Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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IL RACCONTAFIABE - Seguito al "C'era una volta …"

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Capuana, Luigi 1 occorrenze

Il Gessaio scese in istalla, e l'asino subito: - Aah! Aah! Aah! Aah! Aah! - Maestà, dice ... E si fermò. - Di' pure! ambasciatore non porta pena. - Dice: Se il Re mi dà la Reginotta, gli faccio vincere la guerra. - Proprio così? - Proprio così. Il Re rimase perplesso. La Reginotta in isposa a un asino coi guidaleschi e la coda mozza? Poteva mai essere? Quell'asino però non era un asino simile agli altri. - Qui c'è un mistero! - disse il Re. E radunò il Consiglio della Corona. I consiglieri, udita la cosa, si guardarono in viso; non sapevano che consigliare. Soltanto uno ebbe il coraggio di rispondere: - Maestà, io direi sì. Vinciamo, se sarà vero; poi il tempo dà consiglio. Il Gessaio riferì all'asino la risposta del Re; e l'asino: - Aah! Aah! Aah! - Maestà, dice: Prima sposare, poi andare alla guerra. Messo dalla necessità con le spalle al muro, giacché il nemico era quasi alle porte, il Re acconsentì. E l'asino fu sposato alla Reginotta, che gettava dagli occhi due fiumi di lagrime, poverina, e voleva piuttosto morire che essere moglie di quel somaraccio schifoso. - Ora vedrete, Maestà - dice il Gessaio. - Chiamate a raccolta i soldati e fate aprire le porte. Monta su l'asino con la spada sfoderata, e: - Avanti, focoso! Al solo raglio, i nemici furono presi di tale paura che non ci vedevano dagli occhi; fuggivano, lasciandosi scannare come pecore; e l'asino, salta di qua, balza di là, a furia di calci ne ammazzò più di migliaia. - Avanti, focoso!. Soldati, avanti! Insomma fu un massacro, e ci lasciò la vita anche il Re che aveva intimato la guerra. - E l'asino, Gessaio? - Maestà, il povero asino è morto in battaglia. - Tanto meglio! - esclamò la Reginotta, che non le pareva vero. - Fatelo scorticare, e portatemene la pelle. All'ordine del Re, partono gli scorticatori e trovano l'asino in mezzo ai morti, con le gambe all'aria, Cominciarono dallo scorticare le gambe davanti, ed ecco che sotto la pelle compariscono due piedi umani, che muovevano le dita quasi volessero sgranchirli. Scappano atterriti: - Maestà, dentro la pelle di quell'asino c'è un uomo vivo. Non abbiamo il coraggio di scorticarlo. Accorse, il Re, seguito dal Ministri e da tutti i cortigiani; e visto quei piedi di uomo, invece degli scorticatori, fece chiamare i chirurghi di corte perché operassero più delicatamente con l'arte loro. Ma i ferri dei chirurghi non riuscivano a staccare la pelle. - Maestà, - disse il Gessaio - qui ci vuole la mano della Reginotta; e se non fa subito, guai a voi! Il Re che ora, trattandosi di quell'asino, non dubitava più di nulla, senza por tempo in mezzo, mandò a chiamare la Reginotta. - Figliuola mia, scorticalo tu; se no, guai a noi! Aveva ribrezzo e paura; ma sentendo quel: Guai a noi!, la povera Reginotta afferrò con le dita tremanti il lembo di pelle staccato, e nel tenderlo si accorse che si staccava da sé. Allora tirò forte, e fu come se avesse strappato una coperta. Dell'asino non rimaneva più niente, e un bel giovane, riccamente vestito, si rizzava in piedi con tanto di occhi sbalorditi, quasi si destasse da un sonno profondo. - Chi sei? Quegli apre la bocca per parlare; ma invece di parole gli scappa un sonoro: Aah! Aah! Aah! un bel raglio accompagnato da gesti, e dietro, fuori dell'abito, gli s'agitava un moncherino di coda, quello dell'asino morto. Lo condussero a palazzo. Tutti ammiravano il corpo ben conformato e il bellissimo aspetto di quel giovane. Peccato che, in cambio di parlare, ragliasse! - Che si può fare, Gessaio? - Maestà, il bando prometteva: Avrà tant'oro quanto può portarne il cavallo con cui ha fatto la corsa. E io finora non ho avuto niente. - Che c'entri tu con costui? - Il suo destino vuole così. Una Maga lo incantò, mutandolo in asino, per vendicarsi dei parenti di lui che le avevano fatto un'offesa. Venne da me e mi disse: Vuoi comprare quest'asino? Dovresti darmi la moneta d'oro che ti trovi in tasca. Non te ne pentirai; a suo tempo, ti frutterà più del mille per cento. E mi spiegò ogni cosa. Se io non ho il mio oro, non posso rivelare in che modo il Reuccio può riaquistar la parola. E sappiate che costui è proprio di sangue reale. Il Re condusse il Gessaio nella stanza del tesoro. - Serviti con le tue mani; prendine quanto ne vuoi. Il Gessaio si caricò peggio d'un somaro, portò l'oro a casa sua e ritornò a palazzo. - Maestà, ora tocca a voi. Dovete, a forza di braccia, strappargli quel moncherino. Il Re si rimbocca le maniche, afferra con le due mani il moncherino, e tira, e tira, e tira; ma non c'era verso. Sudava, sbuffava, non ne poteva più. - Forza, Maestà! Tira, tira, tira; non c'era verso. - Forza, Maestà! La Reginotta, i Ministri, tutti i cortigiani che stavano attorno, vedendo gli sforzi del Re, si sforzavano anche loro quasi avessero tutti in mano un moncherino di coda; e gridavano: - Forza, Maestà! Il Reuccio, volendo gridare insieme con gli altri: Forza, Maestà! si mise invece a ragliare: - Aah! Aah! Aah! Il moncherino si strappa, e il Re, con esso in mano, batte la schiena per terra. - Grazie, Maestà! Il Reuccio parlava; l'incanto era finito. E Finisce pure la fiaba. A chi non piace, la riporti al ciaba.

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