Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbaglia

Numero di risultati: 4 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180439
Barbara Ronchi della Rocca 1 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Alcuni esempi: -ricevere ospiti in ciabatte, apparecchiare con piatti e tovaglie di plastica se non si è all'aperto, mettere in tavola affettati e formaggi ancora avvolti nella carta non e informale, è da cavernicoli; -bastoncini d'incenso e candele profumate possono essere insopportabili se di cattiva qualità (e da poco prezzo); ma anche se sono gradevolissimi non vanno mai in sala da pranzo, perché «uccidono» l'aroma dei cibi; -la romantica luce di candela non permette di vedere ciò che si ha nel piatto, mentre un'illuminazione eccessiva abbaglia, stanca, infastidisce, imbruttisce; -il sottofondo musicale costringe chi conversa ad alzare la voce per farsi sentire. L'ospite intelligente mette in risalto ciò che ha di buono e ciò che sa fare bene, e non quello che non ha o non può permettersi di fare. Pensiamoci bene, prima di fare il passo vistosamente «più lungo della gamba» con caviale e tartufi, preziosi cristalli, tovagliati e argenterie in prestito, camerieri in guanti bianchi reclutati per la serata. Facciamo una riflessione prima di copiare pari pari da una trasmissione tv una «tavola a tema» con fiori, ninnoli, decorazioni, vivande monocolori, musiche, luci ed elementi d'arredo rielaborati. Di solito, quando ci si siede a un tavolo allestito come un set di Masterchef, più che deliziati ci si sente oppressi. Non sono i soldi spesi o gli effetti speciali a fare la buona ospitalità, ma il saper proporre qualcosa che l'ospite non trova di solito a casa propria. Che non deve essere per forza molto raro o costoso. Basta che sia una buona idea: dei commensali interessanti, la pasta fatta in casa come la faceva nostra nonna, vini buonissimi e serviti alla giusta temperatura, un menu variato con piatti semplici ma ben cucinati, il fresco dell'aria condizionata d'estate, il calore del camino d'inverno...

Pagina 80

Il saper vivere

185966
Donna Letizia 1 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
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Il rinfresco verrà servito all'aperto: le tovaglie non saranno bianche (al sole il bianco abbaglia), ma colorate. I centri da tavola saranno composti da piramidi di frutta e verdure disposte artisticamente. Naturalmente, l'abito della sposa sarà in carattere con l'ambiente. Niente rasi o sete brillanti, né strascico ingombrante, ma un vestito semplice e un velo breve. Lo sposo non indosserà il tight, ma un completo di tela di seta o gabardine chiara. Padri e testimoni, saranno vestiti come lui. Se la villa ha una "fattoria", i contadini non saranno dimenticati e alla fine della colazione la sposa e lo sposo distribuiranno i confetti anche a loro.

Pagina 85

La gente per bene

191499
Marchesa Colombi 1 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
  • paraletteratura-galateo
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Sanno perchè il Vesuvio erutta vampe e lava, e perchè la Luna splende d'una luce scialba; ed il sole abbaglia coi suoi raggi; e dove scalda più e dove meno; ed un mondo di cose alle quali, ai miei tempi, non si pensava nemmanco. E non hanno paura a parlar di storia, nè di letteratura, e neppur d'algebra. E se non parlano di politica, è perchè sanno che è cosa uggiosa; l'hanno imparato studiando gli uomini. E, per un vezzo grazioso, tutto femminile, dicono ad ogni tratto : - Voi altri che sapete di politica.... Oh, io di politica non ne capisco nulla c'è ancora il sultano di Turchia?... Ed a San Marino hanno sempre la Repubblica? Ma chi ci crede? Se volessero, con quelle piccole menti intelligenti ed erudite, terrebbero testa agli uomini anche in politica. Fanno bene a non tentarlo, del resto. Ma dov'eravamo? Ah si! All'uscir della scuola. Le signorine con quel po' di coltura, non hanno difficoltà a trovare i lati deboli dell'istruzione delle mamme. Quanta delicatezza ci vuole per non mostrare di trovarli, e per fare che lei stessa, la buona mamma, non si avveda della superiorità intellettuale della figliola! Ho conosciuto una signora allevata in provincia, maritata a sedici anni, e subito divenuta madre di bambini che aveva allattati tutti lei stessa, dal primo all'ottavo. Prima di maritarsi aveva fatte due classi elementari, e poi non ci aveva pensato più. Poco aveva trovato tempo di leggere con quel po' di maternità. Per cui di rado imbroccava, quando voleva fare un discorso, altrimenti che nel dialetto lombardo al quale era avvezza. Un giorno, dopo aver letto non so che cronaca di giornale, disse: - Si fabbrica una casa sul Corso che ha da essere una meraviglia. L'articolo che ne parlava cominciava: È delizia. E di questi granchi ne pescava sovente! Quella sera sua figlia, uscita allora allora di collegio, esclamò ridendo: - Chi sa perchè le mamme, quando non parlano di cose casalinghe, dicono sempre spropositi? Credeva di essere una fanciulla di spirito. Non abbiano mai dello spirito a questo prezzo, mie gentili lettrici: la mamma diceva spropositi, ma le figlie fanno uno sproposito ben più grave mancando di rispetto alla madre ed umiliandola. Se la mamma non sa parlare perfettamente in buona lingua, la figlia deve sempre parlare il dialetto quand'è presente lei, per evitare che sia messa nella necessità di prendere qualche cantonata. E, se ci casca, la figlia deve mutar discorso, affinchè la sua serietà ed il suo rispetto, impediscano di ridere ed impongano il rispetto anche agli altri. Ma per fortuna le signore tanto ignoranti si fanno sempre più rare. Le signore anche attempate, in generale, parlano bene, e suppliscono col buon senso naturale, a quella mancanza di coltura che è una conseguenza del tempo in cui furono educate. Basterà che la figliola eviti di mettere il discorso su argomenti astrusi, li tronchi se altri li ha intavolati, o non vi prenda parte; e la mamma non sarà costretta ad astenersi da una conversazione alla quale prende parte sua figlia o a fare cattiva figura. E badino che, quando dico conversazione, non intendo soltanto le conversazioni con estranei: ma anche quelle del focolare, dove importa più che mai di mantenere il prestigio della mamma presso i fratellini, e di frenare i figli giovinotti sulla via sdrucciola dell'irriverenza, sulla quale si avviano tanto presto ai nostri giorni. Non posso credere che esista nel mondo incivilito una signorina che sieda al suo posto a tavola, prima che siano seduti il babbo e la mamma, e le altre persone vecchie, e signore maritate che fanno parte della famiglia. Ma dato il caso, tutto è possibile a questo mondo, che fra le mie lettrici vi fosse una piccola ostrogota, la quale si trovi una simile macchia sulla coscienza, non lo dica a nessuno per carità; e si sorvegli bene per l'avvenire. In nessuna circostanza, in nessuna età della vita, bisogna lasciar andare il proprio contegno sulle massime volgari ed egoistiche: "In famiglia ci si deve trattare in confidenza. In famiglia non si fanno complimenti." È in famiglia che passiamo la massima parte della nostra vita, ed è là, più che altrove, che bisogna serbare inalterata quella reciprocità di riguardi, quella cortesia squisita di modi, che sono fra le migliori espressioni dell'affetto, e senza di cui non c'è gentilezza d'animo possibile. Ho conosciuto una signorina bella come un amore, (non ne ho mai visti di veri, ma parlo di quelli dipinti), intelligente, onestissima. Ma aveva modi, se non affatto aspri, asciutti. Di rado diceva una parola espansiva; si alzava, si coricava, usciva di casa, rientrava, senza mai gettare le braccia al collo ai suoi genitori, nè dar loro un bacio; colle amiche era fredda, aveva l'aria di diffidarne, di star sempre in guardia. Malgrado la sua bellezza non ispirò mai nessuna simpatia, rimase senza marito, fece il vuoto intorno a sè. Gentilezza continua, inalterata, colla propria famiglia; espansione, cordialità con tutti, sono le doti essenziali d'una signora, la vera base della civiltà; e sopratutto deve saper interessarsi anche delle cose che non la riguardano personalmente, delle occupazioni, delle gioie e dei dolori degli altri.

Pagina 57

Eva Regina

204099
Jolanda (Marchesa Plattis Maiocchi) 1 occorrenze
  • 1912
  • Milano
  • Luigi Perrella
  • paraletteratura-galateo
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È il filo d' Arianna che ci guida attraverso al labirinto della vita. « La pazienza, ci disse uno scrittore, è più difficile del coraggio e più meritoria del sacrificio. »Infatti nel coraggio esiste sempre una parte eroica che abbaglia e trascina coloro stessi che compiono l' atto, e le circostanze che lo accompagnano sono sempre così urgenti da forzare anche la debolezza. Scarsi aiuti invece e più scarsi compensi immediati ha la pazienza, che fu detto essere retaggio dei vili, mentre è privilegio dei fortissimi, mentre fu l'antichissima dote dei filosofi, dei savî, degli inventori, che lasciarono una traccia di luce Anzi non v' è conquista, non v' è vittoria senza la pazienza. La medicina moderna che si limita a secondare la resistenza della natura, ad accrescerla se c'è bisogno, chiede alla pazienza il suo soccorso migliore. Ma spesse volte una donnina forte sa assoggettarsi con coraggio a un rimedio pronto quantunque doloroso, e non trova poi la forza della pazienza. Se i suoi incomodi non cedono subito, se un' indisposizione si rinnova, se una malattia si prolunga, eccola ribellarsi, prendersela col medico e col destino, buttare all'aria tutti i rimedi affermando la loro inefficacia, mentre forse la sua impazienza fu solo la causa di tutto. Certo è penoso per un temperamento attivo il vedersi ridotte quasi all'impotenza per qualche male senza nome e senza carattere, talvolta, o per una convalescenza difficile, o per una di quelle lente malattie che sono la disperazione della scienza; eppure se si pensasse quanta parte ha il morale sul fisico, queste persone s' imporrebbero la calma, la serenità, come la più efficace medicina. Io ho conosciuto più d'una signora, costretta a letto e al riposo per una complicazione di mali durante lunghissimo tempo : un anno, quindici mesi, e che mai, mai perdettero il coraggio della pazienza e del buon umore. Il loro morale era così rialzato da imporre agli altri la fede e la speranza nella guarigione : opponevano l'arguzia alle molestie fisiche, si distraevano interessandosi a mille cose del di fuori, gradivano la compagnia delle amiche e non le affiggevano con geremiadi, ma procuravano di dimenticare ogni sofferenza ed ogni malinconia nella conversazione gaia ed affettuosa. Così riuscivano non solo a temperare il male fisico e le sue conseguenze più fastidiose, ma a fortificare la loro resistenza, affrettando la guarigione.

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