Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL FIGLIO DEL CORSARO ROSSO

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Salgari, Emilio 3 occorrenze

Un bracco camminava dinanzi alla muta e, scoperto il toro o il cinghiale, dava segno agli altri, i quali correndo ed abbaiando, gli si mettevano intorno finché giungesse il padrone. Il colpo era quasi sempre sicurissimo e la prima cosa che faceva il cacciatore, se riusciva a gettare a terra la selvaggina, era quella di tagliarle il garretto. Se la ferita era leggera e la bestia infuriava e caricava, il bucaniere, agilissimo, sapeva mettersi sempre in salvo, arrampicandosi su d'un albero. Di lassú poi finiva facilmente a colpi d'archibugio la bestia, la quale non aveva mai tempo di scappare. Essa veniva subito scorticata, poi il bucaniere ed il suo arruolato ne traevano uno degli ossi maggiori, lo spezzavano e ne succhiavano il midollo ancora caldo e quella era ordinariamente la loro colazione! Mentre l'arruolato s'incaricava di tagliare i pezzi migliori da seccare o affumicare e li trasportava nella capanna, il bucaniere continuava la sua caccia, aiutato dai cani, né smetteva finché calava la notte. Quando poi aveva messo all'ordine quella quantità di pelli sufficiente per costituire un piccolo carico, lo portava alla Tortue o in qualche altro porto tenuto dai filibustieri. Una esistenza condotta con siffatti esercizi e sostenuta col genere di alimenti che abbiamo accennati, salvava quei terribili cacciatori dalle tante malattie alle quali altri andavano soggetti. Tutt'al piú li colpiva talvolta una febbre effimera, che spariva prestissimo con semplici profumi di foglie di tabacco. A lungo andare però le fatiche eccessive e le intemperie dovevano a poco a poco esaurirli. Gli spagnuoli, inquieti per la presenza di quei cacciatori tutti stranieri, per un po' di tempo li lasciarono cacciare, ma quando li videro fondare degli stabilimenti nella penisola di Samana al porto di Margot, nella Savana bruciata, verso i Goniaives, nell'imbarcadero di Mirfolais ed in fondo all'isola Avaches, presero il partito di cacciarli dalla grande isola, dichiarando a quei disgraziati una vera guerra di esterminio. La guerra scoppiò ferocissima. Gli spagnuoli si erano facilmente lusingati di fare una vera strage di quei miserabili, i quali, dopo tutto, non avevano mai recata a loro alcuna offesa. Li sorprendevano spesso quando si trovavano in piccolo numero nelle loro corse, oppure di notte nelle loro abitazioni e, quanti ne prendevano, altrettanti ne trucidavano o li tenevano come schiavi, quasi fossero negri od indiani, facendoli lavorare duramente nelle piantagioni a colpi di sferza. Certamente i bucanieri in tal guisa sarebbero stati a poco a poco distrutti, dalle tante cinquantine lanciate attraverso i boschi, se con miglior consiglio i cacciatori non si fossero finalmente decisi a raccogliersi in corpo, per difendersi. Il bisogno di caccia portava che di giorno si sbandassero, ma alla sera si univano tutti in un luogo stabilito e se qualcuno mancava, argomentando che fosse stato ucciso, sospendevano le loro scorrerie fino a che o l'avessero trovato o vendicato. E cominciò allora una lotta a tutta oltranza, I bucanieri fino allora si erano lasciati trucidare; da quel momento cominciarono a prendersi cosí spaventose rivincite, che tutta l'isola fu inondata di sangue e molti luoghi ricordano anche oggidí coi loro nomi le stragi avvenute. Temendo però i bucanieri di non poter tenere testa alle innumerevoli cinquantine spagnuole, si decisero di trasportare, dopo una lunga lotta, i loro stabilimenti sulle isolette che circondano San Domingo. Non andavano piú ormai alla caccia che in grosse partite, combattendo fieramente quando incontravano il nemico. Alcuni stabilimenti salirono in fama, come quello di Bayaba, il quale aveva un porto vastissimo molto frequentato da navi inglesi, francesi ed olandesi. Appunto da Bayaba, essendo mancati un giorno quattro bucanieri, i loro compagni organizzarono una grossa spedizione per liberarli o vendicarli. Avendo appreso, strada facendo, che erano stati condotti a Santiago ed appiccati, trucidarono gli informatori che erano spagnuoli, poi assalirono furiosamente la città, prendendola d'assalto e massacrando quanti uomini si trovavano rinchiusi fra le mura. Non mancavano però gli spagnuoli di rifarsi di tratto in tratto delle sconfitte che subivano, ma era ben difficile di snidare, come essi desideravano, tutti i bucanieri che scorazzavano per le foreste dell'isola. Col tempo però vi riuscirono, distruggendo tutti i tori e tutti i porci selvatici che infestavano le foreste e le paludi, e quel colpo fu cosí fatale ai bucanieri, da deciderli a rivolgersi al mare per trovare nuovi alimenti e alla terra per ottenere raccolti da trafficare. Gli spagnuoli però si erano ingannati sulle loro speranze, perché i bucanieri, da cacciatori di terra si erano trasformati in scorridori del mare, diventando quei terribili filibustieri che dovevano recare tanti danni alle colonie spagnuole del golfo del Messico e dell'Oceano Pacifico. ... ... ... Il bucaniere, come abbiamo detto, udendo le parole del figlio del Corsaro Rosso, aveva lasciato cadere l'archibugio e si era fatto innanzi, col cappellaccio in mano, salutando rispettosamente con un profondo inchino. - Signore, - disse. - Che cosa desiderate da me? Sarebbe per me un grandissimo onore poter essere utile in qualche cosa al nipote del grande Corsaro Nero. - Non vi chiedo che un asilo sicuro per riposarmi qualche ora ed una colazione, se è possibile averla, - rispose il conte. - Io vi offrirò delle bistecche quante vorrete ed una superba lingua di bue, - rispose il bucaniere. - Tengo in serbo sempre qualche bottiglia di aguardiente per le visite inaspettate e sarò ben felice di offrirvela. - Buttafuoco - rispose il bucaniere sorridendo. - Un nome di battaglia, non è vero? - Il mio l'ho dimenticato - disse il cacciatore, corrugando la fronte. - Varcando l'Oceano, perdiamo i nostri nomi, ma vi posso dire che ero figlio di una buona famiglia della Linguadoca. Che cosa volete? La gioventú talvolta fa commettere delle cattive azioni ... Orsú, non parliamo di questo. È un mio segreto. - Che io non desidero affatto conoscere - rispose il conte. Il bucaniere si passò tre o quattro volte la mano callosa e macchiata di sangue sulla fronte, come se volesse scacciare lontani e dolorosi ricordi, poi disse: - Mi avete domandato un ricovero ed una colazione, ed io sarò orgoglioso di offrire l'uno e l'altra al nipote del grande corsaro. Accostò una mano alle labbra, si mise due dita in bocca e mandò un lungo fischio. Pochi momenti dopo un giovanotto di venti o ventidue anni, biondo, magro, con gli occhi azzurri, vestito come il bucaniere, accompagnato da sette od otto grossi cani, uscí dalla foresta. - Leva la pelle a questa bestia - gli disse ruvidamente Buttafuoco - e portaci al piú presto la lingua e delle costolette. Potranno servire per questa sera. Poi, volgendosi verso il corsaro con una gentilezza strana in un uomo di apparenza cosí rozza, disse: - Signore, seguitemi. La mia povera capanna e la mia misera dispensa sono a vostra disposizione. - Non vi chiedo di piú - rispose il conte. Il bucaniere raccolse il suo grosso archibugio e si mise in cammino, osservando attentamente le macchie, forse piú per abitudine che per altro, poiché i cani non davano alcun segno di inquietudine. - E il bufalo che avete ucciso, lo lasciate là? - chiese ad un certo momento il conte. - Il mio amico non dev'essere lontano - rispose il bucaniere. Incaricherò lui di scorticarlo e di togliergli le parti migliori. - E il resto? - Lo lasciamo ai serpenti e agli avvoltoi, signore, quello che a noi importa sono le pelli che si vendono vantaggiosamente a Porto Bayada agli inglesi o ai francesi che vi approdano in buon numero ogni sei mesi. - Senza venire disturbati dagli spagnuoli? - Oh! guai se ci lasciamo prendere! Ma noi siamo furbi, e poi siamo protetti dai filibustieri della Tortue, nostri buoni alleati. - Avete conoscenti alla Tortue? - Molti, signor conte. - Quando vi siete stato? - Appena tre mesi fa. - Grogner e Davis si trovano ancora colà? Ho delle lettere di raccomandazione per loro e anche per Tusley. Sono i filibustieri piú noti al giorno d'oggi, non è vero? - Sí, signor conte; ma dovreste correr molto, prima di presentargliele. - Perché? - Perché in questo momento lavorano sul continente o, meglio, sull'istmo di Panama, verso il Pacifico. Le loro ultime notizie, recate da un gruppo di filibustieri, sono giunte dall'isola di San Giovanni. Pare che si siano stabiliti colà per dare la caccia ai galeoni che il Perú manda di quando in quando a Panama. - Sicché sarò costretto ad attraversare l'istmo se vorrò trovarli? disse il signor di Ventimiglia, il quale sembrava non troppo lieto di quelle risposte. - Capitano, - disse Mendoza, il quale si era accorto del malumore del corsaro - Pueblo-Viejo si trova sull'istmo e non potremmo giungervi con la nostra fregata. Visiteremo quella graziosa città per andare a stringer la mano al marchese di Montelimar; poi andremo a cercare i famosi filibustieri, senza dei quali nulla potreste fare. - Tu hai sempre ragione, amico - rispose il conte rasserenandosi un poco. - Ecco la mia capanna - disse in quel momento il bucaniere, mentre i cani si slanciavano innanzi, latrando festosamente. Sotto un gruppo di splendide e altissime palme e di cavoli palmisti, sorgeva una miserabile abitazione formata da rami malamente intrecciati e da poche pertiche, con alcune pelli gettate al di sopra per riparare alla meglio il suo proprietario e il suo servo dagli acquazzoni diluviali che, di quando in quando, si rovesciavano sull'isola con furia inaudita. Sotto una piccola tettoia, innalzata a pochi metri di distanza, si trovava la cucina che consisteva in tre o quattro sassi, che dovevano servire da camino, da un paio di spiedi e da un vaso di terra pieno d'acqua. Tutto all'intorno vi erano pelli di bufali stese a seccare e ammassi di carne affumicata e seccata, coperti da gigantesche foglie di banano. - Ecco il mio palazzo! - disse il bucaniere ridendo. - Avrebbe bisogno di molte riparazioni, ma non trovo mai il tempo di diventare un boscaiuolo. Entrate, signor conte. L'interno della catapecchia non valeva piú dell'esterno. Uno strato di foglie secche serviva da letto, ed era tutto il mobilio di quel cacciatore, il quale forse un tempo era abituato al lusso raffinato della capitale della Francia. Appesi ai pali vi erano dei coltellacci imbrattati di sangue fino alle impugnature; dei corni immensi contenenti probabilmente della polvere da sparo; dei sacchetti di cuoio per il piombo e delle zucche che servivano da fiasche. - Un'abitazione da indiani! - disse il conte. - Peggio, signore! - rispose il bucaniere. - Quei selvaggi sanno fabbricarsi delle capanne assai piú comode delle nostre ... Accomodatevi, signori, mentre io vi preparo la colazione. Ecco il mio arruolato che giunge ben carico. Il giovane, lordo di sangue dal viso alle scarpe, avanzava penosamente, portando sulle spalle dei lunghi pezzi di carne che aveva allora levati dal bufalo, ed una magnifica lingua. - Spicciati, Cortal - disse il bucaniere ruvidamente. - Abbiamo delle persone a pranzo e offriremo loro un bell'arrosto di lingua. Vi è del maiale freddo avanzato da ieri? - Sí - rispose il giovanotto. - E la pelle del bufalo? - Andrai a raccoglierla piú tardi. Nessuno ce la porterà via. L'arruolato gettò in mezzo alle erbe la carne, diede uno sguardo di sfuggita agli ospiti, toccandosi con la destra grondante di sangue la tesa del suo cappellaccio scolorito e bucato almeno in dieci punti; poi alimentò il fuoco, mentre il padrone preparava la lingua e la infilava nello spiedo. - Non invidio di certo la vita di quel povero garzone - disse il guascone, indicando l'arruolato. - E forse anche lui appartenne un giorno a qualche buona famiglia. - Quanto dura il loro arruolamento? - chiese il conte. - Tre anni, ordinariamente - disse Mendoza. - Dopo passano a loro volta bucanieri; ma sono tre anni di tribolazioni, poiché vengono trattati come schiavi, e non sono loro risparmiate né percosse, né sofferenze d'ogni specie. I bucanieri, abituati a vivere sempre in mezzo al sangue, diventano ben presto brutali, e per loro, uccidere un toro o un uomo è la stessa cosa. Hanno una sola qualità buona: sono leali e ospitalissimi. - Sicché quando l'arruolato sarà diventato bucaniere, non tratterà meglio il garzone che prenderà al suo servizio. - È cosí, capitano - rispose Mendoza. - Si direbbe anzi che vogliano vendicarsi a loro volta delle busse prese e dei patimenti subiti durante la loro schiavitú. Mentre chiacchieravano, Buttafuoco e il suo servo si facevano in quattro per allestire il pranzo, molto abbondante, è vero, ma anche molto modesto, poiché non consisteva che in un pezzo di maiale freddo, nella lingua del bufalo malamente arrostita e in un cavolo palmista che, bene o male, surrogava il pane che mancava assolutamente. Quei poveri cacciatori soltanto qualche rarissima volta potevano ottenere un po' di grano, e allora era una vera festa per loro. L'arrosto fu presto pronto e fu servito dall'arr uolato su una foglia di banano, insieme con alcune enormi ossa già spezzate per poterne succhiare piú comodamente il midollo crudo e ancora tiepido. - Mi rincresce, signor conte, di non potervi offrire di piú - disse Buttafuoco, il quale cercava di mostrarsi amabile. - Se possedessi ancora il mio castelluccio in Normandia, avrei fatto ben altra accoglienza al nipote del grande Corsaro Nero ... Bah! - aggiunse poi, mentre la sua fronte si aggrottava ed una profonda emozione si dipingeva sul suo volto abbronzato - non vale la pena di risvegliare dei lontani ricordi. Il passato è morto per me, dopo che ho varcato la linea ... Mangiamo, signori! Tagliò la lingua e l'arrosto di maiale, servendosi d'un enorme coltellaccio; spaccò in vari pezzi il cavolo palmista con degli scatti d'ira che tradivano una profonda agitazione, poi con un gesto fece segno ai convitati di servirsi. Mangiarono in silenzio. Il conte di quando in quando fissava il bucaniere e questi, quasi temesse che egli indovinasse la causa della sua profonda emozione, si affrettava ad abbassare lo sguardo o a volgere altrove il viso, con la scusa di dare al suo arruolato qualche ordine. Quando il pranzo fu terminato, Buttafuoco offrí ai suoi ospiti dei grossissimi sigari da lui stesso fatti con tabacco probabilmente rubato nelle piantagioni spagnuole; poi disse a Cortal, che aveva mangiato fuori della capanna accanto al fuoco: - La fiasca d'onore: vi è un conte fra noi, amico. L'arruolato frugò sotto un banano e ne trasse un'enorme zucca, parecchi bicchieri di corno di bufalo e portò l'una e gli altri nella catapecchia. - Signor conte, - disse il bucaniere con una certa amarezza - io non posso offrirvi né dello champagne, né del Borgogna, né del Medoc, perché non siamo in Francia. Qui non abbiamo che meschina aguardiente o del megeol, perché l'isola non ci dà niente di meglio. È la mia provvista che talvolta cerco a prezzo della mia vita che se ne va ... quella provvista che certe notti mi è necessaria per dimenticare il passato, per non piangere ... Signor conte, accettate. - Voi siete commosso, Buttafuoco! - gli disse il signor di Ventimiglia. - Si può esser forti, signor conte, - rispose il bucaniere - si può aver varcata la linea equatoriale; si può aver giurato di aver dimenticato il proprio paese ... la mia Normandia ... il mio castello ... una sorella amata e che per me è ormai morta per sempre ... il padre gentiluomo che riposa laggiú accanto a mia madre sotto le zolle dell'abbazia ... Morte dell'inferno! Bevete, signor conte ... berrò anch'io! Afferrò rabbiosamente la tazza di corno e la vuotò d'un fiato, gridando poi: - Ancora, Cortal, ancora! Bisogna che affoghi i ricordi lontani! Ah, la triste sorte che mi ha colpito! Il viso del fiero bucaniere si era spaventosamente alterato. Non piangevano i suoi occhi, eppure s'indovinava che faceva degli sforzi supremi per trattenere le lacrime, vergognoso forse di tradire il segreto delle sue pene. - Bevete, signor conte, - riprese dopo qualche istante, vuotando un'altra tazza. - Non avrei mai creduto di dover ospitare sotto questa miserabile capanna un gentiluomo della lontana Europa. L'avevo sperato un giorno, era una follia certamente ... un uomo che fosse venuto qui a trovare me per caso o per combinazione. - Continuate, Buttafuoco, - disse il conte - siete fra amici. Il bucaniere vuotò il terzo bicchiere di aguardiente, poi, facendo un gesto di ira terribile, riprese con voce strozzata: - Parigi maledetta! Sirena infame che mi hai stretto fra le tue spire! Meglio sarebbe stato che io non ti avessi mai veduta! Le tue mille e mille seduzioni hanno fatto di me un miserabile bucaniere, un macellaio delle foreste di San Domingo! ... Maledetto giuoco! Sei stato la mia rovina! - Ma chi siete voi? - chiese il conte, profondamente commosso dall'intenso dolore che traspariva sul viso del bucaniere. - Lo vedete, - rispose Buttafuoco, ridendo nervosamente - un cacciatore di buoi ... un miserabile avventuriero. Da quando ho passata la linea, io non ho piú patria, non ho piú famiglia, non ho piú nobiltà, piú nulla fuorché il mio archibugio che tutti i giorni uccide per non uccidere il mio cuore. Per la quarta volta vuotò la tazza che l'arruolato gli aveva riempita. - Gli anni sono passati, - riprese il disgraziato, serrando la fronte fra le mani, come se cercasse di comprimere i pensieri che lo tormentavano - Eppure vedo ancora il mio castello, là, sulle rive dello stagno, ergersi superbo con i suoi pinnacoli e le sue torri; vedo ancora in certe notti passeggiare sulle terrazze quella dolce fanciulla che era mia sorella e per la quale avrei dato la vita pur di vederla felice ... Un barone della Bretagna la fece sua sposa ... Sia felice, ed ignori per sempre la sorte del suo disgraziato fratello ... Cortal, dammi ancora da bere. Ho sete, una terribile sete! Rimase alcuni istanti silenzioso, fissando il bicchiere colmo con gli occhi dilatati, cupo, fremente, poi disse: - Eh, la vita talvolta è cosí, se si è preda d'un genio maligno. Eppure quanto è stata terribile la discesa! Meglio sarebbe stato che sui vent'anni un colpo di spada m'avesse finito fra i pometi della Normandia! Cosí non avrei veduta mai Parigi, almeno non sarei disceso, di gradino in gradino, fino nel fango d'una prigione ... non avrei macchiato il blasone dei miei avi ... non avrei dimenticata la mia Francia ... non avrei cambiato nome ... non sarei diventato un avventuriero ... non sa rei fuggito come un ladro ... e non avrei fatto piangere mia sorella, povera creatura! - Buttafuoco! - gridò il conte. Il bucaniere si era alzato di scatto, con gli occhi dilatati, il viso bagnato di sudore. Staccò da un palo della capanna il suo archibugio, poi uscí rapidamente, scomparendo fra gli alberi. - È sempre cosí il tuo padrone? - chiese il conte all'arruolato che stava fermo sulla soglia della capanna. - Io non l'ho mai veduto sorridere - rispose Cortal. - È sempre triste - E non sarà il solo - disse il guascone. - Quanti uomini, che un giorno furono ricchi e stimati, si trovano fra questi bucanieri! - E quanti gentiluomini ha rovesciato l'Europa in America! - rispose il corsaro. - È vero, signor conte - rispose il guascone con un sospiro. Io peraltro ho dimenticato presto Pau e il mio castelluccio semidistrutto. Io non ho veduto Parigi, né ho provato le sue seduzioni fatali. - Rovina di tanta gente dabbene! - disse il conte. - Vale meglio la Provenza! A sua volta si era alzato ed era uscito dalla capanna, cercando il bucaniere. Il cacciatore era scomparso, ma udí parecchi colpi di fucile tra le macchie. Aveva appena terminato il sigaro e stava per rientrare nella capanna, quando vide giungere Buttafuoco piú tetro che mai. Osservandolo attentamente, s'accorse che il fiero cacciatore aveva gli occhi rossi; come se avesse lungamente pianto. - È passata la tempesta? - gli chiese il signor di Ventimiglia con voce dolce. - Gli uragani durano poco a San Domingo - rispose il bucaniere con un triste sorriso. - Bah, tutto è passato, tutto è stato dimenticato! Ho ucciso due maiali selvatici, laggiú sul margine delle paludi ... è il mio mestiere. Il conte gli porse la destra: - Stringetela! - disse. - No, signor conte, io non sono piú degno di porgere la mano ad un onesto gentiluomo. Qui non siamo in Normandia. - Stringetela, vi dico. - Sí, non ora però. Quando noi ci lasceremo per sempre e vi dirò chi sono stato io un giorno ... forse allora ... Signor conte, fra quattro ore il sole tramonterà e la villa della marchesa di Montelimar è lontana. Volete che ci mettiamo in cammino? Non giungeremo a San Josè prima dell'alba, ed in questo paese è meglio marciare di notte. Le cinquantine di quando in quando perlustrano queste foreste e se non sono pericolose le loro alabarde, sono terribili i cagnacci che le accompagnano. - Sono pronto a seguirvi e ad obbedirvi - rispose il corsaro. - Siete ben sicuro che la marchesa non vi tradirà? Io conosco quella bella signora, avendola qualche volta incontrata nei dintorni della sua fattoria. - È una perfetta gentildonna che mi ha già salvato una volta. - Allora basta - rispose il bucaniere. - Chiamate i vostri compagni, signor conte, e dite che si prendano degli archibugi. Ne ho sempre tre o quattro di riserva e tutti di buon calibro, con palle di un'oncia. Mendoza ed il guascone, udendo il comando del conte, erano accorsi, seguiti dall'arruolato, il quale, come se avesse indovinato il pensiero del suo padrone, portava dei fucili e delle munizioni. - In marcia, amici - disse il signore di Ventimiglia. - Buttafuoco ci servirà da guida. Il bucaniere s'accostò all'arruolato, il quale lo interrogava con lo sguardo. - Tu rimarrai qui - gli disse con ruvida bonarietà - e aspetterai il mio ritorno. Che io stia lontano una settimana od un mese, non ti dar pensiero di me. Se gli spagnuoli ti minacciano, rifugiati nella colonia del capo Tiburon e là ci ritroveremo. Guardati dalle cinquantine, e abbi cura dei miei cani. Addio! Chiamò con un fischio stridente il suo bracco favorito e si mise in cammino a fianco del conte e seguito dal guascone e da Mendoza, calandosi il cappellaccio sulla fronte per meglio ripararsi dagli ardentissimi raggi del sole. Attraversò la macchia che serviva a nascondere la sua capanna e dopo essersi orientato con l'astro diurno, si cacciò risolutamente tra le immense boscaglie che si prolungavano verso occidente. Il bracco lo procedeva, fiutando di quando in quando il terreno, e volgendo la testa come per chiedere se era sulla buona via. - Avete la vostra nave, signor conte? - chiese il bucaniere, dopo aver percorso qualche miglio. - Deve attendermi al capo Tiburon - rispose il corsaro. - La villa della marchesa di Montelimar non si trova che a breve distanza dalla rada. La potrete scorgere dalle finestre della fattoria. - Non verranno a cercarci colà, le cinquantine? - Chi lo sa? Battono l'isola in lungo ed in largo, e non si sa mai dove si fermano. La marchesa però è troppo potente a San Domingo per non proteggervi. - Ne ho avuto la prova. - Allora potrete attendere tranquillamente la vostra nave, senza correre il pericolo di farvi prendere - rispose il bucaniere, sorridendo. - So quanto vale quella signora. - La conoscete? - L'ho veduta una sola volta, mentre attraversava a cavallo una foresta e le ho reso, anzi, in quell'occasione, un piccolo servigio. Se non mi fossi trovato sulla sua strada e non le avessi ammazzato il cavallo con un buon colpo di archibugio, non so se la signora di Montemilar sarebbe ancora viva, e se ... Il bucaniere si era interrotto, mentre il suo bracco scuoteva gli orecchi e puntava. - Che cosa c'è? - chiese il corsaro. - Nulla per ora - rispose Buttafuoco la cui fronte si era leggermente aggrottata. - Mi sembrate inquieto. - Posso essermi ingannato - Anche il vostro cane? Il Bucaniere stette un momento silenzioso, osservando attentamente il suo bracco il quale si era fermato e non cessava di alzare e di abbassare le orecchie. - Mi è sembrato d'aver udito un lontano latrato. - Che qualche cinquantina ci dia la caccia? - Può darsi, signor conte. Lasciamo i terreni scoperti e gettiamoci nella foresta. Là saremo piú sicuri.

I cani giravano lungo le rive, guatando ferocemente l'isolotto e abbaiando con furore, impazienti di muovere all'attacco. Qualcuno si era già gettato in acqua e nuotava innanzi e indietro. Abituati alla caccia all'uomo, non attendevano che un segnale dei loro padroni per spingersi coraggiosamente avanti, e i segnali non tardarono a farsi udire. Pochi fischi s'alzarono fra i soldati incaricati del loro ammaestramento e tutti i cani si gettarono lestamente in acqua nuotando in gruppo serrato. - Don Barrejo, attento alle gambe! - disse Mendoza, armando l'archibugio. - Quelle brutte bestie hanno una gran voglia di mangiarvi i polpacci. - Guardatevi piuttosto le vostre, - rispose il guascone. - Io non ho paura dei cani, anzi neppur dei leoni. Non siamo del mar di Biscaglia. - Anch'io - Tacete e attenti ai mastini, - disse il bucaniere. - Appena sono a tiro sparate. La muta nuotava vigorosamente dirigendosi verso l'isolotto, e i loro padroni non cessavano d'aizzarla con grida altissime. Già non distava che una cinquantina di metri dalla riva, quando un'improvvisa agitazione si manifestò fra i nuotatori. Non avanzavano piú e latravano furiosamente, volgendo la testa verso i soldati come per chieder loro qualche aiuto. - Ah, ah! - esclamò il guascone, scoppiando in una risata. - Hanno trovato il loro pane e non saranno essi che lo mangeranno! - Che cosa succede? - chiese il conte. - Una cosa semplicissima - rispose don Barrejo. - Stanno per perdere le loro zampe. Altro che mangiare le nostre! Gli jacarè amano avere i cani dentro il loro ventre: vedrete che bell'assalto! - Sí, sono i caimani che giungono - disse Buttafuoco. - Ci faranno risparmiare le munizioni. I mastini si erano messi a ululare sinistramente ed avevano voltato le spalle all'isolotto nuotando disperatamente verso la penisoletta. Ad un tratto una brutta testa, armata di due formidabili mascelle, emerse bruscamente e si gettò sull'ultimo cane, tagliandolo d'un colpo a metà. Era un mostruoso caimano che aveva fatto il suo colpo. Le savane di San Domingo, piú che quelle delle altre grandi isole del golfo del Messico, sono infestate da sauriani enormi e anche ferocissimi, che si fanno temere dai piú audaci cacciatori. Hanno una resistenza cosí straordinaria che non muoiono neppure quando il gran calore asciuga tutta l'acqua delle paludi. S'innestano nel pantano, scomparendovi dentro, specialmente là dove le erbe sono foltissime e aspettano dormendo la stagione delle grandi pioggie. Allora gonfiano i polmoni e si lasciano trasportare dove l'acqua è piú profonda. Specialmente allora sono temibili perché, spinti dalla fame, si gettano su uomini e su animali. Hanno poi un debole pei porci e pei cani. Per procurarsi questi animali, osano qualunque cosa. I mastini, che gli spagnuoli avevano lanciati contro l'isolotto, vedendo il loro compagno scomparire, avevano battuto precipitosamente in ritirata, inseguiti accanitamente da una vera truppa di sauriani. Di quando in quando un mastino scompariva, urlando disperatamente e non tutto d'un colpo, poiché i caimani ci tengono a soffocare i cani lentamente come se godessero di quella lenta agonia. Anzi, anche se affamati, non li divorano subito. Li seppelliscono in mezzo al fango e li lasciano imputridire. Gli spagnuoli, vedendo le loro bestie in pericolo, avevano aperto un fuoco vivissimo contro quei feroci predoni che muovevano all'assalto a grandi sbalzi, facendo risuonare sinistramente le loro enormi mascelle armate di formidabili denti. Buttafuoco si era alzato. - Giacché i caimani corrono tutti da quella parte, e i nostri nemici sono occupati, approfittiamone per fuggire. Seguitemi sempre e non lasciate la costa. Tenendosi sempre nascosti dietro gli enormi tronchi dei noci, raggiunsero la riva e scesero nell'acqua. Buttafuoco era dinanzi a tutti, e non cessava di perlustrare il fondo. Nessuno si era accorto della loro fuga. Gli spagnuoli avevano impegnata una vera battaglia contro i caimani che accorrevano da tutte le parti della savana, attratti dai guaiti lamentevoli dei mastini. Si udivano passare a tre o a quattro alla volta, rapidi come frecce, coi dorsi rugosi coperti di piante palustri. Buttafuoco procedeva rapidamente, seguendo la costa la quale pareva che avesse la larghezza di un paio di metri. Quantunque l'acqua non fosse profonda piú di tre o quattro piedi, rendeva però la marcia assai difficoltosa Moltissimi uccelli scappavano dinanzi a loro, alzandosi fra i gruppi di canne, minacciando di tradire la direzione che tenevano. Erano gruppi di tringhe per lo piú, uccelli grossi come le allodole, le gambe lunghissime e la carne deliziosissima e di arzavole, anitre di piccole dimensioni, perché non sono piú grosse d'un piccione, colla testa nera e violacea, con una linea bianca sulla cima e gli occhi azzurrini, volatili anche questi pregiatissimi. - Questa savana è un paradiso, - mormorava Mendoza, il quale seguiva con gli occhi spalancati i voli di tutti quegli uccelli. - Peccato non rimanere qui qualche settimana! Scommetterei che anche le magre gambe di questo spaccone di guascone s'ingrasserebbero e che farebbero voglia ai cani degli spagnuoli. Bah! ... Ci rifaremo piú tardi, se ci lasceranno un momento di tregua! La ritirata continuava sempre rapidissima, poiché Buttafuoco temeva che gli spagnuoli si accorgessero della fuga dei loro avversari e che, sbarazzati i cani, si slanciassero alla conquista dell'isolotto. Fortunatamente la costa si prolungava attraverso la savana ed il bucaniere, già pratico di quelle vaste paludi, non s'ingannava sulla solidità del fondo. La sua canna s'affondava continuamente a destra e a sinistra, sempre attento alle sabbie mobili e filava sicurissimo sulla costa, dicendo sempre ai suoi compagni: - Non deviate mai: seguite le mie tracce. Abbiamo la morte, da una parte e dall'altra. La marcia durò venti minuti, poi il piccolo gruppo raggiunse un secondo isolotto, molto piú piccolo del primo e molto piú fangoso e che era coperto di nidi di caimani. Le spiagge erano gremite di piccoli coni, non piú alti di un piede, composti di fango e di rami malamente intrecciati e che contenevano parecchi strati di uova non piú grosse di quelle di un'oca, ma piú lunghe, piú bianche e col guscio assai rugoso e con molti geroglifici. I negri non hanno alcuna difficoltà a mangiarle, quantunque sappiano di muschio. Il tuorlo è piccolissimo, appena colorito e l'albume azzurrognolo; e ben cucinato diventa cosí duro da doverlo tagliare col coltello. Che quelle uova siano veramente eccellenti, come affermano i negri, vi sarebbe forse da dubitarne; si sa però che i figli dell'Africa sono molto diversi da noi. Un pezzo di tromba d'elefante o una frittata di vermi di terra o di cavallette, fa lo stesso per quei corpi. In questo equivalgono ai chinesi ed ai malesi. - Che peccato non avere gli intestini dei negri, - disse Mendoza. Qui ci sarebbero da fare delle gigantesche frittate. Non ne avremmo il tempo, - rispose il bucaniere. - Gli spagnuoli si sono accorti della nostra ritirata e scommetterei che a quest'ora marciano sulla costa. Se i cani non abbaiano piú, vuol dire che la battaglia contro i caimani è terminata e che ora quei signori d'oltremare si occuperanno di noi. Lesti, attraversiamo anche questo isolotto e cerchiamo di raggiungere la terra ferma. - Nemmeno un momento di riposo? - chiese Mendoza. - Neanche un minuto - rispose Buttafuoco. - Si giuoca la pelle. - Ah! ... Se don Barrejo potesse darmi un pezzo delle sue gambe! ... Ne ha perfino di troppo lui. - In questo momento vorrei averle anche piú lunghe, - rispose il guascone. - Uh! Che superba cavalletta! Pure scherzando quei valorosi uomini si eran rimessi in corsa, passando come frecce sotto le piante che coprivano in gran numero il secondo isolotto. Splendidi cespi di rododendri, alti piú di dieci metri, crescevano dovunque, mostrando i loro grossi rami ed i grappoli di fiori porporitii, mentre sopra di loro torreggiavano delle superbe palme coronate da parasoli di lunghissime foglie palmate, ricadenti elegantemente con spate d'un violetto iridescente listato di porpora, e fiocchi di frutta che sembravano mele verdi. In meno di cinque minuti i fuggiaschi attraversarono anche quell'isolotto e, con un vero grido di gioia, salutarono la terraferma, la quale non si trovava lontana piú di cinquecento metri, mostrando la fronte di una fitta foresta formata da colossali platani. - Là è la nostra salvezza, - disse Buttafuoco. - Anche se gli spagnuoli gireranno la savana, noi giungeremo alla fattoria della marchesa di Montelimar prima di loro. - Ci permetterà il fondo di attraversare questo ultimo bacino? chiese il signor di Ventimiglia. - Io non dispero, - rispose il bucaniere. Esaminò rapidamente la riva, tastando sempre le sabbie poi si ricacciò in acqua. La fortuna assisteva i fuggiaschi, poiché il bravo bucaniere aveva trovata senza molte difficoltà un'altra costa e anche piú elevata delle altre, quindi piú sicura. I quattro uomini, tenendo sempre gli archibugi alzati, mossero lestamente verso la terraferma, mentre in lontananza si udivano dei colpi d'archibugio. Già stavano per raggiungerla, quando ad un tratto il bucaniere affondò fino a mezzo il petto. - Fermi! - gridò. - Le sabbie mobili! Quel valoroso, che scherzava dinanzi alla morte e che da solo si sentiva in grado di tener fronte ad una cinquantina di alabardieri, era diventato spaventosamente pallido. - Una corda! una corda! - gridò dopo qualche istante d'angoscioso silenzio. - Se non l'avete, sono perduto! - Io ne ho sempre in tasca - rispose Mendoza, tirando fuori un gherlino incatramato, grosso come il dito mignolo. - Non fate un passo innanzi, voi - gridò Buttafuoco, vedendo che l'imprudente marinaio stava per abbandonare la costa della savana. - Gettatemi la corda e strappatemi da questa terribile trappola. Il conte, che era dinanzi al guascone e al basco, gliela lanciò destramente, trattenendo l'altro capo. Il bucaniere, che affondava lentamente ma continuamente nel fondo traditore, se la legò sotto le ascelle, dicendo: - Levatemi da questa tomba e badate di non cadere. Vi è la morte sotto ed intorno a voi. I tre uomini unirono i loro sforzi, badando bene a non perdere l'equilibrio. A piccoli tratti ben misurati strapparono il brav'uomo dalle sabbie che già si aprivano per inghiottirlo. - Non mi aspettavo di trovarle qui - disse Buttafuoco. - Che la costa sia proprio finita? Sarebbe la nostra rovina. - Che pieghi invece? - Me ne accerterò all'istante, signor conte. Aveva subito ripreso il suo sangue freddo. Riafferrò la canna che si era piantata profondamente nella fanghiglia e avanzò prima a destra poi a sinistra, con estrema precauzione. Un grido di trionfo avvertí il conte che la buona via era stata ritrovata. - Siamo salvi! - aveva esclamato Buttafuoco. La costa in quel punto descriveva una curva pur continuando ad avvicinarsi alla riva. Il bucaniere, dopo essersi ben assicurato della sua direzione, si spinse risolutamente innanzi e raggiunse felicemente la terraferma, subito seguito dai compagni. - Siamo al sicuro, qui? - chiese Mendoza. - Per un po' di tempo, non avremo nulla da temere, - rispose il bucaniere. - Solamente i cani potrebbero darci qualche fastidio; non essendo però noi indiani, non sono troppo temibili. - Ve ne abbiamo dato un esempio, - disse il guascone. Moltissimi conigli, dal pelame rossiccio chiaro e la coda lunga, che stanno fra i nostri conigli e le lepri, scappavano dinanzi a loro, mentre fra i rami svolazzavano dei grossi curlam, bellissimi trampolieri della famiglia dei francolini, colle piume brune-porpora sul dorso, con una striscia bianca ai lati della testa, il becco aguzzo e duro come una lama di acciaio, che adoperano per difendersi non solamente contro i cani, ma anche contro i cacciatori. Buttafuoco descrisse nel bosco un grand'arco di due tre chilometri, poi, persuaso che i nemici non erano ancora giunti fin là, si decise a sparare alcuni colpi d'archibugio, gettando a terra due coppie di galli del collare, un paio di sgarze, graziosi aironi grossi poco piú d'un tordo, col ciuffo e le piume verdi, mentre il corsaro, che aveva caricato il suo fucile pure a migliarola, mitragliava alcune pernici americane, un po' meno grosse di quelle europee e d'una fecondità prodigiosa, perché depongono perfino quaranta uova. Carichi di tutti quei volatili, fecero ritorno all'accampamento improvvisato da Mendoza e dal terribile guascone. - Gli spagnuoli? - disse subito Buttafuoco. - Io credo che stiano cenando pacificamente, - rispose don Barrejo, il quale aveva subito adocchiati i bellissimi pennuti. - Sicché voi volete dire che noi possiamo imitarli, - disse il bucaniere, sorridendo. - Quando uno dorme o mangia, io ho sempre avuto l'abitudine di imitarlo, - rispose il guascone. - I guasconi sono sempre furbi, - disse Mendoza. - E come se ne vantano! - disse don Barrejo. - Degnatevi almeno di preparare la cena. - Ci penso io, signor bucaniere. - Ed io vi aiuto, - aggiunse il marinaio. Mentre i due compari, i quali pareva che andassero pienamente d'accordo quantunque non si risparmiassero vicendevolmente le stoccate, a colpi di lingua però, si occupavano alacremente della cena, il conte e Buttafuoco si erano spinti verso la riva della savana, temendo sempre una sorpresa. Tanto all'uno che all'altro pareva impossibile che gli spagnuoli si fossero immobilizzati sulla penisoletta, senza tentare la traversata della palude. Forse aspettavano la notte per spingersi innanzi e sorprenderli. Il bucaniere però non era uomo da cadere cosí grossolanamente in un agguato. Abituato alle sorprese ed alla vita dei boschi, conosceva troppo bene i suoi eterni nemici, coi quali già troppe volte aveva avuto da fare. - Avremo il tempo di cenare e anche di riposarci qualche ora, aveva detto al signor di Ventimiglia. - Sarà l'ultima volta che noi passeremo fra queste lagune e coi nemici alle spalle. La marchesa s'incaricherà poi di farci raggiungere il capo Tiburon. Rimasero in osservazione sulle rive della savana per qualche tempo, poi si ripiegarono lentamente verso l'accampamento, attratti anche dal profumo squisitissimo che giungeva fino a loro. Mendoza ed il guascone avevano fatto dei veri miracoli: galli dal collare, sgarze e pernici erano stati superbamente arrosolati e non chiedevano altro che dei buoni colpi di dente. - Signor conte, - disse Buttafuoco, - voi avete due cuochi insuperabili. Il mio arruolato, malgrado tutta la sua buona volontà, non vale tanto. - Se mi sarà possibile ve ne cederò uno, - rispose il signor di Ventimiglia. Un uh! ... feroce fu la risposta dei due compari: i quali ormai sentivano di non poter vivere lontani l'uno dall'altro nemmeno un mezzo minuto. - Questi uomini non saranno mai dei buoni arruolati pei bucanieri, - disse Buttafuoco, scuotendo la testa. - Peccato! La cena fu fatta in fretta, avendo udito in lontananza dei latrati i quali potevano annunciare la vicinanza di quegli accaniti nemici. - Bah! - disse Buttafuoco. - Ci riposeremo nella villa della marchesa. Questo non è terreno propizio per chiudere gli occhi. Signori, uno sforzo ancora che spero sarà l'ultimo. - Questa è una vitaccia da cani, - disse Mendoza. - È vero, don Barrejo? - Da presidiarios, compare, - rispose il guascone. - Allora rimanete qui, - rispose il bucaniere, - e finite la vostra digestione con un chilogramma o due di piombo spagnuolo. - Oh no, signore, disse Mendoza. - Io non lascerò mai il mio signore. - E nemmeno io, aggiunse il guascone. - La mia draghinassa è troppo necessaria in questo momento, al signor conte. - E allora movetevi, - disse il bucaniere. - Pensate che non vi lascerò dormire finché non giungeremo nella fattoria, e, se il vostro padrone non si lamenta, non ne avete il diritto nemmeno voi. - Io sono pronto a percorrere anche mille miglia d'un fiato e senza mandare un sospiro, - disse don Barrejo. - Non sono già un guascone di carta pesta, io! Il bucaniere rimase alcuni istanti in ascolto, scotendo la testa piú volte, poi, volgendosi verso il conte, disse: - Se non sono gli spagnuoli, sono i cani che giungono. Marciamo, signori, e senza chiacchierare. Per la seconda volta la notte era calata e, quantunque da quarant'otto ore non facessero altro che fuggire, si erano rimessi in cammino attraverso l'oscura foresta, rasentando di quando in quando degli ampi stagni sotto le cui acque fangose udivano nitrire o vagire i caimani. In lontananza, verso la savana, i cani continuavano a latrare e a guaire. Guidavano le cinquantine sulle coste, oppure avevano cominciata la caccia per loro conto? Era piú probabile questo, non potendosi ammettere che gli spagnuoli osassero avanzarsi fra le sabbie mobili, specialmente di notte. Buttafuoco di quando in quando si fermava per ascoltare, poi si rimetteva in cammino con maggior lena. Pareva che non fosse punto tranquillo. - Che cosa temete dunque? - chiese ad un tratto il conte, che gli camminava da vicino. - Non so, - rispose evasivamente il bucaniere. - Vi dico solo di fare uno sforzo supremo per guadagnare terreno. - Siamo ancora molto lontani? - Non credo. Queste foreste non le conosco, tuttavia sono quasi certo di essere sulla buona via. È la nostra ridiscesa verso ponente che non mi rassicura molto. Se sapessi dove si trovano le cinquantine, non m'inquieterei troppo. Bah! Vedremo e sapremo difenderci. Si erano impegnati nuovamente fra pessimi terreni paludosi, ingombri di ninfee rosse, di nelumbi gialli, di pontideire turchine e di canne, le quali formavano dei grossi mazzi piumati, perciò la marcia non poteva riuscire molto rapida, malgrado la buona volontà dei fuggiaschi. Buttafuoco continuava a dare segni d'inquietudine ed il conte lo udiva di quando in quando brontolare. Eppure, quantunque i cani continuassero ad abbaiare in lontananza, nessun pericolo pareva che li minacciasse. Marciavano già da qualche ora sempre in mezzo alle canne, quando il bucaniere si fermò di colpo, dicendo rapidamente: - Abbassatevi! Il conte il basco ed il guascone si erano affrettati ad obbedire. - Che cosa c'è dunque? chiese il conte, dopo qualche istante di attesa. - Rimanete qui, signore, rispose Buttafuoco. - Siamo piú vicini di quello che crediamo alla villa della marchesa; non so però se potremo facilmente raggiungerla. Io mi domando se per caso gli spagnuoli hanno indovinato le nostre intenzioni. - Perché dite questo, Buttafuoco? - Mi spiegherò quando sarò tornato. - Vi allontanate? - È necessario, signor conte: ma la mia assenza non sarà lunga. Voglio essere certo che non cadiate in qualche imboscata. Quello che vi raccomando è di non muovervi, qualunque cosa dovesse accadere, e se vi attaccano, di resistere fino al mio ritorno, altrimenti non saprei piú ritrovarvi fra tutte queste canne e queste erbe palustri. E poi potreste cadere nella savana tremante che deve trovarsi sulla vostra destra, e non uscireste mai piú da queste sabbie. - Dunque siamo seriamente minacciati? - disse il signor di Ventimiglia un po' preoccupato della brutta piega che prendevano le cose. - Non so nulla per ora. Addio, signor conte, e se non mi spaccano il cranio con una palla, mi rivedrete presto. Ciò detto il bucaniere si mise a scivolare fra le canne, senza produrre il piú leggero rumore, allontanandosi velocemente. - Che questa caccia non finisca piú? - disse il guascone. - Signor conte, avete fatto male a lasciare San Domingo. Se foste ritornato nella mia soffitta, nessuno sarebbe venuto a cercarvi di certo. - Ma se volevate accopparci! - disse Mendoza. - Perché vi avevo creduto due ladri - rispose don Barrejo. - Se avessi saputo con quali persone avevo da fare, non avrei sfoderato la mia draghinassa. Speriamo che tutto finisca bene. Non è la pelle che mi dispiacerebbe perdere, bensí i miei dobloni. - Ci tenete tanto? - Un guascone non è mai stato un signore - rispose l'avventuriero con gravità. - Il signor conte può affermarlo. - Io tengo piú alla mia carcassa, quantunque nemmeno i baschi siano mai stati castellani, don Barrejo. - Zitti! - disse il signor di Ventimiglia. - Non è il momento di discutere con la lingua, bensí con l'archibugio. Aveva aperto con precauzione il gruppo di canne che serviva loro di nascondiglio e osservava attentamente dinanzi a sé. - Vengono? - chiese Mendoza. - Non vedo nessuno; eppure se fossi a bordo della mia fregata, mi troverei meglio che qui, anche se ci fossero due galeoni dietro poppa. Un leggiero fruscio si fece udire in quel momento, poi, dopo qualche istante, comparve Buttafuoco. - Partiamo subito, signore! - disse - o non giungeremo mai piú alla fattoria della marchesa. Stiamo per essere circondati. - Ancora? - chiese il conte. - Sono già giunti? Eppure odo sempre i cani latrare verso la savana! - Io non so quante cinquantine si siano messe in campagna per catturarci. A quanto pare gli spagnuoli ci tengono a prendervi. Dopo tutto, non hanno torto: i tre corsari hanno lasciato troppi ricordi nel golfo del Messico! In marcia, signori! Ogni minuto perduto è un grave pericolo di piú per noi. - Riusciremo a passare inosservati? - Sí, lungo la savana tremante - rispose Buttafuoco. Ripartirono velocemente, tenendosi nascosti dietro alle canne, guidati dal bucaniere. Di quando in quando Buttafuoco si gettava a terra e accostava un orecchio al suolo, ascoltando attentamente, poi si rialzava e ripartiva con maggiore velocità. Dopo cinque o seicento metri, i quattro fuggiaschi si trovarono sulla riva di un'altra savana. - Questo è il momento terribile! - disse Buttafuoco. - Le cinquantine sono sulla nostra sinistra. Vi concedo cinque minuti di riposo poiché avrete da mettere, molto probabilmente, le vostre gambe ad una dura prova. - Finiremo col diventare cani levrieri - disse Mendoza, scuotendo il capo. - Questo è un allenamento in piena regola. Il bucaniere lasciò trascorrere i cinque minuti, poi si alzò dicendo: - Tenete pronti gli archibugi! Vengono! ... - Ah! ... poveri i miei dobloni! - mormorò il guascone. Buttafuoco si era slanciato a corsa disperata. Pareva che un improvviso terrore avesse colto quell'uomo che pure sembrava avesse un cuore di bonzo. Ad un tratto si udirono alcuni colpi di archibugio, accompagnati da altissime grida e da latrati furiosi. Le cinquantine si erano accorte del passaggio dei fuggiaschi ed avevano aperto il fuoco. - Fulmini! Piove piombo! - esclamò il guascone, il quale apriva piú che poteva le sue lunghe e magrissime gambe. Alcuni uomini, preceduti da parecchi cani, si erano slanciati fuori dai gruppi di canne, urlando a piena gola: - Ferma! ... Ferma! ... - Sparate prima sui cani! - gridò Buttafuoco. - È necessario! Si era fermato contro il tronco d'una palma e aveva imbracciato l'archibugio. Sette bestiacce giungevano l'una dietro l'altra, con le gole spalancate, urlando come lupi famelici. Buttafuoco sparò il primo colpo, abbattendo il capo-fila che era il piú grosso e che probabilmente doveva essere anche il piú feroce e pericoloso. Il conte ed i suoi compagni a loro volta fecero fuoco, gettandone giú altri, poi snudarono le spade, tenendosi in parte riparati dietro al tronco della palma. Non erano indiani da scappare dinanzi a quei feroci mastini che incutevano agli ingenui figli dell'America centrale, non abituati a vedersi assaliti da bestie cosí grosse, tanta paura Un luccicare d'acciaio, sette od otto colpi, menati con forza terribile, e le bestie rimasero a terra, sbudellate o decapitate. Gli spagnuoli, che avevano contato sull'assalto di quei mastini, vedendoli stramazzare l'uno dietro l'altro, ricominciarono a sparare, ma essendo costretti a far fuoco correndo, le loro palle non colpivano mai il segno, anche a causa dei canneti, dietro ai quali si riparavano i fuggiaschi. Buttafuoco ed i suoi compagni avevano subito ripresa la corsa, non avendo alcun desiderio d'impegnare una battaglia che non offriva nessuna possibilità di riuscire a loro favorevole, dato il numero degli assalitori. Sbarazzatisi dei cani, i soli che avrebbero potuto raggiungerli e dare loro molto da fare, si erano raccomandati alle proprie gambe, poiché ormai la loro salvezza non consisteva che nella robustezza e resistenza dei garretti. Buttafuoco, abituato alle fughe precipitose, correva con uno slancio invidiabile. Quel diavolo d'uomo, quantunque non piú giovane, filava come un vero daino inseguito da una muta furibonda. Chi si trovava male era sempre Mendoza, il quale non finiva mai di borbottare, assicurando di essere ormai finito, dopo tante scappate. Il guascone invece allargava sempre piú le sue gambe smisurate e pareva che se ne ridesse di quella corsa indiavolata. Buttafuoco pure, di quando in quando, faceva qualche breve sosta per sparare qualche archibugiata, ma piú per concedere ai suoi compagni un mezzo minuto di riposo che colla speranza di abbattere qualche nemico. Quella corsa furiosa durava da circa mezz'ora e gli spagnuoli erano rimasti tanto indietro da non scorgerli piú, quando Buttafuoco andò a urtare contro una palizzata. - Siamo salvi! - gridò. - Ecco la fattoria della marchesa di Montelimar!

S'avanzavano e retrocedevano fiutando rumorosamente l'aria, poi tornavano ostinatamente verso il drappello, abbaiando sordamente. - Ci sentono - disse Buttafuoco, accostando le labbra ad un orecchio del signor di Ventimiglia. - Che ci scoprano? - chiese il conte. - Sarà un po' difficile. Tuttavia teniamoci pronti ad annientare con una scarica l'avanguardia delle cinquantine - rispose il bucaniere. - Il mio archibugio è pronto. - Ed anche il mio. Non fate però fuoco se prima non vi do il comando. Le ricerche dei cani durarono un buon quarto d'ora, poi essi ripresero la corsa, seguendo la traccia di prima. Non avendone trovate altre piú recenti, si ostinavano su quella vecchia lasciata forse da qualche negro fuggiasco. L'avanguardia della cinquantina, dopo una breve discussione, prese il partito di seguirli, e scomparve ben presto attraverso la foresta. - Finalmente possiamo respirare liberamente! - esclamò il guascone. - Mi pareva di sentirmi i denti di quei cagnacci nelle gambe. - Avrebbero trovato ben poco da rosicchiare, signor soldato - disse Mendoza ironicamente. - E per questo forse se ne sono andati a cercare dei polpacci piú rotondi. Malgrado la gravità della situazione tutti si erano messi a ridere, perfino Buttafuoco. - Che cosa facciamo dunque? - chiese il conte. - Scendiamo? - Sarebbe una grave imprudenza - rispose il bucaniere. - I cani possono ritornare, scoprire le nostre orme e darci la caccia. Avete fretta di giungere a San Josè? - Nessuna: la mia fregata non lascerà i paraggi del capo Tiburon, se io non mi farò vedere, ed il mio luogotenente è troppo furbo per lasciarsi sorprendere e battere dai galeoni spagnuoli. - Allora vi consiglio di passare la notte qui. - Cosí diventeremo dei volatili! - disse Mendoza. - Purché non giungano i cacciatori! - Vi ho detto che le cinquantine non hanno armi da fuoco - disse il bucaniere. - Dei cacciatori con le alabarde ne parleremo! Accettate, signor conte? - Giacché non si può far di meglio e la prudenza lo esige, passiamo la notte quassú - rispose il signor di Ventimiglia. - Ed il vostro arruolato non verrà scoperto? La capanna non è molto lontana. - Non si lascerà sorprendere, ve lo assicuro io. Ha dei buoni cani che l'avvertiranno in tempo dell'avvicinarsi delle cinquantine. Sono perfettamente tranquillo per lui. Ah, me lo ero immaginato! Che brutta faccenda se avessimo lasciato questo asilo ... Le vedete, signor conte? - Chi? - Le cinquantine: sbucano ora dal bosco e avanzano a catena. Gli spagnuoli vi considerano persone pericolosissime, perché vi fanno l'onore di mandarvi dietro due colonne. - Potevano risparmiarsi quest'onore - brontolò Mendoza. - Io non lo desideravo affatto. Il conte si era alzato sul ramo che gli stava sotto e guardava attentamente nella direzione che il bucaniere gli indicava. L'albero che serviva loro d'asilo si trovava a poche decine di metri dal margine del bosco, sicché essendo la notte abbastanza chiara, i filibustieri potevano scorgere benissimo le persone che fossero avanzate nella vicina pianura terminante verso gli stagni e le paludi. Il conte, che era molto alto, potè vedere le due cinquantine camminare cautamente fra le alte erbe, con le alabarde in resta e con una mezza dozzina di altri cagnacci dinanzi. - Che ci circondino? - chiese al bucaniere. Il bucaniere non rispose. Seguiva con gli sguardi la manovra un po' complicata che eseguivano in quel momento le due colonne. A un tratto gli sfuggí un'imprecazione. - Circondano e battono le macchie - disse facendo un gesto di collera. - Sgombriamo di qui prima che giungano, o saremo persi. Stavano per lasciarsi scivolare giú dai rami, quando dei latrati furiosi si fecero udire a breve distanza, poi la torma dei doz, che poco prima si era allontanata, si scagliò intorno alla pianta, spiccando salti indiavolati. - Ah, maledetti! - gridò Buttafuoco. - Sono riusciti a scoprirci. Signori, preparatevi a vender cara la vita e soprattutto mirate attentamente, prima di consumare una carica di polvere. L'avanguardia accorreva, aizzando con altissime grida la feroce muta, credendo forse che quelli che cercava si fossero nascosti in mezzo ai cespugli, invece che fra i rami del gigantesco albero. - Ay hiyiito! - urlavano. - Ay perritos! - Che uno solo di voi si occupi dei cinque che guidano i cani! - disse il bucaniere. - Gli altri facciano fuoco con me sulle cinquantine. - Me ne incarico io! - disse il guascone. - Fra mezzo minuto i cinque soldati saranno a terra. - Bum! - mormorò Mendoza. - Quante guasconate! Le due cinquantine, udendo i latrati dei cani, si erano prontamente raccolte, credendo forse di dover subire un improvviso attacco, poi erano tornate ad allargarsi, accostandosi con precauzione alla macchia, con l'evidente intenzione di accerchiarla. Uno colpo di fuoco fu il principio delle ostilità. Il guascone aveva scaricato il suo archibugio contro i cinque uomini dell'avanguardia, i quali avevano commesso l'imprudenza di mostrarsi e la palla non era andata perduta. I superstiti erano subito fuggiti, non potendo impegnare una lotta con le loro alabarde e con le spade, buone solamente in un combattimento a corpo a corpo. - Benone! - disse il bucaniere, vedendo un soldato a terra. L'avanguardia è per ora fuori combattimento e si guarderà dal tentare qualche cosa. Occupiamoci ora delle cinquantine e non lasciamo loro il tempo di accerchiarci. - E i cani? - chiese Mendoza. - Lasciateli urlare: piú tardi penseremo a disfarcene. Si mise a cavalcioni del ramo, appoggiando le spalle contro il tronco della pianta e sparò un colpo. Un grido lo avvertí che la sua palla, come sempre, era giunta a destinazione. Il corsaro e Mendoza a loro volta fecero fuoco. Le cinquantine arrestarono subito il loro movimento aggirante e si gettarono in mezzo alle altissime erbe, cercando di rendersi invisibili. - Che cosa vorranno ora tentare? - si chiese il signor di Ventimiglia con inquietudine. - Cercheranno di raggiungerci strisciando - rispose il bucaniere, il quale invece appariva perfettamente tranquillo. - Bah, finché avremo polvere e palle, saremo sempre noi i padroni della situazione. Gran bella idea hanno avuto i governatori di sostituire con le alabarde gli archibugi! Hanno fatto meravigliosamente il nostro gioco. Siete pronti? - Sí - rispose il conte. - Mirate fra le erbe, specialmente là dove si agitano. Se noi spareremo bene, i nemici se ne andranno e non oseranno assalirci. I tre uomini ricominciarono a sparare, mentre il guascone, non sapendo che cosa fare, se la prendeva coi cani, facendo piovere addosso a loro una tempesta di rami secchi, ma non osando consumare le munizioni diventate troppo preziose in quel momento. E come lavorava il bravo soldato! Sicuro di non correre il pericolo di prendersi un colpo d'archibugio dalle due cinquantine, fracassava legna e la scaraventava addosso alle bestie, facendole urlare di dolore. Buttafuoco, il conte e Mendoza intanto continuavano a sparare a lunghi intervalli, facendo di tratto in tratto retrocedere le cinquantine. Di quando in quando un grido echeggiava fra le erbe, annunciando che qualche uomo era stato colpito. Era soprattutto il bucaniere che faceva dei colpi meravigliosi. Prima di far fuoco cambiava piú di dieci volte posizione, abbassava e rialzava il pesante archibugio e, quando sparava, la detonazione era seguita quasi sempre da un urlo o da una bestemmia. Se non uccideva, di certo feriva o storpiava. - Che uomini! - mormorava Mendoza, il quale pareva che fosse altamente stupito di quei tiri. - Si vantavano i filibustieri, ma questi bucanieri sono inarrivabili! Ora comprendo perché sono riusciti ad espugnare Vera-Cruz e anche Panama, sotto la guida di quel diavolo di Morgan! Gli spagnuoli peraltro, degni discendenti di quei formidabili conquistatori che con un pugno d'uomini avevano rovesciato i due piú potenti imperi dell'America, quello dei Messicani e quello dei Peruviani, quantunque sprovvisti di ogni arma da fuoco, si mantenevano coraggiosamente sul posto, esponendosi audacemente al tiro del bucaniere e dei suoi compagni, convinti di poter facilmente aver ragione di quel piccolo gruppo di avversari. Strisciavano fra le erbe, ansiosi di venire ad un corpo a corpo e di giungere sotto l'albero. Quella tenacia parve sconcertare Buttafuoco. - Devono avere qualche progetto - disse il bucaniere al conte. - Quale? - chiese il signor di Ventimiglia. - Io non riesco a indovinarlo; ma non sono affatto tranquillo. - Che contino sui cani? Buttafuoco scosse la testa. - Forse piú tardi - disse poi. - Li vedete? - Io no. - E voi, Mendoza? - Non vedo altro che delle erbe che continuano a muoversi rispose il marinaio. - Ed io, che ho gli occhi d'un vero guascone, scorgo qualche altra cosa - disse don Barrejo, il quale era salito molto in alto, con la speranza di fare un buon colpo contro l'avanguardia. - Dite. - Fanno dei fasci. - Di legna? - Sí. - Se riescono a giungere qui, ci bruceranno o per lo meno ci arrostiranno un po'. Manovra vecchia che non sempre è riuscita completamente. Signori, avete tutti le spade? - E che tagliano come rasoi - disse Mendoza. - Io non vorrei provarle sul mio collo, ve lo giuro. - Che cosa volete fare delle nostre spade, Buttafuoco? - chiese il signor di Ventimiglia. - Tagliare le alabarde? Avrebbero un cattivo giuoco. - No; ma usarle contro quei dannati cani - rispose il bucaniere. - Se è per questo, non v'inquietate. - Me ne incarico io - disse il guascone. - Sempre spaccone! - brontolò Mendoza. - Questi uomini sono davvero incorreggibili. - Continuate il fuoco - disse il bucaniere. - Anche voi, soldato. L'avanguardia non pare che abbia voglia di punzecchiarci le gambe con le sue alabarde. - Già, non arriverebbero fino alle mie - rispose il guascone. - Ci vorrebbe una scala. Ora butto giú un uomo ogni mezzo minuto! I quattro uomini ricominciarono a sparare fra le erbe, con crescente rabbia. Il bucaniere, il quale misurava bene i suoi colpi, faceva dei tiri meravigliosi, tuttavia gli spagnuoli non cessavano di guadagnare terreno, malgrado le enormi perdite che subivano. Degli uomini certo cadevano di quando in quando morti o feriti, pure essi s'avvicinavano con un'ostinazione ammirabile alla macchia scivolando fra le alte erbe. Che cosa volevano tentare? Se avessero avuto qualche archibugio si sarebbero certamente sbarazzati, con poche scariche, di quel piccolo gruppo di nemici. Probabilmente volevano tentare un disperato assalto all'arma bianca. Buttafuoco s'infuriava, bestemmiando e sparando senza tregua. - Che non riesca questa volta a farli scappare? - brontolava. Che uomini abbiamo dunque noi dinanzi? Sono fusi con acciaio temprato nelle acque del Guadalquivir? Invano le palle fischiavano o miagolavano sopra le erbe ed invano i quattro assediati sparavano con rabbia crescente. Le due cinquantine, risolute a por fine a quel combattimento che costava loro molte perdite, non cessavano di avanzarsi e di circondare la macchia. - Ebbene, Buttafuoco? - chiese il signor di Ventimiglia ad un certo momento. - Come va questa faccenda? - Che cosa volete che vi dica, signor conte? - rispose il bucaniere. - Io sono meravigliato. In vita mia non ho mai veduto degli uomini cosí coraggiosi. Queste due cinquantine sono stupefacenti! Al loro posto io sarei già scappato! - Purché non facciano invece stupire noi, - disse Mendoza. - È quello che attendo, - rispose il bucaniere, - anzi che temo. Questa ostinazione mi dà molto a pensare. - Che cosa temete, Buttafuoco? - chiese il signor di Ventimiglia. - Non lo so e non sono affatto tranquillo. - Per tutti i pescicani del mar di Biscaglia! _ esclamò il guascone. - Qui l'affare sembra che cominci ad imbrogliarsi! - Voi che siete un guascone dovreste sbrogliarlo subito, - disse Mendoza. - Ci sono i cani sotto di noi. - Pei guasconi valgono meno dei lupi. - Tacete e fate fuoco invece, - disse il bucaniere. - Non è colle chiacchiere che si guadagnano le battaglie. - Toh! La chiama una battaglia! - brontolò Mendoza. - Io la chiamerei una misera scaramuccia! Quattro colpi d'archibugio rimbombarono uno dietro l'altro, facendo scappare una mezza dozzina di spagnuoli; gli altri però non lasciarono le erbe e continuarono a spingersi audacemente attraverso la foresta, sul cui margine erano ormai giunti. - Morte dell'inferno, - disse Buttafuoco, gettando via il cappello. - Ora non li fermeremo piú. - Gli spagnuoli? - Se si gettano fra i cespugli, nessun occhio potrà scovarli e nessuna palla potrà raggiungerli. Che cosa vorranno fare? Arrostirci? Si era voltato verso il guascone, il quale era disceso su uno dei rami piú bassi. - Signor soldato, - gli disse - volete prendervi la briga ora di distruggere la muta che urla sotto i nostri piedi? Dovete aver ancora una sessantina di colpi da sparare. - Io spero di averne anche di piú - rispose il guascone, il quale conservava un sangue freddo ammirabile. - Giacché l'avanguardia vi lascia inoperoso, massacratemi quei dannati mastini. - Preferirei uccidere degli uomini, - rispose Barrejo. - Ma quelli sono meno pericolosi! Vi affido un incarico piú difficile. - Un posto d'onore, - brontolò Mendoza, ridendo. - Sia pure - disse il guascone. - Se quei cani valgono gli uomini, m'incarico io di fare di loro una gigantesca frittata. Armò l'archibugio che aveva già caricato e con un colpo ben aggiustato abbatté il cane piú grosso, spaccandogli la testa. - E uno! - disse. - Quello non mangerà piú i miei polpacci. Mentre il guascone si arrabattava contro i mastini che latravano a piena gola intorno all'albero, impazienti di piantare i loro formidabili denti nelle carni dei fuggiaschi, Buttafuoco, il conte e Mendoza non cessavano di sparare qualche colpo a casaccio contro le cinquantine ormai scomparse nel bosco. Gli eroici soldati della vecchia Spagna, per nulla atterriti da quelle incessanti archibugiate che mettevano a dura prova il loro coraggio, non cessavano di avanzare, risoluti a raggiungere l'enorme albero de l cotone e a venire ad un corpo a corpo, sicuri, dato il loro numero, di aver facilmente ragione dei loro nemici. Avevano però da fare con uomini ben risoluti a vendere cara la pelle. Mentre il guascone continuava a fucilare i cani, Buttafuoco aveva impegnato una rapida conversazione col conte, interrotta di frequente dalle archibugiate di Mendoza. - È necessario sloggiare e salvarci fra le paludi - aveva detto il bucaniere. - Potremo spezzare il cerchio di ferro che sta per serrarsi intorno a noi? - aveva chiesto il signor di Ventimiglia. - Con una scarica improvvisa di archibugi ci apriremo una breccia sufficiente per passare. - E dopo? - Ci rifugeremo in mezzo ai pantani. - Mi hanno detto che queste paludi hanno dei banchi di sabbie mobili. - Li conosco. - E i cani? - Il vostro compagno sta fucilandoli con rara maestria. Ancora qualche minuto e non vi sarà piú un mastino sotto di noi ... Ah, ecco quello che temevo! Un bagliore sinistro era balenato a breve distanza dall'albero, poi un fastello di legna veniva scaraventato contro il tronco del bombax, facendo scappare i cinque o sei cani sfuggiti ai colpi del guascone. Un fumo denso, soffocante, che provocò agli assediati una tosse violentissima e che fece lagrimare istantaneamente i loro occhi, si alzò subito. - Del pimento! - gridò Buttafuoco. - A terra, amici, o non potremo piú resistere! Lasciate gli archibugi e preparatevi a lavorare con le spade. Giú! Un secondo fascio di legna, pure acceso, era stato scagliato. Anche quello era formato di rami di pepe rosso di Cajenna che sprigionavano un fumo infernale. - Sono carichi gli archibugi? - chiese Buttafuoco, il quale stava per spiccare il salto. - Sí! - Giú! e mano alle spade! I quattro uomini si lasciarono cadere. Un mastino si precipitò sul bucaniere, tentando di saltargli alla gola e di strangolarlo, ma il cacciatore, che si aspettava quell'assalto, balzò indietro con agilità prodigiosa afferrando il fucile per la canna e gli fracassò il cranio con un terribile colpo di calcio. Anche altri due, che si erano scagliati contro il conte e contro il guascone, non ebbero miglior fortuna. Due fulminei colpi di spada li fecero cadere l'uno sull'altro, con le gole squarciate. - Fuoco sulle cinquantine! - tuonò allora il bucaniere. Gli spagnuoli accorrevano con le alabarde in resta, urlando a piena gola: - Arrendetevi! Siete presi! Quattro colpi d'archibugio furono la risposta; poi il bucaniere ed i suoi compagni, approfittando della confusione manifestatasi fra gli assalitori per quell'improvvisa scarica, si slanciarono a corsa disperata verso il margine della foresta per guadagnare le paludi. Il guascone, che aveva le gambe piú lunghe degli altri e che era tutto nervi e muscoli, aveva la velocità d'un proiettile: chi si trovava forse un po' male era Mendoza; tuttavia non rimaneva indietro di molto. Gli spagnuoli si erano slanciati a loro volta, urlando ferocemente e aizzando i due ultimi cani che erano loro rimasti. Pareva però che le povere bestie, impressionate probabilmente dalla strage fatta dei loro compagni, non avessero molto desiderio di far la conoscenza con gli archibugi e con le spade di quei formidabili avversari, poiché non osavano spingersi troppo innanzi. In meno di cinque minuti i fuggiaschi attraversarono la piccola pianura e raggiunsero il margine delle paludi. - Fermatevi! - gridò Buttafuoco. - Vi possono essere dei banchi di sabbie mobili. Fate fronte agli spagnuoli per qualche minuto finché io non trovo il passaggio. Gli assalitori, vedendo i quattro uomini fermarsi e caricare precipitosamente gli archibugi, si arrestarono anch'essi, non osando esporsi al tiro di quei terribili tiratori. Buttafuoco, avendo scorto una lingua di terra coperta in parte di canne e di erbe palustri, si era slanciato risolutamente innanzi per cercare un passaggio che li conducesse in qualche luogo sicuro. Il conte e i suoi due compagni si erano intanto posti al riparo dietro il tronco d'un albero caduto per decrepitezza o abbattuto da qualche fulmine, ed avevano ricominciato a sparare, abbattendo i due ufficiali che guidavano le cinquantine. Gli alabardieri, spaventati dalla precisione terribile di quei tiri, si gettarono nuovamente fra le erbe, non sapendo in quale modo dare l'attacco. In quel momento non ringraziavano di certo i governatori che li avevano privati delle armi da fuoco. Mentre il conte e i suoi compagni mantenevano un fuoco abbastanza vivo, Buttafuoco continuava a perlustrare la palude che pareva di una estensione immensa. La sua paura era d'incontrare quelle terribili sabbie mobili che quando afferrano una preda, sia uomo o animale, non la restituiscono piú. Aveva spezzato una canna e si avanzava nell'acqua tastando il fondo. Ad un tratto il conte lo vide ritornare correndo, col volto giulivo. - Dunque? - chiese il signor di Ventimiglia, sparando un'altra archibugiata là dove vedeva scintillare gli elmetti degli alabardieri. - Ho trovato il passaggio - rispose il bucaniere. - Non sarà forse largo, tuttavia per noi basterà. - E i caimani? - Non preoccupatevi di quelle stupide bestiacce. Non ci daranno molti fastidi. Caricate gli archibugi e seguitemi tutti! Attenti sempre ai cani! Il conte ed i suoi compagni ricaricarono frettolosamente le loro armi, poi si slanciarono dietro al bucaniere, il quale correva lungo la piccola lingua di terra che aveva scoperta. I due cani, vedendoli scappare, avevano ripreso animo, mentre anche gli spagnuoli, comprendendo che i loro nemici stavano per sfuggire al tanto sospirato accerchiamento, si erano alzati agitando furiosamente le alabarde. In meno di mezzo minuto i fuggiaschi raggiunsero l'estremità della lingua di terra. - Fuori le spade e risparmiate la polvere! - gridò Buttafuoco. I due cani stavano per raggiungerli, aizzati dalle grida dei loro padroni. Il conte, che conservava un ammirevole sangue freddo, cacciò la sua spada fra le fauci spalancate del primo doz, immergendola fino a mezzo corpo, mentre Mendoza ed il guascone attaccavano coraggiosamente il secondo. Due guaiti avvertirono Buttafuoco che anche i due pericolosi avversari avevano avuto il loro conto. - In acqua, signori, - disse - e badate di seguirmi attentamente, perché ai vostri fianchi si trovano le sabbie mobili e chi vi cade dentro non ne esce piú. Se gli spagnuoli ci seguono, sparate uno per volta qualche colpo di archibugio. Ai caimani ci penso io. Erano entrati tutti nell'acqua fangosa della savana, immergendosi fino alla cintola, senza preoccuparsi gran che degli spagnuoli, i quali si erano slanciati animosamente sulla lingua di terra, con la speranza di poterli acciuffare o di vederli scomparire fra le sabbie traditrici. Buttafuoco tastava sempre il fondo con la sua canna e cercava di affrettare il passo, quantunque incespicasse ogni momento, essendovi sott'acqua delle erbe non meno perfide delle sabbie. Avevano cosí percorso circa cinquecento passi, quando videro alzarsi a breve distanza un isolotto coperto da una folta vegetazione e che pareva avesse un'estensione considerevole. - Ecco uno splendido rifugio! - disse Buttafuoco. - Se il fondo continua a mantenersi buono, sotto quelle piante potremo sfidare non due, ma anche dieci cinquantine. Mi pare già che gli spagnuoli non abbiano, almeno per il momento, alcuna intenzione di cacciarsi in acqua. Diavolo! Le sabbie mobili fanno troppa paura a tutti! Tastando sempre il terreno ed avanzando con grande precauzione, il bucaniere raggiunse l'isolotto e salí sulla riva, aggrappandosi a certe erbacce dure e coriacee, chiamate olgochloa e che sono cosí cattive che perfino le capre le rifiutano. Una massa di passiflore rampicanti si parò dinanzi al bucaniere. Sono piante che crescono molto rapidamente formando dei bellissimi festoni e che producono dei fiori purpurei con pistilli e stami bianchi con martello, chiodi, il ferro della lancia e tutti gl'istrumenti della Passione, che poi si tramutano in frutta gialle, ovoidali, grosse come poponcelli, assai apprezzate dagli abitanti, specialmente se cucinate con vino e molto zucchero. - Questo deve essere un piccolo paradiso! - mormorò Buttafuoco. - Probabilmente gli spagnuoli ci assedieranno ora, ma io credo che non riusciranno ad affamarci, come forse sperano. Conosco la ricchezza di questi isolotti. - Siamo giunti finalmente a casa? - chiese Mendoza. - Parrebbe - rispose Buttafuoco. - Che i nostri creditori vengano a romperci le tasche anche qui? - Mi sembra che abbiano rinunciato, per oggi o meglio per questa notte, ad importunarci. - Sono gente educata, - disse il guascone. - Se avessero però potuto mettervi le mani addosso, non so, mio caro signor soldato, se avreste ancora tanto spirito, - rispose il bucaniere, ridendo. - E lo dite a me? Oh li conosco io, quei signorini. Diavolo! Ci tengono poco a scherzare coi bucanieri. - E nemmeno i bucanieri con loro, - ribatté Buttafuoco. Noi siamo ancora in quattro e dubito molto che essi siano ancora in cento. Signor conte, volete dormire qualche ora? Pel momento nessun pericolo ci minaccia. - La gente di mare è abituata alle lunghe veglie e non sento affatto il desiderio di riposarmi, - rispose il signor di Ventimiglia. - Io preferirei una buona cena, - disse Mendoza. - La lingua di bufalo e anche l'arrosto di maiale non so piú dove si trovino. Probabilmente si sono affondati nei miei talloni, dopo tante corse furiose. - Io credo di averli sulle punte dei piedi, - disse il guascone con comica gravità. - Io non ho meno fame di voi, - disse il bucaniere. - Però sarete costretti, al pari di me, ad aspettare l'alba. Non posso già prendere degli uccelli di notte e qui noi non troveremo altro che uccelli. - E sarà già molto, - disse il conte, sorridendo. - Le paludi di San Domingo sono di solito molto frequentate dai pennuti, signore, ed una buona colazione non ci mancherà, purché gli spagnuoli ci lascino tranquilli. - Credete che tentino un nuovo attacco? - Ora che non hanno piú i cani, i quali costituiscono la vera forza delle cinquantine, non oseranno forse assalirci. È probabile però che mandino degli uomini a cercare dei rinforzi per assediarci. Di ciò però mi preoccupo ben poco. - E se circondassero la savana? - chiese il signor di Ventimiglia. - Eh! Ci vorrebbero almeno cento cinquantine ed il governatore di San Domingo non ne troverà mai tante. Se io ho un passaggio, non dispero di trovarne un altro e, prima che i rinforzi giungano, noi saremo a S. José, nella fattoria della marchesa. Là non correremo alcun pericolo, essendo io molto conosciuto dall'intendente. - Quest'uomo è veramente meraviglioso, - disse Mendoza. - Decisamente i filibustieri hanno una fortuna straordinaria. È bensí vero che gli spagnuoli ci credono figli o nipoti o pronipoti di compare Belzebú! È già qualche cosa anche questo. Il bucaniere ed il conte si erano coricati sotto una passiflora, sorvegliando attentamente le mosse degli spagnuoli, mosse assolutamente inoffensive, poiché non avevano osato abbandonare la penisoletta che s'avanzava nella savana. Sorvegliavano anche le acque, soprattutto quelle ingombre di erbe, per paura che qualche caimano tentasse di giungere di soppiatto fino all'isolotto per fare qualche buon colpo. Quelle brutte bestiacce non dovevano mancare in quella palude, però non si mostrarono. Probabilmente non si erano ancora accorte della presenza di quel gruppo d'uomini. Quando le tenebre cominciarono ad alzarsi, il bucaniere ed il conte, dopo essersi assicurati che gli spagnuoli erano sempre fermi sulla penisoletta, fecero una rapida escursione attraverso all'isolotto, onde cercare un passaggio che permettesse loro di sfuggire alla sorveglianza dei loro avversarii. Quel pezzo di terra era ingombro di ponted eire, bellissimi cespi di foglie d'un verde lucente e di fiori azzurri e di aristolochie dalle foglie ovali, i fiori lividi in forma di sifoni, col tronco grosso come una botte e radici gigantesche le quali s'alzavano fuori dalla terra come serpenti smisurati. Non mancavano però le piante d'alto fusto. Qua e là s'ergevano, a gruppi, delle quercie, delle magnolie acuminate cariche di certe frutta somiglianti ai cetriuoli, d'un bel rosso lucente, e che si adoperano con successo per guarire le febbri intermittenti, e anche dei noci neri, di dimensioni gigantesche e molto frondosi. Numerosi volatili fuggivano dinanzi al corsaro ed al bucaniere. Erano corvi di mare, piú grossi dei galli, ferocissimi perché osano assalire perfino le persone ferite impotenti a difendersi; fenicotteri, tantali verdi, ibis bianche e botauri, bellissimi volatili alti quasi due piedi, colle penne brune rigate, il ventre grigiastro, il becco acutissimo e gli occhi gialli e molto delicati. - Occupiamoci prima del passaggio, - disse il bucaniere al conte, il quale si preparava a sparare qualche colpo onde procurarsi una buona colazione. - Avremo tempo per massacrare questi volatili, i quali non mi sembrano molto spaventati per la nostra presenza. - Sperate di trovarlo? - Eh! ... Le savane di quest'ísola sono molto difficili ad attraversarsi in causa delle sabbie mobili che costituiscono il fondo. Ma io non dispero di trovare qualche costa che ci permetterà di farla agli spagnuoli. Voi siete sicuro che la vostra nave vi aspetta sempre al capo Tiburon? - Non scioglierà le vele senza mio ordine, - rispose il conte. - Allora possiamo andare alla fattoria della marchesa. Senza il suo appoggio sarà un po' difficile che voi possiate lasciare San Domingo. A quest'ora tutte le cinquantine saranno in movimento per catturarvi. I tre famosi corsari non sono stati dimenticati e gli spagnuoli devono essere molto spaventati nell'apprendere che ve n'era un quarto che batte ancora le acque del gran golfo e che non si sa che cosa voglia fare. - Forse è questo che farà venir loro la febbre, - disse il conte. - Che cosa io sia venuto a fare qui tutti lo ignorano. Certamente io non ho varcato l'Atlantico per continuare le gesta di mio padre e dei miei zii. Il bucaniere si era voltato vivamente, guardando fisso il figlio del Corsaro Rosso. - Delle vendette? - chiese. - Quelle verranno piú tardi, - rispose il signor di Ventimiglia, con voce grave. - Ho prima altro da fare. Si era fermato, guardando a sua volta fisso fisso il bucaniere. - Siete stato nel Darien, voi? - gli disse ad un tratto. - Sí; con Wan Horn, - rispose Buttafuoco. - Conoscete dunque quel paese? - Abbastanza bene: si trattava allora di attraversarlo con l'aiuto di un grande cacico, nemico terribile degli spagnuoli, per andare ad assalire Granata. - Come si chiamava quel grande cacico? - Hara. - Aveva delle figlie, non è vero? - Sí, signor conte. - Date spose a dei famosi filibustieri? - Questo lo ignoro - rispose Buttafuoco. - È lui. - Chi? Il conte, invece di rispondere, si mise a guardare la savana che si estendeva dinanzi a lui a perdita d'occhio, interrotta qua e là da isolotti e da altifondi coperti da una vegetazione superba. - Saremo costretti ad attraversarla? - chiese dopo un lungo silenzio. - Sí, signor conte - rispose Buttafuoco. - Non possiamo tornare indietro: perderemmo la vita, poiché sono certo che gli spagnuoli hanno mandato dei corrieri per aver degli aiuti e le cinquantine che giungeranno non saranno solamente armate di alabarde. - Quando partiremo? - Questa sera stessa, perché i nostri nemici non s'accorgano della direzione che prenderemo. - È lontana la fattoria della marchesa? - È piú vicina di quello che supponete - rispose Buttafuoco. Con una rapida marcia vi potremo giungere in cinque o sei ore. - Cerchiamo la colazione, allora. - Un momento, signor conte; è la costa che mi occorre trovare. Se non riesco a scoprirla, non potremo allontanarci dall'isolotto. Spezzò una canna, armò l'archibugio per essere piú pronto a far fuoco sui caimani e avanzò nell'acqua tastando il fondo. Aveva percorso una quindicina di passi, quando il conte lo vide ritornare. - Abbiamo una fortuna meravigliosa, - disse - il fondo è ottimo e non vi sono sabbie. Signori spagnuoli, ci aspetterete un bel po' e quando vi metterete in marcia non troverete che dei caimani ... Signor conte, guadagniamoci ora la colazione. Non sarà una faccenda lunga. Getteremo giú una mezza dozzina di scoiattoli e ci procureremo un arrosto squisito. Rifecero il cammino percorso, costeggiando specialmente i noci neri, ed aprirono quasi subito il fuoco. Fra gli enormi rami delle grosse piante saltavano disperatamente o meglio volavano dei graziosi animaletti, un po' piú grossi dei topi, col pelame grigio perla sopra e bianco argenteo sotto, con gli orecchi piccoli e neri, il muso roseo ed una splendida coda che pareva una magnifica piuma di struzzo. Erano degli scoiattoli volanti i quali, spaventati dalla presenza di quei due sconosciuti, cercavano di mettersi in salvo, come se avessero già indovinate le malevole intenzioni del bucaniere. Quantunque rassomiglino un po' a quelli che si trovano nelle foreste d'Europa, ne differiscono per una membrana pelosa che unisce le gambe posteriori a quelle anteriori, permettendo loro di spiccare delle vere volate che si prolungano talvolta perfino di cinquanta e più passi. Avevano però da fare con un tiratore meraviglioso; cosicché, in meno di cinque minuti, sette od otto di quei graziosi roditori, mitragliati dal bucaniere, caddero al suolo insieme ad un gran numero di noci che potevano servire benissimo come ottima frutta. Mendoza ed il guascone, che già s'immaginavano di avere una buona colazione con un cacciatore cosí famoso, avevano nel frattempo acceso un allegro fuoco e raccolte delle erbe aromatiche per rendere l'arrosto piú gustoso. I quattro uomini scuoiarono in pochi istanti le bestiole, le infilarono nella bacchetta di ferro d'uno degli archibugi e le misero sopra i carboni, girando quello spiedo primitivo su due forchettoni di legno piantati nel suolo. Mendoza si era improvvisato cuoco, dopo che il guascone gli aveva solennemente dichiarato di saper divorare anche sei beccaccini l'uno dietro l'altro, ma di non saperseli cucinare. Il buon marinaio non aveva né protestato, né brontolato; anzi, aveva guardato con ammirazione quel formidabile mangiatore, chiedendogli solamente per quale motivo i guasconi, pur essendo divoratori, non ingrassavano. Non occorre dire che la domanda era rimasta senza risposta, perché anche don Barrejo non avrebbe saputo dare su quello strano caso nessuna spiegazione plausibile. Il fatto sta che gli scoiattoli scomparvero tutti e la maggior parte passò nel ventre del guascone. Finita la colazione, i quattro uomini si occuparono subito degli spagnuoli, temendo sempre un improvviso colpo di mano. Quelli invece pareva che per il momento non si occupassero affatto di loro. Avevano acceso dei fuochi all'estremità della penisoletta e divoravano la loro colazione tranquillamente, composta forse di testuggini, poiché quei preziosi rettili abbondano intorno alle savane sandominghesi.. - Attendono dei rinforzi - disse Buttafuoco al conte. - Se noi non ci affrettiamo a scappare, circonderanno la palude, e allora sarà bravo chi potrà sfuggire all'accerchiamento. Le cinquantine non si trovano però lí per lí, e possono passare parecchi giorni prima che arrivino. Certo che noi non aspetteremo il momento terribile e fileremo attraverso le acque e anche fra le sabbie mobili. Penserà poi la marchesa a farvi scappare, signor conte. - Sarà la seconda volta - rispose il conte. - A lei tutto è facile - disse Buttafuoco. Aprí una tasca di cuoio che portava al fianco e offrí al conte un grosso sigaro dicendogli: - Potrete con questo ingannare il tempo. È tabacco cubano che ho potuto avere dai filibustieri della Tortue, e non ne troverete del migliore, ve lo assicuro io. Il conte stava per prendere il sigaro, quando un colpo d'archibugio rimbombò e una palla fischiò sopra di loro. Il basco si alzò precipitosamente, afferrando il suo fucile. - Signor conte - disse con la voce un po' alterata - sono giunti dei rinforzi agli spagnuoli e si preparano a prenderci a fucilate. Poi, alzando la voce, disse a Mendoza ed al guascone: - S'impegna battaglia: attenti alle palle!

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