Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abati

Numero di risultati: 1 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Al tempo dei tempi

219472
Emma Perodi 1 occorrenze
  • 1988
  • Salani
  • Firenze
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

gli rideva in faccia, perchè il nome non lo sapeva e abati ce ne erano tanti e tanti. Se ne tornò dunque al mulino con le pive nel sacco e prese a perseguitare il piccino che s'era figurato dovesse portare la ricchezza in casa sua, e che invece doveva campare a sue spese, perchè a chi poteva renderlo? A desinare il mugnaio non permise più al bimbo di stare a tavola con lui, la moglie e il loro figlio. Gli faceva mettere un po' di minestra in un tegamino rotto e nero, e lo mandava a mangiare col gatto e col cane per terra, in un cantuccio. A dormire non volle più che stesse in camera con loro; gli fece mettere un po' di paglia in uno stanzino buio, e lì lo teneva, e quando il figlio lo chiamava a baloccarsi con lui, il mugnaio diceva: - Lascialo stare; quello lì non è fatto per baloccarsi; se vuol mangiare un pezzo di pane deve guadagnarselo e deve ripagare a tua madre il latte che gli ha dato e il resto. Quello lì non è tuo fratello! - Così il piccino crebbe, ed appena potè zampettare dovette lavorare dalla mattina alla sera a coltivar la terra, ed ebbe appena da sfamarsi: sempre e poi sempre marito e moglie gli ripetevano: - Ti teniamo per carità; meritavi che ti si fosse abbandonato in un bosco. - Una sera il Principino, poteva avere un dieci anni, chiedeva al figlio del mugnaio un'arancia. - Dammela, fratuzzu, dammela! - Ma tu non sei fratello mio! - rispose l'altro. - Se tu fossi mio fratello te la darei, a te non te la do. Tu sei figlio di un'altra madre. Va' e cercala tua madre in Palermo. La conosci tu? L'hai mai veduta? Che bella madre! Come si cura del figliuolo! - Queste stesse parole il Principino se l'era sentite dire tante volte, ma non ci s'era potuto assuefare e gli facevano sempre una gran pena. Zitto zitto se ne andò a piangere nello stanzino buio e fra le lacrime diceva: - È mai possibile che il mio babbo e la mia mamma non si rammentino di me? Che mi abbiano abbandonato in questo modo per farmi patire tanto? Ma non ha cuore di madre la mia? - Aveva appena terminato di proferire questa domanda, che lo stanzino fu illuminato da un debole chiarore e in mezzo a quel chiarore comparve una donna pallida pallida, scarna scarna e avvolta in un gran lenzuolo bianco. - Che possono fare i morti per i vivi? - disse la donna con un fil di voce. - Io morii quando tu nascesti, figlio mio, e su te non ho potuto vegliare. Tuo padre, il principe di Cattolica, ti affidò a un abate nel quale riponeva piena fiducia. Quel perfido, invece, s'è impossessato del tuo. Va' a Palermò, istruisciti e quando sarai in età, chiedi che giustizia sia fatta. Io pregherò per te! - Mentre il Principino sbalordito dall'apparizione e tutto tremante stava per rivolgerle una domanda, i contorni della figura si dileguarono, il chiarore svanì, ed egli si trovò di nuovo al buio, sulla paglia, ma meno afflitto, meno desolato di prima perchè sapeva che sua madre vegliava su di lui. Glielo aveva detto dove doveva andare, ed egli subito le obbedì. Del resto glielo aveva detto anche il figlio della mugnaia che se ne andasse perché in quella casa era un intruso. Non appena fece giorno il Principino s'alzò dal suo giaciglio di paglia, uscì, e invece d'andare nel campo a lavorare, prese la via che conduceva a Palermo. Era digiuno, non aveva scarpe in piedi, eppure camminava senza sentir la fame nè i sassi della via: camminava pieno di speranza e di letizia. Giunse così a Porta Nuova, sotto il palazzo del Viceré, ma era sfinito e si lasciò cadere in terra. Venne una ronda di guardie e il capo gli dette un calcio, dicendogli: - Alzati, mendicante; qui non sono tollerati gli accattoni! - Si alzò e andò oltre, giù per il Cassaro, fino a Piazza Vigliena. Ma qui era l'ora della passeggiata e le dame passavano nei magnifici cocchi a quattro e sei cavalli, i cavalieri cavalcavano su focosi destrieri con ricche gualdrappe, ed altre guardie scacciarono il Principino, dicendogli: - Va' oltre, pezzente! - E andò oltre, finchè non giunse all'angolo di Via dei Chiavettieri, dove allora non c'erano altro che botteghe di fabbro, e appunto in una di quelle botteghe entrò il Principino, che aveva fame, a disse al padrone: - Mi prenda come garzone; ho voglia di lavorare e sono forte. Domani e nei giorni seguenti mi guadagnerò il pezzo di pane che ora le chiedo per non morir di fame. - Questa domanda d'imprestito e non d'elemosina, il tono con cui era fatta e l'aspetto dignitoso del fanciullo, coperto di pochi stracci, commossero il capo mastro, che subito lo fece ristorare, se lo prese in casa e lo mise a tirare il mantice. Il ragazzo lavorò sempre con zelo; non c'era caso che s'imbrancasse con i monelli di strada; se lo mandava a riportare il lavoro o a comprar qualcosa, tornava subito, non parlava, non chiedeva nulla e si contentava del cibo che era abbondante e buono in confronto di quello che gli dava con tanto mal garbo il mugnaio; e se la moglie del fabbro gli dava qualche oggetto di vestiario, ringraziava con effusione e aggiungeva: - Mia madre, che è in Paradiso, pregherà per lei e per la sua famiglia! - Così di giorno in giorno il garzone si faceva voler più bene e ormai era come uno di casa. Appunto per la confidenza che aveva con lui, il fabbro una volta gli domandò: - Ma insomma, si può saper di chi sei figlio e come si chiamano i tuoi genitori? - Non li ho mai conosciuti. Fui messo a balia da una mugnaia, un abate mi portò al mulino quando avevo pochi mesi, pagò per un po' di tempo il baliatico e poi non si fece più vivo, e allora il mugnaio e la moglie presero a maltrattarmi e a rinfacciarmi il pane che mi davano. Non rammento che maltrattamenti, rimproveri e fatiche, - aggiunse il ragazzo con un sospiro. - Ma non hai proprio nessun indizio de' tuoi genitori? - Il poverino non voleva narrare l'apparizione della madre perchè quel segreto era la sua sola gioia e la

Cerca

Modifica ricerca