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Sentenza n. 13120

335037
Cassazione civile, sezione II 5 occorrenze
  • 1997
  • Corte Suprema di Cassazione
  • Roma
  • diritto
  • UNIGE
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A) – La corte distrettuale, sul rilievo che con la contestata clausola della vendita in controversia, le parti hanno subordinato l’insorgenza del diritto dell’alienante a conseguire la contesa porzione di prezzo allo ottenimento da parte della acquirente delle più sopra ricordate autorizzazioni da rilasciarsi da autorità amministrative, ha ricostruito l’intento negoziale sotteso alla pattuizione considerata ritenendo che con questa l’anzidetta alienante abbia promesso alla compratrice che le cennate pp. aa. avrebbero rilasciato le autorizzazioni in discorso, così assumendo un’obbligazione riconducibile nel paradigma della promessa del fatto del terzo prevista dall’artt. 1381 cod. civ., ed accettato di condizionare alla prestazione del fatto promesso l’insorgenza del suo diritto al qui rivendicato corrispettivo.

B) – L’assunto della ricorrente secondo il quale, in contrasto con quanto affermato dalla corte territoriale, la pattuizione contrattuale di cui trattasi avrebbe dovuto essere intesa come contemplante una clausola penale diretta a sanzionare un suo inadempimento, poi, asseritamente, non verificatosi, all’obbligo di attivarsi con la massima diligenza presso le competenti pp. aa. per far ottenere alla controparte alcune autorizzazioni indispensabili per consentirle il pieno godimento dell’immobile comprato si risolve, non nella denuncia di un vizio intrinseco dell’”iter” logico attraverso il quale detta corte è pervenuta alla decisione contestata ma, nella prospettazione della possibilità di attribuire alla pattuizione cennata significato e portata diversi da quelli ritenuti dal giudice del merito, e, perciò, nella deduzione di “quaestio facti”, da avere, in quanto tale, per non utilmente sollevata in sede di legittimità.

La corte distrettuale motivò la pronuncia evidenziando, in buona sostanza, per quanto può interessare nel presente giudizio di legittimità, aver contemplato la più volte citata clausola n. 5 della vendita in controversia una promessa (da parte dell’alienante) del fatto di terzi (pp. aa. competenti in ordine al rilascio del certificato di agibilità e della licenza di esercizio degli ascensori) riconducibile nello schema di cui all’art. 1381 cod. civ., e suscettibile, nel caso di mancata prestazione del fatto del terzo promesso, di dar luogo all’insorgenza a carico della promittente di una obbligazione, non risarcitoria ma, indennitaria, non assoggettabile alla disciplina dettata negli artt. 1382 e ss. cod. civ. con riferimento a quella oggetto della clausola penale, e, in particolare, alla regola della relativa riducibilità di cui all’art. 1384 cod. civ., nella applicabilità di tale regola, contemplata da norma eccezionale, non passabile di estensione analogica, solo ad ipotesi di obbligazioni risarcitorie, rapportabili ad un inadempimento colpevole, e non ad obbligazioni indennitarie, non correlabili, come quella in esame, ad una inadempienza siffatta; doversi escludere, pertanto, la riducibilità dell’indennizzo concordato nella pattuizione negoziale considerata.

., attuale ricorrente, revocando in controversia la vendita di complesso immobiliare di cui in narrativa, da sè stipulata, in veste di alienante, con la “Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti”, compratrice, ha introdotto una domanda intesa ad ottenere il pagamento di una porzione del prezzo convenuto, dell’ammontare di L. 1.000.000.000, in relazione alla quale, con specifica clausola del contratto in argomento (art. 5), era stato pattuito che essa dovesse essere versata nel caso in cui il certificato di agibilità del compendio negoziato e la licenza di esercizio degli ascensori nel medesimo installati fossero stati rilasciati dalle competenti pp. aa. entro il 30 novembre 1985, e che, se ciò non si fosse verificato, l’importo considerato sarebbe stato definitivamente ritenuto dall’acquirente per suffragare la pretesa, ha dedotto essere nullo ed insuscettibile di produrre effetti il patto contemplante, nei termini illustrati, la possibilità per la controparte di “ritenere” la somma in questione, per non essere, a suo dire, ammissibile un “incameramento” di penale per fatto non imputabile al debitore.

La Corte d’appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha disatteso entrambe le pretese considerate: sul rilievo dell’inquadrabilità della pattuizione negoziale nei sensi dianzi illustrati dedotta in discussione nel novero delle promesse della obbligazione o del fatto del terzo (nella specie, delle pp. aa. competenti in ordine al rilascio del certificato e della licenza surrichiamati) previste dall’art. 1381 cod. civ., e nella, consequenzialmente, ravvisata validità della pattuizione medesima, assunta “rientrante nell’ambito del contratto condizionato, disciplinato da una clausola atipica la quale… appare uno strumento pienamente conforme alla legge e vincolante anche per il giudice, essendo diretta manifestazione dell’autonomia contrattuale”, nonché nell’incontestato mancato compimento del fatto promesso entro il termine come sopra convenzionalmente stabilito, ha ritenuto, in primo luogo, non essere sorta la obbligazione della “Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti” di pagare l’importo “ex adverso” rivendicato, ed avere, quindi, detto ente diritto di “incamerare” l’importo medesimo per il titolo indennitario previsto dalla dianzi citata norma codicistica; ha affermato, secondariamente, non ricorrere le condizioni per far luogo a riduzione delle spettanze dell’ente medesimo correlate alla causale in discorso a mente dell’art. 1384 cod. civ., essendo questa norma, di stretta interpretazione, insuscettibile di operare con riguardo ad istituti diversi da quello della vera e propria clausola penale, e cioè della pattuizione recante una pretederminazione convenzionale del risarcimento dovuto alla parte adempiente nel caso di inadempimento o di inesatto adempimento imputabile all’altra.

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