Gli A.A. procedono ad un esame degli articoli della nuova legge in tema di procreazione medicalmente assistita di più diretto interesse medico-legale. Anche attraverso una revisione della imponente letteratura sul tema, si soffermano in particolare sulle conseguenze dell'introduzione di diritti del concepito che, non formalizzati, lasciano vasti spazi di incertezza, passibili di aprire la strada ad azioni risarcitorie per wrongful life, anche per questioni estranee ed indipendenti da tecniche di PMA, sul dovere di informazione, tanto ampio da porre, in concreto, la questione della competenza del singolo medico, sulla questione della revocabilità del consenso della coppia sino al momento della fecondazione dell'ovocita, dopo il quale l'inserimento degli zigoti in utero diviene ineluttabile, sulla indeterminatezza delle motivazioni medico-sanitarie per le quali il medico responsabile della struttura può non procedere alla PMA. Attenzione è poi dedicata ai divieti ed alle sanzioni previste dalla norma ed n cenno infine viene fatto alle questioni bioetiche sollevate, o scotomizzate, dal legislatore.
Gli A.A. sottolineano gli aspetti della legge che maggiormente ineriscono alla deontologia medica e, più in generale, alla medicina legale, approfondendone il rilievo scientifico, culturale, sanitario e sociale, del resto implicito al fatto che secondo stime dell'OMS la percentuale delle coppie sterili, potenzialmente utenti della PMA, oscilla nei paesi avanzati intorno al 15-20%. Si tratta di un testo molto restrittivo e deterrente, dominato da un elenco di divieti assai lungo e puntiglioso. La legge proibisce, ad esempio, la crioconservazione degli embrioni, limitando a tre il numero di embrioni che possono impiantarsi; proibisce la procreazione assistita di tipo eterologo nonché la possibilità di accedere alla tecnologia riproduttiva da parte delle coppie portatrici di malattie genetiche a rischio di trasmissione; proibisce, inoltre, la ricerca scientifica sull'embrione e sulle cellule staminali, una delle risorse più promettenti della ricerca scientifica: un complesso legislativo, quindi, che pone notevoli limiti all'utilizzo delle tecniche di PMA.
Gli A.A. hanno inteso approfondire nella presente rassegna il fenomeno dell'uso illecito dell'ormone della crescita in ambito sportivo. Dopo un richiamo ai principali elementi della fisiologia dell'ormone, e agli attuali impieghi in ambito terapeutico, sono stati presi in esame gli effetti indesiderati e tossici potenzialmente legati alla sua assunzione, i presupposti biologici della sua supposta azione dopante, le modalità di impiego, gli scarsi dati sulla sua diffusione e gli aspetti normativi, con particolare riferimento al recente aggiornamento della normativa della World Anti-Doping Agency e alla legge 376/2000 e relativi decreti. Infine, è stato affrontato il problema assai complesso della rilevabilità del GH nei controlli anti-doping e della diagnosi di abuso di questo ormone.
Gli A.A. sottolineano l'importanza, in tutti i quadri clinici vagamente evocativi di intossicazione da piombo, di una accurata ed attenta anamnesi volta ad analizzare tutte le possibili fonti di esposizione a tale metallo pesante ed, in particolare, l'uso di rimedi curativi della medicina non convenzionale. Il caso segnalato, inoltre, offre lo spunto per una riflessione in merito alle possibili implicazioni di ordine deontologico, ma anche alle ripercussioni in tema di accertamento di eventuali responsabilità professionali.
Data la familiarità della sindrome e la possibilità di attuare profilassi farmacologica dei sintomi, gli A.A. esprimono alcune considerazioni su questioni di responsabilità professionale relative alla mancata diagnosi autoptica.
Accademia della crusca
