Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Il tesoro

181901
Vanna Piccini 50 occorrenze
  • 1951
  • Cavallotti editori
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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Si tratta della stessa categoria di pubblico sciatto che invade le piccole e grandi metropoli non badando che a sè, che vi sfiora senza neanche degnarsi di guardar davanti o ai lati, che vi urta coi gomiti, che s'insedia in un ritrovo nel posto che vi spetterebbe e ha sempre fretta anche se non ha niente da fare. L'egoismo di queste persone è più forte della loro educazione. Se devono salire in tram, sembra che quello ove hanno deciso d'introdursi sia l'ultimo della serie e finchè non si sono issati a bordo spingono e premono con tutta la forza dei loro muscoli; se per avventura qualche vetrina ha qualche cosa di interessante da mostrare, esse persone vogliono a qualunque costo passare in prima fila e vi scansano senza cerimonie, dando strattoni a destra e a manca. Chi potrà convincere i vostri frettolosi d'ambo i sessi che vi è un galateo anche per circolare, ed è così importante rispettarlo come importante vivere civilmente in casa e in società? Che in istrada si deve evitare di parlar forte, affinchè essa non diventi un assordante passeraio e chi passa non sia messo a parte delle nostre private vicende? Che se un uomo deve, sul marciapiedi, cedere ordinariamente il passo a una donna, la medesima, se è giovane, lo cederà a un'altra donna più anziana di qualunque condizione essa sia? Oppure a un infermo, a un mutilato, a un vecchio, a chi cammina insomma stentatamente? E non è tutto qui, Una persona compita, ad esempio, potrà insegnarci che bisogna saper portare l'ombrello e non minacciare chi passa di ricevere sulle spalle un'incomoda spruzzata. Che il vestire, anche se si va a passeggio, dev'esser sobrio, senza esibizionismi di cattivo gusto. E non vogliamo nemmen dire che in istrada meno gioielli si portano e meglio è, giacchè di ciò tutti sono convinti; nè insistere che è di buon gusto limitare al minimo la truccatura del viso, perchè è risaputo che, se non fosse per altro, alla luce cruda del sole le tinte forti guastano il più dolce viso. Che sorrisi, occhiate, gesti devono essere parsimoniosi, raddoppiando la strada gli effetti di queste manifestazioni e svalorizzandone per contro il significato. E poi, non inserirsi negli agglomeramenti, non esser troppo curiosi, non infastidire con importune assiduità le donne che vanno per i fatti loro e che non si curano d'esser fatte segno dell'altrui attenzione. Bisogna saper camminare, muoversi, parlare, spostarsi in mezzo alla folla; rispettare quelle forme che distinguono la gente bene educata da quella che lo è meno; facilitare a sè e agli altri il grave assunto di sfuggire le insidie sempre in agguato, mitigare gli inconvenienti che la vita odierna inevitabilmente procura all'umanità appiedata.

CONTESSA VANNA PICCINI IL TESORO GUIDA PER LA DONNA MODERNA ECONOMIA DOMESTICA LA CASA - L'ARTE DELLA CUCINA GALATEO MODERNO LAVORI FEMMINILI Con 30 figure nel testo M I L A NO CAVALLOTTI EDITORI

Eppure... sì, c'è una categoria di persone che in tram vuol stare proprio comoda e nulla importa ad essa se ció va a detrimento del povero vicino. Questa categoria appartiene forse al « sesso gentile » ? Non lo diremmo. Abbiamo notato che le donne in tram sono pazienti e rassegnate, se ne stanno nel millimetrico spazio che la Provvidenza concede loro, senza dare a divedere il loro proprio disagio, e poichè i pesi massimi non sono poi tanto numerosi, la donna che ha la virtù di contrarsi, rimpicciolirsi, farsi esigua entro i propri panni come la chiocciola nel guscio, non è assolutamente invadente in tram. Lo è invece l'uomo, specie in inverno, quando col pesante cappotto, le larghe spalle, la persona corpulenta, siede e non ha alcun riguardo di chi gli sta gomito a gomito, usurpando molto dello spazio ad esso dovuto. E sì pianta magari d'angolo, con le gambe allargate e il giornale spiegato. Che cosa si può fare in simili casi? Sacrificarsi, concedere quanto più si può del nostro territorio, ovvero alzarsi in piedi e lasciare che l'altro faccia magari un pisolino. Non consiglio alcuna donna di sopraffare un uomo che ha adocchiato un posto ove sedersi. Glielo lasci, perchè è molto meglio rinunciare che entrare in lizza con lui: ne avrebbe la peggio. II galateo del tram si riassume in queste norme: Alzarsi e cedere il sedile a una mamma con in braccio il suo bambino, a una donna in istato interessante, a una persona anziana (palesemente anziana), a un mutilato, a un sacerdote o a una monaca (specie quelle della Carità). Esser composti; è inutile, ad esempio, che le gonne femminili vadano più su del ginocchio; evitare battibecchi e querele, sopportare pazientemente l'altrui nequizia.

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Se la donna desidera esser salutata in istrada, accennerà un sorriso che autorizzi l'uomo a scoprirsi il capo, quando esso ha il cappello, o a un lieve inchino se ne è privo. Per un saluto meno superficiale, il sorriso sarà più aperto e avvicinante. Un uomo non deve insistere nel salutare o nel fermare per la via una donna, ove ella non dimostri di averne piacere. L'uomo che entra in un luogo pubblico si scopre il capo.Quando un uomo sale le scale, incontrando una donna la saluta e le lascia il passo; la donna risponde con un leggero inchino. In ascensore l'uomo resterà a capo scoperto e saluterà uscendo; aprirà e chiuderà il cancelletto, se non vi sarà il ragazzo di servizio. In segno di rispetto verso un superiore, verso una donna, verso un vecchio, l'uomo si toglie il cappello prima di fermarsi e di parlare, restando a capo scoperto finchè non è pregato di coprirsi. Un uomo di elevata condizione saluterà per primo un suo dipendente quando questi è accompagnato da una donna; questa risponde, chinando il capo, Una giovane donna saluterà per prima una donna anziana. Al saluto di un uomo d'età e di grado elevato la donna risponde con deferenza.

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Non c'è donna che non abbia la sua sarta di fiducia e il tempo che ella trascorre con la brava artigiana corre veloce, perchè in tema di abiti e di eleganza, nel giro delle stagioni, la donna non si sente mai perfettamente sicura e ha bisogno di sviscerare a lungo l'argomento con una persona competente. Ecco il punto da assodare. Nessuno dubita che la sarta prescelta conosca perfettamente la sua arte o mestiere e sappia creare - come si dice - un vestito con tutta l'abilità che la scuola e l'esperienza le hanno trasmesso. Ma se la sarta può essere competente senza, discussione in fatto di tecnica, sta a vedere se altrettanto lo è in fatto di gusto. Ogni donna ha un tipo, una personalità, e l'abbigliamento deve mettere in rilievo le caratteristiche di questo tipo; la moda detta le sue leggi, prescrive la linea, addita i colori, le guarnizioni, e la sarta naturalmente segue tale indirizzo. Se la moda si fa eccentrica, bizzarra, la sarta la segue, perchè non vorrà mai uscire dalle vie battute. La donna, affidandosi ciecamente ai consigli della propria sarta corre rischio di vestirsi talvolta in contrasto con la propria figura, in contrasto con la propria età; indosserà un vestito di moda, ma che non le si addice minimamente. Di sarte capaci d'indovinare il tipo d'una donna e creare il modello incensurabile ve ne son poche: sono le maestre, che lasciano un ricordo di sè, artiste nate, grandi sarte, carissime e celebri. Poichè non si può pretendere che ogni sarta sia una maestra, la donna non deve diventare schiava della sarta, come non deve diventare schiava della moda. Ella deve sapere cosa meglio le conviene e sarà lei stessa a guidare colei che la veste. Nè farà della sarta la sua confidente, perchè se la gentilezza e la cortesia devono sempre esistere con chi ci presta la propria opera, l'intimità è un'altra cosa, e in un ambiente dove passano ogni giorno numerose signore, chiacchiere se ne fanno per dritto e per rovescio; conviene quindi mantenere un contegno come in ogni umano rapporto. Sempre su questo tema, aggiungeremo che se capitasse l'occasione di visitare qualche Casa di Mode nei periodi di esposizioni, si cercherà di esser prudenti nel manifestare la propria opinione sui modelli presentati, senza lasciarsi andare a critiche eccessive nè a lodi sperticate. Nel contrattare, si seguiranno le norme che abbiamo accennato per gli acquisti; sfuggendo al ridicolo e al compatimento altrui, scegliendo cose che non sono adatte, anche se, viste indosso a una bella bambola ventenne, piacciono enormemente. E che dire di coloro che toccano tutto: trine, biancheria, fiori, veli? Poi vi è chi pretende d'esser servito subito, e chi nelle sartorie studia un bel modello per riprodurlo con qualche variante, mentre copiare non è sempre lecito.

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Cinematografo, parola magica, che ci permette non soltanto di assistere a spettacoli che hanno molta affinità con quelli teatrali, e qualche cosa di avventuroso, d'irreale che il teatro non può dare, ma consente pure di conoscere le più lontane parti di mondo, usi, costumi, civiltà assai distanti nel tempo e nello spazio. Se altro non vi fosse, basterebbe questo, di saper presentare in un allettante diorama genti e paesi che altrimenti, noi sedentari, dovremmo immaginare o conoscere attraverso i libri: questo basterebbe, diciamo, per rendercelo indispensabile. L'importanza assunta dal cinematografo ha mutato il suo primitivo carattere, e se prima si entrava e si usciva da una sala di spettacolo con tutta confidenza, oggi anche questi locali hanno un'impronta di moderna eleganza; un trattenimento cinematografico di prima visione può avere esigenze non minori di quelle d'uno spettacolo teatrale. Nondimeno resta sempre la bella comodità di andare e venire in qualunque ora e in qualunque momento del giorno e della sera, e ormai si è abituati a veder passare davanti i ritardatari, nè si può dir loro di prender posto in un intervallo, col rischio di vederselo portar via da un altro. Piuttosto si può fare qualche osservazione a un'altra classe di disturbatori, e cioè a quella che esprime giudizi non troppo a bassa voce, distraendo coloro che seguono la vicenda con attenzione. Tener dunque per sè certe impressioni personali. Anche le coppie d'innamorati non fanno bella figura, e talvolta la luce gioca dei brutti tiri, riapparendo improvvisa. Allora non è edificante vedere due mani intrecciate che certamente hanno iniziato da tempo un interessante colloquio. E non occupiamoci delle estremità inferiori che anche a lumi accese sono debitamente protette. Bisogna considerare il cinematografo un trattenimento onesto e dilettevole e comportarsi in esso come ci si comporta alla luce del sole. Vigono le stesse regole che sono in atto nei teatri o in qualsiasi pubblico ritrovo, non servendosene per scopi che non siano del tutto palesabili. Una donna eviterà di andarvi sola, ma si accompagnerà con qualche amica o, se lo spettacolo è adatto, vi andrà coi suoi figlioli. È nell'uso che un fidanzato vada al cinematografo con la sua fidanzata, ma una donna non entrerà od uscirà abitualmente da queste sale con un uomo; e questi, incontrandosi con una conoscente, prima di sederle vicino le chiederà il permesso. Bisogna pensare che il buio del cinematografo dà adito a insinuazioni non sempre simpatiche e una donna può non gradire d'essere vista insieme con estranei.

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Le norme da seguire a teatro sono tradizionali e basterà accennare ad esse sommariamente, chè non vi è chi frequenti questi spettacoli che non ne sia edotto. La persona più anziana, donna generalmente, ha diritto al posto d'onore in palco, e cioè il posto a destra, se il palchetto è situato dalla parte sinistra della sala; il posto a sinistra, se il palco è situato dalla parte destra. In tal modo si può assistere allo spettacolo senza dover volgere il capo, contemplando la scena e la sala comodamente. Gli uomini debbono accontentarsi di stare in fondo al 35. Il tesoro palco; ed è loro compito aiutare la donna a togliersi ed a mettersi il mantello, prestare ad essa quelle attenzioni che la buona educazione facilmente suggerisce. A teatro si deve arrivare prima che si alzi il sipario; si raggiunge il proprio posto, cercando di non disturbare nessuno, parlando a bassa voce, se si deve scambiare qualche parola, e seguendo lo spettacolo con raccolto interesse. Gli uomini possono andare a far visita nei palchi; le donne se ne astengono; ma fra un atto e l'altro è lecito sostare nel ridotto, al fianco del proprio cavaliere.

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II primo ballo non può a meno di esistere oggi comieri nella vita di ognuno, e sia pur moderna l'educazione e privo di sentimentalismi il genere umano, quale che impressione resta dell'avvenimento. Come non manca un certo lavoro d'immaginazione nelle diverse fasi che si attraversano, dal momento dell'invito a quello del primo apparire in una sala da ballo. Una vera sala da ballo, intendiamo, non l'ambiente improvvisato che spesso viene allestito fra amici e amiche per questo divertimento. II primo ballo è come un collaudo della grazia, dell'avvenenza, dell'eleganza di una fanciulla che fino a ieri non aveva iniziato una vera e propria vita di società. Per un giovane il fatto può avere minore importanza; le occasioni d'andare a ballare non mancano a un giovincello e le regole da seguire egli le apprende senza difficoltà dai 15 anni in poi. Specie per il vestire il primo ballo ha poi importanza nella vita femminile. Gli abiti da ballo hanno da essere studiati con una finezza particolare. Per uscire dal convenzionalismo, si può rinunciare al solito rosa o celeste, conservando però all'insieme dell'abbigliamento una lieve sfumatura di poesia. Perciò si consigliano scollature modeste, pettinature vaporose, linee del vestito non troppo aderenti. Questa compostezza esteriore dovrebbe riflettersi anche in una compostezza di movenze che, senza conferire arie ottocentesche, in disuso, potrebbe bensì serbare a una giovane donna la grazia che è sempre indice di una squisita femminilità. Sappiamo che il sembrare modeste e timidine è fuori tempo, e da parte nostra non abbiamo neppure troppa simpatia per le arie di madonnine infilzate, specie quando alla apparenza non corrisponde la sostanza. Ma se il contegno impacciato è da bandirsi, non si approva nemmeno un'eccessiva disinvoltura. Del resto le regole al ballo sono note e molto semplificate oggi. Alla richiesta di un ballo da parte dell'uomo, l'invitata risponde alzandosi, se non ha altro impegno; la stessa, invitata, dopo un rifiuto non motivato da impegno, non si farà vedere a ballare con altri; a danza finita ritornerà al suo posto accompagnata dal cavaliere. Il cavaliere eviterà di fermarsi a chiacchierare in luogo appartato con la sua giovane dama; questa non andrà con esso al banco dei rinfreschi a bere e fumare... Belle cose in teoria; quanto a metterle in pratica, la gioventù moderna ha i suoi punti di vista.

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Non occorre suggerire a chi possiede una grande casa come deve fare per organizzare un ballo. L'esperienza antica facilita l'esecuzione del piano stabilito, la pratica del saper vivere moderno perfeziona le vecchie usanze. Chi, per nuovo censo, ha potuto mettersi nella stessa linea dei gran signori, si rivolge a case alberghiere o specializzate le quali assumono l'incarico di approntare quanto occorre per il ricevimento. Accenniamo soltanto, in fatto di convenienze, che la padrona di casa apre il ballo con la persona che con tatto sceglierà come la più indicata. Ella ballerà poco, tutta sollecita dei suoi ospiti; cercherà ballerini alle giovanette dimenticate o trascurate; avvicinerà chi per timidezza se ne starà appartato, portando la grazia del suo sorriso e della sua parola fra le persone anziane. Passerà di frequente nel buffè per vigilare che tutti siano serviti di rinfreschi. Le feste da ballo presso associazioni e circoli mondani, impegnano le signore e le signorine che vi partecipano, sia per feste di beneficenza, sia per puro divertimento, a presentarsi in abito da sera, portando nelle sale una nota di bellezza e di buon gusto. Nella danza la donna si astiene da ogni svenevole abbandono, ma serba quella compostezza di movenze, che comanda al suo cavaliere il dovuto rispetto. A questo rispetto l'uomo non verrà mai meno, comunque, e nel chiedere un ballo, nell'accompagnare la dama in sala dove si balla o al suo posto dopo la danza, manterrà uno stile sempre riguardoso. Si eviterà di ballare per parecchie volte di seguito con lo stesso cavaliere o con la stessa dama e durante la danza la donna non sarà nè troppo ciarliera nè troppo leziosa, se non vorrà attirare su di sè l'attenzione altrui. Vorremmo pure consigliare di astenersi dal ballo a quelle signore facili a riscaldarsi, a sudare, ad ansimare, a quegli uomini troppo massicci: lo spettacolo che essi danno dopo il movimentato esercizio della danza è proprio penoso. Crediamo però che questa raccomandazione sia inutile, giacchè ognuno saprà da sè regolarsi in proposito. Ripetiamo poi quando già si è detto nel capitolo « Al ballo », che una signora o una signorina non può rifiutare un invito di ballare, a meno che non sia già impegnata. Una signorina non si presenterà a una festa da ballo che accompagnata. Se non ha persona di famiglia che le stia vicino si metterà accanto a una sua conoscente. Il cavaliere la ricondurrà dopo la danza, allo stesso posto dove è andato a invitarla. Mentre restano immutabili le regole del ballo, in un tè danzante può variare l'abbigliamento. Questi tè avvengono di solito nel pomeriggio, e l'abito più adatto è precisamente quello che nel linguaggio della moda si è convenuto chiamare « abito da pomeriggio». Il ballo si svolge durante il tempo in cui si prende il tè, che in una casa privata viene offerto dalla padrona di casa, coadiuvata dalle sue più giovani amiche. In un albergo o in un Circolo privato il ballo avviene mentre gli intervenuti sono attorno ai tavolini a chiacchierare e a sorbire la loro tazza di tè. Gli uomini invitano le signore o le signorine che sono state loro presentate al momento o che già conoscono. La donna rifiuta gentilmente l'invito fattole da un uomo che le è sconosciuto. A questi tè danzanti la donna si reca generalmente in compagnia di amiche o di suoi familiari. Può recarvisi sola se si tratta di invito presso case private che è solita frequentare.

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Essere intenditori è cosa difficilissima e che presuppone una cultura artistica non comune, un'inclinazione naturale non facile a trovarsi, ed anche una tradizione che ci conduca verso le forme più nobili della bellezza. Si vede volentieri il pubblico le dove si espongono le opere dell'ingegno e del genio, ma si vorrebbe che tutti sapessero conservare in questi ambienti un'aria comprensiva, non svagata, prestando un interessamento superficiale o mondano. Bisogna astenersi dall'emettere giudizi affrettati, specie ad alta voce; non farsi eco di critiche poco serene o abbandonarsi ai facili entusiasmi. L'arte è una cosa seria, per amarla bisogna comprenderla e averne il massimo rispetto. Altra forma di omaggio all'arte consiste nel far proprie le opere che ci colpiscono per ornarne la nostra casa. Grande privilegio concesso a chi può, e costituisce una ricchezza e un orgoglio per le persone di buon gusto. Le vendite all'asta veggono solitamente una folla elegante che aspira ad accaparrarsi mobili, quadri, ninnoli, oggetti di valore. Anche in questo non bisogna lasciarsi trascinare dalla passione, bensì contenerci nei limiti delle proprie possibilità. A esser sobri negli acquisti non si sbaglia mai e si evitano talvolta delle delusioni, allorchè lontani dalle tentazioni si può esaminare a freddo l'oggetto che si è fatto nostro. È pericoloso spingersi nelle gare con l'idea di « spuntarla » a ogni costo. Giunti ad un certo punto si sappia dir basta a se stessi. Spesso in queste gare a oltranza si è trascinati dalla smania inconfessata di esibirsi: vi è un movimento di curiosità verso chi si cimenta, tutti gii occhi sono fissi su costui; ma passato quel momento, non resta che l'amarezza di vedere alleggerito il portafoglio. Si tenga a mente che le nobili gare sono sempre belle, ma dove c'entra l'ambizione e il denaro non lo sono più.

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Non tutte le sale da ballo godono di una buona stampa, e cioè non tutte sono adatte a chi tiene veramente al proprio decoro. Si sa che il ballo è talvolta un pretesto, e spesso sotto l'esca della danza, ben altro bolle in pentola. È bene dunque informarsi prima, e se un conoscente invita, si prenderà tempo a rispondere, quando non si conosce l'ambiente. Mai una donna si presenterà sola nella sala e mai andrà, senza essere accompagnata, al buffè o alla dispensa delle bibite; l'accompagnerà il cavaliere, che servirà, di tramite tra lei e i camerieri. Le signorine dovrebbero essere accompagnate in queste sale da ballo dalla madre, ma in pratica esse si accordano con le loro amiche e i loro amici. Occorre che tanto i giovani quanto le ragazze si rendano degni di questa libertà che viene loro concessa, comportandosi senza dar luogo a rilievi di nessun genere.

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Aiuterà la viaggiatrice a sistemare le valigie nella reticella; chiuderà un finestrino o lo aprirà; se la signora scende le presterà una mano per il ritiro di quanto ella ha con sè, e altre piccole cortesie. Tutto questo il galateo chiede a un uomo bennato, e la donna dal canto suo cercherà di non esser troppo invadente e di limitare per quanto è possibile il disturbo che il compagno vorrà prendersi per lei. La riservatezza in treno non è mai abbastanza raccomandabile. La prudenza e la distinzione, consiglierebbero anzi di non attaccare discorso con persone sconosciute, accontentandosi di rispondere brevemente qualora venga rivolta la parola. Lo spirito moderno è però da contemplarsi, e se tra i compagni di scompartimento si sarà avviata una garbata conversazione, nulla vieta di prendervi parte, usando le stesse norme che sono in uso una conversazione di salotto. Inutile dire che non si nega ad alcuno il diritto di fumare, quando lo scompartimento è per fumatori; in ogni caso un po' di moderazione non guasta. Così pure sarà bene limitare l'uso dei profumi che non sempre possono riuscire graditi. L'andare alla conquista dei posti con l'espediente del cuscino, della borsa, del libro, è cosa ormai condannata. Non si può più essere invadenti in treno, ripetiamo, e accaparrare un sedile non è consentito dai regolamenti. Così non ci si collocherà, ad esempio, davanti ai finestrini, togliendo a chi ha parità di diritti, la veduta dei luoghi, nè si reclamerà aria e sole a scapito degli altri viaggiatori. Se qualcuno mangia, si apra un libro e si guardi altrove, togliendo da ogni imbarazzo chi ha bisogno di rifocillarsi. Se un compagno improvvisato offre un dolce o una sigaretta, si dovrebbe per principio rifiutare. E a proposito di rifocillarsi, chi ne ha l'intenzione porti con sè un bicchiere, una posata tascabile e i cibi siano preparati possibilmente a panini imbottiti. Quando si ha bisogno di un facchino pel trasporto delle valigie, lo si chiami dal finestrino allorchè il treno si ferma, si faccia la consegna, trattando l'uomo con urbanità e con fiducia, essendo egli responsabile dei colli ricevuti. Si remuneri l'uomo secondo le tariffe che prescrivono un tasso per ogni collo, senza lesinare, come quando il compenso si chiamava « mancia ». Questo all'arrivo. Nella partenza, si suggerisca alla persona che effettua il trasporto della valigie quale posto si desidera e in che classe e come si vuol che sia disposto il bagaglio. Per i treni di lusso, poco c'è da dire che gli interessati a questi viaggi non sappiano. La prenotazione pel vagone-letto va fatta in precedenza, come è noto. Due persone che non si conoscono, viaggiando in vagone-letto, siano cortesi fra loro, ma senza entrare in confidenza; non ingombrino la cabina, nè si disturbino reciprocamente nel fare la loro toeletta.

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Si cerchi di risparmiare le frequenti chiamate al personale di servizio ben sapendo che a troppe persone e a troppe cose esso deve attendere per tenersi sempre a disposizione di qualche esigentissimo cliente. Chi decide di mangiare alla tavola comune, dovrà esser puntuale all'ora stabilita e adattarsi a quanto viene servito, senza dar noia e magari disgustare gli altri con osservazioni poco delicate, senza ricercare con lungo armeggio nel piatto che viene porto le parti migliori delle vivande, senza trovare a ridire su tutto e sprezzare ogni cosa, vantando ciò che si fa in casa propria. Se facesse più comodo avere un trattamento speciale, meglio è mangiare a una tavola separata, scegliendo volta per volta il cibo che più garba: cosa questa che conviene a chi ha gusti raffinati o stomaco delicato, a chi non ha una certa virtù di adattamento, e che non possa sopportare la vicinanza o la compagnia di persone non rispondenti alle sue vedute. In un albergo che, come si sa, è la casa di coloro che pagano, bisogna esser disposti a trovare di tutto un po'. E fra le persone più disparate, conviene saper destreggiarsi in modo da conservare la propria libertà senza menomare l'altrui; rispettare la propria dignità senza offendere quella degli altri; mostrarsi irreprensibile senza erigersi a giudice e non mancare infine di quella cortesia che è doverosa anche verso persone alle quali non si è disposti a dare tutta la nostra stima o simpatia. Chi porta con sè i propri bambini, deve tenerseli vicini, attendere ad essi con la cura che i bimbi richieggono e che non deve interrompersi mai; sia pure il nostro un viaggio di piacere e la meta una villeggiatura. Anche quando si abbia la bambinaia, i genitori debbono vigilare sulle proprie creature e addossarsene le responsabilità.

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Invitare amici e conoscenti a pranzare fuori di casa, capita talvolta, specie se si hanno forestieri per i quali passare la serata in un ristoratore elegante o far colazione in trattoria può rappresentare un piacevole diversivo. Così chi fa d'estate una corsa in città, di poche ore, può invitare o essere invitato in un locale. Chi invita, se fisserà prima la lista del pranzo o della colazione (cercando di assecondare i gusti degli invitati), eviterà poi di discutere o trattare sui prezzi delle ordinazioni. Se questa misura non è stata presa, chi invita porgerà la lista delle vivande, lasciando che ciascuno scelga a piacer suo, senza far fretta a chi esita nel decidersi, incoraggiando la persona discreta che vuol evitare i piatti costosi. Perchè a invitare bisogna pensarci prima; quando si è presa la decisione, mostrarsi taccagni è veramente di cattivo gusto. Si chiederà il conto quando saranno stati serviti il caffè e i liquori; mentre si aspetta che il cameriere porti la sua nota, si farà a meno di guardare la lista dei prezzi, per anticipare un calcolo che può mettere in imbarazzo il convitato. Al conto si darà una rapida occhiata, solo per constatare che le somme tornino. Quando l'invito è stato formale, chi ha accettato non si offrirà, mai di pagare. Inutile ricordare che il contegno in trattoria deve essere perfetto, trattandosi di luogo pubblico ove la cosa migliore che si possa fare è quella di non esser notati per alcuna eccentricità. Coi camerieri è bene non mostrare impazienze e nervosismi, rivolgendosi loro gentilmente e non mortificandoli per un nonnulla.

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Il dubbio cesserà solo che pensiate che nessuno guadagna gran che a esser veduto al mare, a meno che non sia una Venere o un Apollo. Comunque sia, occorre anche al mare un certo riserbo che, nei riguardi della donna consiste nell'evitare confidenze le quali possono essere male interpretate, e per non permetterle occorre non prendersele.... per esempio, andando al largo con un compagno improvvisato. Da parte dell'uomo è segno di buona educazione non eccedere in parole e in atteggiamenti confidenziali. Uscita dall'acqua, la donna cercherà di non stendersi bagnata a fianco dell'uomo, ma si ritirerà nella sua cabina per asciugarsi e indossare un altro costume o un prendisole. Poi andrà sulla spiaggia a piacer suo. Uomo e donna non si esibiranno in costume nelle ore in cui non si fa il bagno, con la scusa che tutte le ore sono buone per le cure d'aria e di sole; e tanto meno essi si esibiranno in paese poco vestiti. Rispettare se stessi significa rispettare anche gli altri che ne hanno il diritto. Il vestire variato è al mare una necessità, un omaggio alle vecchie e nuove abitudini, nonchè a quelle occasionali. La moda cambia d'anno in anno e dar norme in proposito non è possibile. Si può però stabilire quella generica che formuleremo nel modo seguente: Si indossa il costume solo per il bagno. Prendisole con giacchettina da levare e mettere per stare sulla spiaggia. Permesso il pigiama con giacchetta o leggero mantello. Nel pomeriggio, abito estivo o sportivo; il primo adatto per riunioni, per tè, per i soliti quattro salti; il secondo per gite, passeggiate in barca ecc. Per pranzo, abito elegante per signora; completo per uomo. Per feste, riunioni eleganti, balli, abito da sera.

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Le ragazze moderne sono simpaticissime oltre a essere assai graziose e si deve riconoscere che esse hanno saputo crearsi un tipo che le rende oltremodo interessanti. Non vi sono più le « ochette » di trent'anni fa, specie di fauna che è bene si sia rarefatta, perchè non era utile nè a sè nè agli altri. Le ragazze d'oggi sono attive e laboriose, hanno una soda cultura e conoscono le asprezze della vita. Hanno inoltre il merito di essersi irrobustite con la pratica degli sport, con una sana vita all'aperto, quindi non si vedono più in giro le pallide madonnine che dovevano pure un giorno diventare madri e allevatrici della loro prole. Sia lode dunque a questa bella gioventù che popola le città mentre un giorno si limitava a popolare le campagne, e i paesi. È dunque lecito alle signorine che hanno lottato per conquistarsi il diritto di esser forti e robuste, di dedicarsi agli sport preferiti, d'innestarli alla loro vita di lavoro, di esser disinvolte, energiche, volitive. Non è invece lecito dimostrarsi maschie, nel senso meno simpatico della parola, perche così facendo svisano il loro carattere, anzi la loro natura, e si mutano in un essere ibrido che non partecipa degli attributi nè dell'uno nè dell'altro sesso. La disinvoltura delle maniere può conciliarsi benissimo con il garbo, con il rispetto alla loro femminile essenza, con una certa, finezza di maniera che stabiliscono ugualmente fra uomo e donna la cordialità del rapporti e quell'amicizia che se non si muta in confidenza è sempre consentita. È lecito alla donna vestire sportivamente, molto sportivamente; i calzoni però si dovrebbero lasciare agli uomini, altrimenti essi dovranno scegliersi un'altra foggia di vestiario per corteggiare le donzelle. È lecito alla donna parlare con franchezza, senza ipocrisie e senza falsi pudori, non le è lecito adoperare un linguaggio da scaricatore di porto o da garzone di stalla, perchè il linguaggio è lo specchio dell'anima e l'anima di una fanciulla non può essere uguale a quella di uno scaricatore di porto o di un garzone di stalla. È lecito a una signorina farsi corteggiare e ricevere dichiarazioni d'amore, non le è lecito corteggiare un uomo ed esser la prima ad aprire il fuoco, perchè così facendo dissipa, il suo fascino, il suo mistero, la sua forza d'attrazione; e se questa manca come può avvenire un connubio santificato dal matrimonio? È lecito a una signorina vestire elegantemente, non le è altrettanto lecito portare pellicce di valore e gioielli, altrimenti cosa indosserà quando sarà una sposa? Si dovranno creare abiti in trama e gioielli di radio per far risplendere la sua bellezza. Ma l'oro serve per costruire e il radio si adopera per la cura del cancro, e poi non è igienico per la pelle. Può fumare la signorina? Questo quesito può risolverlo l'uomo che si rende responsabile degli atti di una ragazza della quale vuol fare una moglie. Altre cose sono lecite e altre non lecite a una fanciulla; ma qui bastino le principali che ci sembra di avere esaurito.

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A furia di ritoccare verrà fuori qualcuno che non ha nulla a che vedere con colui che ha posato davanti all'obiettivo, o per lo meno la sua espressione sarà falsata. Le signore debbono sapersi vestire per farsi fotografare, scegliere abbigliamenti semplici, e se vogliono sfidare la moda che può giocare alla lunga qualche brutto tiro (vi sono dei particolari in certi abiti che a distanza di vent'anni si riconoscono e sotto infallibili per la misura del tempo trascorso), non si deve far altro che prevenirla abilmente, facendoci ritrattare a collo nudo, con un filo sottile di perle. Tanto nella fotografia perle vere e perle false fanno la stessa figura. Ovvero con un velo o con uno speciale indumento di foggia classica. Le fotografie di grandi personaggi, di grandi artisti, di donne belle per professione, affidate quasi sempre a bravi fotografi, reggono all'ingiuria degli anni e sfidano con successo il ridicolo. Perchè questi artisti hanno avuto cura di non posare con un vestito che segnasse nettamente la moda. Si cerchi d'imitarli, non dico nel voler essere grandi personaggi, ma più modestamente abolendo le cianfrusaglie. Spendete qualche cosa di più, ma fatevi fare diversi negativi, almeno uno riuscirà a cogliervi nell'espressione o nella luce da voi desiderata. Cercate di dare al vostro viso un'espressione serena e naturale, senza artifici di posa, senza irrigidire la figura e i lineamenti; se il fotografo sa il fatto suo, penserà lui ad ammorbidire, a regolare il vostro atteggiamento. La donna che ha fatto la permanente, non vada dal fotografo appena uscita dal parrucchiere, la sua testa somiglia allora a quella d'un manichino esposto in vetrina. Non fate perdere la pazienza al fotografo stando più del bisogno davanti allo specchio. Un po' di cipria, un po' di rosso alle labbra, un tocco leggero alla chioma; tanto basterà per ravvivare il volto e per dargli un giusto risalto.

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Quando un bambino viene condotto in chiesa dalla propria madre (e finchè non abbia raggiunto una certa età è opportuno condurvelo), deve ormai avere nella sua piccola mente un concetto del luogo ove entra: quel concetto che, col crescere degli anni, rende in lui doveroso l'adottare un contegno rispondente ai luoghi, alle persone che frequenta e alle diverse circostanze in cui viene a trovarsi. Come non si permetterebbe quindi a un bambino di far chiasso e disturbare gli spettatori in un teatro o in una sala durante una rappresentazione, un concerto o altro spettacolo, così non dovrà permettersi della madre o dal padre che un bambino disturbi e distragga con la sua irrequietezza chi assiste alle funzioni. La donna porterà in chiesa la compostezza, la decenza, la gravità dovuta a un luogo dove non si va per curiosità o per chiacchierare o per comparire. L'uomo saprà essere presente a se stesso e mantenere un contegno adeguato alla Casa del Signore in cui entra a capo scoperto. Non crediamo che oggi esista e prosperi la categoria del bigotti d'ambo i sessi; lo spirito, la cultura, il buon senso non consentono esagerazioni intempestive che non sono mai da accettarsi. Tanto meno vi saranno madri di famiglia che per malinteso zelo religioso faranno ritardare in modo veramente incomodo l'ora del pranzo o della colazione, costringendo i fanciulli alle lunghe soste in chiese semioscure e afose. Chi ha una fede sincera e pura; chi crede davvero e ama sinceramente un Dio buono e grande non fa di questo Dio il tormento e l'incubo dei suoi cari. Sentirà invece che la divinità, perchè perfetta, compatisce tutte le imperfezioni; che allo sguardo di Chi tutto sa, le incertezze, i dubbi, lo scetticismo doloroso, non sono colpe, ma talvolta sforzi di una mente che vorrebbe vedere e si dibatte nell'oscurità. La chiesa sia dunque frequentata per infondere alla nostra anima l'energia più nobile nel compimento del dovere e attingere quella serenità che solo può possedere chi sa di aver posto le proprie sorti nelle mani di Dio. Infine dobbiamo considerare il caso del praticante, e cioè del buon cristiano che si accosta ai SS. Sacramenti e al rappresentante di Dio in terra affida la sua coscienza con purezza di cuore e schiettezza di fede. Se è vero che la forza intima e morale, da cui deriva l'ordine e quindi la pace, viene dall'intimo della coscienza individuale, fatta onesta e retta dal pensiero religioso, colui che si eleva in questo pensiero e con umiltà riconosce le sue debolezze e ne chiede la divina assoluzione attraverso la confessione, non può che essere una creatura perfettibile; come sarà un buon cittadino, un buon soldato e, trattandosi di una donna, una buona sposa e una madre modello. La confessione va intesa dunque come un'elevazione a Dio, non già come un'abitudine; una persona pia si confessa per migliorarsi e non per scaricarsi d'una colpa in cui domani può ricadere fatalmente, se i proponimenti non saranno tenaci e sinceri. A renderli tali contribuirà anche la sapiente guida d'un sacerdote che del suo ministero ha fatto un apostolato di bene.

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Uomini e donne sono addetti oggi in pubblici e privati uffici, svolgendo un'opera che va a profitto dei commerci, delle industrie, di Enti a Istituzioni di ogni genere. Per mille rivoli questa operosità si dilata nella Nazione, organizzata attraverso il lavoro disciplinato e costante d'innumerevoli individui d'ambo i sessi. Che cosa sarebbe se questo esercito civile non avesse il senso della propria responsabilità a agisse macchinalmente, senza entusiasmo, senza serietà d'intenti, senza spirito d'iniziativa e di disciplina? Ben misero sarebbe il rendimento, mentre oggi è al rendimento che si mira, e, ogni impiegato rappresenta un capitale che la ditta assuntrice considera fruttifero in ogni sua ora di lavoro. Perciò a ogni persona che copre un impiego si richiede buona volontà, serietà, onestà, capacità. Queste doti morali non disgiunte da intelligenza, vanno accompagnate da un aspetto esteriore dignitoso e decoroso, da buona educazione, da un tratto gentile verso i colleghi e verso tutti quelli con cui l'impiegato deve mettersi a contatto, non venendo mai meno al rispetto e alla deferenza che deve ai suoi superiori. La donna va detto che porta quasi sempre negli uffici il sorriso della sua gioventù e talvolta il dono della bellezza, due virtù apprezzatissime e della quali non le si chiederà certamente di spogliarsi; vi porta anche quella vivacità che mitiga l'aridezza del lavoro burocratico. Tuttavia porre in eccessivo rilievo e con arti accentuate ció che natura benevolmente ha concesso, non è compatibile con la dignità del lavoro, nè si deve dar libero corso al temperamento frivolo e garrulo femminile quando occorre invece svolgere l'opera propria nel raccoglimento e nel silenzio. Sobrietà dunque in tutti e in tutto: nel parlare, nel gestire, nel muoversi, nell'abbigliarsi. Moderata confidenza fra uomini e donne, non fuorviarsi in relazioni sentimentali. Compiere il proprio dovere coscienziosamente, esser fedeli agli orari, rispettare gli altri per esser sempre rispettati.

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La beneficenza come si fa modernamente, ha basi più ordinate e più pratiche di quelle d'un tempo: mira a sollevare non dal bisogno d'un giorno soltanto, ma a creare organismi che diffondano per un esteso raggio la loro protezione. Chiunque può cooperare a quest'opera risanatrice; lo può prestando l'opera sua, la sua assistenza morale, se le possibilità finanziarie fanno difetto. Per beneficare il prossimo che soffre e lenire tante miserie sparse nel mondo, occorre essere compresi di vero amore per l'umanità che soffre, ed esser mossi non da ambizioni, ma da veraci sentimenti di pietà cristiana. Un profondo concetto di umana e solidale fratellanza dovrebbe consigliare la rinuncia alla soddisfazione immediata dell'io gretto e meschino. La beneficenza per chi è ben dotato è un dovere: meno sperpero per le cose futili, più generosità quando si tratta di far del bene. Chi può non neghi mai un soccorso anche individuale: forse esso può salvare una creatura, ridarle la fede e I'amore per la vita. Se qualche volta si sbaglia nell'aiutare, non sarà quell'errore che deve indurire i cuori e inaridire le fonti della generosità. Chi cerca una forma di attività per manifestare le sue doti più belle sappia beneficare; è una delle soddisfazioni più pure, una delle occupazioni che possono riempire la vita di chi ebbe per sua ventura un'esistenza felice, non soggetta alle lotte che per dura legge costringono molti a pensare soltanto a sè. Fra le varie manifestazioni d'indole mondana, vogliamo accennare alle fiere di beneficenza a cui uomini e donne partecipano, ispirati dal loro desiderio di far del bene. Perchè tali iniziative riescano veramente proficue, occorre che vengano organizzate con saggio criterio, raccogliendo cospicue adesioni e richiamando l'interessamento di persone che se ne occupino con serietà, dedicandovisi con passione. Gli organizzatori devono diramare copiosi inviti fra le loro conoscenze. Accludere il biglietto a pagamento significa imporre l'acquisto che non è sempre di lieve sacrificio; meglio accordarsi a voce e consegnare quel certo numero di biglietti che ciascuno alla sua volta può offrire ad altri. Si pensi inoltre che in tali vendite bisogna conquistare e allettare i compratori: si offra perciò non soltanto roba insignificante, ma qualche oggetto che tenti, che sia di buon gusto e non ingombri troppo. Pochi si sottrarranno alla dolce insistenza delle gentili venditrici. Ogni signora e signorina ha l'obbligo di allestire per la fiera benefica alcuni doni, e son sempre preferibili graziosi lavori, ninnoli, oggetti eleganti e originali. L'ambiente ove la manifestazione si svolge sarà gaio e festoso; indicatissimi nella buona stagione i giardini, i parchi ombreggiati con spiazzi verdi. I banchi di vendita saranno ornati con fiori e foglie, in modo da attirare lo sguardo dei visitatori. Di solito si serve il tè che va curato in ogni particolare; tavolini ricoperti di vivaci tovagliette con vassoi ben forniti. E saranno le partecipanti a preparare quanto occorre, in modo da limitare le spese e lasciare più margine di guadagno. Così per le decorazioni dell'ambiente; chè lo scopo consiste nel realizzare molto denaro, e se invece molta parte se ne va in fumo per l'allestimento, meglio è risparmiare la fatica e il disturbo.

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Vogliamo ammettere che non sempre il giudizio altrui sia conforme al vero, chè, noi stessi, contribuiamo spesso a fuorviare le indagini di chi ci osserva, per la nostra indiscussa abilità di apparire come a noi piace; ma affermare che ciascuno di noi sia così acuto e sereno insieme da sapersi conoscere intus et incute, è davvero avventato. Qualcuno dirà che per conoscersi esteriormente basta uno specchio. Eh si, lo specchio dovrebbe essere veramente reale e spietato giudice, spegnitoio delle illusioni a venti come a quarant'anni; ma come si spiega allora che tante persone, varcata l'età della giovinezza, continuino a considerarsi nella pienezza dei loro verdi anni a si vestano si acconcino come, se le primavere trascorse non contassero? Negli uomini ciò accade meno sovente, ma nelle donne è cosa comune. Stranezze di signore fatticce e robuste che affrontano impavide il severo esame del prossimo nei lidi eleganti, nelle sale splendenti di luci, nelle strade affollate sotto la luce del sole. Con lo specchio che non ha segreti per nessuno, si dovrebbe andar cauti nel seguire certe mode, lasciarle alle leggiadre silfidi che possono tutto permettersi. Ma l'animo umano sa indulgere verso se stesso e non vuole ammettere che la natura e gli anni siano ostacoli insormontabili alle sue aspirazioni. Poichè la moda è un fattore innegabile per il conseguimento di un'apparenza giovanile, si segue la moda e tutti i suoi artifici, s'adattino o no al nostro fisico e alla nostra età. Eppure un esame spassionato, un'indagine obbiettiva come sarebbe utile ai fini dell'estetica fisica quanti errori si eviterebbero, quanto ridicolo si eliminerebbe, e la personalità umana cesserebbe di essere il facile bersaglio delle critiche e del sarcasmo che disgraziatamente sanno colpire proprio nei punti deboli colui o colei che potrebbero invece meritare rispetto e simpatia. Nell'Ordine morale, l'esame a ancor più difficile. Infatti non esiste uno specchio che riproduca esattamente Ia bellezza, l'altezza, la pochezza, le deficienze dell'animo umano. Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima; oh, così fosse: quante anime belle si dovrebbero annoverare sulla terra che di occhi belli ne possiede a iosa, distribuiti in volti incantevoli, affascinanti, ammaliatori. Tre aggettivi, tre sinonimi, ma ne vorremmo conoscer venti, per ripetere venti volte la stessa lode. No, gli occhi non sono lo specchio dell'anima, e se mai lo fossero, non servirebbero a chi ne è il legittimo proprietario. Specie la donna se si sofferma a rimirare suoi occhi, lo fa unicamente per renderli ancor più belli, non certo per studiare la sua anima, la sua coscienza, le sue qualità spirituali. Questo studio è pochissimo praticato, per verità non soltanto dalle donne; pure vi capiterà sovente di sentir dire: « ah, io mi conosco bene - chi può conoscermi meglio di me? - io solo mi conosco - », e così via. Ma se tutti si conoscono così a fondo, perchè così pochi approfittano di questa conoscenza per migliorarsi, per abbellirsi all'interno come si tenta di abbellirsi all'esterno? Gli è che ciechi di se stessi se ne contano in cifre astronomiche e per essi vale la massima evangelica della pagliuzza vista negli occhi del vicino e della trave non vista nei propri. Una persona intelligente può, se vuole, arrivare a conoscersi: è un'impresa difficile, abbiamo già detto, che richiede riflessione, chiarezza d'idee, sensibilità. Voi v'imbattete certe volte con persone di una goffaggine incredibile, che parlano, agiscono in modo da urtare i nostri sensi e vi stupite che non se ne avvedano. Sono esseri privi di sensibilità, di spirito critico, che mai hanno pensato a gettare uno sguardo sul loro io. Si ignorano e restano tutta la vita nella loro ignoranza. Non hanno neppure lo spirito d'imitazione, che potrebbe, sotto un certo aspetto, salvarli dal loro primitivismo. Chi si esercita nell'indagine o nell'auto-indagine, sempre più allarga la visione di se stesso e accresce la sua capacità di migliorarsi. Perchè a nulla varrebbe conoscersi, se insieme non si fosse animati dalla volontà di correggere le proprie manchevolezze, di vincere la propria natura, di sfuggire anche le tristi occasioni, se non ci si sente ancora fortificati abbastanza per superarle vittoriosamente. Anche ciò fa parte del saper vivere, e abbiamo voluto concludere la nostra riassuntiva esposizione riguardante l'individuo nei suoi contatti col mondo, invitando i lettori all'esame esteriore e interiore di se stessi; perchè non basta sapersi ben comportare verso gli altri, ma è importantissimo essere a posto con sè medesimi, per procedere sicuri e consapevoli nel cammino che dobbiamo percorrere.

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E poichè i giovani uomini seguono questo indirizzo con molta disinvoltura, le giovani donne si uniformano al trattamento che viene loro fatto: vuoi per quello spirito d'imitazione che nelle figlie d'Eva è sempre latente, vuoi per non sembrare impacciate e aver l'aria di formalizzarsi a ogni parola o a ogni atteggiamento un po' spregiudicato. Questa semplificazione di rapporti rende certo più agile, più svelta la vita; tempo da perdere in cerimonie ve n'è infatti limitatamente, e in genere sono atteggiamenti fugaci, consuetudini che si verificano in raduni dove regna un'atmosfera di socievolezza e d'intimità. Non dispiacciono quando vi si accompagna la purezza delle intenzioni, e vogliamo pure ammetterla. Ma la disinvoltura delle maniere può benissimo conciliarsi con il garbo, con il rispetto, con una certa finezza di rapporti che stabiliscono ugualmente fra uomo e donna la cordialità senza violare le leggi della cortesia. È molto comodo da parte degli uomini, godersi la compagnia di belle e graziose figliole, di simpatiche signore, e non darsi alcun pensiero su ciò che può essere ammesso o no in loro presenza nel modo di comportarsi. Una volta essi avevano i loro circoli dove trascorrevano le ore di svago ed escludevano la donna per non imporsi noiose restrizioni. Adesso i circoli di soli uomini sono frequentati da vecchi signori che si limitano a leggere il giornale o a fare una partita al biliardo. Uomini e donne amano divertirsi altrimenti, all'aria libera, dove si gioca e si balla. Nulla da obiettare; ma un po' di ritenutezza reciproca non guasterebbe e restituirebbe alla donna molto del suo prestigio.

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Si dice generalmente, a forse da taluno si crede, che i nostri vecchi in altri tempi, avessero « maggior religione » di noi. Ma è poi vero? Era veramente religione quella che si ostentava dai nonni, famosi recitatori di rosari, frequentatori assidui di processioni e di funzioni solenni, ma capiscarichi quanto, e più di noi, e giocatori impenitenti e insopportabili egoisti? O non era piuttosto e semplicemente un abito, un obbligo di società, inerente a un certo rango, e necessario per essere considerati persone per bene? Chi possiede una vera, una fervida e sincera fede, può dirsi fortunato. È questo un tesoro che non dipende dalla nostra volontà; un tesoro inesauribile che sostiene e conforta, che rende capaci di tutte le virtù, che allevia tutti i dolori, ma che rifugge da ogni falsa e ipocrita ostentazione. Se la fede è davvero sincera, davvero pura, essa non ispirerà nè l'intolleranza nè il formalismo meschino e sofistico. Essa sa comprendere tutto e tutto perdonare; fa sentire che la Divinità, perchè perfetta, compatisce tutte le imperfezioni. La religione deve insegnarci a pregare. Molti pregano con le labbra, pochi con l'anima. Vi sono certe preghiere, e sono forse le più efficaci, che non hanno bisogno di parole per essere espresse. Basta uno slancio fervido del pensiero, basta un atteggiamento di rassegnazione della nostra anima. La prima rivelazione della Divinità deve esser fatta ai fanciulli dalla madre, ed ecco la necessità che la donna conosca Dio. Nella casa in cui della madre e quella del figliolo si trovano in comunione tenera e intima, Ia madre parlando al figlio dell'Ente creatore e ordinatore di tutte le cose, getterà salde basi di una fede destinata a diventare nei suoi anni più maturi e meno lieti suo conforto e sua salvezza.

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Ma pure, non sembra anche a voi, o lettori, che non tutte le conseguenze del vivere sociale e civile, debbano essere accettate fino all'estremo limite al quale riesce a certuni di spingerle? Ogni cosa, ogni principio, ogni istituzione, può venire esagerata e falsata; e non v'è esagerazione e falsatura nel modo d'interpretare i doveri sociali da parte di un buon numero di persone? L'uomo si unisce ad altri uomini per averne appoggio, conforto, aiuto. Da qui il sorgere di molti doveri, alcuni dei quali di assoluta giustizia, altri di pura cortesia. Sì gli uni che gli altri devono essere adempiuti. Ma giungere fino al punto di smarrire e distruggere per la società la propria indipendenza, la personalità propria; giungere fino a imporsi una quantità esuberante di doveri, di convenzioni, a rinchiudersi entro una rete inestricabile di obblighi, di riguardi, di fatiche, il cui adempimento, in fin dei conti, non giova ad alcuno, la cui trascuranza non arreca il menomo danno; giungere a farsi schiavi di un tiranno che non esiste se non nella nostra fantasia, confessiamo, passa il segno. Eppure vi è chi arriva a tanto. Vi è chi della vita di società, del « gran monde » si crea non un sollievo e uno svago ragionevole, ma una vera tirannia. Anzitutto, vediamo, che cosa è « il mondo ». Il mondo non è se non quello che noi vogliamo che sia. Ci si tolga dal capo l'idea che esso possa o voglia in qualche modo tiranneggiarci. Il potere di questa misteriosa divinità è tutto fantastico e immaginario. Mostrate di riconoscerne la potenza, di temerlo, esso vi si imporrà; trascuratelo, fate vedere che non vi curate di esso, se non per quel tanto che v'accomoda, ed esso non si accorgerà nemmeno che voi ve ne allontanate. Il mondo, in verità non padroneggia se non chi vuole essere padroneggiato. Vi sono persone e più precisamente donne alle quali le cure severe della famiglia, la sorveglianza più attiva dell'educazione dei figlioli, l'andamento della casa non impediscono di frequentare a tempo e luogo, feste, teatri, ritrovi, non impediscono di esser citate come modelli di eleganza, di buon gusto, di spirito. Pure esse non hanno mai trascurato un dovere, nè commesso un'imprudenza, nè compromessa la propria salute, come accade a chi vi s'immerge, dimenticando se stesso, in quello strano e tirannico mondo che abbiamo detto. Così dicasi per gli uomini che, professionisti, commercianti, impiegati, attendono alle cure della loro professioni, dei loro commerci, dei loro impieghi e sanno in pari tempo vivere in società. Bisogna sapere equilibrare il proprio dovere col proprio piacere, delibare il meglio dalla vita di società, trovarvi un pascolo intellettuale, uno svago gradito. È il superfluo, il di più. Ma la vita vera, la vita di ogni giorno, di ogni ora non è quella; come il nutrimento vero del nostro essere fisico non può consistere e non consiste in vivande d'eccezione o in liquori inebrianti.

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Accogliere alla nostra tavola persone che per la loro qualità non possono che onorarci, è un piacere: ma perchè questo piacere sia completo, occorre che i padroni di casa abbiano previsto tutto, sicchè la gioia dello stare a mensa in buona compagnia venga gustata a pieno da tutti i convitati, senza alcuna ombra. I pranzi di cerimonia oggi sono rari e se non vogliamo chiamarli così, diciamo pranzi d'importanza, per occasioni che possono presentarsi talvolta. Come per i ricevimenti, chi invita non trascurerà nessun particolare affinchè l'armonia della mensa e dell'ambiente riesca completa. La decorazione della tavola sarà fatta con gusto, gusto che non s'insegna, perchè è cosa innata in una persona, ma può sorgere con l'osservazione. I padroni di casa assegnano a ciascun convitato un posto che si adegui alla sua qualità, mentre nessuno deve pensare di esser sacrificato. Se il pranzo è dato in onore di una persona per circostanze particolari, ad essa la precedenza. Ovvero alla persona che riveste una carica importante o a quella verso cui si hanno speciali obbligazioni. L'età dà diritto alla precedenza, non meno che i meriti personali. Bisogna alternare una donna con un uomo; marito e moglie non si mettono vicini; i giovani vanno messi in fondo. Due fidanzati si mettono uno accanto all'altro. Il posto d'onore è a destra della padrona di casa.

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Davanti a ogni commensale si pone solo un piatto; a destra cucchiaio e coltello, a sinistra la forchetta. Un bicchiere per l'acqua e una serie di bicchieri corrispondenti ai vini che si serviranno. Fra un commensale e I'altro si lascia un certo spazio, affinchè si possa avere libertà di movimento. I piatti vengono cambiati a sinistra a un'altezza conveniente. Prima viene servita la signora che sta alla destra della padrona di casa, poi quella che sta alla sua sinistra, indi le altre, e si termina servendo la signora e le sue figliole. Infine si servono i signori, a cominciare da quello che sta alla destra della padrona di casa. I vini si servono a destra. Con i vini più fini non si riempiono completamente i bicchieri. L'acqua sarà sempre a disposizione del convitato. La minestra deve coprire appena il fondo del piatto. Quando il commensale ha finito di mangiare, la persona addetta al servizio ritira non solo la fondina, ma anche il piatto di sotto, sostituendoli subito con un piatto caldo. La minestra viene presentata una sol volta; le altre portate due volte. In un pranzo d'importanza come in un elegante pranzo fra amici, i liquori non si servono a tavola, ma in salotto, ed è la padrona di casa, aiutata dalle sue figliole, che serve i ospiti.

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A tavola si deve tenere il corpo eretto, cioè non voltato più da una parte che dall'altra come avviene talvolta nelle piacevoli conversazioni fra due vicini. Il curvarsi mangiando e posizione scorretta. I gomiti debbono esser tenuti aderenti alla vita, giacchè il movimento delle braccia può disturbare il commensale vicino. Quanto al fare piccoli bocconi per evitare il goffo aspetto delle guance piene, e al masticare a bocca chiusa, a sorbire la minestra senza far rumore sono regole elementari che s'insegnano ai bambini, i quali fatti grandi non dovrebbero mai dimenticarle. Il tovagliolo va posato sulle ginocchia piegato in lungo; finito il pasto non lo si ripiega. Quando il tovagliolo è di piccolo formato, come oggi si usa, lo si tiene a fianco del coperto, servendosene soltanto per asciugare lievemente le labbra. Il coltello non si porti mai alla bocca. Non si prende mai il sale col coltello, ma con l'apposito cucchiaino.Il pane si rompe con le mani, a piccoli pezzi, e mai col coltello. Non servirsi del coltello per cibi che non lo richiedano (frittate, crocchette, verdure, gelatine, budini, cervella, paste asciutte; in una parola, cibi molli). Il cucchiaio non dev'essere troppo pieno e si porta alla bocca dalla parte longitudinale, anzichè dalla punta. Nel cucchiaio non si soffia. Per il pesce vi sono posate speciali in argento o altro metallo, ma non sempre sono usate. Quando non ci sono bisogna adoperare soltanto la forchetta, aiutandosi con un pezzetto di pane tenuto dalla mano destra. Come a un ricevimento, a una riunione mondana ove ci siano molti invitati, così in occasione d'un pranzo tocca ai padroni di casa dirigere le conversazioni e mantenere sempre animata e brillante la mensa. Occorre che tutti partecipino per quanto è possibile ai discorsi che si fanno, sicchè ognuno presti il suo interesse e contribuisca ad alimentarli con qualche arguta parola, con qualche intelligente osservazione. Se il pranzo è stato approntato col sistema dei tavolini separati, si sarà provveduto a distribuire i convitati con avvedutezza, riunendo le persone giovani e quelle meno giovani per una più facile intesa. La decorazione di questi piccoli tavoli può dar luogo a originali trovate, ed essi si prestano specialmente per i pranzi danzanti, lasciando vuoto il centro della sala mentre le mense sono collocate lateralmente.

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Fra la data del fidanzamento e quella delle nozze può intercorrere un periodo di parecchi mesi come di qualche anno; ma i fidanzamenti a lungo metraggio, cari alle famiglie d'un tempo, non vanno più. Si confacevano ai tempi in cui si esigeva che lo sposo avesse già una «solida posizione» e la sposa avesse cucito con le sue mani, almeno sessanta camicie e trenta paia di lenzuola. Il giovane che ama una ragazza, cercherà con tutte le sue forze di mettersi in grado di provvedere alla nuova famiglia e, a matrimonio avvenuto, si sentirà maggiormente spronato a raggiungere un effettivo benessere materiale. Non vi è bisogno di dire, data la premessa fatta, come la sorveglianza che i parenti eserciteranno sui due giovani, sarà discreta e per nulla imbarazzante. I fidanzati, ripetiamo, sono autorizzati a far qualche gita insieme, a partecipare a raduni sportivi, a far visite familiari, affiatandosi in modo da intraprendere senza urti e senza divergenze sensibili di abitudini e di idee la vita in comune. D'altra parte essi eviteranno quelle manifestazioni esteriori che lasciano adito alle critiche e agli apprezzamenti poco benevoli di chi è, per sistema, disposto a trovare il male dove non esiste. Una fidanzata dovrebbe astenersi dal frequentare feste, balli, dal concedersi svaghi con quelli che furono i suoi compagni di ieri. La sua vita ha preso un altro indirizzo e le abitudini goderecce vanno abbandonate. Per contro anche il fidanzato è tenuto a dimostrare alla sua fidanzata quell'attaccamento che lo ha indotto a presceglierla fra tutte.

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I testimoni vengono interpellati a parte e l'accordo è naturalmente verbale: di solito esso avviene parecchio tempo prima delle nozze, e si cerca che le persone siano piuttosto rappresentative, giacchè i nomi dei testimoni vengono di regola fatti negli annunci che appaiono sui giornali e dànno tono alla cerimonia: c'è chi tiene anche a questo. Ovvero sono persone legate alle rispettive famiglie da vincoli d'amicizia o da interessi comuni e spetta ad essi fare un vistoso regalo. Gli inviti alle persone che parteciperanno al matrimonio si faranno almeno quindici giorni prima, a voce o per iscritto, secondo i rapporti che corrono fra gli invitati e gli invitanti: così i primi avranno il tempo di far sapere agli interessati se possono o no accettare, e nello stesso tempo prepararsi a intervenire in vesti adeguate all'importanza della cerimonia. La partecipazione di nozze, diremo così generica, viene invece mandata, o nello stesso giorno delle nozze o una settimana prima. Veramente l'anticipo alquanto notevole suppone l'intenzione da parte di chi partecipa di far conto su un dono... Ma ciò è scusabile, in quanto vi sono amici o conoscenti che si riterrebbero offesi se non ricevessero a tempo l'annuncio, desiderando fare omaggio a tempo opportuno o di fiori o di regali. La partecipazione più distinta consiste in un doppio cartoncino bianco, litografato: a destra l'annuncio è dato dai genitori della sposa, a sinistra dai genitori dello sposo. Quando la coppia ha superato l'età giovanile - il che non è raro che accada o uno degli sposi è vedovo, l'annuncio - non sempre necessario in questi casi sarà fatto con la formula più semplice: X o Y oggi sposi; la data,la città, l'indirizzo. La bomboniera viene generalmente spedita nello stesso giorno del matrimonio, e si manda a chi ha fatto un presente, anche di fiori, poichè i fiori s'inviano alla vigilia o nel mattino in cui le nozze avvengono. La stessa bomboniera può essere spedita uno o due giorni dopo, ed è inutile dire che essa rappresenta un gentile ricordo, per cui sarà graziosa e di stile moderno, improntato al gusto della sposa che, in quasi tutta Italia, assume questa spesa, assieme a quella delle partecipazioni, della cerimonia, del rinfresco e della colazione. Lo assume almeno in via ufficiale, qualora non le sia consentito e provveda invece lo sposo. Sempre in tema di bomboniere, sono pressochè in disuso le piccole coppe d'argento; oggi ve ne sono di originalissime in materia plastica d'una bella trasparenza, talune in tartaruga - almeno all'apparenza - o in legno o in rame ed anche in pergamena. Le piccole coppe di vetro sono pure cadute in disuso, la loco fragilità non era infatti un buon auspicio per la coppia novella. Con le bomboniere si accompagnano minuscoli bigliettini recanti i nomi di battesimo dei due sposi.

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L'invito è fatto per iscritto, quando non si ritenga opportuno, per il tono più intimo del ricevimento, rivolgerlo a voce. In questo ciascuno si regola secondo il proprio intendimento. La riunione può aver luogo in un albergo, ma se la casa si presta, sarà la sposa che accoglierà con i suoi genitori le amiche e gli amici a un tè nel pomeriggio. Le serate di ballo richieggono un tono sfarzoso, giacchè se vi è una festa danzante che esiga dovizia di fiori, di rinfreschi, di servizi perfetti, di raffinata signorilità questa è proprio il classico ballo di nozze, riservato alle grandi famiglie. I genitori e la fidanzata ricevono gli invitati ed è superfiuo dire che la futura sposa è al centro di ogni omaggio: sono queste le circostanze in cui le tradizioni di cortesia e di ospitalità trovano il modo migliore per manifestarsi, e la grazia di una donna può emergere con semplice disinvoltura, in una cornice festosa, appena lievemente compassata. Per un tè di nozze, la tavola avrà delicate decorazioni floreali, prevalentemente candide. Il trattamento sarà ricco e raffinato. Non mancheranno lo spumante e i confetti. A un ballo il trattamento esige ricco assortimento di vini spumanti, gelati, dolci, bibite, oltre a un buon assortimento di vivande fredde. Solitamente questi trattamenti, anche se si svolgono in case private, sono affidati a grandi alberghi che provvedono a tutto secondo il « protocollo », mettendo a disposizione i camerieri per il servizio.

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Il padrino è tenuto a fare un dono al neonato: se si tratta di stretti parenti, un dono pratico e sempre gradito, può consistere in un libretto di banca, intestato al battesimando. Più comune e il dono della posatina d'argento che il bambino userà quando sarà in grado di mangiare le prime pappe. Ovvero il presente può consistere in una tazza d'argento con piatto presentati entro un astuccio. Si può donare anche una catenina d'oro con medaglietta recante incisa la data del battesimo. La madrina può regalare al neonato qualche indumento pel suo corredino, l'abito da battesimo, ad esempio, la copertina o un finimento elegante per la sua prima uscita a passeggio. Anche la carrozzina è un dono gradito quanto costoso che il padrino o la madrina possono fare. Alla mamma, il padrino reca pure il suo presente, che può consistere in un mazzo di fiori, in una pianta fiorita o una scatola di dolci: non è tenuto a fare doni costosi o d'importanza. La madrina e le amiche in genere, possono presentare alla puerpera graziose cosucce destinate al neonato, eseguite con le loro mani: saranno fini indumenti ricamati o eleganti giubbetti a maglia. Padrino e madrina debbono un dono in denaro alla levatrice (denaro che sarà consegnato in busta chiusa), una regalia alla balia da latte o asciutta. Tocca al padre del neonato compensare il sacerdote e il chierico.

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Ma se prevale il gusto dei doni... profani, l'orologino da polso è sempre molto gradito a un fanciullo e un piccolo braccialetto per la ragazzina, o una catenina con medaglietta recante l'incisione della data; come pure riuscirà grato a una giovanetta il, dono d'un paio di orecchini con una piccola perla. Per ragazzo, la penna stilografica è molto indicata. Ma eccoci alla parte più importante di questo argomento. Cresima e prima Comunione sono oggi due cerimonie che si celebrano nello stesso giorno, e il bambino o la bambina, benchè in età che non supera i sette od otto anni, devono possedere un'istruzione religiosa accurata. S'impone quindi la necessità di far seguire assiduamente ai fanciulli le lezioni di catechismo, impartite nelle rispettive parrocchie o in un istituto religioso. Le famiglie debbono attribuire in dovuta importanza a questi riti che s'imprimono nella mente dei ragazzi, ispirando in essi il vero senso di un sacro raccoglimento. Solo in tal modo le loro anime saranno comprese del valore spirituale che i Sacramenti rivestono nella loro giovane esistenza. Le famiglie del resto ritrovano in questa primaverile cerimonia la gioia e il commosso misticismo degli anni più belli, i genitori e i parenti più stretti un riflesso della loro anima infantile. La madrina per le femmine, il padrino per i maschi sono scelti generalmente fra le persone di casa: zii, nonni, ovvero fra gli amici che gradiscano di assolvere tale ufficio. In Chiesa, se il contegno dei cresimandi e sempre tale da suscitare commozione in chi assiste piamente alla cerimonia, irreprensibile del pari dev'essere il comportamento dei parenti e degli invitati. Chi accompagna sta dietro ai fanciulli a segue la funzione, ripetendo le preghiere liturgiche che il sacerdote pronunzia. Talvolta anche i parenti si accostano alla Comunione, ed è una pia usanza, grata ai fanciulli. Per gli inviti alla cerimonia e al rinfresco che segue si mandano biglietti scritti a mano. La famiglia prepara inoltre delle immagini su fine cartoncino con il nome stampato dietro, la data della cerimonia e qualche parola di ricordo. Le immagini vengono distribuite a tutti gli invitati, ai conoscenti e parenti. Quando i bimbi vengono istruiti in comunità, presso un istituto, è nel refettorio del medesimo che essi vengono raccolti intorno a una tavola ben preparata. Viene loro servito il caffelatte o la cioccolata con dolci; al posto d'onore siede il sacerdote istruttore. Lo stesso dicasi per le bambine quando vengono istruite in un educandato. Quando è la famiglia che offre un rinfresco, oltre il padrino, la madrina, gli intimi s'invitano anche i piccoli amici dei cresimandi e comunicandi. Se i padrini invitano a colazione i loro figliocci, i genitori di questi invitano i padrini stessi per il pranzo. I comunicandi e le comunicande debbono avere gli onori della mensa. La tavola è decorata con fiori immacolati. La lista semplice e delicata, si compone di vivande svelte e leggere. La giornata della Cresima e della prima Comunione, dev'essere per i bambini di dolce raccoglimento e non di eccessiva soddisfazione della gola o di esagerato spasso.

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I primi a esser nominati sono i parenti più prossimi, con diritto di precedenza alla vedova. Le persone che partecipano ai funerali devono esser puntuali all'ora designata. La famiglia abbrunata scende all'ultimo momento, seguita dagli amici, indi si forma il corteo che procederà composto fino alla Chiesa. Un contegno improntato a gravità d'espressione e correttezza di vesti è la norma più elementare che il partecipante deve imporsi. Lungo il percorso dalla casa alla chiesa, gli uomini procederanno a capo scoperto. I bisbigli, i discorsi futili, i volti indifferenti o distratti sono un penoso spettacolo in un corteo funebre. Dopo la cerimonia religiosa, si recano al cimitero le persone legate alla famiglia da stretti vincoli di parentela e di amicizia. I lutti hanno la seguente durata: Per la morte del marito o della moglie: un anno di lutto grave, caratterizzato da vesti di un nero opaco. Sei mesi di nero normale. Sei mesi di mezzo lutto. Per la morte dei genitori o dei suoceri: sei mesi di lutto grave e sei di nero. Per la morte di un figlio o di un fratello, di un genero o di una nuora: sei mesi di lutto grave e sei mesi di mezzo lutto. Per la morte di uno zio o di un cugino o di un cognato: quaranta giorni di nero. Per un parente di secondo grado: quaranta giorni di mezzo lutto. Carta da lettere e biglietti da visita saranno listati in nero con bordature più o meno larghe, secondo la gravità del lutto. S'intende che durante il lutto grave non è permesso andare nè a teatro ne a riunioni mondane. Chi riceve visite può, se crede, ricambiarle a lunga scadenza.

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Lo sposo dovrebbe regalare gli orecchini e l'orologio da polso, se le sue condizioni permettono, altrimenti si limiterà a più semplici e meno costosi oggetti, studiandosi di indovinare le predilezioni della sua futura sposa. Egli avrà già presentato alla stessa, in occasione del fidanzamento, l'anello della promessa. Qualche fidanzato di gusto sceglie una montatura artistica e una gemma colorata, ma a sempre la moda che regola questi particolari, e il giovane non mancherà d'informarsi in proposito. I regali delle rispettive famiglie degli sposi saranno proporzionati al grado sociale e alle possibilità delle stesse. Le sorelle e i fratelli regalano un piccolo gioiello moderno, di quelli che si possono portare tutti i giorni. Ogni dono dovrà essere accompagnato dal biglietto da visita del donatore. La giovane sposa offre un ricordo alle sue damigelle d'onore, ai futuri cognati a alle future cognate. Al fidanzato donerà qualche oggetto di valore che gli ricordi in seguito quell'ora gioiosa: bottoni per camicie, cifre in oro, in argento e smalto, medaglietta portafortuna e altre fantasia eleganti e di moda. Lo sposo regalerà la borsetta, il portacipria, profumi e fiori. Si usano anche i regali utili, i ninnoli che poi serviranno ad abbellire la dolce casa. I doni che si fanno in occasione di onomastici sono di due specie: doni imposti da relazioni formali, ove non entra il sentimento, ma solo il dovere di ricordarsi alla persona festeggiata, e allora il campo è ristretto, giacchè nulla autorizza alla libertà d'un dono di valore e per sua natura intimo. Generalmente soccorrono i fiori, in questi casi, grandi mazzi, splendidi mazzi di fiori, costosi come gioielli, talvolta, oppure vasi con piante rare o fiorite. Si può variare, donando un libro, la novità libraria, d'una certa importanza. Alle donne piacciono i romanzi; se si vuol fare buona figura, quanto a sostanza, non mancano i libri omnibus, vale a dire voluminosi e costosi. Agli uomini possono piacere i romanzi, ma anche libri politici, storici, di attualità in generale. Il marito, se può, donerà alla moglie un gioiello, e sarà sicuro di far cosa oltremodo gradita. In compenso la moglie gli offrirà... una cravatta, una giacca a maglia, una camicia di seta. Si sa che gli uomini amano le cose pratiche, e la signora ha il borsellino sempre sguernito (per la tircheria del consorte, ella dice). Talvolta il marito dona anch'egli oggetti utili; qualche paio di calze di seta, ad esempio, una pelliccia, una bicicletta. È la signora che dà il nome di utili a questi oggetti. Ella poi non sottilizza se sono più o meno costosi. L'amica donerà un gingillo; sarà una graziosa ceramica, un vaso per fiori, una cartella da scrittoio, una tovaglietta da tè ricamata. A un uomo si regala l'immancabile penna stilografica, la matita a più colori, la racchetta da tennis, l'orologio da polso, i bottoni da camicia, un borsellino, un portafoglio.

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Era pur facile, anche ieri, donare a una donna una scatola di dolci, un fiore, un profumo; ma oggi, a parte l'altezza dei prezzi di questi doni, un uomo, insistendo su queste galanterie d'altri tempi rivela di mancare di immaginativa. Non è forse vero che quello che piace alle bionde, alle anime allegre, alle persone posate, non è quello che piace alle brune, alle anime ombrose o superstiziose, ai temperamenti vivaci e irrequieti? Più che far qui un elenco di possibili regali, elenco altrettanto inutile quanto incompleto, vorremmo dire a chi legge, d'iniziarsi un poco all'interpretazione del mistero delle cose inanimate, come si fa per i fiori, e insieme studiare un poco la persona cui il dono è destinato. Vi accorgerete così che le cose effimere convengono ai nervosi, agli irrequieti, a coloro che si stancano presto di quello che posseggono, mentre le cose durevoli si addicono agli spiriti calmi, ordinati, conservatori, attaccati ai beni di questo mondo. Non affidate agli oggetti di metallo; alla materia rigida - eccettuato forse l'oro - la parte di esprimere un sentimento personale. Affidate i vostri sentimenti al cuoio, capace di conservare più a lungo l'invisibile pensiero che vi ha guidato; alle sete morbide, ai gingilli graziosi... Ammenochè non vi sembri che un quadro, una stampa, un libro siano di maggior gradimento ai vostri amici o alle vostre amiche.

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E se al posto di un uomo o di una donna, ci è venuto il ticchio di collocare, in immaginazione, un angelo, non dovremo prendercela con altri che con noi stessi, quando saremo costretti a convincerci che di angeli, su questa terra, non ve ne sono se non fra le statue e le pitture. Perchè mai, se siamo ragionevoli, positivi, guardinghi in tutte le altre circostanze della vita, in questa così importante del matrimonio ci lasciamo per solito abbacinare tanto facilmente dall'immaginazione esaltata, e ci compiacciamo per tal modo di formare da noi stessi, la nostra infelicità avvenire? Nessuno forse al mondo, nel periodo del fidanzamento, oserebbe confessare a sè, e tanto meno agli altri, che l'essere al quale sta per unirsi possa, pur essendo buono e stimabile; avere anch'esso i suoi difetti. Interrogate quanti promessi sposi vi capitano sottomano, a questo proposito, e sentirete che coro di entusiasmi, che enumerazione di tutte le perfezioni. Se ci si potesse credere, ci sarebbe davvero di che rallegrarsi e ricredersi circa la poca stima che si ha del genere umano. Quante volte non avviene di pensare durante quei fantasiosi colloqui, ricamati di lodi e di entusiasmi: costui o costei non vede e non capisce nulla, oppure parla così per darla a intendere.... Tanto il ritratto che veniva fatto di lei o di lui assomigliava poco alla realtà; tanto esso era esageratamente abbellito. Quanto sarebbe più ragionevole e più prudente al tempo stesso, cercare nella persona amata, non un angelo, non un essere perfetto, immaginario, ma semplicemente l'uomo o la donna. L'uomo con le sue qualità e i suoi difetti, la donna con le sue virtù e le sue inevitabili debolezze. Poi giudicare se le qualità sono tali da far sopportare i difetti, se le debolezze siano di quelle che si possono e si debbono perdonare. E una volta che la ricerca e lo studio, fatti coscienziosamente, una volta che la questione posta fosse risolutamente e nettamente decisa, allora sì, non si avrebbero più a temere le dolorose e amare delusioni del dopo. Chi non ha qualche difetto? Chi è uguale alla perfezione? Nessuno. Chi non si sente la forza e la virtù di sopportare i difetti dell'uomo o della donna dopo le nozze non sarà mai una buona moglie o un buon marito. Non si pretende, chè sarebbe ingiusto, che un essere dal carattere formato, anche se giovane, dalle abitudini contratte mentre era libero di sè, cambi e si modifichi interamente dopo il matrimonio. Non v'illudete che la compiacenza e la sopportazione rivelate nel periodo del fidanzamento possano durare a lungo anche dopo. Senza premeditazione, senza quasi che uno se ne accorga, a poco a poco, si ridiventa ciò che si era; i difetti rifanno capolino, le passate abitudini ripigliano il sopravvento. Ma se ognuno avrà ben studiato prima del matrimonio il futuro compagno, ciò non potrà sorprendere nè sgomentare e si sarà tolleranti, senza che perciò i meriti reali del marito o della moglie scompaiano o si offuschino, senza che l'affezione e la felicità d'entrambi venga alterata.

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L'uomo anche più sinceramente affezionato, non giunge mai ad eguagliare o per meglio dire a capire, tutte le mille e una facce dell'affezione muliebre. Egli, senza nemmeno sospettarlo, urterà la suscettibilità di colei che ha fatto sua; risponderà ridendo a una osservazione rivolta magari col cuore palpitante, e accetterà senza farne caso un'attenzione che forse è costata insistenti pensieri, e cure minuziose, e meditati riguardi. Allora, dolorosamente sorpresa, la donna chiederà a se stessa: È questo lo stesso uomo già così gentile e premuroso? È egli cambiato? Non mi ama forse più? No, egli non è cambiato, egli ama sempre; ma l'evoluzione inevitabile, fatale segue il suo corso; il carattere primitivo riprende il sopravvento, la illusione ottica dei primi tempi di matrimonio va dissipandosi, e mentre da un lato i difetti affiorano, accade dall'altro che si incomincia a vedersi l'un l'altro quali si e in realtà, non quali ci si era compiaciuti a foggiarci nella nostra immaginazione. Giacchè voi pure, che leggete queste pagine, voi pure senza avvedersene, vi siate fatta meno affettuosa, un po' meno amabile... Egli non è più la conquista recente, lo sposo di un mese; è vostro marito, vale a dire una proprietà sicura, legittima, che non vi può sfuggire. Insensibilmente, senza cessare di amarlo, vi siete data meno cure di piacergli. E se con gli estranei fate sfoggio di spirito, di gentilezza, accade talvolta che non troviate una parola nè un sorriso quando siete a quattr'occhi con lui. Ed egli pure se ne accorge. Ma il male previsto e già mezzo rimediato. Per ciò che riguarda i vostri propri difetti, signora, il mezzo di rifarsi è facile, ed e interamente in mano vostra. Sorvegliatevi, tenetevi d'occhio, di continuo, come facevate nel tempo in cui eravate fidanzata. Allora il desiderio di piacere sempre più al vostro promesso faceva sì che di giorno in giorno eravate in realtà più amabile, non solo verso di lui, ma con tutti; studiavate i gusti, le preferenze di lui, in tutte le più piccole cose. Sacrificavate non solo senza rimpianti e senza brontolii, ma con vera compiacenza, i vostri gusti ai suoi, le vostre abitudini alle sue; eravate fiera, felice di uniformarvi, non dirò alla sua volontà, giacchè egli non esprimeva volontà, in quel tempo, ma ai desideri che vi riusciva di indovinare prima quasi che egli li avesse nettamente formulati. Ora vediamo, dunque, potete asserire di essere ancora la stessa, di avere ancora questo fuoco sacro che vi riscalda e vi esalta? Al vostro acume, alla vostra sensibilità, non solo la risposta, ma la conseguenza pratica della risposta stessa. E non dubito che una volta fatta accorta del cambiamento avvenuto nei vostri modi, voi vi adoprereste con tutto l'ardore di un cuore amante e leale, a rifare la strada percorsa inconsapevolmente, e ritornereste a mostrarvi tanto graziosa e gentile, quanto lo foste già da fidanzata. Per quanto riguarda i difetti del marito la cosa è alquanto più complicata. È bensì vero che fino a un certo punto i difetti e le virtù degli uomini sono opera nostra, e che, secondo un antico proverbio arabo « la moglie buona fa il marito buono », ma sempre fino a un certo punto e non più in là. Ci sono certe asprezze di carattere che non è in nostro potere di eliminare, ci sono certe lacune nell'educazione maschile che è troppo tardi ormai per correggere; vi sono in complesso mille piccole macchie in quel nostro sole che sul principio avevamo creduto sì splendido e puro. E ne soffriamo, e c'irritiamo, e ci sembra quasi di essere state ingannate, e spesso ce ne lamentiamo amaramente. Il lagnarci non solo non giova, ma nuoce, e l'irritarci accresce il male, invece di porvi rimedio. Non c'è che l'affetto e l'indulgenza, quell'indulgenza inesauribile che l'affetto soltanto è capace d'inspirare, che possano accomodare le cose. E tu, uomo, abbi pei difetti di tua moglie un po' d'indulgenza, e amala tanto. Ti sarà così meno difficile sopportare quei difetti, e chi sa, forse finirai per non soffrirne più. Più sarai indulgente e disposto alle concessioni verso tua moglie, in tutto ciò che non cede realmente la dignità dell'uno o dell'altro, più le sacrificherai un po' delle tue abitudini occupandoti di lei, accettando le sue predilezioni, e più acquisterai influenza nell'animo di lei. Ella sarà meglio disposta a darti retta in qualche circostanza più grave, se dovrà convenire che non sei nè prepotente nè contraddicente per carattere nelle piccole cose. La compiacenza giornaliera si può considerare come una moneta spicciola, in cambio della quale possiamo talvolta pretendere una grossa moneta d'oro.

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La donna entra per tutto; oltre a ciò che essa opera direttamente, essa ispira, domina, dirige la massima parte delle azioni umane. Ora, un grande potere implica una grande responsabilità; ed ecco perchè l'espressione che chiama il compito della donna nella famiglia e nella società una missione, non è punto esagerata. Così la si considerasse davvero da tutte le donne, sempre, come una missione sacra, la parte loro toccata nel mondo! Così ci si dedicassero sempre tutte con lo slancio e l'abnegazione che essa richiede! Vi sono certi sacrifici tanto grandi, che nessuna gioia terrena varrebbe a compensarli; vi sono certe azioni così generose, che ogni lode umana svanisce al confronto e perde. E però quei sacrifici, quelle azioni generose non hanno bisogno di lodi o di dolcezze terrene; il loro compenso lo trovano nella propria grandezza. In essa si compiacciono e si ritemprano. Chi dice donna dice sacrificio. Vedete, nella grande opera della riproduzione, la natura ha dato alla donna la sofferenza e il pericolo. Non ci lagniamo della nostra parte; appunto perchè dolorosa e pericolosa, essa è la più nobile. E come la natura, così, inconsciamente forse, così, forse fatalmente, agisce la società. Per solito, almeno, tutto ciò che è gloria, fama, splendore, è retaggio del sesso forte; a noi toccano più spesso i sacrifici ignorati, e pur tanto dolorosi, le delusioni, le trepidazioni, i rimpianti. Ma, ripeto, non ce ne lagniamo. Quanto più arduo e doloroso il compito, e tanto più meritevole; tanto più in esso, in esso soltanto, nel suo adempimento, dobbiamo pretendere di trovare un compenso degno di noi. Sposarsi, sapete che cosa vuol dire? Vuol dire impegnarsi a far la felicità di un uomo, oggi che la felicità, o per colpa dell'uomo, o per colpa dei fatti - non occorre ora indagare - par diventata un mito. Sposarsi, creare una famiglia, crescere dei figlioli, educarli, impegnarsi a fondo per la loro felicità e sostenere per essi un'opera indefessa. Ma noi lo sappiamo: la vita è lotta, è sofferenza, è vittoria. E chi combatte può dire di vivere. A i fiacchi, che « mai non fur vivi », « a Dio spiacenti ed ai nemici suoi », sono votati alla dimenticanza e al disprezzo. Si guarda e si passa senza curarsene. La donna, la moglie è oggi realmente la compagna, la metà dell'uomo, chiamata a dividerne tutte le vicende, fauste e tristi, a dividerne le fatiche, a pigliarsi la sua parte di responsabilità e di gloria di tutte le sue intraprese. La maggiore educazione, la vita più pratica e più libera, di una saggia e regolata libertà, che si concede ora generalmente alle nostre fanciulle, le mette in grado di affacciarsi con la coscienza della propria importanza alla vita di sposa e di madre. Se i doveri sono gravi e molti, molta è la loro forza. Se arduo è il compito, inesauribile è il loro calmo coraggio. Giacchè esse sanno che non è tutta rose la vita; e che deponendo il serto di fiori della fanciulla per assumere il velo pudico della sposa, esse rinunciano a tutto ciò che è gaia spensieratezza, e vivacità e cambiamento; sanno di dover dire addio a tutti i sogni, pur tanto ridenti e soavi della loro prima giovinezza, e contentarsi di una realtà che, per quanto bella, non ha mai l'attrattiva del sogno. I doveri di una moglie sono gravi, senza dubbio, ma essi recano con sè un premio di valore inestimabile, che nessuna donna indegna potrebbe acquistarsi, la pace familiare, la stima del marito, l'accordo e l'armonia reciproche. Cesare Cantù afferma; «La moglie saggia ed economa sostiene il marito in tutti i suoi buoni proponimenti, può, incoraggiandolo, dolce e serena, farne spiccare i pregi, può, col proprio esempio, fortificare in esso quei buoni principî che sono seme delle virtù più praticamente vantaggiose ». Ma ecco come essa esplica questi doveri. Ferma e attenta, vigila la sua casa, lavorando con indefesso spirito di amore e di sacrificio, a crearvi quell'atmosfera di sicurezza e di riposo in cui al marito si adagia, ben sapendo che non troverebbe l'eguale in alcun altro angolo del mondo. Sia il marito in un ufficio di amministrazione o abbia un posto di comando in un'industria o in una casa di commercio, la moglie deve sapere quanto valore abbia agli occhi del superiori e a quelli degli inferiori la cura del vestire e della persona. È un segno di dignità che piace e impone rispetto e a lei tocca mantenerlo. Così pure ella non deve ignorare che disordine nel bilancio domestico, l'aver debiti conta moltissimo nella considerazione in cui è tenuto il marito e può pesare non poco 40. Il tesoro nel progresso della sua carriera. Perciò non sarà mai che il marito faccia meschine figure per colpa sua; e si industrierà ad amministrare con criterio le rendite che rappresentano il frutto della sua fatica. La brava moglie non deve esser vana. Deve far di tutto per riuscire elegante, allorchè si presenta a suo marito, ma badi che quell'eleganza nulla abbia di vano e di affettato. È suo obbligo rispettare il nome dell'uomo che è padre dei suoi figli e rifuggirà dal gettare su di esso una macchia, un'ombra che lo abbassino o lo facciano apparire ridicolo. In caso di infermità, a lei spetta di curarlo, prodigandogli assistenza fisica e morale. Se per qualsiasi ragione vengano a mancare al marito mezzi e lavoro, e la moglie è in grado di provvedere al suo sostentamento, come vuole il codice e come vogliono le leggi dell'umana solidarietà, fortificata dall'amore, adempierà quest'obbligo come tutti gli altri che ha accettato di sua spontanea volontà.

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Irta di difficoltà la vita moderna, e l'uomo che si è formata una famiglia in età ancor giovane, oltre che a provvedere ad essa con decoro deve pensare a progredire nella sua carriera, qualunque sia la professione che esercita o l'impiego o l'arte o i commerci o I'industria cui dedica la propria attività, Non può esistere un connubio felice, se questa legge che impegna l'uomo a provvedere ai bisogni della famiglia è capovolta. L'autorità del capo della famiglia è in dipendenza diretta della responsabilità che ha assunta di mantenere la donna sua e i figli nati da tale unione; se il marito cessa dalla sua funzione e la moglie deve sostituirlo, l'equilibrio su cui poggia l'edificio familiare viene a mancare, spostandosi sul lato più debole. L'uomo viene a esser menomato delle sue prerogative agli occhi del mondo e nell'intimità della casa; si aprono le breccie al disaccordo domestico, ai dissapori piccoli e grandi il cui peso grava specialmente sui figli. Condizione prima quindi per il buon andamento della vita familiare è che il marito ne abbia saldamente in pugno il governo e adempia coscienziosamente al suo obbligo. Spetta alla moglie esser la distributrice saggia delle rendite che rifluiscono dal lavoro maritale, e di questa saggia distributrice la lode più bella si può trovarla nelle pagine della Bibbia, nei sacri Proverbi. Viene esaltata non solo per la puntualità con cui risponde ai suoi doveri familiari, ma altresì per il modo con cui amministra quel denaro guadagnato col sudore della fronte di un uomo. Così si legge nel libro sacro: « Una donna forte chi la trova? Assai maggiore delle perle la sua rarità e il suo pregio. Si affida a lei il cuore del suo sposo, nè glie ne manca il vantaggio: poichè ella gli rende gradimento e non disgusto in tutti i giorni della sua vita. Ella cerca la lana e il lino, e li lavora con la gioconda maestria delle sue mani. Ella somiglia alla nave del mercante che viene di lontano, carica di pane. Innanzi giorno ella si alza per preparare i cibi a quei di casa, liberi e servi. Ella pensa a ciò che occorre per i suoi campi, e con l'opera delle sue mani sorveglia la vigna, cingendo in ciò di fortezza i suoi fianchi, e invigorendo le sue braccia. S'ingegna e prova in ogni modo ad accrescere le sostanze domestiche, nè a questo effetto estingue di notte la sua lucerna. Piglia la rocca nelle sue mani e fa prillare il fuso con le sue dita...» È la vita familiare. Prosegue: «Non teme nella sua casa il rigore delle nevi, perchè a tutti i suoi provvede gli indumenti. Ben noto, per grave consiglio, è suo marito, fautore di tal benessere, allorchè siede fra gli anziani del paese... Menzogna è la grazia, vanità la bellezza, solo la donna saggia è degna di lode; datele vanto al cospetto di tutto il popolo ». Nella semplicità tutta propria dei libri santi, in quelle parole è tracciato il programma che due coniugi devono proporsi di seguire legando le loro vite e i loro destini.

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Attratto da queste forze, l'uomo verrà a noi, come il bimbo va alla madre, chè il saper leggere nell'animo di chi si ama infonde una sicurezza di comportamento così palese da ispirare la più grande confidenza. Una donna comprensiva sa infondere coraggio nell'uomo, sa snebbiargli l'animo del pessimismo inumano, sa fargli brillare dentro il raggio della speranza, scuotere, se occorre, la sua prostrazione col risveglio dei desideri. Tutte le donne dovrebbero essere un poco psicologhe: ma purtroppo fra tante cose che si insegnano alle ragazze, non si insegna a studiare, a interpretare la varietà dei temperamenti. Il tempo della promessa, per la superficialità dei rapporti, è insufficiente a conoscersi bene: bisogna quindi che la giovine sposa si applichi a questa scienza essenziale per la sua felicità, dal domani delle sue nozze. Se ama con tenerezza, l'amore faciliterà il suo compito: se è soltanto affezione tranquilla che la lega al suo compagno, la calma del suo spirito può aiutarla nell'indagine proficua. L'anima virile si rivela facilmente nelle sue luci e nelle sue ombre tra le pareti della casa, e colei che ama, che vuol essere amata, non ha che accordarsi con quella. Si vede talvolta una coppia di sposi di carattere affine essere infelice per mancanza di reciproca conoscenza intellettuale e morale: e molte volte invece due sposi d'indole opposta furono felicissimi, perchè seppero regolarsi in guisa da compensarsi a vicenda. Non sempre un uomo è portato ad appalesarsi, a rivelare i suoi gusti, le sue predilezioni. Talvolta gli manca anche il tempo per abbandonarsi alla confidenza; la moglie sollecita saprà indovinare, non soltanto le cose essenziale della vita spirituale, ma anche quelle più semplici, riguardanti l'esistenza materiale. La vita di due coniugi è fatta d'intimità, tutto è condiviso nella cerchia ristretta dell'ambiente domestico, il sonno e i pasti in comune, le sieste riposanti, le ore liete e quelle tristi. E non è trascurabile, ad esempio il bisogno di quiete che può provare un uomo, rincasando, dopo una giornata attiva. V'immaginate il disagio che egli risentirà se invece del silenzio, dell'ordine, della calma a cui aspira, la moglie vivace e irrequieta ha intorno gente estranea che non si decide ad andarsene, ovvero giungono dalla cucina i rimbrotti e le querimonie che la signora stizzosa muove alle sue persone di servizio, quando non sono i bambini che strillano e si accapigliano fra loro. E vi sarà l'uomo che si accontenta di tutto quando siede a tavola, un po' per amor di pace, un po' per distrazione, un po' per il regolare funzionamento del suo stomaco; ma nella maggior parte dei casi questo suo stomaco ha delle esigenze, preferisce cibi semplici, o alquanto complicati nelle manipolazioni, gradisce la varietà, certe primizie di stagione, è goloso in una parola. La moglie che non si preoccupa di cogliere a volo queste, chiamiamole pure debolezze del marito, apre il varco ai calamitosi contrasti che hanno per sede l'epigastro del coniuge. E se per contro si studia di allestirgli gustosi cibi, quante dolci sorprese riserba a colui che non a torto giudica esservi della poesia anche nelle delicatezze culinarie,

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Fate che l'ordine, l'ordine vero, non già l'immobilità,regni sempre intorno a voi. Fate che nulla, nè sulla vostra persona nè su quella dei vostri figliuoli, nulla in ciò che vi circonda, possa offendere e disgustare anche il gusto più delicato. E poi non rifuggite dal ricevere qualche amica, qualche conoscente nella stanza in cui v'intrattenete a lavorare, in cui giocano i vostri bambini; non rifuggite dal lasciarvi sorprendere mentre rattoppate un paio di calzettine, a cercate di accomodare un giocattolo rotto, o fate i conti della spesa. Generalmente, una moglie, nel distribuire ai vari usi le diverse stanze, non tiene molto conto dei gusti e dei bisogni del proprio marito. Non si pensa che il medesimo, tornando a casa dall'ufficio o, se è commerciante dal suo negozio, se è nell'industria dallo stabilimento, se è insegnante dalla scuola e via dicendo, possa desiderare di mettersi in libertà, far ciò che vuole, fumare e sdraiarsi sopra un sofà, lasciare sul tavolino carte, lettere, appunti senza il timore che glieli nascondano col pretesto di mettere in ordine. Non dirò in tutte le case, ma certo in molte case, il padrone non può disporre veramente, in piena libertà, di nessun locale. Gli è permesso di vestirsi e spogliarsi nella camera da letto, ma col patto che non lasci nulla sulle seggiole, che non insudici, che non metta nulla in disordine. In salotto non deve metter piede, se non in occasioni di visite e rimanervi come un ospite qualunque. Gli è concesso per vero dire, penetrare là dove la moglie lavora e i figliuoli giocano, ma oltre a esservi anche lì molte restrizioni, come può un uomo riposarsi dalle occupazioni della giornata, concentrarsi se ha bisogno di scrivere o altro, in mezzo ai ragazzi, fra gli andirivieni di questo o di quello, i discorsi, il chiasso dei figli? Si dirà che gli appartamenti oggi hanno un numero limitato di locali e nemmeno troppo ampi; che una stanza di più importa un enorme canone d'affitto, e una famiglia modesta deve accontentarsi dello stretto necessario, in un periodo così difficile e di crisi acuta degli alloggi. Tutto ciò è giusto, ma a parte il caso di famiglie agiate che coi vecchi contratti dispongono di appartamenti comodi e accoglienti; si osserva che spesso, molte fanno sacrifici per conservare un salotto. Non sarebbe più opportuno dedicate, questo locale all'uso di cui sopra, e chiamatelo studio, stanza da fumo o di soggiorno, come volete? Esso è certamente più necessario del salotto. E sia vostra cura ornare questa stanza con discernimento, riunirvi tutto ciò che può contribuire al benessere di vostro marito, il comodo sofà, l'ampia poltrona, lo scrittoio, quelle minuzie, quei piccoli oggetti che la esperienza e l'intuizione amorosa v'insegnano contribuire a rendere gaia, gradevole, facile a un uomo la vita di casa. Perchè, non dimenticate, se noi donne, almeno in linea normale, siamo essenzialmente nate per la vita di casa, l'uomo invece, si può dire che per le sue tendenze e per la sua educazione, è fatto per la vita di fuori. E se desiderate, com'è naturale, che quest'uomo, divenuto marito e padre, si avvezzi e si affezioni alla famiglia e alla casa, e ci rimanga spontaneamente, volentieri, bisogna offrirgli il conforto necessario. Se all'opposto la casa non gli offre la metà degli svaghi e delle comodità che può trovare altrove, è naturale ch'egli infili l'uscio e se ne vada, allegando ogni scusa.

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A che cosa consacrano gli uomini il loro tempo, di che si occupano, se non degli interessi e del benessere materiale della famiglia? Ma curare questi interessi, provvedere a questo benessere non è faccenda da poco, e non è sempre gradevole e divertente. Infiniti sono gli urti, infinite le brighe alle quali va incontro l'uomo utilmente occupato. Ora lo rattrista l'insuccesso di un'impresa dalla quale si riprometteva rilevanti vantaggi; ora è stata fraintesa e sciupata una sua idea nobilissima; e la malignità ingenerosa dei malevoli, e l'ingratitudine dei più, e l'indifferenza, l'inerzia di tutti sono altrettante ferite per l'uomo intelligente, onesto e attivo. Di queste ferite, bisogna che egli si senta guarire nel varcare la soglia della casa. La casa deve essere veramente l'asilo sacro, ove nè crucci nè noie, nè malignità di fuori possono penetrare. In casa non deve regnare che un'atmosfera pura e serena; tanto più pura e serena quanto più cupe e minacciose sono le nubi che s'addensano di fuori. All'uomo affaticato, irritato, disgustato dalla lotta tormentosa della vita, la casa e la famiglia non devono offrire che riposo e sorriso. Si cerchi di risparmiare all'uomo che vi ritorna affranto da una lotta sostenuta il più delle volte per il bene della moglie e dei figli le piccole ma cocenti noie di un servizio mal fatto, di attriti magari con la suocera, di rabbuffi in sua presenza, di continue lagnanze; tocca alla moglie a far sì che il servizio proceda bene; a lei tocca prevedere a disporre, e assicurarsi che l'ordinato e il disposto venga eseguito a dovere. Tutto ciò importa molta attenzione, un po' di tempo e qualche seccatura. Ma sarà dolce compenso constatare che il marito non si accorge di certe difficoltà e di certi inconvenienti, che tutto scorre facile e liscio; merito della donna che si è addossata il non lieve carico di togliere ogni asperità dal suo passaggio.

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La maggior parte delle volte è la sposa stessa che, senza parere e forse anche inconsciamente, per innato rispetto di sè, per fine sentimento di dignità, induce il marito a trattarla sempre con i riguardi, la delicatezza, la deferenza che le sono dovuti. Con tatto squisito ella schiva il pericolo che la confidenza varchi i limiti segnati dalla finezza dell'educazione, che si manchi a quelle regole di cortesia che possono sembrare superficiali e che pure hanno grandissima importanza nella vita in comune, e che le parole e gli atti cessino di mantenersi rigorosamente corretti. Per molti uomini, la famiglia, sinonimo di casa, è quella che, dopo lunghe ore di costrizione materiale e intellettuale, ci concede non il riposo, come alcuno potrebbe asserire, ma la più incondizionata libertà. La libertà incondizionata, significa in tal caso il diritto di appendere all'attaccapanni il cappello e soprabito e di spogliarsi insieme di tutta la lustra di buone maniere che per certuni non è veramente che una verniciatura superficiale. E quando si abbia occasione di metter l'occhio in una di codeste case, si ha lo spettacolo penoso di un marito che, davanti alla moglie, se ne sta con quella disinvolta trascuratezza di vesti e di modi, che non si permetterebbe mai davanti a un estraneo: di una moglie che non si perita a rendergli pan per focaccia: di figlioli che, cresciuti a tale scuola, si comportano in conformità e, fra tutti, finiscono per dare alla casa un desolante aspetto di ambiente, nel quale ogni licenza, in fatto di maniere, è permessa. A parlare di buona creanza, c'e da sentirsi rispondere: «Si sa, fuori di casa non si deve mancare, ma in casa, evviva la libertà ». Vale a dire far ciascuno il comodo proprio, senza curarsi degli altri, senza riguardi d'alcun genere. Dare il giusto tono all'educazione che deve regnare nella casa, spetta alla donna, appunto perchè donna, cioè signora. Ed ella potrà riuscirvi, primo con l'esempio, poi con quella dolcezza persuasiva che non esclude la fermezza senza di che nessun governo può reggersi. Ciò non deve escludere la comprensione, di cui abbiamo già parlato a proposito della donna nei rapporti col marito. Il marito torna a casa affaticato, preoccupato, distratto; il suo pensiero in quel momento è lontano, assorto da chi sa quali cure. Gli si usa una gentilezza ed egli non l'avverte, gli si parla e non risponde a tono; siede a tavola, mangia malvolentieri e appena finito se ne va. Infierire su quest'uomo che manca, certamente, ma non per abitudine, bensì per cause che alterano il suo umore e il suo carattere, significa mancare di comprensione e di tolleranza. Più prudente e più generoso il compatimento nei momenti fatti incresciosi dalla gravezza degli affari, del lavoro, della professione. Se il marito è uno studioso, un intellettuale, ancor più deve esercitarsi in tolleranza paziente di una donna. Ella deve esser preparata a una vita particolare, fatta più di intime soddisfazioni che di piaceri. E queste soddisfazioni le deve cercare nel sentimento quasi di protezione, di aiuto, aiuto materiale e intellettuale, del quale il marito ha bisogno per non essere distratto dal suo lavoro e per riposare senza preoccupazioni dopo l'intensa applicazione. Su queste basi, nei diversi casi che possono presentarsi, si fonda la felicità dei due coniugi e dell'intera famiglia.

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Perfino nella bambina innocente e inconscia, si agita vago e misterioso un istinto, che l'induce a imitate le tenerezze materne all'indirizzo di una bambola inanimata; nella giovinetta in fiore dal cuore ancor chiuso alle passioni, quell'istinto trova il suo sfogo nelle cure amorose verso i fratellini e le sorelline non solo, ma verso tutti i bambini, anzi verso tutto ciò che sia piccolo e debole e bisognoso d'aiuto e di protezione. Provvido e benefico istinto che allevia ogni sofferenza, ogni sacrificio, e quasi rende immemori del dolore o del pericolo, a prezzo dei quali la donna acquista il titolo sublime di madre. Provvido e benefico istinto che alle bestie medesime suggerisce previsioni e precauzioni talvolta mirabili di senno e di prudenza. Ma se la vita semplice e conforme a natura degli animali, non esige altro che quelle precauzioni e quelle previsioni destinate ad assicurare resistenza e lo sviluppo della prole, quanto diversa riesce la cosa fra noi. La vita dell'uomo, la vita sociale e civile, s'intende, quante mai nuove difficoltà e necessità non ha creato: e come più complicato e delicato a un tempo non risulta il compito della donna, della madre! Un tal compito non è certo limitato al dar la vita ai figliuoli. Esso abbraccia tutte le cure destinate a rinvigorire il loro fisico, a formare il loro carattere, a far di loro tanti individui forti, buoni, utili a sè e al Paese.

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Le sole occupazioni che allettano sono quelle volte a preparare quanto occorrerà a quell'esserino che è in viaggio, che si adora prima ancora quasi che esista. In certi altri casi, più rari, per verità, accade l'opposto. La novella sposa, sul punto di divenir madre, non sa risolversi a rinunciare a quella vita o di lavoro o di godimenti mondani cui è abituata. E non vi rinuncia; sormontando, con un coraggio degno veramente di miglior causa, il malessere inerente al suo stato, voi la vedete apparire ovunque, sempre egualmente agghindata e vivace. Se è una lavoratrice, poco ella muta al suo solito tenore di vita. Questo vuol dire non sapersi preparare degnamente a divenir madre, non saper valutare i danni derivanti da certe imprudenze. Qui non è nostro compito trattare l'argomento della maternità e della puericoltura; vogliamo dire soltanto che una madre deve ai figli dedizione completa, e questa dedizione comincia appunto al primo palpitare della creatura nel suo seno. Così nell'ordine fisico come nell'ordine morale.

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Tutti i discorsi che non si riferiscono a quella vostra unica e diletta preoccupazione vi infastidiscono. Non sapete sopportare se non la compagnia di quelle persone che assecondano o incoraggiano coi loro discorsi la vostra passione appena sbocciata. È un'esagerazione anche questa; compatibile, rispettabile, commovente nel suo principio finchè si vuole, ma che, pur essendo tale, va controllata e frenata. Non temete che vostro marito, specialmente se giovane, vivace, avvezzo a una vita movimentata, si raffreddi a poco a poco a vostro riguardo, trovandovi tanto diversa da quel che eravate? Non temete che egli rimanga mortificato dalla indifferenza che gli dimostrate, che sia dispiacente della poca cura che avete per la vostra persona, che si annoi della vita troppo monotona che si trascorre in casa? Certo, il pensiero che egli sta per divenir padre, il pensiero della creaturina che verrà ad allietare la sua casa, dovrebbe bastare a compensarlo di tutto, a innalzarvi al di sopra di tutte le donne, a rendervi mille volte più cara, più preziosa al suo cuore: ma non sempre è così, ne si può esigere che sia così. Il cuore dell'uomo, per quanto buono, e delicato vogliamo figurarcelo, sarà par sempre meno capace di un cuore di donna a comprendere certe delicatezze, e soprattutto a contentarsene, pur sempre in fondo all'affetto di un uomo, anche se questo affetto è puro e profondo, un granellino di egoismo che fermenta e cresce, e finisce talvolta per dominare i migliori sentimenti. Fate che l'egoismo naturale alla madre non muti troppo, non renda poco meno che sopportabile la moglie. Vincete il malumore, la pigrizia inerenti al malessere, e siate sempre amabile e buona. Lungi dal divenire trascurata e sciatta nel vestire, abbiate della vostra persona una cura minuziosa e scrupolosa. Dacchè inevitabilmente questo stato rispettabile, altera temporaneamente anche le donne più belle, cercate di compensare ogni deficienza estetica col buon gusto l'ingegnosità del vestire, nell'acconciarvi. Anche le vesti da camera più comode e casalinghe, possono avere la loro eleganza e la loro leggiadria relativa. Non trascurate alcuna delle risorse che può offrirvi la toletta per rimediare alle forme poco aggraziate che va prendendo la vostra persona, al colorito opaco che assume il vostro viso.

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Ben grave è l'errore dei genitori che accampano i propri diritti a detrimento di quelli che spettano ai figli. Noi abbiamo avuto la nostra parte nel festino della vita; se i dolori non sono mancati nemmeno le gioie ci sono venute meno, per quella legge d'equilibrio che forma la base dell'esistenza. Essi, i figli, sorgono, noi fatalmente tramontiamo; d'anno in anno dobbiamo insensibilmente ritirarci per lasciare il posto alla loro trionfante giovinezza, l'egoismo dei figli è scusabile e umano, non così quello dei genitori che non trova giustificazione in alcuna legge umana e divina. Poi il tenero virgulto cresce e s'irrobustisce e appena esso comincerà a mostrare le sue qualità e la sua volontà di omino o di donnina, la madre dovrà mettere in azione quel delicato congegno di freni, che non dovrà mai essere coercizione violenta ma sottile opera di persuasione. E qui, prima ancora di parlare del problema educativo, non sarà fuori luogo ricordare che l'infanzia è sacra, alla donna di coscienza e merita rispetto. Eppure non pochi son coloro che in presenza dei fanciulli non si peritano di parlar di tutto, di far commenti, di lanciare frasi ardite, esclamazioni irriverenti: si narrano episodi salaci, barzellette di cattivo genere; si discute su ogni argomento: di religione, d'amore, di morale. E le orecchie ascoltano, recano per via dell'udito alla mente tenera l'impronta rude delle volgarità, delle miserie, dei pericolosi problemi dell'essere. Ascoltano e ritengono, poichè la profanazione della loro innocenza non è senza frutto; così si demoralizzano presto, si fanno anti tempo scettici, maliziosi, opportunisti. I buoni esempi additati dai maestri, le esortazioni dei genitori, i consigli dei buoni libri a nulla servono, se nella vita dimentichiamo di nascondere ai fanciulli le nostre debolezze, le nostre defezioni: se dimentichiamo il rispetto dovuto all'infanzia che deve corazzarsi di fortezza e di fede. I genitori dovranno dunque impedire che davanti ai bambini si tengano certi discorsi, si inizino certe discussioni, si scenda a certi scherzi, non solo, ma la madre vigilerà sulle persone di servizio,affinchè le loro parole e i loro atti nulla abbiano di sconveniente, e la vanità, la dissolutezza, la disonestà non si rivelino in azione ai fanciulli con la terribile efficacia dell'esempio. La madre è insostituibile e solo essa può plasmare nel miglior modo possibile una materia docile, nuova, vergine ancora d'ogni impronta. Plasmare e lottare contro ostacoli e tendenze che sono il prodotto della eredità, del temperamento, del carattere. Pensate che un piccino di cui la mamma si occupa con assiduità, intelligenza e amore, si sveglia dal torpore della vita animate assai prima di quelli che la mamma trascura e che sono affidati a cure mercenarie. Possiamo constatare tutti i giorni la grande differenza che esiste tra i nostri fanciulli e quelli delle campagne, le cui madri costrette a lavorare nei campi possono concedere ad essi solamente quel tanto di cure che basta alla loro esistenza materiale. Ma una mamma che vive tutte le ore con la sua creatura e ne vede l'intelligenza schiudersi giorno per giorno, insieme alle cure fisiche non deve mancare d'infondere col suo alito amoroso nella piccola mente i germi del discernimento, delle cognizioni rudimentali, del pensiero. La mamma è la prima, la naturale maestra, e non deve cedere questo suo nobile e geloso compito a nessuno. Giacchè non è ancora l'istruzione che deve conferire ma l'educazione, ma la luce dello spirito e la fiamma del cuore. Nessuno potrà farlo meglio di lei, giacchè ella sceglierà i momenti, approfitterà delle circostanze, si varrà dei giochi per imprimere nella piccola anima candida come una pagina vergine di scritto,le prime tracce dei più forti e nobili sentimenti destinati a dirigere la sua vita. « L'avvenire di un fanciullo è sempre I'opera della madre» diceva Napoleone. Infatti è lei che ha l'obbligo d'indirizzarlo al bene, di combattere le sue tendenze cattive, di aprire la sua intelligenza, e senza inasprirlo, senza affaticarlo soprattutto. Le prime nozioni, morali e intellettuali, devono esser date ed apprese per via dei giochi, nel corso di una passeggiata, soddisfacendo a una curiosità, non trascurando di far notare le conseguenze benefiche o perniciose d'una azione; limitando al puro necessario, al comprensibile per non affastellare spiegazioni e renderle inafferrabili alle tenere intelligenze. Coi bambini è bene usare un linguaggio semplice, un poco immaginoso, anche, come è il loro; nè mai lasciarsi cogliere in contraddizione o farsi vedere esitanti. Occorre una risposta pronta agli innumerevoli e terribili perchè, e che questa risposta sia sempre tale da appagarli, da lasciare in essi il solco di una nuova idea su quanto li circonda: e questa idea che diamo loro, sia la più approssimata al vero, la più lontana dal bizzarro e dal superstizioso.

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Saranno lettere brevi, vergate nervosamente fra una cura e l'altra della casa, dell'ufficio, fra l'ora dedicata allo sport e quella destinata ai divertimenti, ma chi riceve una di queste lettere ha davanti un documento, qualunque ne sia il contenuto, intimo e prezioso della persona lontana, un documento che metterà in grado il ricevente di conoscere a colpo d'occhio l'indole, il carattere, la cultura e la raffinatezza che quella persona ha raggiunti. Per questo una lettera, anche insignificante, anche informativa, dev'essere curata nella veste esteriore, precisa nella sostanza, semplice e chiara nella forma. Quanto più è spontanea e scritta di getto, tanto meglio una lettera rivelerà il carattere di chi ha saputo tradurre in poche linee il suo pensiero. La cortesia obbliga sempre a rispondere sollecitamente alle lettere che si ricevono; quand'anche fra queste ve ne fosse alcuna di persona sconosciuta o che recasse un disturbo, una seccatura. Scrivere una lettera a macchina è cosa abituale agli uomini d'affari; ma un uomo che scrive a macchina una lettera, se non proprio d'amore, amichevole, sentimentale, personale, non fa sempre piacere alla destinataria. Tanto meno fa piacere a un uomo ricevere da una donna alla quale tiene o per amore o per sentimento o per amicizia, una missiva dattilografata. Comunque, la persona che conscia della sua brutta scrittura adoperasse la macchina da scrivere, la renda accetta con una parola di giustificazione e di scusa e, naturalmente, finisca la lettera con firma autografa. La carta da lettere dovrebbe essere sempre bianca e semplice, non seguire i capricci della moda nelle tinte se non proprio per il formato. Nella lettera non si deve mai omettere nè la data, nè l'intestazione, nè il domicilio, che devono essere sempre scritti sull'alto della lettera stessa. Le lettere a persone eminenti bisogna siano scritte sulla così detta carta di rispetto; ed è necessario che siano concise, chiarissime e rispettose. In queste lettere non si scrive nella contropagina e si studia il modo di far contenere il tutto nella prima facciata. Le suppliche, i ricorsi, le lettere ufficiali, si scrivono su carta di protocollo, molto grande. Nell'intestazione delle lettere, scrivendo a parenti o amici si usano gli aggettivi che il cuore suggerisce. Scrivendo a un uomo, la signora non lo incarica di baci per la moglie nè per i bimbi; e nella firma lascia gli aggettivi. Nelle lettere di confidenza fra uguali, non si bada a formula di conclusione di sorta e si finisce come meglio pare e piace, non mettendo, subito dopo i saluti o le espressioni affettuose, la ripetizione di un « affezionatissima » davanti al nome. Nelle lettere di condoglianza bisogna esprimere brevemente i propri sentimenti. Così pure devono essere spicce le lettere di congratulazione. Le lettere d'augurio sono, generalmente una noia per chi le scrive e, qualche volta, anche per chi le riceve. Abbiano dunque il pregio della brevità; poche parole garbate e gentili. Accompagnando un dono, conviene scrivere con la massima delicatezza, senza far risaltare nè l'entità nè la pochezza del dono stesso. Quando si scrive per ringraziare, si deve lasciare libero sfogo al sentimento che vuol esprimere riconoscenza e tenerezza per la gentile prova di affettuoso ricordo. Ognuno poi avrà il maggior rispetto per le lettere altrui e si guarderà bene dal leggerle quando l'occasione ne offre la maniera. Le cartoline postali non si scrivono che a persone di confidenza e agli inferiori. Esse devono essere brevi e contenere appena quanto si desidera sapere o si vuol comunicare; non conterranno frasi d'affetto, se non formali, nè allusioni a qualche persona, poco riguardose o compromettenti. Una lettera di presentazione o di raccomandazione, va consegnata aperta alla persona che la deve recapitare, e in essa non devesi parlar d'altro che di chi si raccomanda. Meno epiteti si mettono sulla busta e meglio è; l'indirizzo sia chiaro e preciso, con il nome della via e il numero della casa, la città; qualora si tratti di un paese, non omettere la provincia da cui dipende.

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Che uomo e donna, nell'età felice della giovinezza, si trovino a contatto, animati da uguale fervore per sopportare prove e rischi che rafforzano il carattere e danno un senso di responsabilità, suscitando sentimenti generosi, caldi di entusiasmo, è bello, è utile, eminentemente educativo. Il pericolo risiede nell'allentamento, da parte della donna, del suo istintivo pudore; da parte dell'uomo nella confidenza verso il sesso che ha bisogno di una sua speciale aureola, per esser maggiormente apprezzato e desiderato. Vogliamo dire infine che abbattere le barriere esistenti fra uomo e donna, è socialmente un errore. Lo sport non deve prestarsi a questo errore, e chi può impedirlo, anzi chi deve impedirlo, sono le famiglie e più precisamente le madri. Con la ragione sportiva si permette troppo di frequente che un giovanotto e una ragazza si eclissino dalle case e compiano gite, ascensioni, partite di sci o di altro sport, talvolta in comitiva, talvolta a coppie. Le comitive organizzate sono da approvarsi, le coppie isolate non rispondono a nessun criterio sportivo. Quanto alle ragazze, esse, non devono tollerare dai loro compagni, nei vari esercizi sportivi che mettono fianco a fianco uomo e donna, familiarità eccessive, nè di linguaggio nè di gesto. Ciò non esclude che possano crearsi fra giovani e ragazze simpatie e queste simpatie si risolveranno felicemente, quanto più sarà stato il riserbo che la donna avrà saputo ispirare e a sua volta usare. Galateo e sport non sono in antitesi, ma come per ogni relazione mondana possono associarsi per rendere perfetti i rapporti che tutti gli sport favoriscono. A qualunque istituzione sportiva si appartenga, occorre osservare lealmente le regole statutarie, mantenere fra i compagni e le compagne correttezza di modi, come copra si è detto, gentilezza di maniere, solidarietà nella buona e nella cattiva sorte, senza distinzione di classe e di condizioni sociali. Lo spirito sportivo crea automaticamente questo senso di solidarietà,che talvolta si spinge fino al sacrificio della vita. E l'educazione sportiva deve mantenersi anche negli stadi - soprattutto in questi - quando le parti avverse, poste di fronte, sono chiamate a combattere lealmente, e trasgredire significa incorrere nelle più incresciose squalifiche. Nello sport della neve, l'eleganza non è da trascurare, ma in montagna la vera eleganza è costituita dalla comodità dalla solidità del materiale e dalla semplicità maschile della linea. Cadere sulla neve, specie per chi è nuovo allo sci, è l'incidente più comune che possa capitare. Bisogna far buon viso a cattiva sorte, ricominciar da capo con tenacia, con fiducia; l'esercizio e il coraggio sono indispensabili a chi vuol riuscire; infine si arriverà a stare in equilibrio, a percorrere le discese senza ruzzolare, arrivando in fondo in perfetto stile. Il tennis è uno sport completo, che esige potenza muscolare, precisione e velocità, perciò una tensione nervosa considerevole. È quasi atletico e richiede quindi una buona preparazione e molta sorveglianza, ma resta sempre il grande sport femminile. La donna che gioca a tennis può esprimersi liberamente, rivelando doti di sveltezza, di resistenza, di agilità; può sfoggiare qualità morali d'intelligenza, di volontà, di sangue freddo, che spesso occorrono per vincere una partita. La cortesia esige dai giocatori di classe che non insistano con accanimento su un colpo dubbio. In generale l'arbitro è un esperto giocatore, e conviene accettare il suo giudizio. L'equitazione ha regole d'etichetta particolari, ma infine esse possono generalizzarsi a qualsiasi sport, mutando naturalmente i termini, secondo la natura dello sport stesso. Una donna non dovrebbe mai andare a cavallo senza essere scortata da un cavaliere; è però ammesso che due donne cavalchino insieme. L'uomo sale a cavallo dopo che è salita la signora sua compagna e discende prima di lei, porgendole la mano per aiutarla. Se due uomini vanno a cavallo insieme, il signore anziano tiene sempre la dritta. Il cavaliere è sempre alla sinistra dell'amazzone, se si tratta di un domestico esso resta dietro di qualche metro. Il cavaliere saluta, passando il frustino alla mano sinistra e togliendosi cappello con la mano destra. L'amazzone saluta, chinando leggermente il capo.

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II dolore come la gioia, l'avvenimento infausto come l'avvenimento lieto sono stati costretti dalla società ad assumere un carattere e a sottostare a costumanze speciali. E il rito, sia di gioia che di lotto, è sempre solenne, accresce l'entità dell'evento che celebra, associando il nostro sentimento al sentimento altrui. Net capitolo « Lutti » abbiamo trattato l'argomento del funerali, qui accenniamo solo che al giungere delle partecipazioni, i conoscenti della famiglia possono mandar fiori, purchè non lo vieti l'estrema volontà della persona defunta. In tal caso si potrà devolvere la somma corrispondente a beneficio di qualche istituzione, quale omaggio alla memoria del proprio caro perduto. Nell'ora del funerale, alla porta della casa visitata dal dolore, vi sarà una persona incaricata di raccogliere i biglietti da visita di coloro che sono intervenuti o si son fatti rappresentare; ovvero vi sarà un registro ove ognuno apporrà la sua firma.

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