Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Risultati per: abbagliava

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C'era una volta...

218803
Luigi Capuana 2 occorrenze
  • 1910
  • R. Bemporad e figli
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Era così bella, che abbagliava. La Regina, come intese che Serpentina stava per tornare, montò sulle furie: — Se vien lei, partirò io! È la nostra. cattiva sorte! — Ma, saputo che quella recava l'unguento da far sparire le gobbe, le andò incontro col Re e con tutta la corte. Fecero grandi feste, e vissero tutti felici e contenti. E noi citrulli ci nettiamo i denti.

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Dalle fessure si vedeva uno splendore che abbagliava, e di tanto in tanto si sentiva la mamma: — Spera di sole, spera di sole, sarai regina se Dio vuole! — E Tizzoncino che faceva l' uovo: — Se lo dicevano che erano ammattite! - Ogni notte così, fino alla mezzanotte: — Spera di sole, spera di sole, sarai regina se Dio vuole! - La cosa giunse anche ali' orecchio del Re. Il Re montò sulle furie e mandò a chiamare le fornaie. — Vecchia strega, se séguiti, ti faccio buttare in fondo a un carcere, te e il tuo Tizzoncino! — Maestà, non è vero nulla. Le vicine sono bugiarde. - Tizzoncino rideva anche al cospetto del Re. — Ah!... Tu ridi? — E le fece mettere in prigione tutte e due, mamma e figliuola. Ma la notte, dalle fessure dell' uscio il custode vedeva in quella stanzaccia un grande splendore, uno splendore che abbagliava, e, di tanto in tanto, sentiva la vecchia: — Spera di sole, spera di sole, sarai regina se Dio vuole! — E Tizzoncino faceva l' uovo. Le sue risate risonavano per tutta la prigione. Il custode andò dal Re e gli riferì ogni cosa. Il Re montò sulle furie peggio di prima: — La intendono in tal modo? Sian messe nel, carcere criminale, quello sottoterra. - Era una stanzuccia senz' aria, senza luce, coll' umido che si aggrumava in ogni parte; non ci si viveva. Ma la notte, anche nel carcere criminale, ecco uno splendore che abbagliava, e la vecchia: — Spera di sole, spera di sole, sarai regina se Dio vuole! — Il custode tornò dal Re, e gli riferì la cosa. Il Re, questa volta, rimase stupìto. Radunò il Consiglio della Corona; e i consiglieri chi voleva che alle fornaie si tagliasse la testa, chi pensava che fosser matte e bisognasse metterle in libertà. — Infine, che cosa diceva quella donna? Se Dio vuole. O che male e' era? Se Dio avesse voluto, neppure Sua Maestà sarebbe stato buono d' impedirlo. — Gua'! Era proprio così. — Il Re ordinò di scarcerarle. Le fornaie ripresero il loro mestiere. Non avean le pari nel cuocere il pane appuntino, e le vecchie avventore tornarono subito. Perfin la Regina così saliva spesso le scale del palazzo reale, coi piedi scalzi e intrisi di mota. La Regina le domandava: volle infornare il pane da loro; il Tizzoncino Tizzoncino, perchè non ti lavi la faccia? — Maestà, ho la pelle fina e l'acqua me la sciuperebbe. — Tizzoncino, perchè non ti pettini? — Maestà, ho i capelli sottili, e il pettine me li strapperebbe. — Tizzoncino, perchè non ti compri un paio di scarpe? — Maestà, ho i piedini delicati; mi farebbero i calli. — Tizzoncino, perchè la tua mamma ti chiama Spera di Sole? — Sarò regina, se Dio vuole! - La Regina ci si divertiva; e Tizzoncino, andando via colla sua asse sulla testa e le pagnotte e le stiacciate di casa reale, rideva, rideva. Le vicine che la sentivan passare: — Tizzoncino fa l'uovo! - Intanto ogni notte quella storia. Le vicine, dalla curiosità, si rodevano il fegato. E appena vedevano quello splendore che abbagliava e sentivano il ritornello della vecchia, via, tutte dietro l'uscio: non sapevano che inventare. C'era una volta.... 2 — Fornaie, fatemi la gentilezza di prestarmi lo staccio; nel mio c' è uno strappo. — — Tizzoncino apriva l' uscio e porgeva lo staccio. — Come! Siete allo scuro l Mentre picchiavo e' era lume. — Uh! vi sarà parso. - — Fornaie, per cortesia, prestatemi un ago. Mi si son rotti tutti, e debbo finire un lavoro. - Tizzoncino apriva l' uscio e porgeva l' ago. — Come! Siete allo scuro? Mentre picchiavo, c' era lume. — Uh! vi sarà parso. — La cosa era arrivata anche all' orecchio del Reuccio che aveva già sedici anni. Il Reuccio era un gran superbo. Quando incontrava per le scale Tizzoncino, coll' asse sulla testa o colla cesta sulle spalle, si voltava in là per non vederla. Gli facea schifo. E una volta le sputò addosso. Tizzoncino quel giorno tornò a casa piangendo. — Che cosa è stato, figliuola mia? — Il Reuccio mi ha sputato addosso. — Sia fatta la volontà di Dio! Il Reuccio è padrone. — Le vicine gongolavano: — Il Reuccio gli avea sputato addosso; le stava bene a Spera di sole! — Un altro giorno il Reuccio la incontrò sul pianerottolo. Gli parve che Tizzoncino lo avesse un

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