pensate soltanto alla vostra preziosa salvezza e non alla valorosa Confederazione. Immaginate invece, come saranno rincorate le nostre truppe da questa mia comparsa all' ultima ora! - Nella sua voce era una maliziosa tenerezza. - Oh, Rhett, come potete farmi questo? Perché mi volete abbandonare? - Perché? - egli rise gaiamente. - Forse a causa di quella stupida sentimentalità che è appiattata in fondo a tutti noi meridionali. Forse... Forse perché mi vergogno. Chi Io sa? - Vergognarvi? Dovreste morire di vergogna a lasciarci qui, sole, senza aiuto... - Cara Rossella! Voi non siete senza aiuto. Quando si è egoisti e risoluti come voi, non si è mai abbandonati. Dio deve aiutare piuttosto gli yankees, se per caso capitate fra loro! - Scese bruscamente dal carro, e poiché ella lo guardava sbalordita, girò dalla sua parte e le ordinò: - Scendete. Ella lo fissò. Rhett la prese alla vita senza complimenti e la depose a terra accanto a lui. Tenendola leggermente alla cintura, la trasse a parecchi passi di distanza. Ella sentiva la polvere e i sassi penetrare nelle sue scarpine. Le tenebre calde l'avvolgevano come un sogno. - Non vi chiedo di comprendere o di perdonare. Io stesso non mi comprendo, e non mi perdonerò mai questa idiozia. In fondo, mi secca di trovare in me ancora tanto donchisciottismo. Ma i nostri bei Paesi del Sud hanno bisogno di ogni uomo. Non lo ha detto anche il nostro bravo governatore Brown? Ma non importa. Vado alla guerra. Rise improvvisamente, un riso squillante che destò gli echi nel bosco nero. - «Non ho potuto amarti, cara, piú di quanto amassi l'onore.» Un bel discorso, no? Certo migliore di quel che sarei capace di fare io in questo momento. Perché vi amo, Rossella, malgrado quel che vi ho detto quella sera sotto il porticato, un mese fa. La sua voce era carezzevole e le sue mani calde e robuste, le lisciavano le braccia nude. - Vi amo, Rossella, perché ci somigliamo tanto; rinnegati, tutti e due, e profondamente egoisti. A nessuno di noi due importa che il mondo vada in rovina, purché noi ci salviamo. Ella udiva le parole, ma non ne capiva il senso. Cercava di rendersi conto della tremenda verità: egli la lasciava sola, ad affrontare gli yankees. Il suo cervello le diceva: «Mi lascia, mi lascia.» Ma non provava emozione. Allora le braccia di lui le circondarono la vita e le spalle, ed ella sentí i suoi muscoli saldi, e i bottoni della sua giacca che le premevano contro il petto. Un senso di calore, di stupore, e di sgomento la invase offuscando in lei ogni cognizione di tempo e di luogo. Si sentiva come una bambola di stracci debole e rilassata; e le piaceva sentirsi sorretta da quelle braccia vigorose. - Non volete cambiare idea a proposito di ciò che vi dissi quella sera? Non vi è nulla di meglio del pericolo e della morte per dare una spinta. Siate patriottica, Rossella. Pensate che manderete un soldato alla morte con un bel ricordo. Ora la baciava. E i suoi baffetti le sfioravano la bocca; la baciava con le labbra ardenti, lentamente, come se avesse avuto a sua disposizione tutta la notte. Carlo non l'aveva mai baciata cosí. E nemmeno i baci dei Tarleton e di Calvert le avevano dato quella sensazione di caldo e di freddo e l'avevano fatta tremare cosí. Le riversò il corpo all'indietro e le sue labbra le accarezzavano la gola, fin dove il cammeo le chiudeva la scollatura. - Tesoro - mormorò egli - tesoro... Ella scorgeva vagamente il carro nell'oscurità. A un tratto udí la vocetta acuta di Wade. - Mamma! Wade ha paúla! Alla sua mente confusa tornò improvvisamente la realtà ed ella ricordò ciò che aveva dimenticato per un attimo: che aveva paura e che Rhett, quel maledetto mascalzone, stava per lasciarla. E per colmo aveva la sfacciataggine d'insultarla con le sue infami proposte. Ira e odio s'impadronirono di lei; con uno sforzo ella si strappò alle sue braccia. - Mascalzone! - esclamò; e cercò di ricordarsi i peggiori insulti, quelli che aveva udito adoperare da Geraldo contro Lincoln, contro McIntosh e contro i muli testardi: ma le parole non vennero. - Abbietto, vigliacco, odioso! - E non riuscendo a trovare altre parole abbastanza sferzanti, alzò un braccio e lo colpí sulla bocca con tutta la forza che le rimaneva. Egli indietreggiò portandosi la mano al viso. - Ah! - fece soltanto; e per un attimo rimasero a fissarsi nell'oscurità. Rossella udiva il suo respiro pesante; ed ella pure ansimava come se avesse corso. - Avevano ragione; tutti avevano ragione! Non siete un gentiluomo! - Cara ragazza, come siete inopportuna! - Andatevene! Andatevene subito! Non voglio vedervi mai piú! Spero che una palla di cannone vi colpisca, che vi faccia a pezzi. Che... - Il resto non importa. Accetto la vostra idea. Ma quando sarò morto sull'altare della patria, spero che la vostra coscienza vi rimprovererà. Lo udí ridere, mentre, voltava le spalle, si avviava verso il carro. Lo vide fermarsi e lo udí parlare con la voce rispettosa che usava sempre quando parlava a Melania. - Mrs. Wilkes? La voce spaventata di Prissy rispose: - Madre di Dio, capitano Butler! Miss Melly essere svenuta rovesciata indietro. - Non è morta? Respira? - Sí, signore. Respirare. - Allora, è meglio cosí. Se fosse cosciente, forse non potrebbe sopravvivere a tutto questo. Abbi cura di lei, Prissy. Questo è per te - e le diede una banconota.... Cerca di non essere piú stupida di quello che sei. - Sí, signore. Grazie, signore. - Addio, Rossella. Si era voltato a guardarla, ma ella non parlò. L'odio l'aveva ammutolita. Udí il suo passo sui ciottoli della strada e per un attimo vide le sue larghe spalle disegnarsi nel buio. E dopo un momento, era scomparso. Udí allontanarsi il rumore dei passi, fino a cessare completamente. Allora tornò lentamente verso il carretto, con le ginocchia che le tremavano. Perché se n'era andato cosí, nel buio, a mescolarsi alla guerra, a una Causa che sapeva perduta, a un mondo impazzito? Perché era andato, Rhett che amava il piacere, le donne, i liquori, il buon vino e i letti comodi, i bei vestiti e le belle scarpe, che detestava gli Stati del Sud e derideva gl'imbecilli che combattevano per essi? Ora le sue scarpe verniciate lo portavano su una strada dolorosa, su cui la fame camminava con passo instancabile, e che le ferite, la debolezza, l'angoscia percorrevano come un branco di iene urlanti. E all'estremità di quella strada era la morte. Non doveva andare, lui che era ricco e tranquillo. Ed era andato, invece, lasciandola sola in una notte nera come la fuliggine, con l'esercito yankee fra lei e la sua casa. Ora si ricordò tutti gli insulti che avrebbe voluto lanciargli, ma era troppo tardi. Appoggiò il capo sul collo curvo del cavallo e pianse.

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