DISCORSO TENUTO A BOLOGNA NELLA SALA DELLA SOCIETÀ DEGL’INSEGNANTI IL DÌ 20 APRILE 1890.
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vedendoli lontani, li giudicano stremati di forze; era ingiusto di quella ingiustizia che quasi fatalmente convien che abbiano quei grandi a cui la natura
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Io son qui a parlarvi di un pittore secentista, ossia di uno di quelli intorno ai quali non s’industria in alcun modo l’acuità, per tanti rispetti
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poste sull’ara -come degne di venerazione; bisognerebbe ravvivare e rifecondare molti criteri che adesso non trovano difensori. A tale lavoro
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Guido Reni, come quegli che la fama avea sollevato di più fra tutti i secentisti d’Italia e di cui l'influenza s’era più o meno prolungata quasi a
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ramingato per la Francia, nutrendosi a stento e sempre tendendo verso l’Italia, il suo sogno, il suo delirio, ove intendea studiar molto e divenir
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ne ingelosì: e quando udiva suo cugino dar precetti a Guido, lo rampognava, ammonendolo che presto quel giovane li avrebbe fatti sospirar tutti.
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giorno in giorno diveniamo più incapaci di averne), ma a quelli provati dai nostri padri per le opere in musica ben riuscite.
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Caravaggio. Quel vigoroso lumeggiare, quella saldezza d’impasti, quella quasi brutalità di metodo nel trattar le mestiche, quella sdegnosa contraddizione a
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degradazioni con cui essa si sparge sulle varie cose, non potea perseverare in quegli effetti violenti e a lungo andare stucchevoli, poichè non si
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Madonne di artista antico gli destavano l’emozione ch’ei provava innanzi a quelle di Lippo. L’eredità resta infruttifera anche questa volta; ma, circa un
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spontanei alla mano ogni volta ch’ei dovesse dipingere un viso femminile volto all’insù. Qui a Bologna possono vedersene vari saggi. Uno è nella madre
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pur sincera e profonda. Un esempio di questa specie qui a Bologna si ha in quella perla inestimabile che è la Madonna di S. Bartolomeo, e fino a un
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delle ciocche che lo vezzeggiano con indefinibile mollezza, qualcosa di quell’abbandono fantastico dell’anima a voci intime, che la separano affatto dal
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Il tempo m’incalza, o Signori, ed ormai devo rassegnarmi a far di Guido una trattazione molto incompiuta. I meriti di lui sono molti, ed io non ne ho
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due Crocifissi, uno a Roma nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina, l’altro nella galleria di Modena, i Crocifissi biancheggianti luttuosamente sul cielo
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nei più autorevoli a continuargli la stima; una nube temeraria è passata dinanzi alla divina figura; ma poi si è sciolta alla vampa di tanto sole; e l
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. Che esempi gli offrirono i pittori chiamati a Bologna dalla munificenza dei Bentivoglio, Francesco Cossa dapprima e Lorenzo Costa di poi? Che imparò
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Questi bei fiori erano stati trapiantati a Bologna da Marco Zoppo, che ne avea colto a dovizia nel giardino dello Squarcione. Ma non dee ripetersi il
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La critica storica presente tende a riconoscere in Lorenzo Costa il maestro del Francia. Se la cosa è vera, bisogna ricordare che il Lanzi prima di
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Si è molto ripetuto che il Francia cominciasse a dipingere a quarant’anni, e che la tavola commessagli da Bartolomeo Felicini per la chiesa della
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troviamo a trentasett’anni non solo pittore, ma tanto ammirato pittore da suscitare quest’iperbolica lode.
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Adolfo Venturi pensa giustamente che una della prime opere pittoriche del Francia sia quel piccolo S. Stefano della galleria Borghese a Roma, nella
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presagito la distruzione che, quarantasette anni dopo, sarebbe stata fatta della grande opera a cui egli ponea mano, Sante Bentivoglio, corteggiato da tutte
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coraggio di avventurarsi a più franca maniera. Gli resta forse nulla più che un passo da fare, un passo solo, e non lo fa. Lo trattiene un’invincibile
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sperimentalmente e si concretano i caratteri dello stile che ho accennati in modo sommario; ma ciò mi condurrebbe a discorso sì lungo, che devo astenermene
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sue fossero belle, devote e ben fatte. Per farsi un’idea dell'altezza a cui nelle sue visioni ei sollevava il tipo della donna, non basta fermar
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La vita del Francia, a quanto ci è dato conoscere, fu calma. Nessuna scossa troppo forte ne turbò mai l’andamento; nella quiete domestica egli ebbe
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Fra quella serie di pittori che s’affaticavano a conciliare le pie intenzioni del medioevo coll’ossequio al reale e alla rifiorita bellezza pagana, e
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DISCORSO TENUTO A BOLOGNA NELLA SALA DELLA SOCIETÀ DEGL'INSEGNANTI IL DÌ 27 APRILE 1890.
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A me piace immaginare tra quella turba occhiuta un fanciullo di dieci anni che, grazie alla vivezza infrenabile dell’età e alla piccolezza stessa
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ciò, i giovani ebbero, durante l’ultima fase della vita del Francia, qualche sentore del nuovo svolgimento a cui l’arte era passata a Roma
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parte d’Italia questo grande artista sia stato consultato, imitato, seguito con tanta devozione quanto a Bologna; giacchè, per esser giusti, gli stessi
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I seguaci di Raffaello, rispetto agli altri, videro nel loro campo quella maggior ampiezza e varietà che nel dar vita a soggetti differenti era stata
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, la cui affermazione, essendo fondata sopra le vacchette del Francia ch’ei consultava e di cui fa menzione anche a questo proposito, non può essere
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’invidierebbe. Il celeste messaggero ha nell’aspetto qualcosa di transumano; maestoso ed elegante ad un tempo spira la pace intorno a sè e comanda l
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Il bisogno di affrettarmi m’impedisce d’intrattenermi a ragionare dell’Assunzione in S. Martino, opera pregevolissima, di cui Corrado Ricci fa onore
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Ed ora lasciate, signori, ch’io chiami la vostra immaginazione a contemplare un’altra scena. Quel cumulo di meraviglie ch’era il palazzo Bentivoglio
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Giacomo Francia in tutta la vita non sembra aver avuto altra ambizione che di somigliare a suo padre. Ma non è mai avvenuto che chi parte da un
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pittura bolognese da non lasciar scorgere facilmente a prima occhiata quelle degli altri. Sono il Bagnacavallo e Innocenzo da Imola, ambedue nell
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sarebbe un copiatore), quel concetto, obbligato a concretarsi alquanto differentemente da ciò che l’ha originato, non può dare spesso che consigli vaghi e
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’animo inaccessibile a quel senso d’armonia. Le sue carnagioni sembrano di sostanza dura verniciata in roseo chiaro, senza trasparenza, senza largo
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del coro notturno di S. Michele in Bosco. Fu scoperta pochi anni fa, sotto l'intonaco che la nascondeva. A primo aspetto pare opera di un buon
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tardi, come narra il Vasari, andasse a Firenze alla scuola di Mariotto Albertinelli, le cui influenze, chi ben guarda, si mescolano in Innocenzo alle
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guscio, giacchè non abbiamo memoria ch’egli andasse mai a Padova, a Venezia, a Roma, a Milano, dovè sentirsi pungere nell’animo quell'amara verità per cui
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dire assassinati) quelli della cappella Ramazzotti a S. Michele in Bosco. Un buon frammento di un’Incoronazione è nel cortile di Pilato, in S. Stefano
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’Italia, lasciando opere a Roma, a Napoli, a Rimini, le quali ora difficilmente sarebbero rintracciabili. Pare che fosse valente nel dipingere ritratti
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L’altro di cui mi resta a parlare è Biagio Pupini, detto Biagio dalle Lamme, la cui adesione ai raffaellisti non cancellò la sua provenienza dal
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Quando anche il timore, o Signori, di essere indiscreto, trattenendovi qui troppo lungamente, non mi avesse obbligato a correre rapido nel vasto
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Perchè dunque ora permetto la stampa di questi discorsi? C’è talora intorno a noi qualcosa di energico onde la nostra volontà è menomata od affatto
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