Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonando

Numero di risultati: 11 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Le belle maniere

179972
Francesca Fiorentina 1 occorrenze
  • 1918
  • Libreria editrice internazionale
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
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In una città d'Italia è già accaduto che le signore, con vero coraggio di solidarietà, s'alzassero come spinte da una molla, e, abbandonando in massa lo spettacolo, ne dimostrassero la piena disapprovazione. Se le giovinette sapessero tutte prendere una così eroica risoluzione, il teatro, piuttosto che rinunziare alla grazia e alla freschezza della loro gioventù e all' entusiasmo delle loro anime, sacrificherebbe la rivelazione di tante brutture, per rappresentare un mondo migliore, che risvegliasse desiderio di respirare sempre, anche nella vita, quell'aria di serenità e di benessere comunicato dalla scena agli spettatori. Ma se qualcheduno - il più offeso - non dà l'esempio d'una sola lezione, gli autori continueranno ad ammannire salse piccanti, credendo il pubblico incapace di gustare cibi delicati e appena gustosi. Le più offese siete voi, o giovinette! Dovete ribellarvi voi per le prime alla non arte de' flaccidi scrittori d'oggidì, da cui la donna è rappresentata come una stupida che si lascia ingannare, o come una civettuola che inganna a sua volta. Ammesso però che possiate restare tranquille sin alla fine del dramma, state davvero tranquille; voglio dire, ascoltate tacendo, senza ridere sguaiatamente, senza gestire, senza voltarvi di qua e di là, e senza stare a bella posta con gli occhi fissi in tutt'altra parte che sulla scena, e non perchè qualche cosa attiri la vostra attenzione, ma perchè volete dimostrare che lo spettacolo non vi diverte, non vi piace, o, meglio, non è degno di voi. Questa è posa bell'e buona; come è posa quel vostro torcere la bocca, quell'alzare le sopracciglia in una mossa sdegnosa, tutto il vostro atteggiamento indifferente. Negl'intermezzi poi, fra gli atti, non vi lasciate andare a critiche avventate: vi si potrebbe chiuder la bocca con una mortificazione ben meritata. Se non siete state nemmeno attente alla recita! Che ne potete aver capito? Anche se la vostra elevatezza mentale fosse capace di giudicare, astenetevi dalla critica: solo in famiglia, fra intimi, potrete dire la vostra impressione con garbo, senz'atteggiarvi a superdonne. Se assistete all'opera, evitate, per carità, quel dondolamento del corpo, quel ticchettío del piede, quel mugolío d'accompagnamento che urta chi è vicino, ed è vera e propria mancanza di rispetto e di gusto artistico. Guardate infatti quell'omone in panciolle, che ostenta una grossa catena d'oro sul corpetto sgargiante; come se la gode in quel tentennamento della gamba, che mette in mostra il luccichio della scarpa di vernice! Certo il suo orecchio proverà lo stesso raschío nell'udire la più volgare canzonetta che il coro del"Tannhauser"o il duetto del "Tristano e Isotta". Un'altra prova di gusto, figliole mie, voi darete nel vostro abbigliamento, sia che sediate modestamente ne' posti numerati di platea, sia che sfoggiate la vostra gioventù nella piena luce del palco di prima fila. Non scintillii d'oro o di brillanti chimici, non nastri molticolori ne' capelli bruni o biondi, non scollature, non guanti di pelle lunghi fino alle spalle; ma una camicetta chiara semplicissima, con un'apertura che lasci libero il collo, ma non si prolunghi troppo, un fiore sul petto, un altro, se volete, in testa, adatto al colore delle trecce, e niente di più. La vostra freschezza giovine e sorridente sarà il più grazioso ornamento.

Pagina 111

L'angelo in famiglia

182460
Albini Crosta Maddalena 1 occorrenze
  • 1883
  • P. Clerc, Librajo Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Ma rimarresti priva d'appoggio se rifiutando una cosa, non ne abbracciassi subito un'altra che te ne compensasse, se cioè abbandonando le illusioni mondane non ti attaccassi di proposito al Signore; tu avrai, ne son certa, fatto al buon Dio le tue proteste di voler servire Lui solo, e di adoperare tutti i mezzi per servirlo più fedelmente che per te si possa, rinunciando per sempre a tutto quanto non conduce a Lui, fine unico, meta sicura della nostra esistenza. Oh! se nel tuo cuore Iddio ha posto queste buone risoluzioni, e tu hai amore a coltivarle, vorrai certamente accogliere i miei consigli, e seguire la via che io ti indicherò per le varie occorrenze, pei diversi stati dell' animo tuo e della tua condizione sociale. Io vorrei poter spargere il tuo cammino di sole rose; ma non posso ingannarti; le rose ci sono sì ma alla meta; talvolta ne troverai anche qualcuna sulla tua strada, e sarà per incoraggiarti a proseguire il tuo viaggio; ma la strada è difficile, angusta, spinosa, nol so, nè il posso, nè il voglio dissimulare. Ma te l'ho detto e tel ripeto: il giogo del Signore è soave e il suo peso è leggiero, ed armata da un vero orrore al peccato, animata da un vivo desiderio del bene, la strada difficile, angusta, spinosa alla carne, diventerà per te agevole, cara e perfino amabile. Non credi alla veracità delle mie parole? Prova, e vedrai. Ti sei mai provata nella state a camminare per le viuzze scoscese del monti? Dimmi; talvolta la fatica della salita, il caldo, i sassi pungenti, le siepi che buttavano i loro rami intralciati sul tuo sentiero, tentavano di farti troncare a mezzo la tua ascensione, e taluna delle tue compagne ha ceduto alla tentazione, e s'è arrestata prima di raggiungere l'altezza. Ma tu pensavi:se mi fermo qui non godo le delizie del piano nè quelle del monte: avanti, avanti, lassù godrò finalmente e riposerò. Ed animata da questo pensiero hai proseguito l'erta faticosa; hai sudato ancora, hai lacerato perfino la veste; ma quando le tue forze pajono esaurite ed il tuo respiro si è fatto ansante, l'occhio tuo è colpito, entusiasmato da una stupenda veduta. Dio Vi ringrazio! tu hai esclamato, ed il tuo piede dimentico delle passate fatiche corre e folleggia su quell'amena prateria, d'onde domini i monti ed i colli che stanno a' tuoi piedi, i laghi, i fiumi, le selve, i burroni, e ti senti signora di tutto, e la tua anima spazia nell'infinito, e da ciò che vede entra nel campo di ciò che non vede se non coll'occhio della fede, e si bea in un godimento così intenso da farle disprezzare le fatiche superate per giungervi. Nè basta; il tuo corpo sente bisogno di refrigerio, tu corri in una capanna dove stanno i pastori a custodire il gregge, trovi del latte, lo bevi con incomparabile piacere da una ciotola di legno; ma quel latte ha una dolcezza non mai provata, ha un sapore, un condimento superiore ad ogni altro. Poi non sai saziarti di vedere, di visitare quei pascoli, e t'interni sotto una selva ombrosa a cogliere ciclamini, e ti sporgi su quel masso dal quale si dominano le sottostanti praterie che sono a loro volta la cima dei monti più bassi, e ti siedi all'ombra dei cipressi e dei pini, ed aspiri l'aria imbalsamata e piena d'aromi salutari, e pensi... Oh! quanti pensieri, allegri, malinconici, ma tutti belli, tutti soavi, poichè l'aspetto imponente, maestoso della natura sa inspirare sentimenti nobili e delicati; io credo che se si potesse sempre proporre la contemplazione delle bellezze naturali a colui che sta per commettere un delitto, e si potesse fermare l'attenzione sua su di esse, io credo ch'egli riporrebbe nel fodero il suo pugnale, e muterebbe i suoi propositi. Io mi sono forse soverchiamente lasciata trascinare da rimembranze soavissime, a rischio di abusare della tua pazienza; ma dimmi, se tu veramente avessi fatto quella salita, se tu veramente avessi assaporato quelle dolcissime emozioni che più volte hanno inondato l'animo mio, non avresti compassionato coloro che spaventati dall'angustia e dalla difficoltà dell'erto sentiero che rimaneva loro a percorrere, o sono rimasti a casa, ovvero a mezza via? Avresti tu rimpianto la loro facile quiete sentendoti rinnovato non solo il corpo a quell'aura vitale, ma più assai la mente ed il cuore? Oh! se non credi che la via che conduce a Dio offra alla sua meta dolcezze incomparabili, prova, prova, e troverai che Iddio nella sua misericordia ne ha sparso il cammino arenoso di oasi confortanti nelle quali troverai tanto grandi conforti, incoraggiamenti e delizie, che animosa non solo correrai, ma volerai sulla strada. Volgendoti poscia a coloro i quali non sanno vincere le difficoltà, farai di tutto per scuoterli, mentre ti muoverà il cuore un senso d'indefinibile compassione pei poveretti che non vogliono superare i primi sforzi dei quali ben presto si troverebbero largamente compensati. Sì, mia cara, i mezzi che io ti proporrò ti parranno difficili e gravosi, poichè il corpo nostro, intollerante di qualunque peso, rifugge da quanto ne ha l'apparenza, e si sobbarca invece facilmente a quanto gli s'impone senza avvedersene. Ma se tu vuoi il tuo vero bene, se odii il peccato, non c'è altra via di scampo che questa; andare a Dio e distaccare il cuore dalla terra, da tutto quanto è terreno, toccandone solo quel tanto che ci prescrive il dover nostro. Che se tu pretendessi servir Dio ed in pari tempo servire il mondo, faresti come colui che cammina sopra un letto di arena: si sforza di correre e più alza il piede, e più il piede si sprofonda nella sabbia, ed anzichè andare avanti torna indietro; finchè trafelato ed ansante si decide a raggiungere il punto più vicino di terra soda, od afferra una tavola od un ramo che la provvidentissima Provvidenza gli presenta, e gettatolo sopra l'arena cammina sovr'esso sospirando il termine che finalmente raggiunge. Sì, il mondo, la società è un banco di arena che si mostra all'occhio inesperto piano e lucente; ma quel banco esaurisce le forze, fiacca la volontà e invade di scoraggiamento chi non sa abbrancarsi alla tavola di salvamento, che a Dio riconduce. Alcuni mesi or sono allorchè mi trovavo in villeggiatura, in una gita di diporto mi recai presso all'Adda, e questa avendo deviato dal suo cammino, lasciava scoperto una parte del suo letto divenuto così uno smisurato banco di arena. Fu là che io tentai di correre, e vedendo come il mio piede s'immergeva laddentro e faticava poi immensamente ad uscirne, pensai: così è della società se vi si immerge; addio salvezza; se si ha cura di poggiarvi leggiero il piede e in certo modo la si sorvola senza attaccarvisi, allora soltanto si raggiunge presto e felicemente la meta. Quando toccai quella specie di spalto protetto dall'ombra di spessi ed alti salici che costeggia l'arena, mi volsi addietro, e meditai!... Medita tu pure; rinnova col tuo orrore al peccato le tue sincere proteste di volere veramente servir Dio, e accetta benevola la mano che come tenera maggiore sorella io ti porgo per ajutarti a superare le tentazioni non solo, ma le difficoltà che ti si frapporranno perfino nell'adempimento dei tuoi doveri. Non dissimulo un senso di timore e di vergogna nel pormi a tua guida; ma Iddio lo vuole, ed io giovandomi dell'esperienza delle mie stesse cadute ti avvertirò del pericolo, di additerò il rimedio, e mi sforzerò di parlarti con tanto amore, da persuaderti che ti amo assai, ma che in te stimo ed amo assai più del corpo infermo e caduco, lo spirito elevato ed immortale. Sì, io ti amo davvero, perchè so che da te giovinetta dipendono le sorti di quella famiglia che forse ti verrà affidata da Dio; dipendono le sorti di tutte o di molte famiglie che dalla tua avranno origine ed attinenza; dipendono infine le sorti della società la quale non è altro che un insieme di molte famiglie. Oh! se tutte divenissero come diverrà sicuramente la tua, ove tu segua l'impulso della grazia, la sociètà cesserebbe di essere un banco di arena che ritarda il piede, lo fiacca, gli rende difficile la via che conduce a Dio, quella via che conduce ad una felicità che non avrà fine giammai, e che io auguro di cuore a te, a tutti coloro che porteranno il tuo nome, a tutti che avranno qualche rapporto con te.

Pagina 183

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

188641
Pitigrilli (Dino Segre) 1 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
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In certi Paesi come il Cile, la cortesia esige che ci si dimostri sazi abbandonando nel piatto metà della pietanza. In Italia questa manifestazione darebbe delle inquietudini all'ospite, il quale, vedendo ripetersi due o tre volte di seguito il gesto, avrebbe motivo di domandarsi: «possibile che stasera io non ne abbia indovinata una?» Ma il cileno bene educato, invitato in una casa romana o fiorentina, si informa in precedenza degli usi e costumi italiani, come farai tu quando entrerai in una casa di Santiago o di Valparaiso. In Cina, ai tempi dell'Impero e dei piedi femminili sferici, l'ospite di un generale o di un mandarino si vedeva presentare, alla fine del pasto, un piatto di riso bollito; egli doveva guardarlo, ma respingerlo. L'anfitrione porgendo quel piatto di riso intendeva esprimere all'invitato che tutto ciò che gli aveva fatto servire prima non era altro che una serie di « amuse-gueules », di effimeri trattenimenti, e l'invitato, rifiutando il piatto di riso, gli rispondeva simbolicamente che i preliminari lo avevano saziato e soddisfatto. In Scandinavia, dopo le frutta, il vicino di destra della padrona di casa si leva per pronunciare con poche frasi l'elogio del pranzo, della casa, degli ospiti e in particolar modo della signora. E' quindi raccomandabile a colui che prevede di essere l'invitato più importante, di prepararsi un piccolo speech. Non è necessario che citi la musica di Grieg, i drammi di Ibsen, né il genio politico di Gustavo Adolfo, né il fascino di Greta Garbo e di Ingrid Bergman. Basta rimescolare, come in tutti i discorsi di circostanza, le solite insulsaggini che avrà udito altre volte in analoghi speeches. In Polonia gli uomini baciano la mano della padrona di casa in segno di gratitudine. Alcuni lustri or sono le donne, in Europa Occidentale, passavano nel salotto e gli uomini si ritiravano nel fumoir. Oggi nei paesi anglo-sassoni e nell'America Latina gli uomini si indugiano nella sala da pranzo per qualche minuto prima di raggiungere le signore, questo elemento decorativo e musicale da non trascurarsi nemmeno per brevi istanti nella sinfonia intellettuale, sentimentale, estetica di una soirée. Allo stesso modo che la moda, secondo la definizione di Lin Yutang, non è che una variazione dell'eterna lotta fra il desiderio confessato di vestirsi e l'inconfessato desiderio di spogliarsi, così l'arte di comportarsi nella società è un gioco di equilibrio fra le stupidaggini consacrate e le delicate ribellioni individuali. E' la replica alla sentenza «si è sempre fatto così», e la risposta alla domanda «ma perchè si dovrebbe continuare?» E' la conciliazione fra il buon gusto, frutto di un'educazione estetica, e la tradizione. A costo di dare una pugnalata nel cuore a qualche tenero nipote, gli ho consigliato di lasciare a casa la zia, la buona, la cara, l'impareggiabile zia che fu la sua seconda mamma, ma che quando fra un piatto e l'altro il cameriere le vuol cambiare le posate, dice «oh, non si disturbi!», o il consanguineo di non so quale grado, che finito il caffé e fumata la sigaretta, butta il mozzicone a spappolarsi in fondo alla tazza, nelle ultime gocce di caffé. Le belle maniere sono il punto di arrivo di tutta un'educazione, il risultato di una serie di osservazioni e il prodotto di una disciplina. Chi vi contravviene per ignoranza o per mancanza di raffinatezza innata non se ne può rendere conto, ma imprime un urto carico di conseguenze agli individui di più sottile sensibilità. Quel signore che entra per la prima volta in casa tua, e per prima cosa accende una sigaretta; quel signore che si presenta alla tua porta senz'averti telefonato prima; colui che ti mette nella lettera il francobollo o, se vivi all'estero, quel fastidioso «coupon-reponse international», presentano, con questi stupidi gesti, la Wasserman, la temperatura e la pressione arteriosa della loro mediocre personalità. Non si meraviglino perciò delle possibili reazioni. Il poeta Ernesto Ragazzoni, che si era foggiato uno stile mentale su Edgar Poe, Oscar Wilde e Baudelaire, una sera, cedendo alle insistenze di un amico, aveva accettato un pranzo offerto in un gran restaurant da un arricchito di recente data, che dopo un violento piatto di pasta asciutta si sbottonò l'ultimo bottone del gilet e invitò il poeta, dandogli una confidenziale manata sulla spalla, a fare altrettanto, e proclamando: Nella vita bisogna fare i propri comodi. Il poeta si levò, posò il tovagliolo, e disse all'amico: - Io me ne vado. Perchè non mi avevi detto che si trattava di un bifolco simile? E fece bene. Il denaro compera tutto e corrompe tutte le coscienze, ma non conferisce il diritto di contravvenire alle regole dello stile, soprattutto a quelle che non furono scritte. Qualche strappo se lo può permettere colui che, avendo fatto della propria vita un'opera d'arte, contravviene a qualche norma, in piena coscienza di contravvenire. Un aristocratico veneziano che contava nel suo albero genealogico dei magistrati e degli ammiragli, dei cardinali e dei dogi, invitò a pranzo all'Hotel Danieli una minorenne, una sgualdrinella dell'ultimo raccolto, piuttosto di bassa origine, ma graziosa, vivace e decorativa. - Bambina mia - le disse l'aristocratico, fermandole la manina che stava strofinando il fondo del piatto con un pezzo di pane per raccoglierne il sugo - questo non si fa. La signorina trangugiò la lezione e abbandonò a malincuore quel sugo aromatico e dorato che, per usare le parole di Duvernois, sembrava sceso dal pennello di Rembrandt. Otto giorni dopo i due si ritrovarono a pranzo, e l'aristocratico intinse il pane nel sugo di un «poulet en cocotte». - Mi avevate detto - osservò la ragazza - che non sta bene intingere il pane nel sugo.... L'aristocratico rispose: - Io posso farlo, perchè da ottocento anni so che non si fa. Tu, no, perchè lo sai solamente da otto giorni.

Pagina 64

Nuovo galateo

189589
Melchiorre Gioja 3 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
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Quindi a me pare che fossero riprensibili gli Egizi, i quali ne' momenti di duolo, la testa e il volto si coprivano di fango; i Romani che nelle stesse occasioni, abbandonando i bagni, facevano pompa di sordidezza; e i Milanesi che negli scorsi secoli si lordavano gli abiti ne' giorni del carnevale, slanciandosi a vicenda delle uova, in vece de' non sucidi é vero ma molestissimi confetti, come si usa oggidì: strana usanza che dopo molte proibizioni fu permessa alle sole dame, essendosi forse lusingato il legislatore che la gentilezza di queste la farebbe presto cadere in obblio. Vedi la grida del governatore di Milano del 14 febbraio 1692. Alla costruzione ed all'uso degli abiti, oltre la pulitezza, dee presedere il pudore. Possono dunque innocentemente le donne abbandonare agli altrui sguardi

Pagina 126

I Romani fecero il più lusinghiero complimento a Vespasiano, allorché, abbandonando un fasto troppo sfarzoso, imitarono la frugalità dell'imperatore. Una moltitudine immensa di popolo tumultuoso si dissipò ad una semplice parola d'Adriano a Roma, ecc. Siccome il magistrato non lascia d'essere uomo, quindi non di rado soggetto all'orgoglio in ragione del potere, perciò si dee riguadare come azione inurbana l'opporsi alle sue idee allorchè non recano d'inno al pubblico, e nel tempo stesso imprudente, se l'opposizione porta danno all'oppositore; quindi si può lodare il filosofo Favorino, e condannare l'architetto Apollodoro il primo, accusato perchè avea lasciato senza censura alcune idee d'Adriano in una contesa di grammatica, rispose scherzando: Può forse prendere abbaglio colui che ha trenta legioni a'suoi comandi? Il secondo, indispettito nel sentire l'imperatore a parlare di belle arti senza cognizione di causa, lo mandò a pingere le zucche. Più un magistrato è un imbecille, più si debbe avere riguardo all'irritabilità del suo amor proprio; giacché lo sforzo ad attribuire agli altri i nostri sbagli cresce in ragione della nostra imbecillità. Quindi fa d'uopo che in questi casi annunziate la cosa nudamente ed in modo che sembriate causa dell'errore, senza che vi si possa a buon diritto attribuire. Allorché il famoso generale Laudon fu battuto dal re di Prussia per avere cambiato posizione, giusta gli ordini del feld-maresciallo Daun, egli scrisse a questo come segue: Ho l'onore d'annunziare a V. E. che sono stato battuto nella posizione ch'ella mi ha ordinato di prendere. Sono con rispetto, ecc. Uno spartano non avrebbe renduto conto più nobilmente della sua disfatta, nè con maggior precisione. Mentre questa confessione allontanava dall'amor proprio di Daun l'idea d'essere autore della rotta, non diceva doversene incolpare Laudon, costretto ad obbedire, non padrone di ordinare. Il rispetto e la civiltà verso il magistrato non tolgono ai cittadini il diritto di predicargli quelle massime che possono spiacergli, e la violazione delle quali frutta pubblico danno; perciò quando Luigi XIV pretendeva di convertire i Protestanti del suo regno non colla persuasione, ma colla forza, Bossuet e Fénélon gli dissero che nissuna potenza umana ha diritto » sulla libertà del cuore; che la violenza, invece di » persuadere, fa degli ipocriti; che dare tali proseliti » alla religione, non è proteggerla, ma avvilirla ». Può essere qui ricordata una pratica che certamente non é troppo pulita per sè stessa, ma che mirava ad ottimo scopo, e che nella barbarie de tempi in cui fu usata , forse può meritare compatimento. Nel secolo XII per ricordare al nuovo pontefice che l'elevazione della carica non doveva fargli dimenticare d'essere uomo, egli veniva posto a sedere sopra una sedia di pietra bucata e vuota al di sotto, detta stercoraria, situata avanti il portico di S. Giovanni in Laterano; in quella posizione il pontefice gettava del denaro al popolo. La verità che si predicava al papa era certamente sacrosanta, ma il modo era tutt'altro che gentile.

Pagina 263

Abbandonando questo campo ai moralisti, e non volendo ripetere quanto dirà nel libro secondo, mi ristringo ai due seguenti oggetti.

Pagina 82

IL nuovo bon ton a tavola e l'arte di conoscere gli altri

191017
Schira Roberta 1 occorrenze
  • 2013
  • Salani
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Quante volte si vedono al ristorante giovanotti e signore fermarsi ai tavoli degli amici abbandonando il proprio: non si fa, si saluta con un cenno della mano discretamente e senza sbracciarsi né urlare da un punto all'altro della sala. Gomiti. Mai sul tavolo e, se è possibile, teneteli stretti al dorso, anche se è difficile allargarsi nei minuscoli tavolini delle tavole urbane. Gossip. Meglio evitarlo a cena, a meno che non siate tra amiche o amici di vecchia data: la gaffe è sempre in agguato. Granchio. Vera crudeltà servirlo agli ospiti con il carapace e non già aperto con la polpa a portata di mano, che si preleva con l'apposita forchetta a tre denti. Grissini. È sempre più diffusa l'abitudine di offrirli ai propri ospiti; in questo caso, vanno tolti dalla confezione e sistemati in un cestino con il pane o da soli sulla tavola. Al ristorante è proibito avventarsi sulle confezioni di grissini senza tener conto degli altri commensali. In tutti i casi non si mangiano a bocconi, ma si spezzano e si portano alla bocca. Imboccare/si. Non si dovrebbero imboccare bambini o anziani in pubblico o al ristorante, ma ricordiamo che dipende sempre dal tipo di locale. Di norma, è meglio non portare alle cene formali i bambini sotto i dodici anni. Non si imbocca mai la fidanzata o l'amico a una cena o un pranzo dove si rispetta l'etiquette. Meglio evitare questa pratica, invece consigliatissima dallo Sgalateo. Se vedete un amico sposato imboccare un'altra donna al ristorante, state alla larga. Insalata. Si serve dopo aver passato due volte il piatto di portata principale per eventuali bis. Si adagia in un piatto o in una ciotola a sinistra del piatto. Come tutte le verdure si mangia con la sola forchetta, però è consentito usare il coltello per tagliare le foglie. Meglio comunque servire l'insalata in modo che possa essere portata alla bocca senza essere tagliata. Invito. Si risponde sempre a qualsiasi tipo di invito e si ricambia entro due mesi. Negli inviti indicate chiaramente il luogo, l'ora e il tipo di abbigliamento richiesto. Si conferma entro tre giorni al massimo e si disdice facendosi perdonare con un piccolo dono floreale. Per gli uomini andrà bene anche una pianta. Invitati. Anche per gli invitati le regole sono molte, limitiamoci riassumere dicendo che si acquista il titolo di invitati ideali quando: non si mettono a disagio gli altri ospiti, quando si contribuisce al divertimento e al piacere di tutti e quando si dimostra gratitudine ai padroni di casa per l'invito. Anche se si viene invitati al ristorante valgono le stesse regole, in più si cerca di non ordinare i cibi più costosi, ma neppure solo i più economici. Se il menu è già stato fissato e vi sono piatti che proprio non potete mangiare per ragioni di salute, chiedete di sostituirli con qualche cosa di semplice, come riso, una bistecca o un pezzetto di formaggio. Un invitato perfetto al ristorante si comporta come se fosse in casa del proprio anfitrione e quindi evita critiche alla cucina o al locale e cerca anzi un motivo per esprimere il proprio gradimento della serata. Chi invita non paga il conto a tavola, ma si alza regolando ogni cosa in privato. Se avvenisse al tavolo, si cerca di ignorarlo, limitandosi a fine serata a ringraziare con qualche commento tipo: «Siamo stati davvero bene» oppure un «Grazie di tutto». Deve essere l'anfitrione e mai l'ospite a concludere la serata; darebbe l'impressione di non gradire la compagnia. Attenzione, quindi, padroni di casa: sta a voi chiudere le danze con garbo. Jeans. In molti paesi del mondo andare a cena o in una casa privata indossando i jeans è sgradito, anche se certe marche costano centinaia di euro. Kiwi. Si taglia a metà e si consuma con un cucchiaino. Legumi. Si tratti di fagioli, piselli, fave o lenticchie i legumi si mangiano con la forchetta. Non si servono fagioli alle cene formali. Liquori. Si servono a tavola o ancora meglio in salotto dopo il caffè. Lisca. Se una vi si conficca in gola non stramazzate al suolo con le mani alla gola, ma alzatevi e andate in bagno dopo aver mangiato un boccone di pane. Ecco perché per evitare imbarazzo è opportuno servire pesce perfettamente pulito. Lumache. L'unica condizione per servirle con il guscio è fornire ai commensali le apposite pinze, in tutti gli altri casi si propongono sgusciate e in umido nelle diverse varianti. Nel primo caso, pinza nella mano sinistra e forchettina nella destra per estrarre la polpa. Make-up. Sì, è vero, non ci si rifà il trucco a tavola e confermo, ma davanti al rossetto non resisto. Mi piace vedere una bella donna tirar fuori dalla borsetta lo specchietto gioiello di famiglia e stendersi un rossetto rosso sulle labbra. C'è chi lo sa fare e chi no: mai durante un pranzo di lavoro. Mancia. In Italia la mancia non è obbligatoria come negli Stati Uniti o nel mondo anglosassone, ma gradita. Si lascia sempre a chi porta i bagagli e a chi vi parcheggia la macchina, al personale di servizio della casa che ci ospita e a tutti coloro che hanno svolto un servizio che non era nelle loro competenze. La cifra deve essere compresa almeno tra il 5 e il 10 per cento del conto totale. Al ristorante non si dà in mano al cameriere, ma è preferibile lasciarla sul piattino con il quale è stato consegnato il conto; se non è possibile si farà scivolare nella mano del destinatario senza farsi notare. Mandarino. Si sbuccia con il coltello tenendolo fermo con la mano sinistra e poi si mangia uno spicchio per volta. I maschi, di norma, non mangiano frutta perché sono maledettamente pigri, ma provate a sbucciargli un mandarino o una fetta di mela, vedrete che apprezzeranno molto il gesto materno! Ricordate però la Teoria del Precedente. Lo Sgalateo consiglia la «sbucciatura della frutta» come merce di scambio: tu fai una cosa per me e io in cambio ne faccio una per te. Mandorle. Vale la stessa regola dell'altra frutta secca. Una raccomandazione: chiudete la sinistra sulla mano destra a protezione, prima di premere le due parti dello schiaccianoci. Si sono visti pezzi di gusci schizzare nei décolleté e colpire il lampadario. Dai latin lover sono considerate cibo afrodisiaco. Mani. Si tengono sulla tavola in Italia e in grembo, nelle pause, se seguite la scuola britannica. Nel mondo occidentale non si mangia nulla con le mani tranne il pane, i pasticcini, l'uva, il cioccolato e il sushi. Sciocco ricordarlo? Prima di andare a tavola bisogna lavare mani e unghie. Lo Sgalateo prevede e consiglia di usare mani e dita quando e come si vuole. Marmellata. Solo quella di agrumi si può chiamare così, è chic sapere la differenza; tutte le altre sono confetture. Non servitevi dal barattolo, è cafone. Mettetene una piccola quantità sul piatto e poi spalmatela sul pane con un cucchiaino o con un coltello da frutta. Mele e pere. Si tagliano in quattro parti sul piatto con il coltello e la forchetta. Le parti si infilzano con la forchetta e con il coltello si eliminano prima la buccia e poi il torsolo, poi si tagliano in pezzi più piccoli e si portano alla bocca con la forchetta. Melone. Dovrebbe essere servito a fette e già sbucciato, se piccolo e maturo può essere servito tagliato a metà, in questo caso si consuma con un cucchiaino. Menu. È cortese, quando si invita a casa, scrivere su un cartoncino la data, i piatti e i vini serviti, sarà utile agli invitati per regolare il proprio senso di sazietà. Quando siete al ristorante chiedete la carta e non il menu. Non soffermatevi su ogni portata un'ora prima di decidere cosa ordinare: è irritante, per il cameriere e per gli altri ospiti. Minestra. Senza rumoracci e senza soffiarci sopra, si sorbisce con il cucchiaio. Non si serve se non per la cena e mai due volte, così recita il cerimoniale. Nel servirla è facile sporcare la tovaglia, quindi è opportuno o tenere a portata di mano un piattino dove appoggiare il mestolo nel tragitto zuppiera-fondina, oppure, ancora meglio, fare le porzioni in cucina e portare a tavola ciascun piatto con grande attenzione. Evitate di offrire una minestra a una cena organizzata per fare conquiste: a meno che non sia una sofisticatissima vellutata di crostacei, ogni altra preparazione in brodo rischia l'effetto «minestrina da ospedale», il che non è affatto sexy. Mollica. Chi non mangia la mollica o la crosta, la ripone in un angolo del proprio piatto; guai a lasciarla sulla tovaglia. Vietato fare pupazzetti con la mollica o, peggio, proiettili da tirare al commensale più odioso. Lo Sgalateo vi lascia liberi di creare con la mollica piccoli cuori da regalare al vostro partner durante la cena. Musica. In casa, una musica di sottofondo è piacevole mentre si aspettano gli ospiti, ma durante la cena dovrete abbassare il volume. Nella scelta, sbizzarritevi: oggi ci sono cd di accompagnamento per ogni esigenza, chiedete in un negozio specializzato. Personalmente adoro, dal tramonto in poi, il vecchio Frank. Per un cocktail in piedi o un garden party, la musica è sempre fondamentale. Una domanda: vi siete mai chiesti dove vanno a prendere quei terribili cd nelle hall di certi alberghi paludati? Naso. Ovviamente ogni operazione di pulizia è vivamente sconsigliata. Nel linguaggio del corpo ogni volta che si toccano le zone periferiche intorno al naso il nostro commensale potrebbe mentire. Attenzione, potrebbe. È il retaggio di un comportamento infantile che porta a mentire coprendosi la bocca con le mani; visto che l'amministratore delegato di una multinazionale non può coprire con entrambe le mani la bocca spalancando gli occhi, ecco che l'inconscio si accomoda sfregando il naso o con movimenti simili. Noccioli. I noccioli della frutta o le parti di scarto, inavvertitamente messe in bocca, non si lasciano cadere direttamente nel piatto. Se sono stati portati alla bocca con una posata si fanno scivolare su di essa e poi sul piatto, ma forse è più facile deporli nella mano chiusa a pugno e riportarli sul piatto. Noia. Sarebbe bello divertirsi follemente a ogni occasione conviviale: ma non è così. Se vi annoiate a morte perché il vostro vicino di destra parla solo di insetti in via di estinzione e l'altro è un distinto ottantenne ma con problemi di udito, tenete duro. Non si guarda l'orologio, né le vie di fuga come la porta d'uscita, né si parla con un tizio nell'altro tavolo escludendo i commensali vicini a voi. Odore. Gli odori di cucina se si invita a casa vanno eliminati azionando le ventole o ancora meglio aprendo le finestre prima che arrivino gli ospiti. Al ristorante sarebbe obbligatorio non narcotizzare i clienti con odori molesti, d'altra parte una stanza completamente asettica non fa buona impressione. Signore, non profumatevi troppo. Olive. Si portano alla bocca con gli stuzzicadenti (unico utilizzo ammesso degli odiosi aggeggi), ma se vengono servite come aperitivo sono consentite anche le mani. Il nocciolo si pone nella mano e poi si lascia in un apposito piattino. In realtà spero sempre di trovare cibo più originale come aperitivo, sia in casa che nei bar, o almeno se volete offrirmi delle olive devono essere buonissime. Ossi. Si lasciano nel piatto e non si toccano con le mani. Evitate, nel tentativo di staccare un pezzo di carne rimasto attaccato all'osso, di farlo schizzare in testa a qualche malcapitato. Lo Sgalateo prevede il contatto con gli ossi da scarnificare e succhiare a piacere come per rivivere un rituale primitivo. Ostriche. Se le offrite voi dovete essere sicuri della qualità superiore, fatele aprire e non gettate via, per carità, la loro acqua di vegetazione. Esistono delle speciali forchettine a tre denti per molluschi che potete usare per estrarre la polpa, in caso contrario potete usare la mano destra evitando il più possibile ogni risucchio. I puristi le degustano assolutamente nature. Nello Sgalateo, ca va sans dire, se ne fa grande uso, sarà per l'alto valore simbolico del mollusco considerato afrodisiaco. Padroni di casa. Dovrebbero essere sorridenti e freschi, anche se in realtà sono stravolti dalla stanchezza. Mai iniziare a mangiare prima della padrona di casa, ma attendere un suo cenno per cominciare. Pane. Una delle poche cose che si possono toccare con le mani, ma non si spezza con i denti. Si fa a pezzi con le mani e poi si porta alla bocca a piccoli bocconi. Evitate di tagliarlo a tavola a meno che non si tratti di un rarissimo pane toscano che desiderate far vedere in tutto il suo splendore, in tutti gli altri casi si taglia in cucina e si porta a tavola in un cestino oppure in un vassoio d'argento. Il piattino del pane, gradito nelle cene formali, si mette in alto a sinistra di ogni commensale. Pasticcini. Si prendono dal vassoio con le mani, insieme alla carta pieghettata che li avvolge. Vietato indugiare nella scelta e soprattutto toccarli tutti prima di sceglierne uno. Pâté. Si mangia con la forchetta e, se accompagnato dai crostini, non viene spalmato ma mangiato separatamente. Pausa. Quando si smette di mangiare per fare una pausa, si mettono le posate con le punte del coltello e della forchetta che si incrociano, con i rebbi della forchetta all'ingiù e la lama del coltello verso il centro del piatto. Come già detto, in questo modo il cameriere o chi per esso dovrebbe, dico «dovrebbe», capire che non deve portar via il piatto. Per piacere e grazie. Ricordiamoci di pronunciarli sempre, ogni volta che chiediamo di passarci qualcosa, quando veniamo serviti a casa o al ristorante, quando chiediamo qualcosa al cameriere. Pesce. Prima il pesce e poi la carne, questa è la regola. Qualsiasi portata di pesce si serve con le posate apposite, se non avete le posate adatte usate solo la forchetta. Pesche. Mangiare frutta intera (purtroppo) con le posate non si fa quasi più, perché difficilmente i ristoranti metropolitani la propongono. È considerata ancora una portata in certe pensioni familiari sull'Adriatico o sulle coste ioniche. Se a una cena formale decidete di mangiare una pesca che vi viene servita intera consideratela una faccenda seria. Si puntano (non infilzano!) i rebbi della forchetta sul frutto e si incide la polpa col coltello per tagliare uno spicchio alla volta, quindi si ferma con la forchetta lo spicchio e lo si sbuccia con il coltello. Si tiene lo spicchio sbucciato sulla punta della forchetta, si taglia un boccone (massimo 2 centimetri) e lo si porta alla bocca senza cambiar di mano alla forchetta, che quindi rimane nella sinistra. Piatti. Quando il cameriere si avvicina per portarci i piatti, e soprattutto per toglierli, non va aiutato. Allo stesso modo, non si impilano i piatti sporchi: perché volete intralciare il lavoro del personale di servizio? Rilassatevi, se pagate il conto avete il diritto di farvi servire. Si può aiutare il personale perché distante, solo se ce lo chiede, anche se non dovrebbe mai farlo. Picnic. Che bello vedere un po' di galateo anche sull'erba, basta poco: piatti di cartone, fazzolettini e tante torte salate. Unica eccezione, mai i bicchieri di carta, mettete dentro un bel cesto di vimini tante flûte di vetro, di certo qualche partecipante al picnic sarà felice di aiutarvi. Il bon ton si rilassa sotto il cielo e diventa più elastico, ma ritorna rigidissimo al momento del dopo picnic. Vietato lasciare mozziconi, plastica e rifiuti abbandonati sull'erba, e vi assicuro che questo è ben peggio che dire «Buon appetito». Piedi. In teoria dovrebbero stare sotto la sedia del proprietario, e questo vuol dire non allungarli incivilmente sotto il tavolo intralciando le estremità altrui e tanto meno lateralmente provocando involontari effetti «piedino». Lo Sgalateo permette di sbirciare sotto il tavolo per, studiare la posizione dei piedi: incrociati, ci sono ancora un po' di riserve. Con le punte all'interno? È rimasto un pizzico di infanzia. Accavallate? C'è ancora qualche resistenza nel vostro commensale. Piedino. Sono due le regole fondamentali da rispettare per il seduttore (uso il maschile, ma vi sono signore grandi esperte nel campo) che usa il piedino come arma di seduzione. 1. Si fa solo se si è certi di non ricevere un rifiuto. 2. Si fa solo se si è certi di non essere scoperti dal resto dei commensali. Pinzimonio. Uno dei pochissimi casi nei quali è permesso usare le dita per mangiare. Le verdure vengono servite già tagliate e ogni commensale ha una scodellina dove intingere carote e sedani. Piselli. È esilarante vedere, come è capitato a me, schizzare i piselli dal piatto come proiettili. Se accade significa che il cuoco era pessimo: dovrebbero essere morbidi. Di norma, basterebbe raccoglierli con la forchetta. Pollo. Anche se un commensale vi ricorda il detto popolare secondo cui pure la regina Margherita mangiava il pollo con le dita, lasciate perdere e continuate a usare forchetta e coltello. Il pollo è difficile da tagliare in tavola anche con il trinciapollo, fatelo in cucina dopo averlo mostrato, se volete, ai commensali. Polpette. Per qualche inspiegabile motivo servire polpette a una cena formale è considerato scorretto, probabilmente perché si può sospettare che siano preparate con gli avanzi. Quindi evitatele, anche se sono un piatto straordinario, in primis quelle di bollito. Sono vivamente consigliate dallo Sgalateo, che incoraggia il consumo di polpettine, cibo da mangiare con le mani e soprattutto da imboccare. Pompelmo. Si serve tagliato a metà e si consuma prelevando la polpa con un cucchiaino. Posacenere. Non si mette in tavola, mai, se non a fine pasto e dopo aver chiesto il permesso di fumare agli altri commensali. Al ristorante non si può più fare, ma non lamentatevi. È così bello ritrovarsi fuori sul marciapiede: si fanno molte conoscenze interessanti. Vietato però abbandonare il proprio ospite o accompagnatrice per interminabili pause. Posate. Oggi si tende a snellire il più possibile il numero delle posate. L'ideale è il tris: una forchetta, un coltello e un cucchiaio, se serve; man mano che si susseguono le portate si cambiano le posate. Posti. L'uomo siede alla destra della donna, le riserva il posto lungo la parete o che comunque le permetta di vedere la sala. Ogni uomo siede a fianco di una signora che non sia sua moglie (o compagna). Nel caso di due coppie, ogni signora siederà alla destra dell'uomo che non è suo marito. Se invece l'uomo e la donna siedono da soli, ai due lati consecutivi di un tavolo quadrato, lui siederà alla sua destra per poter utilizzare il braccio destro e quindi versarle da bere con più agio. I signori siedono un attimo dopo le signore. Lo so, non lo fa quasi più nessuno tranne che in certi adorabili ambienti. Durante il pasto se una signora si allontana dal tavolo, per qualunque motivo, gli uomini si alzano contemporaneamente a lei, si risiedono appena si allontana e si rialzano appena riappare. A una cena in casa privata, ricordate, l'ospite d'onore uomo si siede alla destra della padrona di casa, mentre l'ospite d'onore donna si siede alla destra del padrone di casa. Prenotazioni. Se avete prenotato in un ristorante e poi per qualsiasi motivo cambiate idea, soprattutto se il locale possiede coperti limitati, telefonate sempre per disdire. All'estero nei ristoranti stellati si lascia il numero di carta di credito perché in caso di mancato avviso viene addebitata una mora. Presentazioni. Prima di imparare qualsiasi altra regola, la buona educazione ci impone di presentarci ogni volta che ci troviamo a dividere una tavola. In teoria dovrebbero pensarci i padroni di casa, ma se chi ospita è assente lo faremo noi dicendo il nostro nome con un sorriso accompagnato da un buongiorno o da un buonasera. Prezzemolo. Che dilemma, dire o non dire della fogliolina di prezzemolo tra i denti del nostro commensale. Sì, meglio dirlo. Basta sussurrarlo discretamente in un orecchio. Ribes e frutti di bosco. Si servono in coppette con il cucchiaio da frutta. Reclami. Nel caso di un cibo malcucinato, di un vino che sa di tappo o di una posata o un piatto non pulitissimi, ci si limita, senza recriminazioni, a chiedere che vengano sostituiti spiegando il problema con gentilezza. Con educazione e garbo è giusto sottolineare gli errori da parte della cucina o del servizio, nei locali pubblici. È peraltro di cattivo gusto mostrarsi incontentabili, critici, polemici, commentare la scelta dei piatti al cameriere o parlare dei propri disturbi intestinali agli altri ospiti. Ricci di mare. Solo se volete male ai vostri ospiti li servirete a una cena formale. Meglio lasciare questo ingrediente sensuale per uno spaghetto a due, magari cucinato insieme e consumato su una terrazza al tramonto. Riso e risotto. Si mangia con la forchetta, non si soffia sul risotto e non si allarga nel piatto come si vede fare. Ritardo. Mai arrivare in ritardo a un appuntamento galante, anche se alla signora è permesso un indugio di dieci minuti. Se arriviamo in ritardo in una casa privata o al ristorante è d'obbligo telefonare per avvisare. Sale e pepe. Non si chiede al ristorante di classe se non strettamente necessario, è come sottolineare che il piatto non era perfetto. In casa, durante i pasti quotidiani si mette in tavola, ma è meglio non farne uso. Salame. In una cena formale non si serve. Con gli amici e in famiglia ben venga qualche fetta di salame. Si può prendere con le mani e mangiarlo accompagnato dal pane; si eviti il classico panino, a meno che non ci si trovi a un bel picnic. Salmone. Si consuma con le posate da pesce, se accompagnato da crostini non va messo sul pane ma consumato a parte. Salse. Le salse non si raccolgono se non con il salsacoltello, una posata a forma di cucchiaio, ma con un lato tagliente creata apposta per tagliare e tirar su ciò che rimane nel fondo del piatto. Scampi. Serviteli già sgusciati quando è possibile. Consigliati per le cene private a due. Scarpetta. Mi dispiace, ma il galateo non ammette scarpette di sorta e soprattutto non tollera surrogati, e cioè tutte quelle pratiche che i commensali ingegnosi si inventano per raccogliere un buon sugo dal fondo del piatto. Non esistono deroghe. Via libera alla scarpetta, invece, nelle riunioni familiari e per lo Sgalateo. Segnaposti. È un bel gesto predisporre i segnaposti quando si hanno tanti ospiti e soprattutto se vogliamo mantenere la regia a tavola. Potete sbizzarrirvi con oggetti di ogni genere, che servano da supporto al cartoncino sul quale sarà scritto il nome. Soffiare. È molto maleducato soffiare sul cucchiaio o sul piatto per raffreddare il cibo. Sottopiatti. Sono utili e doverosi nelle cene formali, belli quelli in argento, ma sono ammessi tutti i materiali. Spaghetti. Si mangiano arrotolandoli alla forchetta, che non va puntata sul piatto, ma tenuta leggermente inclinata, quasi orizzontale. Si raccolgono pochi fili di pasta per volta, in modo da portare alle labbra un boccone piccolo. Evitate accuratamente risucchi di ogni tipo e rimasugli di sugo sul mento. Orribile l'utilizzo del cucchiaio o, peggio ancora, del coltello per tagliarli! Spumante. Quello secco non si serve mai a fine pasto insieme ai dolci. Se volete mostrarvi esperto di vino, dite «metodo classico», oggi lo spumante si chiama così. «Bollicine» pare sia superato, ma rende l'idea. Quando si stappa tenete la mano destra sopra l'imboccatura della bottiglia per evitare che il tappo colpisca qualcuno nella stanza e soprattutto cercate di essere silenziosi. Starnuto. L'ideale sarebbe reprimerlo, soffocarlo, ucciderlo, specialmente durante cerimonie e pranzi formali. Quando vi accorgete che lo starnuto sta arrivando, conviene alzarsi e procurarsi un fazzoletto pulito. Se proprio dovete restare seduti, voltate il viso all'esterno del tavolo e starnutite dentro il fazzoletto, badando di fare meno rumore possibile. In Giappone è considerato ripugnante starnutire a tavola. Stuzzicadenti. Come tutte le operazioni riguardanti il proprio corpo, stuzzicarsi i denti a tavola non è ammesso. In realtà i ristoratori dovrebbero mettere il contenitore degli stuzzicadenti in bagno. Se il fastidio è insopportabile, alzatevi dal tavolo. Sushi. Se non sapete usare le bacchette, non pasticciate inutilmente. Usate le mani, che è consentito, oppure chiedete una forchetta. Ogni pezzo di sushi va intinto nella soia dalla parte del pesce, mai dal riso. Le bacchette si appoggiano all'apposito utensile che assomiglia a un poggiaposate, e quando avete finito si mettono allineate sulla ciotola che contiene la salsa di soia. Al sushi bar, se sedete al bancone, non date soldi al maestro sushi presi dall'entusiasmo: non può toccarli. Tavola. Sulla tavola non si appoggia nessun oggetto, niente chiavi, occhiali, portafogli o telefoni. Tè. Si beve sorseggiando dalla tazza senza sollevare il mignolo, per carità. Non vi si inzuppano dolci o tartine, ma si alternano piccoli bocconi e sorsi di bevanda. La padrona di casa che invita per il tè predispone zucchero, latte e fettine di limone, qualche biscotto ed esorta gli ospiti a servirsi da soli dopo aver versato il tè nelle tazze. Toilette. Non c'è bisogno di annunciarlo rumorosamente, se si vuole andare in bagno ci si alza con un semplice «Scusate». Alle signore consiglio di non abbandonare per ore il proprio cavaliere ad aspettare al tavolo. Torta. Si mangia con l'apposita forchetta a tre punte. Tovaglia. La tovaglia, di qualsiasi colore sia, dovrà essere stirata alla perfezione e questo va fatto una volta che viene stesa sulla tavola, sopra un «mollettone», così si chiama il telo morbido di protezione alla superficie del tavolo. Scegliete tessuti naturali in colori contrastanti con i piatti la cui base, sarò tradizionalista, deve essere rigorosamente bianca. Tovagliolo. Solitamente piegato e posato sopra il piatto o il sottopiatto va a destra, ma si può semplicemente piegare a triangolo e adagiare sul piatto. Evitate piegature fantasiose e laboriose. All'inizio del pasto va steso sulle ginocchia, sempre dopo la padrona di casa o, al ristorante, dopo la persona che ha invitato. Non va mai legato al collo. Si usa prima di bere, sempre, e dopo aver appoggiato il bicchiere. Alla fine del pasto si lascia alla sinistra del piatto. In alcuni ristoranti di alto livello, prima del servizio del dolce, il tovagliolo viene cambiato con uno più piccolo. È un atto di grande cortesia. Signore, cercate di non lasciare vistose impronte di rossetto, signori non usatelo per detergervi il sudore dalla fronte. Ubriachezza. Può succedere che un ospite esageri con l'alcol: che fare? Un bravo anfitrione cerca di arginare come può la serata, ma di certo non lo abbandona fuori dalla porta a fine cena. Si preoccupa di accompagnarlo a casa e di assicurarsi che stia bene. Uomo. Uomini, ricordate! Basterà un gesto come aprirle la portiera o alzarsi nel momento in cui lei lascia il tavolo per farsi ricordare a lungo. Insomma, vi verrà perdonato anche qualche sbaglio, se saprete usare qualche galanteria al momento giusto. L'uomo entra per primo in un locale, comunica con i camerieri, versa da bere, si dimostra più interessato alla compagnia che al cibo, conversa e dovrebbe pagare il conto. Uova. Non si usa mai il coltello, in qualsiasi modo siano cucinate. Lo si può usare solo per tagliare il prosciutto o la pancetta che le accompagna. Uva. Va tenuta con la mano sinistra, mentre con la destra si staccano gli acini che andranno alla bocca. Verdure. Non si tagliano mai con il coltello. Vino. Non si versa mai sino al collo del bicchiere. Si stappa sempre davanti agli ospiti, e così pretendete al ristorante. Si fa scegliere alla signora e se questa si rifiuta si prende l'iniziativa chiedendo almeno «bianco o rosso». Chi invita, sia a casa sia al ristorante, propone i vini e chiede se gli invitati sono d'accordo. Il vino non si mescola con l'acqua e non deve essere raffreddato con il ghiaccio. Si lascia in un secchiello di qualsiasi materiale, possibilmente su un tavolino a parte. Zotico. È l'epiteto che si merita chi a tavola pecca di prepotenza e maleducazione. Per neutralizzare lo zotico recidivo è necessaria più fermezza che ironia, la seconda non la coglierebbe. Un seccato richiamo ha più probabilità di venire accolto. Zuppa, zuppiera. Non si soffia sulla minestra o la zuppa. In Inghilterra, il cucchiaio non viene introdotto in bocca di punta, ma appoggiato lateralmente alle labbra. In Italia il cucchiaio viene introdotto in bocca di punta. Ma ciò non vuol dire, beninteso, che lo si debba inghiottire fino al manico. È tollerato che, arrivati agli ultimi cucchiai di minestra, si sollevi appena il piatto inclinandolo verso il centro della tavola. Zuzzurellone. Avete presente quei soggetti che pur essendo adulti si comportano come ragazzini e si divertono a fare i giocherelloni? È il buontempone, il burlone che a tavola gioca con il cibo, estenua i commensali con storielle imbarazzanti, indovinelli, racconti di vita privata e via discorrendo. Basterà ignorarlo senza ridere delle sue battute pesanti per neutralizzarlo.

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Galateo morale

197885
Giacinto Gallenga 1 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
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Si adonteranno i loro spiriti immateriali delle ferite che tu possa arrecare alle sociali convenienze, agli umani affetti, essi che diedero per sempre al mondo il loro addio, essi che abbandonarono, abbandonando la terra, tutto le soavi emozioni che abbelliscono la vita? — Si, cari miei, anche i morti esigono da noi dei riguardi. Per esempio, non fa d'uopo d'avere un cervello romantico, esser dotato di fibre di poeta per essere convinti che si copre di vituperio un individuo, una nazione che non rispetta i proprii morti. Ma v'ha di più: non è d'uopo che un popolo sia giunto a un grado molto elevato di civiltà, perché esso senta profondamente l'orrore per chiunque o con isfregi o con insulti ne deridesse la memoria o ne violasse le solitarie dimore. A una povera tribù selvaggia (non avrei coraggio di chiamarla barbara) dell'Asia alcuni viaggiatori europei facevano invito di seguirli in altre terre, promettendole agi e piaceri migliori che non le fosse date di godere nel loro desolato paese privo d'ogni comodo e ricchezza. «Vi seguiremmo, si! risposero unanimemente uomini e donne, quando non avessimo qui i nostri morti; possiamo noi dire alle ossa dei nostri padri, delle nostre spose, dei figli nostri: sorgete, venite con noi alle nuove terre, ai nuovi fratelli, ai nuovi gaudii che colà ci aspettano?». Chiedeva Serse a Temistocle esiliato da Atene che cosa egli amasse tanto in quella sua patria, di cui gli tornava così amara la lontananza; ed egli:

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Galateo della borghesia

201853
Emilia Nevers 2 occorrenze
  • 1883
  • Torino
  • presso l'Ufficio del Giornale delle donne
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Nella partenza bisogna esser puntuali, ed anticipare piuttostochè ritardare e tener così tutt'una brigata a piétiner sur place; però si concede dieci minuti di grazia ai ritardatari, secondo l'uso francese, in cui negli inviti stessi si pone o ore dieci senz'altro (che vuol dire dieci e dieci) o dieci très-précises e sarebbe molto sgarbato se si fuggisse, abbandonando chi indugia per motivo involontario o per differenze d'orologio. Il meglio, essendo vicini, è di farsi avvisare. Durante la passeggiata si cercherà di star uniti adottando un passo ragionevole, nè da uomo-cavallo nè da testuggine. È scortese precedere gli altri, sicchè a qualche bivio possano sbagliar strada: ma non sta bene neppur lo strascicarsi lamentandosi della via scelta, del sole, della polvere e che so io. I giovani non devono lasciar in asso le mamme... ed occorrendo assistenza, bisogna che si ricordino che la civiltà impone di pensar prima ai deboli, cioè alle signore mature ed ai bimbi. È noioso, lo so, ma la creanza è basata sul sacrificio dei proprii gusti ed istinti. Ho veduto più volte, in campagna, le signorine aiutate dai giovinotti balzar in un attimo al di là di qualche ruscelletto azzurro, sulle cui sponde le mamme derelitte, simili alle chioccie che hanno covato anitrine, chiedevano invano l'appoggio di qualche cavaliere. Ogni gita deve avere un piano. Bisogna sapere e dire a tutti dove si vuol andare, calcolare approssimativamente il tempo necessario, e ciò perchè nessuno si stanchi, e quelli che sono rimasti a casa non abbiano a sentir inquietudini. Portando seco la colazione vi sono tre sistemi: talora è uno solo che fa da anfitrione, invitando gli altri; di solito invece ognuno reca il proprio contingente, e ciò dietro un accordo con l'organizzatore della gita, perchè non si trovino troppi commestibili uguali, e non manchi invece qualche cibo indispensabile, e questo è il pic-nic inglese; finalmente (e questo è il sistema più comodo) ognuno reca la propria colazione e se la mangia con qualche scambio fra invitati. In generale quelle colazioni, quando semplici, constano di salumi, carni fredde, formaggio, frutta e caffè. Per semplificare i trasporti ognuno si munisca di una sacchetta ad armacollo con entro un coltello di quelli a doppio o triplo uso, una barchetta di cuoio, un tovagliolino; quella barchetta permette di bere nel proprio bicchiere, cosa sempre gradita. Le signore non ammettano famigliarità; non facciano comunanza di piatto e bicchiere con qualche giovane. Son cose che danno luogo a molto critiche. Quando si vuole che le colazioni abbiano un carattere un po' elegante, si reca l'occorrente per apparecchiare la tavola sull'erba, si prendono i servitori e la lista dei piatti sarà più ricca; saranno ben accetti tonno e sardine in olio, galantine, pasticci di fegato, polli in maionnesa, torte e panattoni, frutta scelta, vini di lusso. Non bisogna mai scordare qualche vino un po' forte che serve a vincere la stanchezza, nonchè il caffè nero, il quale è ottimo per dissipare quella specie di stordimento prodotto dall'aria e dal sole che i francesi chiamano: La griserie du grand air et des feuillets vertes. Alle signore raccomando di non bere troppo vino e di limitarsi ad una sola qualità, perchè è facile che il vino vada alla testa quando lo si beve all'aria aperta e molto accaldati. In quanto al contegno da tenersi in quelle gite deve essere conveniente come se si fosse in un salotto; saranno escluse cioè dalla gente per bene le celie triviali, le famigliarità fuor di luogo, le espressioni men che oneste e non si dirà per scusare, anzi, quasi per legittimare ogni eccesso, la solita frase: Oh in campagna! tutto è lecito... invocando così la teoria delle Saturnali o delle Kermesse. Non ho agio di studiare qui i vari tipi riprovevoli; i faceti che fanno arrossire le signore, gli sbrigliati che vociano e cantano e fanno cento pazzie, i noiosi che brontolano, le svenevoli che ora scivolano o chiedono soccorso, ora gemono per la lunghezza della via, le civettuole che vogliono sequestrare tutti i cavalieri, godendo della stizza delle altre; non posso che dichiararli fuor della legge, rispetto al codice della cortesia. Pel ritorno non è amabile insistere, perchè s'affretti, o si anticipi, ma si deve stare al parere della maggioranza. Se una brigata si divide, perchè certuni si spingono più lontano, questi debbono fissare l'ora del ritorno per la colazione, e se tardano troppo, gli altri hanno diritto di mangiare senza aspettarli. Se si esce in barca od a cavallo (sui somarelli) è disdicevole ed inurbano, ove qualche signora mostri paura, deriderla, e per celia fare dondolare il battello, oppure frustare l'asino. La paura è un'impressione nervosa; riesce difficile bandirla, penoso il sopportarla; può avere delle tristi conseguenze. Invece di deriderla, convien rispettarla come un'infermità... quando si tratta degli estranei. Ben inteso che chiunque farà bene a volerla estirpare sia nei proprii figli che nei proprii amici: ma, lo ripeto - in società ci si va per diletto, e ci vuole vicendevole indulgenza e cortesia; le lezioni sono sempre fuor di posto. Alla sera vi sono molti trattenimenti possibili in villa; pel giuoco e la musica le lettrici si riferiscano al capitolo delle veglie. Pel ballo è lecito di accettare cavalieri anche senza presentazione, ma è preferibile non farlo, e nessun uomo garbato si prevarrà della libertà campagnuola per esimersi da questo atto di doverosa cortesia, tanto più che basta si rivolga a qualche signore che conosca appena per ottenere quel piccolo servizio. È scortese in un uomo ballare senza guanti, per più motivi, ma specialmente perchè con le mani sudate si sciupano affatto i vestiti alle ballerine. I giuochi innocenti (che converrebbe chiamar perfidi) sono generalmente il pomo della discordia fra villeggianti. Basta nominarli perchè ognuno si rannuvoli, e gli obesi pensino con raccapriccio a gatta cieca, i sedentari al giuoco della posta, i sonnolenti al giuoco degli spropositi o agli indovinelli, i suscettibili alla berlina, ed è una gara, perchè su dieci persone ognuno vorrebbe si scegliesse..... il giuoco che piace a lui e dispiace forse agli altri dieci. - Dunque, che si fa? (dicono i giovani). - Gatta cieca! (risponde l'organizzatore). - Chè! (coro di matrone ed uomini seri). - La posta? - Chè! Chè (coro inferocito). - Il bastimento carico di... - Uh! roba rancida (coro di ragazze). - Gli spropositi? - Uh! Uh! (coro inferocito). Infine si arriva a scegliere...... e vengono i pegni, i brontolii. Consiglio chi giuoca di ricordarsi che in società il divertimento di tutti deve costituire anche il divertimento individuale, perchè, chi cerchi soltanto questo, si troverà spesso in opposizione con la maggioranza, e non godrà punto. Si accettino tutti i giuochi e non si mostri stizza quando si è acchiappati o quando non si riesce a indovinare una sciarada od un enimma: non si creda nemmeno di trovare, in certe frasi accozzate a casaccio, delle allusioni maligne e non si protesti. D'altra parte, quando si fa la penitenza della berlina, si eviti di dire delle verità; nulla offende di più i suscettibili, che quello di vedere indovinato qualche loro difettuccio. Val meglio dire una frase nulla, una delle solite frasi trite, che peccare di malignità e dar dispiacere o suscitar rancori. Se dovessi dir tutto il mio pensiero, soggiungerei che quantunque sia accettata da molti, trovo la berlina un giuoco poco innocente e poco cortese. Se si fanno sciarade in azione, travestimenti od altro, si deve evitare le gare per la scelta del costume e della parte; sopratutto ricordare che nessun giuoco va pigliato sul serio, e preso a pretesto di recriminazioni o malumori.

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Arrivano, balzano dalla cittadina, di cui il cavallo trafelato pare che stia per cadere morto, mettono in mano al cocchiere cinque lire,dieci (non hanno mai spiccioli), non aspettano che renda loro l'avanzo, si scagliano all'uffizio dei biglietti, tempestano, litigano, arraffano il tickett, abbandonando persino il bagaglio, eppoi, panfete, con uno, due, tre colli in mano si scaraventano in un vagone... il treno si muove, i guardiani gridano, essi trionfano! Gli irrequieti invece trovano da ridire all'orologio della stazione; quell'orologio è matto, il servizio pessimo; sbuffano perchè una volta entrati loro, il convoglio non parte, tirano in scena le ferrovie..... di molti paesi, dove non sono mai stati. Basta! Ecco i viaggiatori a posto; tutti cercano di accomodarsi alla meglio - la gente educata sta dov'è, e si rassegna. La gente che non ammette galateo in ferrovia si agita, fa piramidi del proprio bagaglio, cacciando sotto quello degli altri viaggiatori, o vuole a tutta forza serbare un collo che oltrepassa il peso stabilito, seppure non vi fa la grata sorpresa, dopo un momentino, di esibir una gabbia, un canestro con un gattino, un cane, che porta con sè di contrabbando. Altri lanciano occhiate fulminee contro quelli che occupano i posti migliori. Di questi irrequieti ve n'ha di dieci specie diverse. Vi son quelli che dove è vietato di fumare accendono lo sigaro, contando sulla bonarietà dei vicini, oppure si mettono al finestrino e se li richiamate all'ordine, rispondono con asprezza: il fumo non penetra! Altri, ad ogni stazione, si buttano allo sportello, saltano giù, disturbando tutti, risalgono, unicamente per l'incapacità di condursi da persone civili. Certi sputano, sbadigliano, si distendono con mal garbo, mettono i piedi sul sedile di contro. Vi son poi quelli che hanno il ticchio di assumere una speciale toeletta e par che si credano nel loro gabinetto; levano gli stivali, il soprabito, la cravatta, il cappello, a segno da ispirare seri timori alle signore formaliste; calzano poi delle pianelle, indossano una giacchetta, si chiudono il cranio in un berrettino.... dopo di che si mettono a russare, o, se è notte, vi accendono sotto il naso un lampadino e fanno le viste di leggere. Un'altra varietà di viaggiatori è quella che mangia sempre; tiran fuori dalla sacchetta del salame, del formaggio, delle pere, delle melarancie e sbucciano, tagliuzzano tutta codesta roba, riempiendo il vagone di scorze, di bricciole, e di poco aromatici profumi, spingendo a volte la cortesia fino a voler costringere i vicini a dividere con loro quelle provviste, che escono da fraterno contatto con le pianelle ed i pettini. Vi sono gli aristocratici che guardano tutti d'alto in basso, perchè, la spolverina da viaggio togliendo spesso di distinguere la vera condizione dei compagni di viaggio, temono di avere a che fare con gente che sia meno di loro. Ma peggio di codesti che si limitano a sorridere ironicamente, a non stendere la mano per offrirvi di passar il vostro biglietto ai conduttori, sono i ciarlieri. Appena sono seduti questi iniziano fra di loro (se sono in due soli) un dialogo o monologo sul gusto di quello che nelle commedie vien detto d'esposizione: cioè si raccontano, con un po' di fioritura ad usum compagno di viaggio, chi sono, chi non sono, d'onde vengono, dove vanno, e se non fate motto v'interpellano direttamente, vi interrogano, vi fanno una specie d'istruttoria, insomma, vi costringono a rompere il ghiaccio, togliendovi la libertà di pensare, guardare, riposare o dormire. Taccio di quelli che temono l'aria, il sole e si impuntano a chiudere tutti i vetri, di quelli invece che si ostinano a tenere aperto; di quelli che fanno gl'impertinenti con le signore che non hanno compagni maschili, e le riducono a mutare vagone od a ricorrere al conduttore: è tutta gente da metter nella categoria degli ineducati. Ma dunque che cosa si deve fare? chiederanno le lettrici. Dio buono! Essere persone per bene. Non so dare legge positiva su quelle benedette finestrine come su quella tal ventola abat-jour che ripara la lampada: fonte di perenne lotta tra i viaggiatori. Figuratevi che un giorno trovandomi col direttore dei telegrafi italiani e con un ingegnere della Società delle ferrovie, richiesi entrambi di fornirmi qualche ragguaglio, ma su certi quesiti trovai anche loro inetti a rispondermi. È ammesso che la finestrina di destra appartiene ai viaggiatori che sono da quel lato e quella di sinistra agli altri; è più lecito volerla chiudere che tenerla aperta, come pure tenere la ventola abbassata che alzata: ma con tutto ciò la questione è così complessa che quei signori mi citavano appunto il caso di due viaggiatori che l'avevano risolta....... con un duello. Però, se il diritto è dubbio, il galateo parla chiaro. Nei casi in cui una data cosa disturbi due persone, si deve esaminare quale sia più gravemente disturbata e meno in grado di sopportare il disturbo; così, se ad un giovanotto spiace non fumare, ed invece ad una signora attempata o malaticcia l'odore del tabacco nuoce, il galateo esige che non si fumi; se il finestrino, chiuso, priva alcuni d'aria, ma, aperto, fa correre ad altri il pericolo d'un'infreddatura,quel finestrino va chiuso...e così via. La persona per bene entra od esce con riguardo, saluta, appicca discorso se le pare di far cosa grata, e se trova compagni che le garbino, non manca mai alla cortesia, inquantochè cede subito ai desiderii di chi le è vicino rapporto alla disposizione del riparto; non attacca brighe con nessuno, non brontola, non tratta con arroganza gli impiegati e neppure i fattorini, insomma si ricorda che un vagone non è una camera privata, ma una specie di caffè o di albergo ambulante che impone molti riguardi. La persona per bene poi, in quel che riguarda il vestire, evita in pari tempo una ricercatezza disadatta ed una trascuranza pressochè indecente. Una signora ammodo, quindi, in viaggio, non si ridurrà allo stato d'un fodero d'ombrello, d'uno spauracchio come certe Miss; non metterà in viaggio scarpe sdruscite, guanti sudici, roba di dieci colori diversi, verde, azzurro, giallo, rosso, sì da, parer un pappagallo: ma, d'altra parte, quella signora eviterà il lusso incomodo o ridicolo, non viaggierà in veste bianca, cappellino a piume, merletti e gioielli, poichè invece di sembrar una dama, se vestisse così parrebbe una persona digiuna d'ogni norma di buon gusto e di tatto. Le dame, viaggiando, assumono anch'esse un vestire molto semplice, cappellino con velo bruno od azzurro, pelliccia o waterproof di panno, alpaga o tela, secondo la stagione, collo e polsini bianchi o sciarpetta al collo; vestito semplice, senza gale e guarnizioni. Chi fa una gita od una visita in campagna può vestirsi con cerca ricercatezza, ma coprendo la toeletta con uno spolverino per non arrivare sgualcita od impolverata. Portar gioielli in ferrovia è un grave sbaglio e quasi quasi un pericolo. Chi reca con sè oggetti di gran valore o forti somme, le faccia cucire in una tasca interna del soprabito o della gonnella... e non ne parli mai. Le cautele visibili diventano quasi un richiamo per chi abbia cattive intenzioni. Non imitino quelli che mettono il denaro che portano seco loro in una sacchettina, appesa ad armacollo e se la tengono stretta fra le mani, guardandosi intorno e susurrando agli ignoti vicini: Eh? quando s'hanno dei valori bisogna star attenti! Non bastano gli occhi d'Argo!... Costoro corrono il pericolo di attirarsi dei contrattempi. Gli occhi d'Argo... è cosa nota... a volte si chiudono ed allora paf! una cinghia è presto tagliata. In quanto alle armi, è bene usar prudenza per non farne un pericolo invece che una difesa, e non ferirsi da sè, oppure offendere i vicini. Del resto, per chi non ha in tasca un mezzo milione e viaggia in ferrovia, sono pressochè inutili. Le conversazioni in viaggio devono aver per regola il massimo riserbo. È ridicolo farsi passare per un pezzo grosso, millantandosi; è inurbano e pericoloso mettere in campo questioni nazionali o politiche, censurar alla leggera il paese in cui si viaggia, vantar troppo il proprio, insomma esporsi ad aver delle brighe o degli alterchi. Convien anche aver qualche nozione sui luoghi che si visitano per non dire degli spropositi madornali e per sapersi regolare riguardo alla via da seguire, alle fermate, agli alberghi, ecc. L'anno scorso incontrai una giovane coppia tedesca a cui chiesi se contava visitare la Brianza.Era d'autunno. - Oh! disse lo sposo, vorrei farlo, ma temo... - Il caldo? - Eh! no... i briganti! I briganti, nel verde giardino di Lombardia, a due passi da Milano! I briganti,cioè i tradizionali uomini bruni, in giacchetta corta, con cintura scintillante d'armi, cappellone a cono, trombone in mano... Diedi in una irresistibile risata, con grande meraviglia del bravo tedesco. A proposito di giovani coppie, raccomando a queste, di... non essere troppo affettuose in ferrovia: è una cosa in pari tempo importuna e ridicola lo scambiare carezze e tenere parole che mettono nell'impaccio i babbi e le mamme formaliste che hanno seco loro dei ragazzi e che in altre persone provoca delle celie di cattivo gusto. L'amore è una cosa tanto bella e santa che è mancanza di tatto e di delicatezza l'esporla ai motteggi. Le norme date per salire in vagone reggono anche per scendere; se ci sono vecchi, donne o bimbi si aiutano, si tien loro le sacche o gli scialli: si procura d'evitare questioni e di rassegnarsi con filosofica urbanità nei casi di forza maggiore; per la scelta dell'albergo si consulta, non il primo conduttore d'omnibus venuto, ma la guida, seppure non si sono assunte prima, da altri, le informazioni necessarie. È sempre savia cosa procurarsi delle lettere di raccomandazione per gente del paese; può essere una gran risorsa. Se occorrono medici o dentisti, sartori o che so io, non conviene affidarsi ai proprietari dell'albergo; pel medico o dentista ricorrere a quelli dell'ospedale, poichè il fatto che occupano un posto di fiducia è già per se stesso una garanzia. Per bottegai affidarsi ai conoscenti se se ne hanno, oppure alla fama. In generale le persone capaci sono note. Il lusso è superfluo pei forestieri, anche nelle più eleganti capitali: però le toelette eccentriche, le affettazioni di semplicità nihilista, i pastrani e cappelli da uomo, gli occhiali sul naso ed altre bizzarrie non sono da adottarsi. Per visitare musei o girar la città si inetta qualche vestito di lana scuro, un bel cappellino grigio o color nocciuola; per recarsi a teatro si scelga un vestito di seta nera o di satin di cotone, un po' elegante con un bel cappellino nero o bianco e si potrà essere presentabili, portando seco poco bagaglio. Nei musei bisogna guardarsi dal toccare gli oggetti esposti: è conveniente dare una mancia al cicerone. Sarebbe gretto respingerlo per l'economia di una o di due lire. Se annoia, lo si tenga solo per guida, dicendo che non s'ha d'uopo di spiegazioni. In generale bisogna informarsi delle tariffe e star a quelle: non lesinare e in molti casi sacrificare qualche spicciolo per causar alterchi che finiscono sempre a danno del forestiero. Quando poi si è con donne è assolutamente inurbano correr rischio di spaventarle o di doverle lasciar a lungo in mezzo ad una turba di curiosi o di malevoli, per finir una discussione con un fattorino od un fiaccheraio. Se si viaggia con altri, patti chiari e mettersi sempre d'accordo sulla spesa. Tornerò su quest'argomento parlando dei luoghi di bagni, dove porrò anche le norme sul contegno da tenersi aIl'albergo. È sconveniente, visitando gallerie o chiese, deridere ad alta voce Ie cose che si vedono od i riti della religione del paese; più che sconveniente, in certi casi può riuscire pericoloso: anche i costumi vanno rispettati, l'uomo veramente per bene leva il cappello in una chiesa cattolica... e lo mette in una sinagoga, accetta con la stessa urbanità il denso caffè dei turchi, la spumosa birra dei tedeschi, l'idromele dei norvegiani ed il latte di coco degli abissini; mostra la stessa deferenza a qualunque ospite, sia un signore europeo, uno scheik, od un moro. Il motteggio è sempre incivile, ed anzi lo è tanto più, quando chi se lo permette è o sembra superiore alla persona derisa. I forestieri, se alloggiano da conoscenti e ne ricevono molti favori devono, appena partiti, ringraziare con lettera e più tardi inviare un ricordo. Essi invece non hanno, in genere, obbligo d'invito. Sono gli ospiti che pagano e si va a visitar musei, se si fanno gite e se si prendono palchi a teatro.

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Eva Regina

203327
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 1 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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E in ogni caso, nel più lieve come nel più grave, pro- curi di non smarrire la calma, di agire anzichè lagnarsi o disperarsi, di rendersi utile, come è suo dovere, abbandonando ogni esagerata manifestazione di angoscia che può solo danneggiare. Molte madri salvarono le loro creature con la prontezza di un rimedio, con l' energico dominio della loro sensibilità. Inutile aggiungere, credo, che la madre non dovrà lasciarsi sostituire da alcuna nelle cure che il suo bambino richiede nei giorni di malessere o di malattia. Se anche ha la nutrice, le sue mani sole dovranno toccarlo, ella sola dovrà vegliare accanto alla culla.

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