Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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La questione meridionale (II red.)

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Sturzo, Luigi 8 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 240-244.
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La ragione per cui mi sia indotto io siciliano di parlare della Questione Meridionale a Bologna si è che i nostri fratelli del Nord non ci conoscono; non ci comprendono neppure i cattolici, di tutte le gradazioni, dall'estrema destra all'estrema sinistra; e perciò che anch'essi concorrono a mantenere un antagonismo in gran parte ingiustificato.

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E proprio a Bologna il processo Palizzolo ha turbato la visione del problema - processo Murri, Ubaldelli, ecc.

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la camorra, la corruzione contro a sopraffare gli onesti che sono i più, ma nella vera condizione individuale.

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Il meridionale fino a Depretis fu di sinistra, poscia prestò gli ascari ai ministeri. È strano, ma è così.

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I primi dieci anni si visse di idealità (unità — Roma cap[itale] — trasformazione ecc.) e allora le forze (sia pure traviate) ma vive e individuali del meridionale sacrificarono noi a tutta l'Italia; dopo, supercostrutte le nuove cricche locali, subentrò alle individualità oneste, rette, ideali, il tornacontismo politico rinsaldato dalle cricche locali.

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insufficienza a comprendere il carattere locale unità e uniformità: due cose diverse: bisogno di autonomia larga, finanziaria e amministrativa

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Un po' di storia dal '94 sino a oggi, un decennio. Dalla Sicilia a Napoli.

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Necessità di provvedere a sé stessi nella vita interna delle regioni.

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Il legittimismo in Italia

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Sturzo, Luigi 10 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 245-249.
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firmatari del celebre Ordine del Giorno; portata che non è stata analizzata dai borbonici o pseudo-borbonici del campo cattolico, che hanno strillato a più non posso contro l'abate Sturzo, a cominciare dal Conte Pasini Frassoni, che pubblicò una protesta a nome del Collegio araldico e della Nobiltà Cattolica Italiana,a terminare alla Discussione,ad Elia Rotondo, a Galati-Scuderi con i loro articoli, lettere aperte, dialoghi italo-siculi e giù di lì.

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Ho lasciato per un mese che una certa stampa si sbizzarrisse contro di me, che ho assunto nel campo cattolico, dal Congresso di Bologna a questa parte, per merito loro (bisogna riconoscerlo), l'impresa di una crociata incruenta contro i borbonici infestanti le associazioni cattoliche napoletane. E il mio silenzio non è stato privo da una certa tendenziosità; perché volevo una giustificazione patente alla mossa che io e molti amici del meridionale d'Italia credemmo opportuna fare a Bologna, quando nell'ordine del giorno sulla « Questione Meridionale » abbiamo scritto che era necessario dissipare l'equivoco legittimista del nostro movimento cattolico.

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A ogni modo a me non preme che abbiano equivocato o voluto equivocare; anzi mi giova molto; e quell'equivoco legittimista,che tanti offende, potrà chiarirsi, dando a ciascuno le proprie responsabilità.

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Dalla lettura attenta dei documenti umani (un bel titolo messo dall'Osservatore Cattolico a titolo della protesta del Collegio Araldico contro di me) si volevano dire tre idee fondamentali: 1° - che il legittimismo è un dovere dei cattolici meridionali; 2° - che la difesa della causa della Santa Sede, riguardo al potere temporale, e quella dei principi spodestati hanno un legame di connessione e di rapporto intrinseco; 3° - che la salvezza del Meridionale sta nell'autonomia che non si potrà ottenere senza le rivendicazioni storico-legittimiste.

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Non s'intende così giustificare il modo o l'origine storica del potere pubblico, come oggi è; perché se volessimo, con la storia alla mano, esaminare a punta di diritto e di morale i passaggi delle dinastie e dei re, troveremmo da quanto sangue e da quante ingiustizie trassero i titoli di dominio la gran maggioranza delle famiglie regnanti in Europa in tutti i secoli. Invece a norma del più elementare diritto, noi reputiamo che le potestà politiche sono pel bene della nazione e non viceversa; per cui ad evitare i mali di lotte e di fazioni politiche (ieri militari e oggi civili) è dovere dei cattolici di non turbare l'ordine e di non alzare bandiere faziose. È in questo senso che Leone XIII ha appoggiato in Spagna l'attuale famiglia regnante, pur di principii liberali, invece del pretendente Don Carlos e dei carlisti, in massima parte cattolici e preti, alla stessa guisa che consigliò ai cattolici francesi l'adesione alla repubblica.

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io dico a costoro. E se siete i pochi, anzi se men siete come partito civile e politico in Italia, a che, entrando nelle associazioni cattoliche, cercate il terreno adatto per coltivare una vostra inutile e dannosa aspirazione?

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Né spetta a noi risolvere il problema, ma al Papa; e nostro dovere è cooperare e lavorare come vuole il Papa a questo scopo; oggi, per esempio, astenendosi dalle urne, domani andando alle urne; formando le coscienze cristiane e ravvivando gl'ideali guelfi della missione dell'Italia; contrastando il socialismo antireligioso e sviluppando l'organizzazione cattolica.

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Del resto io non arrivo a comprendere che vogliano questi uomini con la faccia voltata indietro, come gl'indovini dell'inferno dantesco.

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Nessun cattolico viene da noi per sostenere la repubblica, e pure non pochi sono repubblicani; così nessuno deve venire da noi a sostenere la causa legittimista, ma solamente la causa della religione, del Papato, della nazione, del popolo per rigenerare e nazione e popolo in G[esù] C[risto].

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A parte il resto che neanche col ritorno dei Borboni si salverebbe il Mezzogiorno..

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La questione meridionale

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Sturzo, Luigi 13 occorrenze
  • 1903
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 234-239.
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esiste se non nella riscaldata fantasia di politicanti, di giornalisti, di interessati; alterando linee e contorni, travisando fatti e condizioni ambientali, per cui oggi, dopo quarantatre anni di vita unitaria nazionale, noi non siamo meglio conosciuti dai fratelli del Nord, di quando eravamo divisi da barriere politiche e doganali, in un'Italia a pillole.

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Ho accettato, io siciliano, di parlare in Bologna sulla Questione Meridionale non solo per un senso di carità sentita verso il natio loco, troppo vituperato e troppo sconosciuto, non solo perché sento che è una nobile missione rivendicare la verità e farla conoscere a chi, per quanto abiti mentali vi facciano ostacolo, non vi ripugna con le prevenzioni della volontà; ma anche perché noi cattolici, che oggi diamo all'Italia lo spettacolo del come sappiamo sentire cristianamente tutta la vita moderna, sentiamo anche quanto importanza abbia nella vita nazionale e nello sviluppo delle coscienze proletarie, una adeguata percezione del problema del Nord e Sud Italia, e una pronta e sicura visione delle vie di rinnovamento; al quale noi, se comprendiamo per intiero la nostra missione, dobbiamo partecipare con la vergine potenzialità dei nostri ideali.

Pagina 234

E mi piace tenere questa sera la mia improvvisata conversazione sopra un tema che mi sta a cuore, qua a Bologna, dove il processo Palizzolo, la cui eco è tuttora così viva in questi luoghi, ha contribuito a creare una quasi leggenda, attraverso le arringhe interessate e preconcette di avvocati, le articolesse di giornali, lo spettacolo quotidiano di una turma di poveraglia, chiamata qua a testimoniare non contro un uomo, che già è stato condannato, ma contro il proprio paese.

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Solo da poco Murri, Mauri, Pennati sono venuti fra noi a veder qualche cosa della Sicilia, quel ch'era possibile in una corsa più o meno in fretta, per averne delle impressioni per quanto sincere altrettanto fugaci. Noi non ci conosciamo; e lo stacco si rende tanto più reale, quanto ancora non si è trovato una ragione specifica di lavoro di tutti i cattolici d'Italia anche a favore di una questione che non è semplicemente politica, ma che è fondamentalmente questione di conoscenza e di condizione di animo.

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Le affrettate generalizzazioni, tanto più facili, quanto meno sono gli elementi conosciuti e di fatto, sui quali dovrebbero basarsi, han servito a creare tanti ostacoli, addirittura insormontabili alla conoscenza del Meridionale; mentre una folla di interessi antagonistici ha trovato il facile pretesto per affermarsi sulle condizioni politiche diverse, da creare lo stacco vero, reale, di due Italie che si guardano in cagnesco; con la differenza che il disprezzo o la commiserazione, la noncuranza spesso, concorrono a determinare un urto di animi, assai più disastroso che l'urto degli interessi.

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Non occorre, o meglio, sento il dovere di premettere una dichiarazione: non sono uno chauvinista,che vengo qua a descrivere le bellezze della mia terra natale, e a vituperare coloro che l'hanno oppressa e disprezzata; sono e voglio essere un analizzatore spassionato di un problema, che amo sia percepito in tutta la sua realtà.

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Entriamo adunque nell'analisi accurata, coscienziosa, sobria e serena del problema, con la convinzione che anche a noi spetta interessarcene, come di un vitalissimo problema di vita nazionale, che non sfugge alla nostra attività di cattolici, per quanto limitata, e alla quale anche l'alta e media Italia deve partecipare con senno, solidarietà e amore fraterno.

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Penetrare nell'intimo del nostro problema meridionale è per molti, per moltissimi, come penetrare in una contrada inesplorata, della quale i geografi non hanno maggiore competenza di colui che nella carta d'Africa del Vaticano pose hic sunt leones;così per molti la geografia di Italia arriva a Roma e poscia il resto è segnato con le parole hic sunt meridionales.

Pagina 236

Dirò cose che spiaceranno ai miei colleghi del meridionale, come a quelli del settentrionale; ma proverò di essere obiettivo. È la prima volta che ad un pubblico e ad un uditorio non composto di meridionali, parlo della questione meridionale, di una questione, che non è estranea al nostro programma democratico cristiano, ma che anzi lo tocca abbastanza; per cui son sicuro che l'interessamento per il principio nazionale si unirà quello di un programma, che sentiamo così vivo, oggi specialmente, che si afferma vigoroso e pieno di speranze per l'avvenire.

Pagina 236

Se al grande amore patrio che animò coloro che sinceramente vollero l'Italia una nazione, si fosse aggiunto una percezione esatta del problema che affrontavano, e se coloro che reagivano avessero inteso i tempi, e guardato più allo spirito pubblico che alle combinazioni diplomatiche e alle violenze della polizia, questo grande fatto di vita nazionale, che ha elevato la nostra nazione a una vitalità notevole, non sarebbe andato incontro a uno dei più forti tarli di vita interna, che per molto tempo ancora intristirà e aduggerà molte energie e potenzialità.

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., divenuta anche uno stato nella violenta e artata caduta degli altri stati, una più che altro nell'unificazione uniforme, violenta, distruttrice delle tradizioni locali, delle storie avite, del sentimento, dell'educazione, della vita di ciascuna parte di questo vecchio organismo in poco tempo rifatto a nuovo e messo sotto un altro regime.

Pagina 237

Nell'evo moderno andò mancando la forza potentissima e unificatrice di Roma, e nel suo continuo decrescere arrivò sino alla Italia presente nazione a sé, che non è più Roma, ma ogni singola parte e tutta insieme.

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I sensi sono aperti alla vita, e a una vita molteplice in una soddisfazione singola, per cui il sentimento individuale entra più facilmente, più da sé, in comunicazione con la natura; il senso collettivo e sintetico è meno sviluppato in chi nell'analisi minuta della vita svolge una attività di sensi e di pensiero esuberante. L'individuo aderge nella sua forza di comprensione della natura, il

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