Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Quartiere Corridoni

216874
Ballario Pina 50 occorrenze
  • 1941
  • La libreria dello Stato
  • Roma
  • paraletteratura-ragazzi
  • UNICT
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Sarebbe comodo prenderlo per andare a scuola, quando nevica o piove. Ma le mamme dicono - Bisogna tenere in esercizio le gambe. Camminate, camminate. Oggi Mario è incaricato dall'oste di una commissione all'altro capo della città. L'oste gli ha dato un paio di lirette per il tram e il disturbo. La vettura è zeppa. Scendono due passeggeri e ne salgono dieci. Il bigliettario continua a ripetere: - Avanti, signori, avanti. È un problema aprirsi strada in quella calca di persone sospese alle maniglie. Appena si fa libero un posto a sedere, cinque, sei persone si precipitano per occuparlo. A spintoni Mario ne conquista uno e sta lì, duro, senza guardarsi intorno per non cederlo. Ma accanto a lui si dondola e oscilla ad ogni scossa una mamma con un bimbo in braccio. Sorridente, Mario si alza e - Signora, accomodatevi. Ecco un altro posto libero. Mario è svelto a sedere e pensa - Questo non Io mollo. Invece un vecchio avanza traballoni verso di lui. Sarebbe una vergogna lasciarlo in piedi. Mario di nuovo è su. - Bravo, ragazzo! - mormorano intorno. Anche senza queste lodi Mario si sentirebbe sodisfatto.

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A OGNUNO IL SUO MESTIERE - Queste matite non valgono niente! Te l'ho detto, mammina, di comprarmi i pastelli! - grida Nino a un tratto, scoppiando in lacrime. La mamma si avvicina al suo ometto e dà una occhiata ai fogli che il bambino straccia irosamente. - Che c'è? che c'è? Vediamo. C'è che Ninetto voleva dipingere il tramonto e ne sono usciti scarabocchi. La mamma sorride asciugandogli i lacrimoni. - Colpa delle matite, non è vero? Senti ora la storia della scimmia, dell'asino, del montone e dell'orso che avevano deciso di tenere un concerto. Comprano gli strumenti e cominciano a suonare in un bel prato. Tutti gli altri animali fuggono chiudendosi gli orecchi. - Ho capito perchè non va - dice la scimmia. - Bisogna metterci seduti. Siedono, provano di nuovo ed è lo stesso. Suggerisce l'asino - E se ci mettessimo in fila? Detto fatto. Ricominciano. Va peggio. - Cambiamo posto - propone l'orso, ma un usignolo trilla dall'alto - Se cominciaste invece a studiare la musica?

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Ora si comincia finalmente a lavorare. Il babbo sorride mentre ascolta. Caro papà! È un omone nero, fuligginoso per quel continuo vivere alla vampa. Ogni tanto tralascia di mangiare per covarseli, con gli occhi i suoi figliuoli. Come si sono irrobustiti Mario e Lucia in colonia! Erano partiti, l'uno per la montagna, l'altra per il mare, pallidi pallidi, ed eccoli in fiore, coloriti e robusti. Anche a Nino e a Ninetta hanno giovato i due mesi di sole e di aria aperta.

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A TAVOLA Per festeggiare il ritorno alla scuola, la mamma degli Altieri ha preparato un buon risotto coi funghi. A tavola siede oggi anche il babbo, libero del servizio e si informa come è andata. Bene. E in seguito andrà meglio. Ognuno farà il suo dovere. Durante le vacanze si sono divertiti, ma anche annoiati.

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GLI ANIMALI IN LIBERTÀ Piace a Nino e a Ninetta passare qualche pomeriggio in casa di nonno Andrea. Siedono in cortile e guardano gli animali. Le galline razzolano, si spollinano, sfaccendano. - Oh povera me, povera me! - sembrano dire, guardando il gallo che sorveglia, altezzoso - Riusciremo a preparare il pranzo? La chioccia - Ciò ciò ciò - chiama i pulcini a raccolta - ci ho il verme, ci ho. - E lo sminuzza, un pezzetto a tutti, badando che i più prepotenti non rubino ai più timidi. Ecco quel futuro galletto impadronirsi di un boccone maiuscolo e svolazzare via trangugiandolo, ma intanto si strozza e si punisce da sè dell' ingordigia. Il tacchino grida facendo la ruota e zampettando - Io, io, io, adesso vengo io! - Nessuno gli bada; nemmeno le oche paurose di tutto. Le oche si dondolano, grasse e pesanti come barchette - Qua qua qua - e non sanno dove andare, se qua o là. I passeresti bigi sì che lo sanno; scendono a sciami dal tetto e rubacchiano il becchime alle galline, mentre il maiale grufola affacciato al porcile - Gnuf, gnuf gnuf! che screanzati! Uf, Uf!

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Infatti sono esse le operaie che escono a fare provvista per riempire i magazzini. Eccone una che trascina un grosso fardello; ogni tanto si ferma a riposare. Una compagna accorre in suo aiuto; le dice: - Dai qui; l'unione fa la forza. - Altre due si fermano a conversare o a scambiarsi un ordine. Una quarta è venuta a portare il pranzo alla compagna perchè non perda tempo e la imbocca. Un insetto che Nino non conosce, si mette tra le due formiche e cerca di prendere la sua parte di cibo. - Se fosse la formichína della favola, direbbe come alla cicala imprevidente: «Il cibo bisogna guadagnarselo», ma questa formichina è più buona e non negherà l'elemosina all'affamato. Nino, consolato da questo pensiero, sorride.

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GIUSEPPE E I BURATTINI Giuseppe, il falegname, ha il suo laboratorio a terreno di una casa di via Cordarina. Il suo negozio odora di trùcioli, legno fresco, vernice e rèsina. I ragazzi vi sostano sempre volentieri. Quel vecchietto con la barba bianca, i riccioli candidi pettinati a onde, pare proprio San Giuseppe. Ama i ragazzi e i ragazzi lo amano. Quelli che hanno scelto falegnameria per le ore di lavoro a scuola, lo aiutano e cercano di rubargli il segreto del mestiere. Giuseppe fabbrica mobili: letti, armadi, sedie, cassapanche, scaffali e scrivanie. Fabbrica anche burattini eli dipinge; sua moglie li veste e li imparrucca. Dalle loro abili mani escono: Arlecchino con l'abito a scacchi, Balanzone in veste rossa e mantello nero, Pantalon dei Bisognosi con berretto e marsina, Pulcinella in casacchina bianca, Gianduia col tricorno e pantaloncini a mezza gamba, Colombina, Rosaura, il Re, la Regina, i paggi, i manigoldi, i banditi, i carabinieri. Tutto un mondo abita il negozio di Giuseppe.

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Dinanzi ad essi cammina a fatica, reggendo due pesantissimi secchi, un ragazzetto rotondo, sbuffante. Una parola d'ordine corre tra i Balilla: - Diamogli il gambetto! Facciamolo cadere! Detto e deciso. Alcuni tra essi, i più sbarazzini, si prendono sotto braccio e via! Proprio nello stesso momento il fanciullo si ferma: depone i secchi e leva il fazzoletto di tasca per asciugare la fronte sudata. I suoi occhi si accendono di invidia sui Balilla. - Beati voi, - dicono quegli occhi - beati voi che andate a scuola, che tornate dall'adunata! A me tocca lavorare. Qualcosa trema nel cuore dei ragazzi. Una voce interna domanda ad ognuno: - Ti senti degno della tua divisa? - No. Un'altra parola d'ordine corre tra essi, ma questa volta non hanno bisogno di scambiarsela. Un Balilla solleva, ridendo, i due secchi: uno lo tiene, l'altro lo dà a un compagno e dice al ragazzetto grasso: - Via, ti accompagnamo a casa. Facciamo un poco per ciascuno. Ora si sentono a posto nella divisa di piccoli soldati. La camicia nera non può essere indossata se non da coloro che nel petto albergano un'anima pura. MUSSOLINI

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Continua a camminare con il suo passetto leggero. Ha tanto da fare. Deve annaffiare i fiori, le erbe, le piante, gonfiare i ruscelli, i torrenti. Mentre mangia la zuppa di latte, Nino osserva le goccioline rincorrersi lungo i fili del telegrafo. Giocano a rimpiattino: ogni tanto si scontrano e precipitano. Un bambino piccolissimo avanza sotto il cupolone di un ombrello rosso all'angolo della strada. Pare un fungo; si vedono soltanto i suoi piedini. Si ferma alla grondaia e si diverte a udire lo scroscio dell'acqua sull'ombrello.

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I bambini quando andavano nel bosco a cogliere fiori e frutti selvatici, guardavano con sprezzo le fragoline verdi. Dicevano di esse: - Buone a niente! Invece trillavano di gioia quando scoprivano i lamponi. Le fragoline soffrivano, e un giorno se ne lagnarono con il Signore. Lo supplicarono: - Dai anche a noi dolce sapore e una bella veste rossa, festosa. - Sta bene - acconsentì il Signore - sappiate però che non avrete più pace e non troverete più sicurezza. Uccelli, formiche, bambini, saranno ghiotti di voi. Le fragoline accettarono con gioia il nuovo destino. La vita ha valore soltanto quando serve a qualche cosa.

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Un anno cade in marzo, un altro in aprile: ora ci fa grazia di un rimasuglio di inverno, ora ci regala a piene mani la primavera. A cominciare dalla Domenica delle Palme si è in festa al Quartiere Corridoni. I ragazzi tornano da messa, agitando trionfalmente i rami d'ulivo benedetto, li inchiodano sulla porta di casa contro il temporale, ne mettono una fronda accanto ai letti Le mamme incominciano la pulizia in grande e i figlioli danno loro una mano. Spazzano, spolverano, lucidano i mobili, sbattono in cortile coperte e tappeti. Da mattina a sera è dovunque un concerto di battipanni. Le case odorano di olio di noce, acqua ragia, candeggina, lavanda. Il Giovedì Santo i ragazzi visitano le chiese, quante più possono; bisbigliano preghiere dinanzi al Santo Sepolcro. Il Venerdì Santo è una giornata strana, triste, muta, solenne. Le campane tacciono. Lucrezia dice che sono andate alla Città del Vaticano a ricevere la benedizione del Papa per suonare a festa la Risurrezione. Infatti, il sabato suonano il Gloria con voce più chiara. I bambini corrono alla fontana della piazzetta e si bagnano gli occhi. In quell'istante tutta l'acqua è benedetta, come quella delle chiese.

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Persino il serpente a sonagli venne a Gesù, sonando una strana musica. La gallina non aveva che un uovo; il solito uovo dì tutti i giorni, e si vergognava a donargli una così povera cosa. Fosse almeno stato di zucchero o vivacemente colorato! Passò una fata di lì, una fatina vanitosa; udì i suoi lamenti e volle aiutarla. Ella avrebbe tuffato l'uovo nell'arcobaleno perchè gli rubasse i suoi bei colori, ma in cambio la gallina doveva regalarle le sue piume variopinte per la veste della domenica e i bargigli per una collana. Accettato e fatto. La gallina divenne una povera bestiola senza bellezza, ma l'uovo offerto a Gesù pareva una gemma. Da allora il giorno di Pasqua si regalano ai bimbi uova meravigliose di zucchero o di cioccolata per ricordare la gallinella buona che voleva bene a Gesù.

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LE LACRIME DELLA MADONNA Dopo la morte di Gesù, la Madonna si chiuse nella sua casetta a piangere e a pregare. Usciva quando il sole cadeva dietro le montagne viola. Allora saliva all'orto di Giuseppe dove avevano sepolto il suo figliolo e vi restava fino all'alba. Intorno al sepolcro crescevano rovi e spini come quelli che avevano coronato la fronte di Gesù crocifisso. La Madonna piangeva a ricordare la morte crudele dei suo Gesù. Piangeva tanto che i rovi si commossero; raccolsero tutte le lacrime della Madonna e le infilarono come perle sui loro spini. Il Sabato Santo, quando Gesù risuscitò da morte e la natura fremette di gioia, i rovi biancheggiarono sotto una nevicata di petali candidi. Le lacrime della Madonna si erano mutate in quei bei fiori che hanno nome biancospini. E ogni Pasqua tornano a fiorire.

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Le sue onde giocano a rincorrersi mattina e sera, sera e mattina. Le onde piccine sono buone, cantarellano a riva, infiocchettano di spuma la sabbia e gli scogli. Serbano il tepore del sole e lo regalano alla terra. I cavalloni sono cattivi, prepotenti, ingordi; guai se si infuriano! Inalberano il casco ornato di piume di struzzo come gli ammiragli e vanno all'assalto delle navi, guidati dal vento. I pescatori allora si affrettano a rientrare con le loro barche mentre le donne e i bambini li aspettano a riva sotto la pioggia e pregano il Signore di proteggerli tutti. Di solito è buono e tranquillo, il mare. Sembra una strada azzurra. Non divide le terre ma le unisce. Invita i bambini a cullarsi sopra le sue onde, i pescatori ad uscire con le reti. I bambini vi si tuffano, nuotano, respirano a pieni polmoni l'aria salubre. Ed hanno voglia di spingersi lontano lontano in terre sconosciute. Quanti di essi diventeranno marinai, navigatori? Insegna tante cose il mare!

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Anche Nino e Ninetta hanno voluto provare ed eccoli all'opera, ma sul più bello viene Milena a levarli di lì. Se li conduce a casa e li tuffa nei bagno. - Domenica, domenica! - canta Nino mentre Milena lo striglia con spazzola e sapone. Domenica i Balilla e le Piccole Italiane del suo Gruppo andranno in collina a vendemmia. Tutta una giornata all'aperto, nelle vigne, a cogliere i bei grappoli. E a mangiarli.

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Nino corre a sciacquarsi il volto e le mani e siede a tavola. La mamma gli dà un'occhiata e gli domanda perchè non ha spolverato le scarpe. - Fatica inutile, mamma! - risponde l'ometto - tra poco esco di nuovo e mi impolvero un'altra volta. La mamma tace e scodella la minestra. Serve tutti e lascia Nino con il tondo vuoto. Ninetto protesta ed alza il piatto verso la zuppiera: - E a me, mammina? a me? - Fatica inutile - risponde la mamma - tra poco avresti appetito un'altra volta e saremmo da capo. Nino capisce a volo l'osservazione della mamma. Corre a spolverarsi le scarpe e quando torna, trova il suo tondo colmo e fumante.

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A un tratto Rosina caccia un urlo. Che avviene? Tremante, la piccola accenna Pinuccia caduta in acqua. Oh, la corrente la trascina giù giù, verso la tubatura di cemento che porta l'acqua alle turbine della Centrale elettrica! Se ci arriva è perduta. Senza perdere tempo in chiacchiere, Marietta, una robusta popolana, si butta nel canale. Non sa nuotare, ma Dio l'aiuterà. I piedi scivolano sul fondo, la donna soffoca, beve, si aggrappa ai cespugli della riva, raduna tutte le sue forze... Finalmente riesce ad afferrare la bambina per la veste e a porgerla alle donne accorse in aiuto. Soltanto quando vede Pinuccia aprire gli occhi, sorride e si rassegna a lasciarsi curare. - Avete avuto un bel coraggio, - dicono le compagne - potevate affogare. Non avete pensato ai vostri bambini? Marietta risponde: - Appunto ho pensato a loro! Fosse toccato a uno dei miei? Dio vede e Dio provvede.

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Pulizia a fondo la domenica, in casa Altieri! Sapone, spugna, spazzola, forbici lavorano e i bambini escono dalla vasca da bagno e dalle mani della mamma, rossi e lustri come fossero nuovi. - A Dio, in chiesa, bisogna presentarsi come alla rivista i soldati, si presentano al generale - dice il parroco, don Cesare. I ragazzi gli vogliono un ben dell'anima. A lui e alla chiesa. Don Cesare ne ha gran cura. Nessuna chiesa della città le sta a pari, eccetto la cattedrale. I ragazzi del Quartiere Corridoni vanno a gara per adornare gli altari di fiori, i più belli.

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LA MAMMA A SCUOLA La mamma di Nino e Ninetta va alla scuola massaie rurali per imparare a coltivare l'orto e allevare gli animali da cortile «razionalmente». I ragazzi non conoscono il significato di questa parola, ma sanno che da quando la mamma va a «scuola» l'orto produce di più, le galline fanno più uova, non muoiono di malattia, i conigli danno carne più saporita e le api miele più abbondante. Non si nasce sapienti e, semmai, c'è sempre chi ne sa più di noi. Le massaie rurali devono sfruttare al massimo la terra e farla rendere. Le vicine di casa, i primi tempi, ridevano della mamma che andava a scuola. Poi hanno visto che il raccolto migliore era il suo, i polli più grassi i suoi, i conigli più belli quelli della sua conigliera, e ora vengono da lei per consiglio.

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IL PALOMBARO Maurizio non ha tregua un minuto, oggi a scuola. Lo zio Eugenio, arrivato ieri, gli ha promesso di venirlo a prendere all'uscita. Zio Eugenio appartiene all'equipaggio dell'«Artiglio», la squadra che recupera le navi affondate. È palombaro, insomma. I compagni considerano con rispetto Maurizio perchè ha uno zio palombaro che scende in fondo al mare. Quando escono a mezzogiorno e lo vedono, giovane, simpatico e bonario ad attendere il nipote, lo stanno a guardare come una bestia curiosa. - Ebbene, che cosa mi trovate? Quattro occhi e sette bocche? - domanda lui ridendo, e piglia uno per il ganascino, all'altro tira il naso. I ragazzi gli si avvicinano, gli fanno cerchio, lo affollano di domande. - Che cosa c'è in fondo al mare? ci fa buio? Chissà che pesci grossi! Il giovanotto risponde a tutti, accarezza i volti rosei, curiosi. In fondo al mare ci stanno alghe, coralli, mostri marini, conchiglie. E non ci fa nemmeno buio. L'acqua è fosforescente. Ad ogni modo lui scende con la sua lampada e illumina le acque. Appena i pesci vedono calare nel loro regno quel grosso pupazzo di gomma, scappano. Si fermano lontano ad osservare i movimenti, poi a poco a poco ripigliano confidenza, ritornano, si avvicinano, assistono al lavoro. - Come voi!

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I SOLDATINI DI ANNA Ieri Anna ha fatto gli onori di casa a quattro invitati: un fante, un artigliere, un marinaio e un aviatore, e si è prodigata. Li ha voluti a pranzo per festeggiare la giornata del soldato. Ha mostrato loro i suoi balocchi, i suoi libri, li ha accompagnati al cinematografo, li ha serviti a tavola, ha suonato per essi due o tre pezzettini al pianoforte. All'ora di andare a letto era stanca morta: non reggeva più. - Ma - conclude sodisfatta - i miei soldatini sono stati così contenti dell'accoglienza che l'anno prossimo, il nove maggio, ne inviterò otto.

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Gli sembra una grossa lavagna dove i bambini di lassù imparano a leggere e a scrivere. Infilano le stelle sul pallottoliere, le contano: - Uno due tre... - Non finiscono mai. Bisogna sempre tornare da capo, proprio come Nino che per contare ha soltanto i suoi dieci ditini. Qui c' è un triangolo, là c' è un quadrato; si studia anche la geometria nel cielo! Ecco Venere; smonta dal Carro e si mette a vegliare il suo gregge perchè è la stella dei pastori, la prima a comparire, l'ultima ad andarsene. Le Gallinelle corrono a salutarla insieme con Orione. I Tre Re se ne vanno a passeggio avvolti nel loro manto regale e tutte le stelle tremano al loro passaggio tranne la Stella polare, agghiacciata dai venti del nord. Chi accende le stelle appena si fa buio? e chi le spegne all'apparire del giorno? Ninetto vorrebbe essere lui il lampionaio del cielo.

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L'AQUILONE DI NINO Antonio ha fabbricato per il fratellino un magnifico aquilone bianco rosso e verde con una coda lunga a frangie. Nino è uscito ad inaugurarlo con gli amici, nei Giardini. Corri, corri, un venticello cortese sostiene l'aquilone nell'aria fino a un certo punto, poi soffia più forte e l'aquilone se ne va. Nino resta male e, non fosse per i ragazzi che gli stanno intorno, scoppierebbe in pianto. Invece dice: - Pazienza! Lo ritroverò. Infatti questa sera lo ritrova, il suo bell'aquilone bianco rosso e verde. Indovinate dove? Lo trova in cielo, al posto dell' Orsa maggiore. Non somiglia forse a un aquilone la grande Orsa luminosa?

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Mario è fuori come un fulmine e chiama a raccolta i fratelli: - Nino, Ninetta, Lucia, animo. Raccogliete il bucato. In fretta. - E lui sta a guardare. La mamma che ha udito e visto tutto dalla porta della cucina, appena lo ha a tiro gli dice: - Un drappello di soldati stava facendo legna in un bosco. Il caporale, le mani in tasca, li incitava: - In fretta, animo! Sbrigatevi. Passa un signore a cavallo, si ferma a guardare e si volge al graduato: - Se avete così fretta perchè non date loro una mano? - Io sono il caporale. Quel signore scende da cavallo e si mette a raccogliere legna, poi, deposto il fardello ai piedi del caporale, lo saluta e gli dice rimontando in sella: - Ecco fatto. Se avrete ancora bisogno di me, datemi una voce. - Volentieri, ma chi siete voi? - Io? Il generale Giuseppe Garibaldi. Mario si gratta un orecchio mentre i fratelli ammiccano tra loro.

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Giannina non le ha mai detto che non riesce a togliersi la fame perchè i suoi sono tanto poveri. La maestra lo sa e sottomano le fa scivolare in tasca un panino imbottito, una mela, una arancia, un pezzo di formaggio. Il babbo di Santina non è cattivo: è un bravo operaio, ma la domenica si ubriaca e in casa sono scenate. Il lunedì, Santina viene a scuola spaurita e appenata. La maestra ha persuaso il babbo di Santina a iscriversi al Dopolavoro, a passare le sere al Gruppo rionale, a portare fuori a passeggio i suoi bambini. E così l'osteria è stata abbandonata. Giulietta leggeva male. Aveva sempre gli occhietti rossi, affaticati. La sua mamma lavora da sarta: ha tanto da fare e ai figli bada poco. La maestra ha consigliato la mamma di Giulietta di condurla dall'oculista. Ora la bimba porta gli occhiali, legge bene e non ha più gli occhi rossi. La maestra è una seconda mamma, la scuola una seconda famiglia.

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IL PANE I ragazzi si divertono a veder mangiare il vecchio Ernesto. Ernesto viene a giornata dall'oste. A mezzogiorno siede all'ombra, in cortile, e trae dall'involto il suo pranzo, mai più di una grossa pagnotta e di un pezzo di formaggio o di salame. Bisogna vedere come affetta il pane con il suo coltelluccio a serramanico. Ne fa tante fettoline sottili e se le mette in bocca con devozione. Poi raccoglie le briciole con le grosse mani nodose e si ficca in bocca anche quelle. Pulisce il coltelluccio nella manica della camicia, lo fa sparire nel taschino del panciotto. Mangia il pane con la minestra, con il risotto, quando l'oste gliene offre; lo inzuppa nel suo bicchiere di vino. I ragazzi che ne farebbero volentieri a meno anche con il companatico, si toccano nel gomito. Ernesto se ne accorge e dice: - Cari miei, se voi faticaste come me a guadagnarlo, vi chinereste a raccogliere le briciole in terra con la lingua. Chi sciupa il pane commette peccato. Il pane è sacro. Amate il pane, cuore della casa, profumo della mensa, gioia del focolare. Non sciupate il pane, ricchezza della Patria, il più soave dono di Dio, il più santo premio della fatica umana. MUSSOLINI

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Da qualche giorno però si lavora a radere l'erba e a drizzare palchi, fondali, scene, come in teatro. Mario vede quei preparativi attraverso gli sportelli della «vendita biglietti» e fila dentro tirandosi appresso Nino e un gruppo di amici. - O che succede? - domanda al custode in faccende. - Si prepara il palco per la stagione d'opera dell' Estate musicale. Debutterà presto la Compagnia del Carro di Tespi con la «Traviata». - Bene! - grida Mario spiccando un salto - Ci divertiremo. Il custode brontola: - Ci divertiremo?! chi ti paga il biglietto? Mario alza le spalle; troverà bene il modo di entrare. Poi chiede: - Chi è Tespi? Il custode pensa un momento e spiega: - Sarà il proprietario. Presso a poco è così. Il greco Tespi scriveva e recitava commedie e drammi e, siccome gli spettatori non andavano a lui, andò lui dagli spettatori. Mise scene ed attori su un carro e via, nelle città e nei villaggi della Grecia a dar spettacolo. Ed ebbe successo, tra il popolo. Tespi è morto da un pezzo; gli attori non circolano più sopra un carretto, ma il nome è rimasto.

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I ragazzi ci andrebbero a capriole. Per essi è un divertimento da parlarne quattro settimane. Da quindici giorni frastornano il capo agli amici e al ritorno continueranno sulla stessa musica. Si comincia a mietere il mattino all'alba. Il nonno dà il via facendosi il segno della croce. Poi mette mano alla falce. Il suo grano suole mieterlo da solo. Gli altri si servano pure della mietitrice meccanica; si capisce che così in un momento è fatto. Il grano cade a mucchi d'oro; non rimane che abbicare i covoni per la trebbiatura. Lui è un uomo all'antica e gode del lavoro delle proprie mani. A mezzogiorno pausa e pranzo all'ombra di un pioppo sulla riva di un ruscello, dove si tiene in fresco la bottiglia del vino. Dieci minuti di sosta e si ripiglia fino al tramonto. Dopo cena, ballo sull'aia al suono della fisarmonica. Il lavoro dona sempre letizia al cuore, specialmente il lavoro dei campi.

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I grandi non devono chiedere il permesso a nessuno per andarci. I piccoli frignano finchè le madri per levarseli da torno, acconsentono a sborsare il prezzo del biglietto. Il portierino, figlio del proprietario, furbo come nessuno, conosce il suo mestiere. - È la giornata della marina, oggi - susurra ai ragazzi, strizzando l'occhio. - Non venite a vedere un bel film? Assisterete al varo di una nave... eppoi c' è Topolino in fondo al mare. - Si va? - Si va. Il varo di una nave è sempre interessante. Ecco i cantieri Ansaldo a Genova. Folla di operai, folla di curiosi. Appare il colosso poggiato ai martinetti sulla spiaggia. Gli operai cominciano ad abbatterli ad uno ad mio; la nave scivola dolcemente verso l'acqua; ancora due colpi, uno... è in mare. I ragazzi che hanno trattenuto il fiato fin qui, respirano, applaudono. Subito dopo, quasi per contrasto,viene proiettato sullo schermo un rottame di nave romana affiorato in Sardegna nel nuovo porto di Carbonia. Infine ecco Topolino in fondo al mare. Il simpatico eroe passa da una prodezza all'altra. Sfugge a una balena, combatte una fierissima battaglia con pesci spada, pesci gatto, pesci luna. Entra in una conchiglia perlifera per impadronirsi della più bella perla del mondo, infine, reggendo una medusa come lampada, salta in groppa a un cavalluccio marino per sfuggire ai tentacoli di un grosso polipo, ed eccolo su a rivedere le stelle. Le stelle, vestite d'argento, si mettono a danzare.

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A comitive le famiglie del Quartiere Corridoni partono in bicicletta; vanno per una visita al cimitero o dagli amici di campagna. Restano i vecchi a godere il sole, seduti sulle porte e sui balconi. Gli Altieri decidono lì per lì di fare urla sorpresa a nonno Andrea, il babbo della mamma che abita a una decina di chilometri dalla città. Tutti in bicicletta, anche Marcello, seduto sul portapacchi del babbo. La bella strada asfaltata striscia tra campi, boscaglie, prati, cascine, villaggi. Gli Altieri pedalano lietamente e lestamente: hanno fretta di arrivare. Mezz'ora, eppoi dietro la casa cantoniera appare la casetta di nonno Andrea.

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Nacque a Betlemme, in una stalla, umile e povero. Gli angeli del Cielo lo annunziarono ai pastori che lì vicino custodivano il loro gregge, I pastori. obbedienti, vennero subito a Gesù, lo trovarono nella stalla. posto a giacere in una mangiatoia, e lo adorarono.

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LA LEGGE DI DIO Un giorno, un giovinetto si presentò a Gesù e gli domandò: - Maestro, che cosa devo fare per salvarmi? - Gesù gli rispose: - Se vuoi salvarti, osserva i Comandamenti. - Il giovinetto tornò a domandare: - Quali? - E Gesù gli ricordò, uno dopo l'altro, i Comandamenti della legge di Dio. La risposta di Gesù vale anche per noi. Quindi il nostro primo dovere è quello di conoscerli bene, anzi di mandarli a memoria e di ripeterli spesso, così da non dimenticarli più in tutta la vita. Ed è facile, perchè la legge di Dio è fatta di dieci soli comandamenti espressi con poche parole, e chiari così che ognuno li comprende, anche un fanciullo.

Pagina 234

Il divino Maestro ci ha assicurato che verrà un'altra volta sulla terra a giudicare tutti gli uomini e a dare a ciascuno il premio e il castigo che avrà meritato. Leggiamo una bella parabola che Gesù raccontò per farci ben capire questa gran verità.

Pagina 237

Quel mattino, i fanciulli che si accostano alla prima Comunione potranno ben dire che il mondo è tutto loro, perchè andranno a ricevere il Padrone del mondo. Saranno invitati a mensa dal Padrone del mondo. Vestiti a festa, contenti e raccolti, circonderanno l'altare del Signore tutto splendente di lumi e di fiori; canti consolanti e lieti suoni d'organo, accompagneranno la loro contentezza. Parenti e maestri, saranno lì vicini con la persona e con l'affetto, pregando per loro. E quando li vedranno ricevere l'Ostia santa, e poi ritornare piamente raccolti al proprio posto per dire al dolce Ospite le parole del ringraziamento, cavate proprio dal cuore, grande sarà la loro consolazione!

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Un altro sogno Giuseppe raccontò ai fratelli: - Ho visto il sole, la luna e undici stelle che si inchinavano davanti a me e mi adoravano. - Il padre, quando seppe questo sogno, lo rimproverò dicendo: Che vuol dire tutto questo? Vuoi forse dire che io e tua madre e i tuoi fratelli dovremo inginocchiarci innanzi a te? L'odio dei fratelli, intanto, cresceva e un giorno che Giuseppe era venuto nel campo a trovarli a nome del padre, decisero di ucciderlo; ma, per la preghiera di uno dei fratelli, Ruben, si accontentarono di gettarlo in una cisterna asciutta, dopo di averlo spogliato della sua bella veste a colori. Di lì a poco, passò una carovana di mercanti che andavano in Egitto, e i fratelli vendettero ad essi Giuseppe come schiavo. Poi bagnarono la sua veste nel sangue di un agnello, e, tornati a casa, dissero al padre: - Ecco la veste insanguinata di vostro figlio: certo una belva feroce lo ha divorato. - E Giacobbe pianse amaramente la morte del buon figliuolo.

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Giuseppe si rivela ai fratelli Giuseppe trattenne i fratelli a banchetto, ma, prima di lasciarli partire, ordinò che di nascosto si ponesse la sua coppa d'argento nel sacco di Beniamino. I fratelli sono appena usciti dalla città, quando i servi del vicerè li rincorrono e li raggiungono, e li rimproverano di aver rubata la coppa d'argento del vicerè. Poche parole: si aprono le bocche dei sacchi, e, proprio in quello di Beniamino, vien trovata la bellissima coppa. Pieni di paura e di dolore, i fratelli furono ricondotti alla presenza di Giuseppe. Il quale ripetè che la coppa era stata trovata nel sacco di Beniamino, e perciò Beniamino doveva essere trattenuto schiavo. Allora uno dei fratelli, Giuda, disse con le lagrime agli occhi: - No, vicerè, ti prego: trattieni me al posto di lui; se Beniamino non torna, il nostro vecchio padre morrà di dolore. A queste parole Giuseppe non potè più contenersi ed esclamò - Io, io sono il vostro fratello Giuseppe, che voi avete venduto! Quale spavento ne ebbero i fratelli! Ma Giuseppe, che era buono, li incoraggiò, li abbracciò a uno a uno dicendo: - Il Signore ha disposto che voi mi vendeste, perchè io venissi qui per la vostra salvezza. Poi li colmò di doni, li rimandò al padre e, per ordine dello stesso Faraone, li invitò a venire col padre a stare in Egitto. Tornati a casa, i fratelli raccontarono la cosa al loro padre. Immaginate, fanciulli, la consolazione del vecchio all'udire che il figlio Giuseppe era vivo, e la sua gioia quando potè stringerlo fra le braccia! Perchè difatti Giacobbe andò in Egitto e vi rimase coi figli fino alla morte. Là ebbe da coltivare le terre più fertili; e visse a lungo felice, vicino al suo Giuseppe. Iddio non lascia mai il giusto nell'abbandono. (Salmo 36, v. 29). Se il tuo fratello ha peccato contro di te, perdonagli di cuore. (Vangelo di S. LUCA, C. XVII).

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Cominciò a far doni e promesse al popolo; e quando ebbe tanti uomini armati pronti a combattere in suo favore, mandò a dire a Davide, che era poi suo padre: - Re, tutto il popolo di Israele è unito con Assalonne e si mette contro di te. Che dolore per il Re! Piangendo, uscì da Gerusalemme per combattere i ribelli; diede però ordine che nessuno toccasse Assalonne. Ma pensò il Signore a castigare il figliuolo ribelle. Il suo esercito fu distrutto. Egli fuggì su una mula. Nella fuga la sua lunga capigliatura, sciolta al vento, si impigliò nei rami di una quercia. Il misero rimase là pendente e là fu trafitto e ucciso con tre colpi di lancia. Colui che maltratta suo padre e sua madre, sarà coperto di vergogna e di confusione. (Proverbi, c. 20).

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Trasportato col suo popolo in schiavitù a Ninive, si conservava fedele all'adorazione del vero. Dio, e viveva facendo del bene a quanti più poteva dei suoi infelici fratelli. Il Signore volle provarlo facendogli perdere la vista; ma egli, rassegnato e sereno, accettò la prova dolorosa. E il Signore premiò la sua fedeltà. Venne infatti un giorno che Tobia si vide costretto dalla povertà a mandare il figliuolo in lontano paese a farsi pagare dal suo parente Gabelo la somma che gli aveva prestata. Ed ecco che, per volere di Dio, l'Arcangelo Raffaele, in forma e aspetto d'uomo, accompagna il giovane Tobia, lo salva dai pericoli del viaggio e specialmente dall' essere ,divorato da un grosso pesce del fiume Tigri. Poi lo aiuta a riscuotere la somma prestata; gli ottiene in isposa Sara figlia di Raguele, parente di Tobia, lo riconduce al

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IMPRESSO NELLE OFFICINE GRAFICHE A. MONDADORI - VERONA CON I TIPI DELL' ISTITUTO POLIGRAFICO DELLO STATO SU CARTA FABBRICATA NELLO STABILIMENTO DI FOGGIA DELL' ISTITUTO MEDESIMO CON MATERIE PRIME NAZIONALI A. 1941 - XIX

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Babbo Altieri guida una macchina potente lanciata a cento all'ora su lucide rotaie. A Nino piacerebbe guidare una macchina lucida e potente come fa il babbo, ma gli piacerebbe meno vegliare mentre gli altri dormono, guidare nel buio il nero convoglio dagli occhi rossi. Questa notte il babbo è di servizio. Peccato! Piace a Nino, verso mattina, ficcarsi nel suo letto per tenergli compagnia. Ma il babbo dorme di rado nel suo letto. - Papalino bello, non andar via questa notte. Resta con noi. Non vedi quant'è buio? Non senti che freddo? - gli dice arrampicandosi sulle sue ginocchia. - Certamente - sorride il babbo accarezzandolo, - ma la vita è dovere, bimbo mio.

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ADDIO MERENDA Ogni tanto la mamma dà a Nino e a Ninetta una moneta da cinquanta centesimi ciascuno, perchè comprino un pezzetto di cioccolata per la merenda. Nino e Ninetta vorrebbero ogni giorno cinquanta centesimi per la cioccolata. La maggior parte delle volte la merenda è invece una fetta di pane spalmata di miele. Anche oggi. Nino e Ninetta si guardano. - Diglielo tu - bisbiglia Nino. - No, tu. La mamma nota quell'armeggio, vede le fette ancora sul piatto e domanda se non hanno appetito. Si, ma preferiscono una tavoletta di cioccolata. - Sempre cioccolata non fa bene. Oggi contentatevi di pane e miele. A Nino spuntano i lucciconi. Ninetta si fa rossa. Infine non reggono agli sguardi severi della mamma e le dicono tutto, tra i singhiozzi. Non hanno comprato mai cioccolata; anzi risparmiavano i loro soldi per comprarle la radio. La mamma scoppia a ridere: - La radio a me? con poche lire? - Poi, via via che capisce, si commuove. - Noi l'abbiamo a scuola la radio - prorompono, eccitati i gemelli. - Per Antonio c'è la Radio Sociale: il babbo ascolta il Giornale Radio al Dopolavoro; ma tu mammina, sei sempre in casa e non godi niente. Ora si commuovono tutti e tre, ma sono tanto felici. La mamma, perchè sente quanto è amata dai suoi bimbi, i bimbi perchè la mamma li ha capiti. Gioventù d' Italia, bella fresca gioventù, tu sbocci in questi tempi come una primavera fiammeggiante nel cielo della Patria. MUSSOLINI

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La pendola a cucù

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A poco a poco le piumette s'infittiscono, turbinano e tutto s'imbianca. Il silenzio aumenta. Sotto il grigio del cielo, il candore della neve abbaglia. Non si riesce più a tenere gli occhi sul quaderno. Ci sono troppe cose da vedere, fuori, e troppi pensieri danzano per il capo. Si pensa: - Andremo a sciare lungo le scarpate e faremo alle palle di neve. Quando si rientra al caldo, le mani frizzano, gli orecchi frizzano, il naso frizza. Ninetto ha deciso che andrà con Lucrezia, la più povera delle vicine di casa, a ritirare la sua legna all'assistenza. La poveretta gli fa pena: è così sola! Se non avesse la pensioncina per il figlio caduto in guerra e i soccorsi dell'assistenza, potrebbe morire di freddo e di fame. Ora, ad esempio, è felice, perchè l'hanno addetta alla refezione scolastica. A proposito, oggi si comincia. Che buon profumo di minestra calda sale dalle cucine! Non suona mai la campanella di mezzogiorno?

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IL BABBO DI ANNA A scuola, la vicina di banco di Ninetta è Anna Guidi, una bambina tanto graziosa. Il suo babbo è ufficiale dell'esercito e decorato. Ha due medaglie d'argento. A quindici anni si arruolò volontario. Dice spesso: - La guerra è il mio mestiere. Fin da ragazzo non vedevo che fucili e cannoni; ma al contrario di questi balillini, che marciano con un vero moschetto a spall'arm, io dovevo contentarmi dello schioppetto di latta e di legno. Di botte ne ricevevo lo stesso, però ho imparato a darne.

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Sul muschio verde spruzzato di farina e costellato di greggi, donne e pastori camminano a quella volta guidati dalla Stella e dagli Angioli. Musiche celesti aleggiano nella notte serena, o almeno ad Anna così pare. Adagiato nella greppia, il Bambino Gesù sorride a tutti; anche ad Anna. Anzi sorride proprio a lei. Oh diventasse vivo un momento solo e Si posasse tra le sue braccia, sospira la bambina!

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Ogni giorno la mamma va a trovarlo. In primavera e in estate porta con sè il suo lavoro e siede a conversare con lui e a tenergli compagnia. Il pino risponde col mormorio delle sue fronde e Lucrezia ne è tutta confortata.

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Fino a ieri parevano verdi. Tra poco ingialliranno e incominceranno a cadere. Le mattine sono nebbiose, l'aria al tramonto rabbrusca. La sera scende in fretta. I bambini, sorpresi dal buio mentre giocano in cortile, a uno a uno rientrano in casa. Si rifugiano in cucina dalla mamma intenta alle pentole, apparecchiano la tavola pensando alla buona cena, alle belle dormite nel lettuccio caldo. I venditori di bruciate hanno messo già i loro fornelli agli angoli delle strade. Che buon profumo di castagne!

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- Vecchia, gobba, nera di fuliggine, perchè si calava dai camini per lasciar doni ai ragazzi buoni e carbone a quelli cattivi. Il visetto di Mimma si rischiara perchè lei è buona. Sa la nonna da dove scende la Befana? Non lo sa di preciso. La si vede passare come una freccia, a cavallo di una scopa, sopra i tetti... e bravo chi la insegue. - Ha gli occhiali? - Grossi come ruote di automobile. La sera, a letto, la piccola si rannicchia sotto le coperte, piena di paura.

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Nino e Ninetta si divertono a guardare il gioco delle nuvole. - Guarda, sembra un elefante! - Un elefante che rincorre un orso, ma adesso, arriva il cacciatore, pum pum, uccide l'orso e... ha dinanzi un gregge. Continuano così fino all'ora dì cena e nessuno di essi si è stancato al gioco. - Sai? - dice Nino che ha molta fantasia, alla sorellina - ho pensato una favola che scriverò. - Sentiamola. - C'era una volta una mamma assai povera, la quale aveva un solo bambino. Il bambino si ammalò, ma la poveretta non poteva restare in casa a curarlo, perchè doveva uscire a servizio. Il bimbo, solo, si annoiava. La sua mamma lo affidò al suo angiolo custode. L'angiolo custode sedette sulle nubi e cominciò a pensare come poteva divertire quel bambino. Mentre pensava, maneggiava le nubi come fossero mollica di pane e ne faceva gallinelle, montoni, fantocci: Il bimbo dal suo lettino vide i giochetti dell'angiolo e battè le manine: - Oh bello, bello! Vedo le pecorine, vedo i pavoni. Da allora tutti gli angioli custodi si sono messi a modellare con le nubi per divertire i bambini poveri.

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Così, oggi, si propone di raccontare a Ninetta la vera storia del lupo e della volpe. Le dice - Sta a sentire. Una volta la volpe era scesa nel pozzo a bere. Si era perciò calata nel secchio, non pensando che per risalire occorreva il contrappeso. Passa di lì il lupo e... Ninetta scoppia a ridere - La so: è vecchia. Passa di lì il lupo, e la volpe lo invita a discendere con il pretesto che l'acqua è buona e fresca. Il lupo entra nel secchio vuoto e si cala nel pozzo mentre la volpe risale e lo saluta. - Vedi come sei? - ribatte Nino - niente affatto. Il lupo non si lascia mettere nel sacco dalla volpe perché è più intelligente di lei. Pone una grossa pietra dentro il secchio e, fatta risalire la bestia, se la mangia in un boccone. Ninetta resta con un palmo di naso.

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