Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbaino

Numero di risultati: 1 in 1 pagine

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Racconti 2

662706
Capuana, Luigi 1 occorrenze
  • 1894
  • Salerno Editrice
  • prosa letteraria
  • UNIFI
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Affacciatosi a un abbaino della stanza dei ritratti, aveva guardato laggiú, in fondo alla strada, la bella casa del Reina, dal portone stranamente intagliato, dalle mensole dei terrazzini a foggia di mostri contorti. - Bel palazzo, anzi reggia! - diceva don Mario, che non ne aveva mai visto uno piú bello. - Intanto, il proprietario come non s'accorge di quei ciuffi di paretaria cresciuti fra gl'intagli sull'arco del portone, e che deturpano l'edifizio? - La sera, appena don Ignazio, stanco e trafelato, arrivò dal mulino - Senti - gli disse don Mario; - dovresti andare dal signor Reina. Lascia crescere fra gl'intagli del portone, sotto il terrazzino di centro, certe erbacce! ... Fanno stizza a vederle. - Ebbene? - Dovresti avvertirlo, almeno quando lo incontri. - Lo avvertirò -. Don Ignazio, rifinito dalla via fatta a piedi, aveva ben altro pel capo; voleva cenare e andarsene a letto. Ma d'allora in poi non ebbe piú requie neppur lui. Ogni sera, all'arrivo dal mulino, non finiva di deporre in un canto il bastone, che don Mario non gli domandasse: - Hai parlato col signor Reina? - No. - Va' a dirglielo ora stesso. Peccato! Quelle erbacce guastano l'architettura! ... - Se le sentiva come un bruscolo negli occhi; non sapeva persuadersi in che maniera il signor Reina potesse sopportare quel sacrilegio. E si affacciava piú volte ogni giorno all'abbaino, montando una scala a piuoli, appoggiata al muro, con pericolo di fiaccarsi il collo, se per caso fosse cascato. Quelle erbacce, Signore, erano sempre là; crescevano, facevano cesti che tremolavano al vento. Se fossero stati cirri allo stomaco, forse egli non ne avrebbe sofferto altrettanto. - Glielo hai detto al signor Reina? ... - Sí. - Che ti ha risposto? - Una parolaccia! - Quella notte don Mario non poté chiudere occhio. E appena s'accorse che il fratello russava, riacceso il lume, tornò a vestirsi, prese in collo la scala a piuoli, che gli storpiava la spalla, e s'avviò verso la casa del Reina, rasentando il muro dalla parte dell'ombra, per evitare il lume di luna, come ladro che vada a dare la scalata. Per ladro infatti lo presero le guardie di ronda, trovatolo arrampicato lassú, in cima al portone, affannato a strappare le erbacce parassite, a dispetto del proprietario che non se ne curava. - Che fate costí? - Strappo quest'erbe. - Scendete giú. - Lasciatemi finire ... - Giú, vi dico! ... - E alla brusca intimazione, il povero don Mario dovette scendere, lasciando parecchi ciuffi di paretaria, che avrebbero continuato a deturpare la bella architettura. - C'è mancato poco non mi conducessero in carcere! ... Per aver voluto fare un po' di bene! - E morí, da lí a tre mesi, con l'incubo di quelle erbacce che gli pesava sul cuore. Povero don Mario! Roma, giugno 1889@ 1889

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