Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il contraddittorio D.r Degasperi-Todeschini a Merano

388027
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Il contraddittorio D.r Degasperi-Todeschini a Merano

Congresso degli Universitari catt. a Mezolombardo

388042
Alcide de Gasperi 1 occorrenze

Congresso degli Universitari catt. a Mezolombardo

Trattato di economia sociale: introduzione all’economia sociale

389779
Toniolo, Giuseppe 44 occorrenze
  • 1906
  • Opera omnia di Giuseppe Toniolo, serie II. Economia e statistica, Città del Vaticano, Comitato Opera omnia di G. Toniolo, voll. I-II 1949
  • Economia
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Nel primo caso (processo deduttivo),posti alcuni principi o verità generali per sé evidenti o ricondotti a rigorosa dimostrazione, si ricavano per discorso logico i veri particolari in quelli contenuti ed a quelli subordinati.

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Rispetto al compito dimostrativo si rammenti che i rapporti sociali sono immediatamente tradotti in atto dalla libertà umana, a seconda che il grado di intelligenza e soprattutto di virtù dei popoli riesce a comprendere in che consista l'ordine,da cui dipende il bene (e l'utile a questo coordinato) ed a volerne efficacemente il rispetto. Ciò posto, si avverta che la dimostrazione di verità,ammessa la possibilità della ignoranza e del pervertimento umano, nel nostro dominio, deve essere duplice:

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La metodologia in genere e quella speciale delle scienze sociali (in cui è coinvolta l'economia), non raggiunse pertanto certa maturità che a tempi a noi vicini. E la sua genesi storica va forse oggi in gran parte riveduta, in grazia di studi storico-critici più corretti e recenti.

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Tutto questo concorre a spiegare, come tale dottrina filosofico-panteista riuscisse a «reincarnarsi» in più successive metamorfosi, anche nel rispetto del metodo pur sempre evoluzionistico. Donde due primi indirizzi metodici negli studi sociali:

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Schmoller (vivente); scuola metodologica, che solo remotamente risentì della logica dialettica di Hegel, e viceversa si avvantaggiò della forte ricostituzione della storia civile e giuridica in Germania per merito di Niebuhr, Dahlmann, Savigny, (prof. a Bonn e Tubinga) e del movimento storico-scientifico cattolico intorno a Görres (prof. a Monaco, m. 1848) e dai suoi continuatori: Böhmert, Leo, Hurter, Gförer, — riuscì a risultati duraturi. Richiamando gli scienziati alla osservazione dei fatti storici d'ogni natura, da quelli economici e giuridici a quelli spirituali, per rinvenire induttivamente le ragioni dello svolgersi della civiltà presso ogni nazione, tale scuola (pur rinunziando alla guida di premesse razionali e a conclusioni di valore universale) ammaestrava a rilevare e definire parecchi aspetti delle leggi seconde della vita civile ed anche della ricchezza;le quali versando sopra fatti contingenti e mutevoli non si possono rinvenire che con processi induttivi.E per tale rispetto rimase altamente benemerita degli studi sociali sulla base della storia; integrando con tali leggi seconde, variabili nel tempo e nello spazio, la formulazione esclusiva delle leggi prime, oggetto delle ricerche dei filosofi della storia (C. e. a quel tempo F. Schlegel) e degli economisti classico-liberali.

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Ma, singolare a dirsi, anche la seconda scuola metodica del materialismo storico (collettivismo evoluzionistico), in più diretta connessione con Hegel, sebbene congiurasse per quasi un secolo alla distruzione di ogni metodo e scienza sociale, lasciò qualche traccia istruttiva; insegnò cioè nella sociologia e nella economia a distinguere induttivamente le leggi normali da quelle anomale, nella costituzione del progresso sociale; tutte le celebri leggi del materialismo storico-economico di Engels, Marx, fino a Loria e a Sombart, non essendo che formule esprimenti la patologia dell' incivilimento.

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E ciò; — mercé gli esempi pressoché costanti e generali lungo il secolo XIX dei grandi fisici ed astronomi, fedeli alle tradizioni metodiche di Galilea e Newton, da Herschel il massimo scopritore e sperimentatore dell'età contemporanea fino a Helmholtz, Laverrier e P. Secchi (vedi Naville); — dalle critiche definitive di filosofi e scienziati che scalzarono dalla radice la ipotesi della evoluzione sotto tutte le forme e in ogni regno della natura, da Quatrefages, a Romanes, a Wasmann (vedi Gruber); — dall'uso di più sani metodi (già prevalso con Dumas, Chevreul, Pasteur nelle scienze fisico-chimiche), trasferiti massimamente per merito di C. Bernard alla fisiologia; — infine dalla moltiplicazione e rinnovamento delle discipline di osservazione (descrittive e investigatrici), che sono il piedistallo e il sussidio delle scienze sociali. Di qui i recenti più complessi ed esatti studi sul metodo nelle discipline preparatorie ed ausiliari di esse, quali l'etnografia (con Peschel, F. Müller, Bastian, ecc.), la filologia (dopo Bopp, Grimm, Oldenberg, Meillet); ma specialmente il rinnovamento dei metodi: della geografia (da A. Humboldt, a Ritter, Ratzel fino a Brunhes), della storia (da Niebhur, a Freeman e Bernheim) e della statistica (da Rümelin, Oettingen, G. von Mayr, Messedaglia, Gabaglio, Benini ecc.). Tutto il sustrato e l'ambiente delle analisi metodologiche si trovò così in sulla fine del secolo decorso e all'alba del XX, profondamente mutato in favore di una novella sociologia, da sostituirsi a quella informe e pervertita dai metodi del positivismo evoluzionistico in ispecie di Spencer e dei francesi.

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La mossa convergente riuscì a due risultati metodici, che poi inclinarono a fondersi.

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. ‒ Corrispondente a questo sfoggio di ricchezze è lo sviluppo (ciò che a noi interessa) di arti economiche; prima e maggiore (a questo sembra) fra i camiti di Egitto e delle spiagge mediterranee e all'estremo opposto in Cina; ma del pari precoce e diffuso in tutta l'antichità orientale.

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Già le caste indiane colle loro discipline riuscirono a perpetuare fino ad oggi certi processi dell'arti. E in Egitto le leggi intervenivano a ripartire fra i grandi proprietari dominanti e i poveri agricoltori (per la coltivazione) i latifondi, a regolare la irrigazione, ed ebbero fama (presso i greci più tardi) di alta sapienza; e Aser-ka-va (il successore dei faraoni delle piramidi) apparisce come un legislatore di rapporti economici; e parlasi di leggi commerciali del re Bochoris, comunque scarsi sieno i documenti a noi pervenuti. Ma in compenso ricerche filologiche, esplorazioni e scavi fortunati stenebrarono oggi le leggende indiane, cinesi, caldee e i misteri nascosti sotto i geroglifici egiziani e la scrittura cuneiforme.

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I quali tuttavia, a gran distanza di tempo, sembrano superati dai persiani, in ispecie dal grande riordinatore (dopo la pace interna del 516 a. Cr.) Dario d'Istaspe. Per lui, amministrazione civile distinta dalla militare, trasformazione delle imposte in danaro, regime della irrigazione e della pesca, sistema stradale e servizi di posta da Susa a tutti i punti dell'impero, riforma monetaria, (forse attinta ai lidi), in pezzi coniati (le dariche),diffusi per tutto oriente: ordinamenti in parte copiati dai romani; ciò che attesta il genio degli arii orientali, già altamente civili, quando vennero a contatto coi confratelli europei.

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Tali nell'ordine cronologico: — quel codice di re Hammurabi babilonese e insieme il Libro de' morti fra gli egizi, i quali risalirebbero ad oltre 2000 anni a. Cr., — i Vedas (la Bibbia degli arii indiani) raccolta durata parecchi secoli, di cui il più antico libro il Rig-Veda appena occupato il Penjab (sec. XVIII a. Cr.) insieme al codice di Manu (sec. EX a. Cr.) ritraggono la cultura indiana prima e dopo la organizzazione braminica; — l' Avesta, libro sacro delle dottrine (monoteistiche) e leggi degli arii zendici o medi-persiani (da 3-2000 anni a. Cr.), riformate (mazdeismo) dal filosofo Zarathustra (Zoroastro) in senso dualistico nel secolo VII a. Cr., con svolgimenti fino al IV secolo d. Cr.; — ritenendo un posto a sé, la Bibbia del popolo ebreo, i cui singoli libri di vario tempo ed autore, raccolti da Esdra, nel sec. v (dopo il ritorno dalla cattività di Babilonia), riconosciuti come divinamente ispirati dalla Sinagoga e poi dalla Chiesa cattolica, rimasero l'antica fonte religiosa di tutta la civiltà cristiana fino ad oggi; — senza dire dei libri canonici (2300 a. Cr.) della Cina raccolti e svolti da Lao-Tze e da K'ung fu-tzu (Confucio) nel sec. VI a. Cr.; e di Sakyamuni o Buddha (sec. VI) in India, colla successiva collezione buddistica del sec. III a. Cr.

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Con procedimento affatto opposto a quello dell'oriente, la religione stessa in Grecia e Roma, conferì a questo spregio della vita economica. Il culto degli antenati nella famiglia, allargatosi a quello degli eroi nelle tribù guerriere, rimasto (fra le obliate religioni primitive) unico vincolo morale fra gli arii occidentali, nelle loro marce battagliere e nei loro primi insediamenti, riesce a due risultati del pari opposti alle idee moderne. In Grecia, sotto le influenze di cielo, di suolo, di spigliatezza personale, di vivacità democratica e di esempi vicini (Asia Minore), si evolve in un politeismo antropomorfico, estetico, sensuale, a lungo andare corruttore delle virtù civili; il quale, caduto nel discredito di quei sagaci ingegni superiori, suscita per reazione una filosofia razionale, teistica, elevatissima, sciolta da ogni nesso di religione positiva, che rimane il faro della più splendida cultura universale dell'antichità; e viceversa in Italia quella religione domestica ed etnica (di razza) seguendo le vicende politiche del popolo romano divenne religione nazionale, a servigio dello Stato, ministra dei suoi grandiosi destini.

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le dottrine della filosofia scozzese (di Hutcheson e Reid) cui apparteneva A. Smith, la quale, intitolandosi scuola del buon senso o del senso comune (riguardato come fonte di verità), identificava la morale coi sentimenti psichici ossia con certe tendenze interiori quasi istintive e comuni a tutti gli individui, sottraendo così lo stesso sentimento dell'utile alla necessità della subordinazione a norme etiche superiori imperanti; — le dottrine del liberalismo politico e scettico di Davide Hume amico di A. Smith; — e lo

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. – Il sistema di Smith infatti coi suoi logici svolgimenti componeva una teoria, la quale si dimostrava più che mai adatta: — ad insinuare profondamente lo spirito di cupidigia materiale,specialmente nelle classi dominanti, abituando a considerare l'uomo come mezzo alla ricchezza e non viceversa, e ciò in danno specialmente delle classi lavoratrici; — a sollevare in una concorrenza sfrenata ed universale i potenti e a deprimere i deboli, incrementando così il capitalismo nelle classi borghesi e diffondendo il salariato nella classe operaia; — a favorire gli interessi cosmopolitici e di ricambio a sacrificare l'autonomia economica delle singole nazioni.

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tende a distruggere l'organismo stesso della società,atteggiandolo a sempre nuove forme, senza norma e limite. Tutte le istituzioni economiche, giusta questa scuola si modificano all'indefinito, seguendo l'evoluzione (storica, statistica, biologica) degli interessi generali. E così essa p. e. giunge a giustificare in certe condizioni storiche la schiavitù, e ad ammettere la libertà siccome un istituto confacente soltanto in certi momenti storici al progresso generale. Essa dimentica che le istituzioni e leggi sociali economiche sono sostanzialmente un prodotto della irreformabile natura umana e che devono servire a fini etici supremi, che sono immutabili: rinvenendo in ciò due limiti di variazione;

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Come le scienze sociali positive sono le ultime a costituirsi, perché richiedono vasti, coordinati, rigorosi metodi di osservazione, sicché sono recenti (e ancora infelici) i sistemi sociologici di A. Comte, di Spencer, di Schäffle, — così le scienze sociali speculative o filosofiche sono antiche, almeno nelle grandi linee, e oggi relativamente mature, come tutti i sistemi filosofici da Aristotele a s. Tommaso, agli scrittori di etica e diritto sociale moderni. E ciò perché i quesiti di finalità (p. e. a qual fine viviamo noi consociati?) urgono fin dall'origine e ad ogni istante l'umanità; e a darvi qualche risposta generale possono bastare le intuizioni di pochi pensatori o il buon senso dei più. Così anche accadde dell'economia, che è scienza positiva relativamente moderna.

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Tutta la scuola etico-cristiana fra i cattolici sorse e si mantenne in opposizione all'individualismo liberale ed al socialismo panteista (collettivista) e, a più forte ragione, a quello individualista anarchico;ed al rispettivo spirito utilitario-materialista e quindi antireligioso.

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Donde l'ordine sociale, pur risultando dal concorso armonico delle classi superiori e inferiori, non solo converge al bene comune cioè alla tutela e soccorso di tutti, ma riesce a beneficio prevalente dei meno adatti, dei deboli, dei poveri, che sono i più numerosi. Così la legge etica rivolge le stesse varietà individuali umane, germe di scissura e contrasto, a comporre invece e a rinsaldare la unità sociale.

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Ciò premesso per l'economista: utilità è l'attitudine delle cose materiali a servire ai fini umani e quindi a soddisfare ai bisogni corrispondenti.Si dice inutile ciò che non arreca alcun appagamento all'uomo, e utile l'inverso.

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A meglio comprenderle si rammenti quanto fu esposto più sopra:

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Per ogni unità successiva di uno stesso bene, la utilità e quindi la soddisfazione diminuisce coll'attenuarsi della intensità del bisogno,fino a compiuto appagamento. Per chi ha fame un primo pane soddisfa a un bisogno urgente, un secondo, un terzo pane, ecc. soddisfano regressivamente a bisogni sempre più tenui, fino alla scomparsa della fame, mercé la sazietà.

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a)Il primo pane offre 10 di piacere, meno 2 di pena: donde valore uguale ad 8; cioè 8 di utilità netta ossia di soddisfazione che supera e compensa il sacrifizio di 2. — b) Secondo pane: per questo, se dal primo, che vale 8, si sottragga 1 di piacere (per lo scemare della fame) e si aggiunga 1 di pena (per crescere dell'affaticamento), il valore scende a 6. — c) Terzo pane:rispetto al secondo che vale 6, il valore di esso, meno 1 di piacere, più 1 di pena, torna uguale a 4. — d) Quarto pane:rispetto al terzo che vale 4, meno 1 di piacere, più 1 di pena, valore uguale a 2. — e) Quinto pane:rispetto al quarto che vale 2, meno 1 di piacere, più 1 di pena, valore uguale a 0 (zero).

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Solamente tengasi fermo fin d'ora, che la introduzione e generalizzazione dell'uso della moneta (grande fatto storico) non solo contribuisce ad estendere e moltiplicare gli scambi, ma ancora a maturare la costituzione di classi distinte fra cui quelli si effettuano, e a diversificare e perfezionare il sistema fondamentale della produzione e del consumo; e così per queste vie a dare una decisiva prevalenza al valoredi scambio, e a rendere più esatte, pieghevoli, diffuse le leggi di esso. Tuttavia non si dimentichi che, anco nel suo più complesso e perfetto sviluppo, il valore di scambio trova le sue cause prime ed ultime e i limiti delle sue leggi nel valore d'uso; cioè il valore sociale obbiettivo nel valore individuale soggettivo.

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In Italia sulla popolazione intera i celibi rappresentano il 58%, superati dalla Germania 59, rimanendo Francia a 55 e Austria a 52, scendendo Irlanda a 43%; i coniugati (su tutta la popolazione) in Italia 36, Germania 34, oscillando nei vari paesi fra 33-39; i vedovi da 6 a 5%. E queste cifre per ogni paese civile rimangono di una stabilità mirabile, crescendo lievemente i celibi nei paesi di grande intraprendenza economica (Belgio) o di grande depressione (Irlanda).

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La Cina da 2200 anni a. Cr. fino a 600 d. Cr., sembra oscillasse fra 60-80 milioni di abitanti (Sakaroff). L'Egitto non superò mai i 7 milioni di abitanti e discese a 3 dopo la conquista di Alessandro. La Grecia, colle sue popolazioni anche biologicamente espansive, raggiunse forse 4 milioni nell'intera penisola e altrettante nelle colonie, fino al dominio macedone; poi dislocazione e spopolamento irreparabile. Lo Stato romano da mezzo milione ai tempi della guerra coi sabini, allargandosi in tutta Italia perveniva sotto Augusto a 51/2 milioni, sotto Claudio a 7; e tutto l'impero romano in tre continenti nel primo secolo cristiano abbracciò forse 54 milioni (Beloch).

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., la quale sale a 0,70 fra cacciatori tropicali (della Pampas), e ad 1,77 per kmq. fra nomadi pastori. Un passo risentito al paragone segna l'agricoltura vaga con allevamento di bestiame, e tocca il 5 e più per kmq. fra i celti e i germani primitivi fino a Cristo, tramutandosi in salto decisivo colla agricoltura fissa a maggese, intrecciata al prato e al bosco, insieme alle prime industrie civiche, già caratteristica d'Italia a cavaliere dell'era cristiana, e dell'Europa centrale soltanto dal 1200-1500; le quali oscillano fra 17 e 26 abitanti per kmq. Ma chi il crederebbe? Questo dato in Europa rimane di poco alterato fino a metà del secolo XIX, indizio della resistenza dell'empirismo e della stazionarietà economica. Ma infine i risultati delle trasformazioni tecniche ed economiche, ormai generali in Europa, si palesano con queste cifre meravigliosamente cresciute: per le regioni puramente agricole dell'Europa meridionale si giunse a 70 abitanti per kmq ; per le regioni europee dei grandi distretti industriali e centri mercantili, fino a 266; e per le regioni che a questi ultimi progressi aggiungono anche quello agrario, specie vinicolo, fino a 318 (Ratzel).

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Poi nei tre primi secoli dell'evo moderno, dopo le scoperte e colonizzazioni extracontinentali (di Africa, America, Australia), in quegli Stati grandeggianti e prepotenti una certa espansione demografica si accoppia a contrazioni vieppiù convulse, fra rivoluzioni sociali-religiose, in Germania, Gran Bretagna e Francia, e fra guerre poderose di potentati cristiani e devastatrici coi turchi, e fame e pesti ricorrenti; sicché a stento fino al 1700 la popolazione poté recarsi a 110 milioni. Ed è soltanto dalla metà del secolo XVII per qualche paese, e in generale dal 1815-16, dopo le distruzioni della rivoluzione e di Napoleone, che piglia slancio insolito, regolare, acceleratissimo il movimento demografico universale; per cui Europa che nel 1800 avea 175 milioni nel 1890 s'era alzata a ben 357; e il mondo in soli 30 anni (dal 1860 al 90) da 1350 a 1500 milioni (Behm e Wagner).

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fra contrade già atteggiate più o meno a tipo mercantile ed industriale (progredienti verso una economia monetaria e di credito) e regioni sterminate e vergini, adatte a produzioni prime e fondamentali («Urproductionen») di miniere, di foreste, di pastorizia e agricoltura;

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Le diffuse innovazioni tecniche delle industrie manifattrici in tutta Europa lungo il secolo XIX, mentre collo immenso spaccio dei prodotti a basso prezzo aumentano profitti e capitali dei fabbricatori e mercanti, e moltiplicano la popolazione specie lavoratrice,sospingono l'America del nord e l'Australia (già abituate da lunga mano ai sistemi di pimetagione capitalistica) a produrre materie prime industriali, a volgersi con vorticosa rapidità a lavorarle sul luogo, e a resistere così alla importazione europea.

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Romani moderni, gli anglosassoni di oggidì, imponendo colle loro espansioni migratorie istituzioni e lingua inglese a ben 400 milioni di abitanti, hanno acquistato coscienza del proprio primato nella civiltà contemporanea; e l'Europa, fino a ieri il solo continente che non riceve ma porge a tutti gli altri i suoi emigranti, vantando di avere disseminato dalla fine dell'evo medio ben 130 milioni negli altri continenti di popolazione di origine europea, può ben gloriarsi di essere l'alfiere della civiltà cristiana in tutto il mondo.

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E finalmente può rilevarsi fin d'ora che il fenomeno della emigrazione si riconnette da un canto a cause biologiche, e da un altro a quelle economiche, ma che ambedue dispiegano la loro azione sotto la influenza crescente dello spirito e di quell'insieme di condizioni che contrassegnano la civiltà.

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Le discipline sociali si limitano a ricercare rapporti bensì generali ma puramente contingenti (altri dice empirici)intorno a ciò che fu e ciò che è in date circostanze, pur sempre varie e mutevoli, nella società. Ciò posto:

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La morale cristiana, coi dogmi che la ispirano (teologia dogmatica) e colle applicazioni giuridiche che l'avvalorarono (diritto canonico) quale venne a svolgersi nell'organismo storico-vivente della Chiesa cattolica, dalle origini fino ad oggi, deve dallo scienziato, anco per ragioni positive, considerarsi come il fattore più potente a suscitare nei popoli le energie economiche e a guarentirne i rapporti più regolari ed efficaci, componendo così l'ambiente sociale più propizio a delineare le dottrine razionali dell'economia nella loro successiva elaborazione.

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Quale meraviglia che si formassero spiccate differenze tipiche, le quali poi una legge di trasmissione ereditaria tende talora fra elementi omogenei a perpetuare, tal'altra per innesti eterogenei a modificare; dando luogo così a stirpi primarie e derivate? La importanza di questa costituzione di organi etnici (comunque elementari) non può sfuggire; sarebbe lo stesso che asserire che la formazione di tre famiglie distinte (fra gli arii occidentali) latina, germanica, slava, non abbia avuto alcuna parte nella storia di Europa.

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Ulteriormente, fornendo un piedistallo a quella seconda gerarchia di ceti, i quali, dedicandosi immediatamente alla produzione della ricchezza, compongono le classi economiche propriamente dette; moltiplicando in queste (e di rimbalzo nelle altre) le occasioni a varie, profonde e incessanti modificazioni nell'essere e nella vitalità.

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Più palese è il fenomeno dove grandeggiano le monarchie, come nell'Asia centrale e in Egitto, in cui le città massime, le capitali, sorgono per atto imperativo di sovrani e conquistatori, col doppio intento di costituirvi un centro di dominazione interna e di resistenza strategica esterna; ciò che si ripete dovunque, collocando, trasferendo, atterrando, ricostruendo le città in quei luoghi e modi che a queste esigenze supreme rispondano. Così Babilonia e Tebe colle loro mura e torri gigantesche; così il trasferirsi della capitale fra i persiani da Ninive a Persepoli e poi a Susa. Ma altrettanto fra antiche popolazioni od oligarchiche o democratiche: gli etruschi sedentari (forse orientali) rizzano le loro città federate colle loro mura ciclopiche sulla vetta dei monti, e fra popolazioni guerriere il loro stanziamento è segnato dalla fondazione della città, che ha forma primitiva di accampamento con vallo (castrum)come Roma quadrata;specie fra i germani, più lenti a ridursi a vita stabile e civica (non prima del medio evo), le prime città sorgono dai quaranta castra già presidi del dominio latino; e nell'Europa feudale è all'ombra del castello che spunta il borgo (distinto dalla villa). Anzi la moltiplicazione di città sembra ognora privilegio di principi e popoli, che hanno il genio dell'imperium.Così Filippo ed Alessandro disseminarono le città dalla Macedonia alla Grecia e fino all'Indo. Così Costantino, per difesa contro le minacce orientali trasferisce la capitale a Bisanzio, e Teodosio a Milano contro le invasioni barbariche. E altrettanto Carlo Magno fa sorgere Aquisgrana, a cavaliere del suo dominio di Gallia e Germania; Barbarossa ad affermazione di sua potenza rade al suolo Milano, e a rivendicazione dei suoi diritti la lega lombarda vi erige di contro Alessandria; fino a Filippo II, che a raffermare l'accentramento della Spagna e della sua monarchia, fonda Madrid.

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Quest'azione politica indiretta del clero cattolico, la quale proviene dalla natura della Chiesa, che è società gerarchica,distinta in dirigente e discente, perfetta,fornita di tutte le facoltà anche giuridiche proporzionate alla sua missione ed universale,estesa a tutti gli uomini e che era destinata a crescere d' efficacia mercé la cultura e la ricchezza, — venne a dispiegare storicamente, comunque in via transitoria, funzioni politiche anco dirette in tre momenti caratteristici.

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Tutto l'organismo sociale coi suoi istituti pubblici mira definitivamente a munire della protezione del diritto i tre fondamentali istituti privati della libertà personale,della associazione,della proprietà.Comunque sieno questi il ganglio centrale a cui tutte le forze del consorzio civile convergono, qui basterà un cenno di essi più breve, dovendo la economia nella sua trattazione analitica discorrere a più riprese delle loro forme e della loro efficacia sulle leggi della ricchezza.

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A mutare quella pietra angolare dell'edificio sociale-giuridico basato sulla schiavitù, occorreva una virtù che partisse da una regione superiore a questo ambiente di pregiudizi e pervertimenti, costituito da millenni, la quale, cominciando dal rinnovare a fondo i concetti spirituali intorno all'uomo,tesoreggiasse tutte le forze individuali, sociali, giuridiche, per convergerle con un processo storico secolare alla abolizione della schiavitù. Ciò fece il cristianesimo per mezzo della Chiesa. Esso, partendo dalle idee, proclamò l'uomo un essere creato ad immagine di Dio ed avente un'anima a fini sovrannaturali, da cui non può essere disviata dagli altri uomini,tutti uguali in questa finalità morale. Ed analogamente esso predicò l'affrancamento dello spirito umano da ogni ostacolo esteriore sociale-giuridico nel raggiungere i suoi fini sovrannaturali; facendo in tal modo atto strettamente etico-religioso, e limitandosi lungamente a questo.

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XIV), la duplice assorbente proprietà collettiva viene di più in più a trasferirsi a singoli individui e ad enti morali giuridici. Ciò: — o per svolgimento storico,per cui i beni d'uso comune (non coltivati) della popolazione della marca, passano a titolo di ius eminens al re, divenendo proprietà fiscale, la quale poi i principi in parte largiscono a compagni d'arme e di corte; — o per usurpazione diretta dei potenti («inclosures» ingl.); — o per occupazione di privati a fine di coltivarli (ademprisio, comprehensio); — ma soprattutto mercé la distribuzione legale per mezzo dei poteri pubblici (le autorità della marca), per cui i lotti in possesso temporaneo e le terre non occupate si attribuiscono ai singoli in proprietà definitiva («solskipt», sved.). Grande fatto codesto della distribuzione o attribuzione legale-autoritaria (distribuito solaris) della terra che con forme religiose, con orientazioni astronomiche, con regole tecniche e giuridiche, con speciali ufficiali, si riscontra secolarmente in Asia, in Egitto, a Roma (i celebri agrimensori romani), nelle razze germaniche e nei Comuni medioevali; e che segnano lo storico passaggio dalla proprietà collettiva, a crescenti specie di proprietà privata. Così, attraverso forme intermedie, la proprietà privata diventa preponderante; quella collettiva (compresa la fiscale) complementare (Laboulaye, Beauchet, Brugi, Leicht).

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. ‒ Così implicitamente è detto quale sia la natura delle leggi sociali,comprese quelle economiche; e quanto fu scritto in questa «Introduzione» conferisce a giustificarla, di mezzo a nozioni tuttora dibattute (vedi H. Pesch).

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Ma in essa le popolazioni sentivano a fondo tutte le realtà della vita colla sua dignità, colle sue gioie, coi suoi dolori, colle sue speranze; viveano di una vita intensa come oggi gli americani, e le loro stesse passioni e colpe attestavano la esuberanza non l'esaurimento della energia; — mentre la coscienza economica, a quel turbinio intrecciata, a Milano, a Genova, a Firenze, a Parigi, nelle Fiandre, nei borghi inglesi, coinvolgeva con vivacità febbrile tutte le classi, non solo negli ardimenti del lavoro, ma nei dibattuti problemi, sperimenti, conflitti sulla distribuzione della ricchezza. Non mai come allora la coscienza economica fu cotanto diffusa e potente (Perrens, G. Capponi, Villari, Romanin, Zdekauer).

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Vi si aggiungono, a danno della famiglia patriarcale, le ragioni economiche del progresso tecnico, della divisione del lavoro, soprattutto degli scambi commerciali; con influenza però limitata (al paragone dell'età moderna) nell'economia dell'antichità prevalentemente agricola; salvo nelle capitali doviziose, da Babilonia a Roma, ovvero nell'Asia minore e nelle spiagge circummediterranee, ove que' lidii, frigi, punici, da Sardi, a Sidone e Cartagine, svilupparono una economia civica industriale e mercantile, individualistica e perciò infesta alle grosse famiglie.

Pagina 2.91

Note sul clero meridionale

399528
Sturzo, Luigi 3 occorrenze
  • 1906
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 295-298.
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comincino a (...) troppo le invadenze di altri tempi nell'organismo ecclesiastico Come il clero riduce troppo spesso l'azione dei laici a quella di coadiutori della vita strettamente religiosa e parrocchiale, sopprimendo e soffocando. , o per lo meno partecipano alle contenzioni dolorose dei partiti di curia O riduce i laici a semplici entità numeriche.; oppure il clero assorbisce ogni azione laica, assumendo enormi responsabilità.

Pagina 295

Con voto unanime dei cattolici adunati a Firenze per la compilazione degli Statuti della nuova organizzazione delle forze cattoliche in Italia, è stato deliberato di esporre umilmente alla Santa Sede, come figli al padre, con confidenza e sommissione insieme, quanto ebbero ad affermare a nome loro e a nome di moltissimi cattolici italiani e con il consenso, espresso in tal voto, della maggior parte dei delegati regionali, sulle difficoltà che sorgono dalla forma concreta data al movimento sociale ed elettorale dei cattolici.

Pagina 295

Tale stato di fatto, reso più grave dalla poca istruzione, costringono [sic] il clero a partecipare, intensivamente, ai partiti personali locali municipali e politici, che non sono a base di idee ma di persone; e così si ha lo strano fatto che sacerdoti e parroci sono elettori e partigiani scoperti e influenti di Defelice, Noè, Colaianni, Cascino, Pasqualino Vassallo, Pantano e Nasi e altri radicali, massoni, socialisti, e dei relativi Consigli Municipali e Provinciali; o peggio preti contro preti, mescolando partiti religiosi a partiti politici e creando quella coscienza atrofizzata in popoli, materialmente religiosi, i quali non hanno scrupolo a sostenere nella vita pubblica uomini contrari a ogni sentimento religioso e a ogni principio di onestà.

Pagina 296

Clericalismo

404650
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 73-85.
  • Politica
  • UNIOR
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Non è, benché possa sembrare, una modesta questione di vocabolario; la disputa sulle parole nasconde conflitti profondi ed acuti di idee, i quali premono su di esse per adattarle a nuovi significati, quando non giungono a crearne direttamente delle nuove.

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