Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

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Per essere felici

179250
Maria Rina Pierazzi 50 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
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E una giovinetta di buon senso non prenderà la proposta tragicamente se non le garba, ne salterà al quinto cielo se le va a genio. Legarsi per la vita a una creatura, estranea fino a ieri, è azione troppo grave ed importante da essere presa così alla leggiera... Non è facile che a una proposta di parentado una signorina dica subito di sì; sarebbe anche ingenuo chiederglielo. Bisogna lasciarle il tempo di riflettere, di sondare il proprio cuore e sopratutto bisogna darle modo di frequentare il giovane propostole affinchè abbia modo di conoscerlo, famigliarizzandosi un poco con lui, e rendersi conto di quanto sta per fare. Una volta, nei rigidi tempi che ho citati, le madri dicevano: — Lo sposo deve piacere a me. Ora, invece, lo sposo deve piacere anzitutto alla sposa, destinata a trascorrergli accanto tutta la vita, sebbene debba anche simpatizzare coi genitori della fidanzata i quali hanno pur sempre il diritto di essere ascoltati con deferente rispetto, grazie alla pratica del mondo che hanno, e all'amore che portano alla loro creatura. Finchè il fidanzamento non è annunciato in modo ufficiale, è bene che nè l'uno nè l'altro dei due... postulanti, assuma in società un contegno troppo confidenziale, nè che il giovane frequenti con eccessiva assiduità palese la famiglia della signorina. Se per una ragione o per l'altra il matrimonio andasse a monte, è evidente l'imbarazzo di queste due persone ritrovandosi casualmente in società, dopo aver vissuto insieme ore intime nella fiducia di unirsi per sempre. E se in società sì trovassero appunto o l'uno o l'altro fidanzati diversamente l'incontro finirebbe con l'essere davvero tutt'altro che divertente. Se, invece, il matrimonio si avvia bene e i due giovani mostrano di piacersi e d'intendersi, allora è opportuno sollecitare il fidanzamento ufficiale e stabilire nettamente la posizione. Certamente che per le unioni combinate il periodo di conoscenza deve avere un certo margine onde non correre il rischio, per qualsiasi motivo, di disfare improvvisamente ciò che è stato fatto. E con questo intendo parlare delle informazioni che si debbono prendere sì da una che dall'altra parte, soprattutto per ciò che riguarda la salute dei giovani. Si può vivere con più o meno denaro; sì può avere un carattere migliore o peggiore dell'altro, ma sulla salute non si transige. E l'avvenire di una famiglia, è la vita di creaturine destinate a soffrire e a lottare le quali non chiedono di venire al mondo, ma allorchè sono nel mondo hanno il diritto di possedere la forza fisica, unica base di lavoro e di prosperità.

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Una signorina richiesta in isposa non assisterà mai a simili colloqui, a meno che, non più giovanissima, o orfana o padrona assoluta delle proprie sostanze, non debba ella stessa sistemare la parte finanziaria. Ma alla domanda del suo assentimento per le nozze proposte risponderà con franchezza senza inutili rossori, senza inutili ostentazioni. Se tale richiesta risponde al desiderio del proprio cuore, perchè nasconderlo? La felicità ha un volto troppo luminoso per non contemplarla e sorriderle e abbandonarsi alla sua luce e al suo tepore. Nè è necessario che una giovinetta si comporti con freddezza verso il suo fidanzato per darsi un contegno... a cui nessuno crederebbe. Fatta la scelta, approvata questa da coloro che l'hanno amorosamente guidata fin sulla soglia della nuova vita, ella può darsi tutta al suo sogno e non impedire alla gioia di splenderle negli occhi e nel sorriso. Fatta ed accettata la domanda, allorchè il giovane si presenta toccherà a lei stringergli la mano. È nel diritto di una donna che accoglie la prima volta il compagno di tutta la sua vita futura. Al giovane fidanzato la famiglia della signorina farà subito festose ed affettuose accoglienze considerandolo oramai come un figliuolo — colui che dovrà amare, guidare e proteggere la loro cara nelle non facili contingenze della vita. Devono dimostrargli il loro affetto e la loro fiducia, perchè agendo diversamente mostrerebbero di aver poco a cuore la gioia della loro creatura. Se la famiglia della fidanzata si trova in campagna allora il giovane sarà trattenuto a pranzo, tanto più se egli è venuto appositamente dalla città o da un luogo lontano per rendere omaggio alla sua promessa sposa. Se invece le due famiglie abitano nella stessa città il fidanzato potrà recarsi ogni giorno a salutare la sua prescelta ed inviarle omaggi di dolci e di fiori. Anche tra le famiglie dei fidanzati è doveroso un rapporto cordiale di visite onde stabilire fra esse una simpatica ed affettuosa intimità. Tanto il giovane che la signorina potranno già chiamare "mamma„ la futura suocera, ma questo nell'intimità; trovandosi in società sarà bene che seguitano a designarle: "signora„ oppure: "La madre del mio fidanzato„— la madre della mia fidanzata„. E così s'intenda dei padri.

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Anche l'opale, la pallida gemma che chiude in sè un atomo di tutti i colori e che a taluni fa tanta paura!

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Essa stessa lo presenterà a quelle persone che ancora non lo conoscono; ma eviterà di trascurare le proprie amiche per stare unicamente con lui. Anche in questi ricevimenti settimanali la fidanzata vestirà semplicemente di chiaro, persistendo ad adornarsi il meno possibile coi suoi gioielli di fanciulla e dimostrando che la gemma veramente a lei cara è quella che la lega alla sua promessa. Dal giorno in cui una signorina si è fidanzata non deve più andare in società senza essere accompagnata dal futuro sposo. Al teatro Regio di Torino si usava, parecchi anni or sono, di presentare a quelle delle frequentatrici che si fosse fidanzata, un mazzo di fiori a nome di tutti gli abbonati; e le veniva posato sul parapetto del palco, mentre durante la serata era un continuo succedersi di visite per rallegrarsi con gli sposi. Uso gentile, ma non più possibile, ora; perchè con le attuali condizioni economiche che colpiscono in modo speciale i "signori„ gli abbonati dei nostri maggiori teatri non sono suscettibili di simili finezze. Il pubblico cambia e le tradizioni del nostro patriziato tendono disgraziatamente, per forza maggiore, a sparire.

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E ve lo conducono in sala, dopo una prefazione pomposa che sembra una conferenza, a recitarvi qualche squarcio poetico o a deliziarvi con la sonatina, o a leggervi, nè più nè meno, qualche componimentino che manda in visibilio il parentado. La madre, la nonna, la zia, le sorelle, magari persone educatissime e distinte, non esitano ad imporre ai loro ospiti questo tormento, scambiandosi fra loro occhiate trionfanti, o suggerendo a bassa voce qualche parolina, perchè è facile che il fenomeno finisca con l'impappinarsi e resti lì a bocca aperta, guardandovi con occhi imbambolati. Agli ospiti, s'intende, non rimane altra via di escita che quella di prorompere in esclamazioni ammirative e di aiutare i parenti a empir di vana gloria le testoline di quei piccoli mostri che finiranno, probabilmente, col riescire a venti anni dei poeti senza rima e senza fortuna, o delle dattilografe sbagliate. Signorine, per carità! Ove nella vostra famiglia esistesse disgraziatamente un bimbo fenomeno, non esibitelo mai all'altrui ammirazione. Vi è una forma di cortesia a cui non si può transigere e che vieta di importunare le persone dalle quali riceviamo una gentilezza poiché ci vengono a visitare, ripagandole così malamente e costringendole prima a mentire con voi, perchè ai "prodigi„ di sei o sette anni nessuno ci crede all'infuori della famiglia abbacinata dal troppo affetto, e poi a sorridere... e magari a ridere dietro le vostre spalle, onde rifarsi del mal sopportato martirio...

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Gli invitati dovranno trovarsi per tempo a casa della sposa per formare il corteo che l'accompagnerà prima al Municipio, poi in chiesa. Sarebbe scorrettissimo farsi attendere anche di un minuto; gli invitati, invece, i quali non prendono parte al corteo, andranno ad attendere gli sposi in chiesa, prendendo posto nei banchi esclusivamente riservati a loro.

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A volte, però, il matrimonio civile precede di un giorno quello religioso, e allora si celebra nel pomeriggio fra uno strettissimo numero di invitati; talora alla presenza dei soli testimoni. Ma tale eccezione riguarda essenzialmente persone di alto lignaggio, le quali desiderano riunire gli invitati ad un ricevimento serale, onde poi la mattina seguente dopo una semplice colazione in famiglia gli sposi possono partire pel loro viaggio o per la nuova destinazione senza essere eccessivamente affaticati dalla lunga cerimonia. Ammessa questa circostanza la sposa si recherà in Municipio in abito elegante da giorno, accompagnata in vettura o in automobile dal padre e dalla madre. Lo sposo, coi propri parenti, seguirà nella seconda vettura; nelle altre prenderanno posto i testimoni e gli invitati intimi; salendo lo scalone la sposa sarà al braccio di suo padre, o del tutore, o di qualche stretto parente; lo sposo accompagnerà la propria madre; seguirà il padre dello sposo con a braccio la madre della sposa. Entrati nella sala dei matrimoni, gli sposi prenderanno subito posto nei seggioloni preparati esclusivamente per loro; i genitori e i parenti si collocheranno a destra e a sinistra e i testimoni si metteranno da un lato degli sposi. Allorchè entra il funzionario di stato civile a volte è il Sindaco stesso — tutti i parenti si alzeranno in piedi risedendosi soltanto dopo l'invito di questo. Terminata la lettura degli articoli del codice civile, riguardanti i doveri reciproci degli sposi, il funzionario rivolge loro la domanda rituale, cioè se consentono a prendersi mutualmente per marito e moglie. Essi dovranno rispondere "Si„ con voce chiara e franca, per essere bene uditi da tutti. L'unione legale è compiuta; gli sposi firmano l'atto giuridico del loro matrimonio: prima la sposa, poi lo sposo, indi i parenti e i testimoni; se il sindaco o il funzionario conosce personalmente le famiglie dei due giovani, offrirà loro la classica penna d'oro con cui hanno firmato il contratto; egli, a sua volta, sarà stato precedentemente invitato al pranzo di nozze o al ricevimento serale. All'escire dalla sala il corteo si riformerà nell'ordine primitivo. È soltanto dopo il matrimonio religioso che l'unione dei due giovani è compiuta anche dinanzi a Dio.

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La fidanzata vi si recherà nel tradizionale adito bianco, seguita dai paggetti e dalle damigelle d'onore, oltre che dagli stretti parenti e dai genitori — a meno che non si sobbarchi la non lieve fatica di recarsi in municipio in abito da viaggio e cambiarsi poi di nuovo per tornare in chiesa. In tal caso il corteo nuziale si formerà al ritorno del municipio per recarsi in chiesa. Il matrimonio religioso si celebra quasi sempre nella parrocchia della sposa Talvolta, invece, si dà la preferenza a qualche cappella privata, ma occorre, per questo, il permesso dell'autorità ecclesiastica. Nella cappella o nella chiesa saranno inviati tutti i mazzi e le paniere di fiori ricevuti la vigilia dalla sposa; nei banchi appositamente disposti a uso ricinto prenderanno posto gli invitati, autorizzati ad allontanare quegli estranei che per godere con più agio lo spettacolo della cerimonia vi si sono senz'altro insediati. Gli invitati avranno cura di giungere qualche minuto in precedenza sull'ora fissata; le signore vestiranno in abito da cerimonia, gli uomini, senza eccezione, in nero. Il cavaliere destinato a dare il braccio ad una data dama le si collocherà dietro onde essere pronto, a cerimonia finita, a prender nel corteo il posto assegnatogli. La sposa entrerà in chiesa al braccio del padre, seguita dallo sposo che a sua volta darà il braccio alla propria madre, come nell'ordine descritto pel municipio. Procederà lentamente, senza profondersi in eccessivi saluti ed inchini, recando fra le mani il mazzo di fiori d'arancio, composto di tanti mazzolini legati con un nastro bianco, ch'ella distribuirà a cerimonia finita alle signorine sue amiche in segno di augurio e di ricordo. Ella s'inginocchierà nel pregadio sinistro, lasciando la destra allo sposo; i testimoni si metteranno loro a lato; i genitori nell'apposito banco. Lo sposo potrà restare in piedi. E qui mi si conceda una parentesi. Durante le cerimonie nuziali io ho veduto sposine allegre e vispe come cutrettole distribuire continuamente sorrisi e saluti a destra e a sinistra, non occupandosi gran che della celebrazione della messa e chiacchierando spesso e volentieri con lo sposo. Altre ne ho vedute seguire le funzione con un viso spettrale di condannate a morte, spargendo fiumi di lacrime e ostentando quel pianto come la più bella espressione della loro commozione. E poichè le lacrime sono attaccaticcie come lo sbadiglio, così all'intorno era una musica di soffiatine di naso che dava l'allegra illusione di trovarsi a un funerale anzichè a una cerimonia di nozze. Queste sono entrambe delle vere ed antipatiche esagerazioni. L'atto che lega una vita ad un'altra, per sempre, è solenne e commovente; bisogna compierlo con purità di cuore e con fede sicura, non considerandolo così tragicamente da sentirsene smarrite, nè così superficialmente da averne soltanto l'impressione di una bella festa che segna il cambiamento della crisalide in farfalla. Mostrarsi — e perciò, essere — divagate, spensierate, in preda ad un'allegria eccessiva, denota poca serietá in colei che lascia la sua casa, i suoi cari, per cominciare la vita accanto all'uomo a cui pochi mesi innanzi, forse, era estranea; ma darsi alla disperazione, innaffiare il proprio abito con una pioggia di lacrime è altrettanto inutile che stolido, e lo sposo vedendosi accanto una simile prefica avrebbe tutte le ragioni di non sentirsi eccessivamente lusingato. In qualsiasi circostanza della vita occorre possedere sempre il buon senso della misura. Il matrimonio è un passo importante ed irrevocabile; ma portandovi molta fede, molta pazienza, molta buona volontà e sopratutto molto amore, anche le più gravi difficoltà, anche i più duri sacrifici, possono essere superati e sopportati serenamente, accanto all'uomo prescelto cui si consacra l'intera esistenza.

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Le bambine, destinate a restar molto in casa con la mamma, devono essere avvezzate per tempo a prendere a cuore le sorti della famiglia. È bene abituarle fin dai più giovani anni ad amare e a curare la loro casetta. Benchè la scuola assorba molte ore giornaliere alle bambine, pure non si deve far trascurare l'abitudine — se non vi è cameriera in casa e anche se vi è — di riguardarsi la propria guardaroba, tener in bell'ordine il cassettone, accomodare possibilmente la propria biancheria, aiutare ad apparecchiare e insegnar loro a poco a poco a tener conti familiari. Perchè queste bimbe d'oggi saranno donne maritate, un giorno; e non v'è alcuna ragione di pretendere che il matrimonio cambi una signorina inesperta dell'andamento pratico della casa in una donna economa, preveggente, previdente, abile e giudiziosa, come se con il sacramentale "sì„ le si infondessero per miracolo, tutte queste virtù... Siamo logici. Poeti si nasce, ma donnine di casa, educate e capaci, si diventa a poco per volta, con un lungo tirocinio compiuto nella propria famiglia ove c'è la mamma a consigliare e a guidare e a correggere. E in questi tempi difficili in cui per molte la vita è dura, la necessità che la donna sia laboriosa ed economa è sentita come non mai.

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Se il pranzo di nozze è seguito da un ballo, tocca aprirlo agli sposi. ln seguito la sposa potrà concedere un giro o al fratello o a un prossimo parente del marito, e così, per parte sua, farà lo sposo. Ma questi balli di nozze sì danno raramente, tranne in qualche vecchio castello francese ove la cerimonia nuziale si compie a mezzanotte, a dispetto della superstizione che vuole la sposa illuminata dal sole per essere veramente felice. E infatti, non per superstizione ma per poesia, la giovane donna, velata di bianco, fresca come il mattino che le sorride, è l'immagine più pura e scintillante della felicità.

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A tavola e in conversazione il cavaliere d'onore si occuperà essenzialmente della sua dama; e non crederà compiuto il proprio dovere se non quando l'avrà ricondotta a casa. Intendiamoci: le "damigelle d'onore„ devono essere giovani; una signorina di certa età anche se invitata a disimpegnare quell'ufficio di confidenza, avrà sempre il buon senso di esimersene con un qualsiasi pretesto. In certe provincie francesi esiste tuttavia un uso assai buffo; quello di "dénouer la jarretière de la mariée„. Il cavalier d'onore, alla fine del banchetto, si caccia sotto alla tavola e ne esce dopo poco tenendo in mano un lungo nastro bianco, che s'immagina essere tolto dalla giarrettiera della sposa. Uso che ritenuto sconveniente — benchè di sola apparenza — viene a poco a poco scomparendo; giacchè veder quel messere precipitarsi a quattro zampe sotto la tavola, per uscirne sudato e trionfante col suo trofeo già preparato appositamente, dovrebbe essere urlo spettacolo poco elegante. In Iscozia il cavalier d'onore baciava per primo la sposa sulla bocca, mentre la damigella d'onore tappava con le proprie mani gli occhi al fortunato consorte... Ma la significazione di tale atto non era lusinghiera e anche questa costumanza è passata fra le più. La "toilette„ della damigella d'onore deve essere adattata all'importanza del matrimonio a cui assiste. Non esagerare in eleganza ma nemmeno affettare una semplicità e una noncuranza entrambe biasimevoli. Sono da preferirsi i leggieri abiti chiari se la sposa è in bianco; se invece ella veste da viaggio o da passeggiata basterà un abito scuro, di taglio irreprensibile, con guanti chiari e un mazzolino di fiori alla cintura. Se il cavaliere d'onore è militare dovrà indossare l'alta uniforme per un matrimonio di gala, e la mezza tenuta se gli sposi sono in abito da viaggio. Se invece è borghese, a seconda dell'importanza delle nozze, indosserà l'abito adatto per la circostanza: dallo « smoking » alla « redingote ». Essendo compito dei cavalieri e delle damigelle d'onore di comporre il seguito immediato della sposa, dovranno uniformarsi rigidamente a tutti i particolari imposti dal protocollo nuziale. Trascurandoli, essi darebbero prova di poca correttezza e di poca conoscenza degli usi della società in cui si vive. Usi talvolta eccessivi, ne convengo; ma per non subirli c'è un modo assai semplice e sbrigativo che gli scontenti possono adottare senza dover renderne conto a nessuno: quello di non andare in società. Ma quando ci si va bisogna saperci stare...

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In quanto a tutte le altre signore del corteo, se il matrimonio è celebrato fastosamente, esse devono vestire abiti elegantissimi, senza paletôt, a meno che non si tratti di qualche donna di una certa età o cagionevole di salute la quale, per amore del protocollo, non è affatto obbligata a buscarsi un malanno. Anche nel ricevimento di nozze non è strettamente obbligatorio essere scollate, se le condizioni di salute e di... età non lo permettono. Non si lede in alcun modo ai precetti del cerimoniale coprendo le proprie spalle con un mantello; e in quanto all'estetica... ahimè! Io sono convinta che in certi casi la civetteria femminile guadagna più a coprirsi che... a scoprirsi.

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V'è sempre modo di conciliare cortesemente le cose più difficili senza dar luogo a dicerie e a pettegolezzi sempre troppo soggetti a essere ingranditi esageratamente dalle chiacchiere altrui. A volte — non lo nego — tale decisione può essere determinata da un capriccio, ma a volte ragioni d'indole assai più grave costringono gli stessi parenti ad addivenire a una risoluzione simile. Allora, se la fidanzata ha già ricevuto l'anello e i doni dello sposo, si farà premura di restituirli, come pure restituirà le fotografie, le lettere, infine tutto ciò ch'ella ebbe in dono, senza abbassarsi a recriminazioni o a rimproveri. Gli accessi isterici non hanno mai rimediato a nulla; anzi hanno sempre imbrogliato le situazioni che potevano risolversi semplicemente e silenziosamente. Anche i doni già ricevuti dagli amici e dai conoscenti saranno restituiti dalla signorina, accompagnati da un biglietto in cui ella accennerà come per speciali ragioni il matrimonio non si effettua più, e che perciò ella si crede in dovere di rimandare l'oggetto ricevuto pur conservando la miglior affettuosa riconoscenza per l'atto gentile di cui fu fatta segno.

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La fidanzata, però, non assisterà al colloquio, a meno che le circostanze determinanti così seria risoluzione non sieno tali da richiedere anche da parte di lei degli schiarimenti indispensabili. A volte siffatte rotture sono dovute a un equivoco o all'intromissione di persone invidiose e male intenzionate, ed allora non sarà difficile, con molto tatto e molta finezza, di ristabilire le cose e chiarire la situazione, ma piuttosto di compiere un passo che decide di tutta la vita senza portarvi la reciproca stima e il necessario affetto è molto meglio ritrarsi a tempo pur evitando scandali e chiacchiericci. Certamente la circostanza non è piacevole — ma tutto è preferibile a una trista esistenza a due, allorchè questi "due„ non professano reciprocamente quella deferenza e quella stima necessaria per affrontare d'amore e d'accordo tutte le non lievi difficoltà della vita, e mettere a dura prova il destino di creature innocenti le quali non hanno chiesto di venire al mondo e che per questo devono essere amate sopra ogni altra cosa, e messe in condizione di non rimproverare ai genitori d'averle create. Inutile dire, perciò, quanto occorre di buon senso e di precauzione, prima di stabilire un matrimonio. Dicono taluni: "è una carta che si gioca; potrebbe andar bene... potrebbe andar male. Chissà?„ Parole. Quantunque il carattere di una persona non si conosca mai completamente, pure — se non si ha una fretta irragionevole di concludere il matrimonio — durante il tempo del fidanzamento vi è pur sempre modo di studiare e conoscere questo benedetto carattere e accorgersi qual temperamento possiede la persona con la quale devesi affrontare la vita. Per quanto si dica, il passo che conduce due esseri verso la continuità dell'avvenire è di una terribile gravità — e sarebbe stolido se per un qualunque rispetto mondano si persistesse nella presa determinazione anche dopo essersi convinti che l'unione progettata non offre nessuna sicurezza di pace e di futura armonia. Non è piacevole riprendere e restituire una parola data; ma è molto meno piacevole affrontare un'esistenza a due, già sicuri di non poter vivere d'amore e d'accordo. Perciò è consigliabile di aspettare ad annunciare il fidanzamento, e a non aver troppa furia a offrire e a ricevere doni. Anche se i figliuoli sono impazienti tocca ai genitori aver giudizio per loro; non si esagera mai nella prudenza, specialmente quando i due giovani si conoscono da poco. La felicità è saggia e sa aspettare.

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In ogni casa vi sono ninnoli fragili e preziosi, sempre troppo pericolanti nelle mani frettolose ed incuranti dei servi; tocca perciò alla padrona averne cura personale, spolverarli, riporli, trasmutarli, badare a che l'ordine ne sia serbato perfettamente, verificare se ogni camera è stata ben rifinita e se la polvere non si annida negli angoli e dietro ai mobili, giacchè, tranne poche e felici eccezioni, i domestici insorvegliati hanno la leggiadra abitudine di pulire solamente quello... che si vede. Sarà la signora che distribuirà i fiori nei vasi di cristallo di argento e di rame. nel giorno di ricevimento, e preparerà le bomboniere e il servizio da thè sulla tavola apposita, coperta da un'elegante tovaglia ricamata, possibilmente in colore. Tocca a lei provvedere a tutte le compere della casa e tenere un apposito registro sul quale segnerà le entrate e le escite del bilancio familiare. Ma di questo ne tratteremo più diffusamente a suo tempo. Occupiamoci ora del modo migliore di guidare una casa di grande o di modesta agiatezza. Tutta la differenza non sta che nelle cifre.

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Anche i protestanti celebrano la loro prima comunione a sedici anni, sotto le specie materiate del pane e del vino. — Gli israeliti, invece, comunicano per la prima volta nel tredicesimo anno di età. — Ma tranne il rito, le cerimonie del festeggiamento sono identiche a quelle dei cattolici.

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Una volta il "servo„ era la "macchina„ destinata al lavoro silenzioso e continuo, a volta mal retribuito e che risentiva dei rimasugli della schiavitù allorquando il signore diceva le sue ragioni a suon di bastonate.... se non accadeva di peggio. Ora, la nostra civiltà c'impone di considerare coloro che sono al nostro servizio non come bestie da fatica, ma come creature perfettamente simili a noi, verso le quali se è nostro diritto esercitare un'autorità è anche dovere di non infierire, nè trattarle bruscamente e crudelmente. È anche vero che le persone di servizio d'oggi giorno pensano loro al modo più spiccio di farsi pagare lautamente l'opera prestata. Tuttavia non bisogna dimenticare che si ottiene più con la cortesia che col bastone. Se i padroni vogliono essere rispettati devono alla lor volta usare buone maniere, e pur non derogando dalla propria autorità, saper impartire gli ordini con fermezza e con buon garbo. E questo sarà naturale in coloro che non vogliono imporre ai propri servi il peso di una condizione che non è sempre lieta. Chiedere a loro di rispondere con l'umiltà e la deferenza più assoluta all'arroganza e all'impetuosità è lo stesso che riconoscere in essi una virtù di sopportazione superiore alla propria. Beaumarchais diceva, volgendosi a un ministro scontroso, autoritario e rubesto: — Poichè vostra Eccellenza esige tanta virtù in un servo, mi saprebbe indicare dei padroni degni di diventare domestici? Talvolta si odono signore lagnarsi che la loro servitù parla e sparla continuamente dei padroni; ed esse non fanno forse di peggio parlando e sparlando continuamente della loro servitù non appena si trovano riunite in qualche salotto? Ahimè! Chi ha più educazione più ne adoperi; ed è ingenuo, per non dire stolido, pretendere che i servi abbiano maggior cortesia dei padroni. Nei rapporti dei padroni con la servitù occorre la massima chiarezza. Un ordine dato con precisione sarà eseguito con precisione. Tocca a chi è alla testa della famiglia saper dirigere e distribuire opportunatamente il lavoro di ogni singolo membro, a fine di non generare confusione e disordine. Non occorre fare delle conferenze per iniziare la servitù al compito che le spetta; con poche parole chiare i domestici saranno istruiti su ciò che devono fare e tranne casi eccezionali non si dovrà mai alterare l'ordine con cui è distribuito il lavoro. Il modo più spiccio d'imbrogliare le cose è quello di cambiarle ogni momento; a furia di fare e di disfare... non si fa nulla di buono; perchè l'ingranaggio di una casa proceda speditamente occorre un'organizzazione sicura, stabile, in modo che le persone incaricate del lavoro materiale sappiano giorno per giorno, ora per ora, qual'è l'incombenza che devono eseguire.

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Ma per quanto l'abilità e lo zelo dei servi siano encomiabili, non v'è ragione al mondo per costringerli a fare molto più lavoro di quanto le loro forze lo consentano. Una signora di mia conoscenza, la quale non ha al suo servizio che una sola donna, non si perita a suonare il campanello e a farla accorrere per raccattarle un gomitolo o metterle un panchetto sotto ai piedi. Bisogna cercare di distribuire il servizio in modo che non diventi per nessuno una facchinata. Solamente così la casa potrà andare avanti bene, in buon ordine e con perfetta armonia. Dolcezza e fermezza. Ecco i due grandi fattori della pace familiare. Allorchè i servi cadono in qualche errore, occorre ammonirli con poche parole, senza ira, nè acredine, nè malgarbo. Altrimenti costoro potrebbero ribellarsi, rispondere malamente e far nascere quei deplorevoli battibecchi che urtano le persone di buon senso e di buona educazione. Quel mettersi a tu per tu con le proprie persone di servizio è una incredibile volgarità; ma per avere il diritto di non tollerare repliche alle proprie osservazioni, una vera signora redarguirà chi ha errato, senza cattive parole, e senza infuriarsi. Sarebbe stolido pretendere che la servitù, meno educata dei padroni, sopportasse in silenzio delle frasi sgarbate e ingiuriose. Perciò è ragionevole mettersi in condizioni di non farsi rispondere, per non essere costretti a licenziare una persona che serve; e ammonire con fermezza e autorità, ma sempre cortesemente, evitando quelle dispute interminabili che sono sempre spiacevoli e poco signorili. Il perfetto padrone sorveglia da vicino il lavoro dei propri servi, corregge i loro difetti, li rimprovera con ragione, e non chiedendo sforzi superiori alle loro possibilità, fa sì che a poco a poco riesce ad affezionarseli, pur tenendoli a quella distanza necessaria a che la fiducia non degeneri in confidenza. E' assolutamente inopportuno e poco accorto permettere che i domestici sieno presenti allorchè si discute d'interessi familiari, o di cose politiche, esprimendo idee contrarie alle loro e giudizi che tocchino direttamente la loro casta. Si evitino dunque simili argomenti mentre sediamo a tavola o ci troviamo in località da essere facilmente uditi dal personale di servizio. Per quanto i domestici possano essere affezionati e fedeli, non è affatto necessario che essi conoscono gli interessi e le opinioni dei padroni; con i tempi che corrono, con gli urti delle classi sociali, è facile crearsi dei nemici ed esporsi a chiacchiere inutili e a inutili sorprese. Coloro che ci servono appartengono alla casa, non alla famiglia; e se è nostro dovere trattarli con umanità e non farli mancare di nulla, non è però obbligo crearsene dei confidenti, pensando che il nostro confidente potrebbe piantarci da un momento all'altro e andare a sparpagliare le rivelazioni avute ai nuovi padroni, mettendo in piazza cose che dovrebbero rimanere segrete. La leggenda degli antichi servi fedeli che invecchiavano nelle famiglie, vedendone nascere, crescere, e spesso morire figliuoli, è ormai un sogno inattuabile. L'irrequietezza che predomina l'intiera umanità non può far grazia alla classe che serve; basta il miraggio di un salario più pingue per far abbandonare senza scrupoli la famiglia ove un servo era ben trattato e non oberato di lavoro; ed ecco, perciò, annullata la possibilità d'esser certi d'avere in casa persone sicuramente affezionate.

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Allorquando i padroni salgono in carrozza il cocchiere non si toglie il cilindro ma inalza verticalmente la frusta, appoggiandone il manico sopra un ginocchio; è il segno di saluto; non aspetterà a mettere in moto i cavalli che il lacchè gli sia seduto comodamente accanto, ma questi, appena chiuso lo sportello della carrozza, salterà agilmente al suo posto, mentre l'equipaggio s'avvia. Invece se si tratta di automobile, a meno a che non vi sia una lacchè apposito, il meccanico stesso si terrà vicino allo sportello, berretto alla mano, per aprirlo o chiuderlo a seconda dei casi.

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Va fatta eccezione pel giorno di ricevimento in cui l'uscio della sala sarà aperto a ogni sopraggiungere di visitatore che il servo, all'escita, precederà sino alla porta di casa. Nelle famiglie cospicue, nei giorni di ricevimento, un servo è adibito all'anticamera, un altro accompagna i signori dall'anticamera fino al salone, traversando a volte altri salotti minori; in questo tragitto egli precederà il visitatore, senza permettersi alcun saluto, verbale, ma inchinandosi allorchè spalanca il battente della sala ove si trova riunita la conversazione. I domestici maschi devono sempre stare in casa a capo scoperto; invece, nelle famiglie nobiliari le cameriere portano una cuffietta di pizzo o di tulle — secondo la moda francese — e il loro servizio è ristretto alla persona della padrona, alla cura della sua biancheria, dei suoi abiti e all'ordine della camera da letto. Tocca ai domestici servire a tavola, lustrare i pavimenti e spolverare, a meno che non vi sieno donne adibite a quei lavori speciali, più grossolani e faticosi. Nelle famiglie ove non vi è che una cuoca e una cameriera, questa, per le faccende del mattino, indosserà dei larghi grembiuli di cotone colorato, riservando il grembiule bianco a lavoro compiuto e per servire a tavola i padroni. Alla cuoca si procureranno i grembiuli molto ampi di tela bianca, possibilmente interi, con le maniche, e si farà in modo di deciderla a mettersi una cuffietta sui capelli per evitare qualsiasi brutta sorpresa nella manipolazione delle pietanze. È una necessità di nettezza per chi sta in cucina mettersi al riparo d'ogni possibilità spiacevole e la padrona ha pùr sempre il diritto di pretendere a che queste precauzioni siano prese. Naturalmente ella stessa fornirà queste cuffiette le quali non devono dare alla cuoca l'apparenza di una "pappina„ d'ospedale, ma devono essere abbastanza graziose e ben fatte da essere accettate senza rimostranze anche dalle donne più schizzinose. ln quanto alle governanti dei bimbi piccoli è necessario che sieno provvedute per casa di grembiuli bianchi di una certa eleganza e si pretenderà che vestano di chiaro. Per fuori si farà loro indossare il costume inglese che è così elegante nella sua semplicità. Abito e cappa turchina o grigia; in capo un lungo velo azzurro chiuso attorno alle tempie secondo la foggia dei veli portati dalle Dame della Croce Rossa. Tale costume è preferibile a qualsiasi abito "particolare„ perchè talora, onde sfoggiare una tal quale eleganza, queste governantine si camuffano in mille modi sfoggiando certi copricapo da far venire i brividi...

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La tenuta dei servitori deve essere della massima correttezza ed ha il carattere essenziale della livrea. ln alcune grandi famiglie i padroni non vogliono subire la fatica ed il peso della direzione domestica e allora ne affidano l'intera responsabilità a un individuo che sta fra il servitore e l'impiegato, oppure addirittura a un maggiordomo. Tocca a costui, quindi, sorvegliare l'andamento della casa, a fissare e a licenziare i domestici, a distribuire il servizio e a combinare col cuoco la lista della colazione e del pranzo. Ogni mattina egli riceverà gli ordini della padrona, riguardanti tutto quello che deve avvenire nella giornata, stabilendo il servizio della carrozza e delle automobili, le modalità di un ricevimento o di un pranzo, le spese occorrenti per ciò che riguarda direttamente le persone dei padroni. E il maggiordomo, a sua volta, trasmetterà gli ordini alla servitù vigilando in modo che tutto proceda con la massima puntualità, e senza generare nessuna confusione qualunque sia l'importanza del ricevimento o la quantità dei servizi da eseguirsi. E il maggiordomo che si occupa di far preparare le stanze e distribuirle agli ospiti allorquando i padroni radunano gli amici nella loro villa o nel loro palazzo. Se vi è pranzo egli rimarrà nella sala a sorvegliare i servi e si occuperà in modo speciale della mescita dei vecchi vini. In certe famiglie è lo stesso maggiordomo che versa i vini preziosi, avvolgendo la bottiglia in un tovagliolo. Durante il ricevimento tocca a lui presenziare il servizio di buffet e di rinfreschi, avendo cura che l'uno e l'altro siano abbondanti, e di primissima qualità. Settimanalmente egli renderà conto alla padrona di casa del denaro speso, di quello incassato, presentando scrupolosamente fatture e ricevute, onde non rispondere in malo modo alla fiducia riposta in lui.

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Questo, per la regole — Ma ormai le famiglie signorili che possono permettersi il lusso del maggiordomo sono ridotte a poche...

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Evidentemente non si ricorre a questo mezzo se non si hanno sospetti sulla fedeltà della persona che è stata per breve o lungo tempo al servizio: ma tuttavia, è un diritto del quale si può usufruire senza che il domestico sia autorizzato a protestare. Il licenziamento comporta otto giorni di tempo per dar agio sì al padrone che al servo di provvedere l'uno a rimpiazzare colui che se ne va, e all'altro di cercarsi un nuovo servizio. Nel caso, però, in cui il domestico commettesse qualche grave colpa in fatto di onestà e di condotta, il padrone può licenziarlo su due piedi senza essere in obbligo di pagargli l'indennità. Supponendo che il domestico infedele si ricusi di andarsene non v'è altro che ricorrere alla Questura esponendo le ragioni per cui il licenziamento s'impone immediatamente.

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Brillat-Savarin chiuse in poche parole fortunate l'arte dell'ospitalità: "Invitare qualcheduno significa imporsi il compito di renderlo felice durante tutto il tempo che sta nella nostra casa.„ Ora, per allietare l'ospite, non è necessario lo sfoggio, non è indispensabile la ricchezza; anche le persone più modeste possono offrire delle liete ore a chi si siede alla loro tavola, a chi permane nel loro salotto. Basta un'accoglienza festosa, l'espressione della riconoscenza per aver accettato l'invito, una cura continua di far cosa grata, e l'ospite sentirà di essere veramente il benvenuto. Vi è una forma di eleganza che richiede poco dispendio e molto gusto ed è alla portata di ogni padrona di casa intelligente ed attiva. Meglio tener bassa la tonalità dell'eleganza che sfoggiare un lusso a volte troppo superiore a certe possibilità finanziarie. "Épater les bourgeois„ è una brutta frase francese che significa però assai bene la manìa che molti hanno di gettare la polvere negli occhi al prossimo, con l'illusione di farsi ammirare e prendere in maggior considerazione. Tuttavia quando invita qualcheduno a pranzo è obbligo della padrona di casa di vegliare affinchè tutto proceda col maggior ordine possibile e le pietanze sieno preparate e servite alla perfezione e la tavola sia apparecchiata con ogni cura. La sala da pranzo deve essere chiara e gaia. Quelle sale cupe, dai pesanti mobili scuri, dai candelabri di ferro battuto come quelli delle cappelle funebri, si addicono sì e no ai palazzi antichi, alle solenni ville solitarie, dove tutto deve serbare la medesima linea, ma sono addirittura incompatibili negli alloggi moderni ove accanto a questi ambienti foschi — e si rendono foschi a furia di vetrate a piombo e a colori — sorride un salottino rococò, o una camera Impero. Gli appartamenti che sembrano un'esposizione permanente di mobilieri, ove tutti gli stili e tutte le foggie s'incontrano, non sono simpatici, tantopiù se si trovano in palazzine o case completamente moderne. I mobili scolpiti del Rinascimento stanno bene dove li collocarono i nostri avi — ma stonano nelle nostre casette minuscole — di fronte agli antichi palazzi, e perdono la ragione del loro essere. Le attuali sale da pranzo devono essere chiare, ridenti, ben illuminate, consoni, infine, agli usi moderni e alle moderne esteriorità delle abitazioni. Entrare in una palazzina elegante, dalle stanze non esageratamente grandi e trovarsi quà in pieno Quattrocento — là in piena Rinascenza — da una parte nell'Impero, dall'altra nel regno di un Luigi purchessia — checchè se ne dica, non è simpatico. Anzi fa l'effetto precisamente opposto che farebbe entrando in una delle vetuste sale di palazzo Strozzi e vederla ammobiliata con dei leggieri mobili rococò... L'arredamento di una casa signorile o modesta deve essere sempre armonico; gli sbalzi da un'epoca all'altra dànno l'idea di aver comprato dei mobili d'occasione. Ma poichè sarebbe eccessivo per tante borse dar un unico carattere a tutto gli ambienti, costituendo così un alloggio d'incomparabile eleganza e buon gusto, è bene rinunciare pei piccoli appartamenti moderni alla solennità degli antichi stili e contentarsi di mobili pratici, non ingombranti e facilmente pulibili i quali danno sempre un aspetto di gaiezza e di nettezza.

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Una sala da pranzo di buon gusto non sarà sovraccarica nè di mobili nè di suppellettili; sopratutto non avrà quegli odiosi armadi a vetro dietro cui si allineano porcellane, cristallerie e argenterie. Cotesta è un'esposizione antipatica che ha tutta l'apparenza di voler sfoggiare le proprie ricchezze; v'è sempre occasione di adoperare servizi di lusso senza metterli in vetrina come in un negozio. Si possono però collocare i grossi piatti d'argento sbalzato nelle mensole apposite, ma anche di questi basteranno due o tre — e qualche bronzo. Non parlo poi di quegli orribili quadri di "natura morta„ che sono, per taluni, ornamenti indispensabili di una sala da pranzo. Per quanto sieno bene eseguiti quei polli morti, quelle patate, quelle pere, quelle cipolle, stanno meglio in cucina che dove si mangia. Consigliabili, invece, sono i pannelli d'arazzo che ricoprono gran parte delle pareti; anche meglio, quei "rotondi„ di fiori che danno una gaia sensazione di festività e di primavera. Allorchè vi è pranzo — se d'inverno — le bocche a calore della sala saranno chiuse all'inizio perchè gli ospiti non abbiano la sensazione di una temperatura eccessiva. Bisogna tener conto che la luce e l'animazione e il cibo danno sempre un aumento di caloria, e non è necessario — per eccesso di cortesia — soffocare gli ospiti. La padrona di casa dovrà vigilare a che tutto si svolga nell'ordine più perfetto. Baderà ella stessa al modo con cui è apparecchiato, alla finezza della biancheria, alla disposizione dei posti. Sul piano della tavola si stenderà innanzi tutto, una grossa coperta di nitida lana bianca, per evitare quello sgradevole rumore che fanno i piatti e le posate allorchè si posano e si maneggiano. La tovaglia — inutile dirlo — dev'essere di candore immacolato, a meno che non si preferisca la leggiera tinta cenerina su cui si smorzano armoniosamente le troppo vive luci dei cristallami e dell'argenteria. Sopra una tavola apparecchiata in simile tonalità danno una nota stupenda di colore grandi vasi di cristallo verdi, bassi e capaci, ricolmi di rose bianche o gialle. A volte invece si preferisce far correre torno torno alla tavola una leggiera ghirlanda di fiori; bisogna però aver riguardo che sieno fiori senza un troppo acuto profumo che talvolta potrebbe dar noia a qualcheduno dei convitati. Ma in generale simile decorazione della mensa si usa soltanto per certe solennità come pranzi di nozze e pranzi diplomatici. Sono sempre preferibili le leggiere anfore di lino cristallo, sostenenti il delicato stelo di un flore, collocate, una per una, fra due convitati. Se poi vi è il trofeo nel centro della tavola si eviterà di mettere fiori di troppo lungo stelo, per non impedire la reciproca vista agli ospiti collocati ai lati opposti. Ciò che i francesi chiamano "couvert„ si compone di un piatto, un cucchiaio, una forchetta, un coltello, pei cibi soliti; più le posate da ostriche e da pesce e da frutta, disposte simmetricamente dinanzi a ciascun convitato. In quanto al numero dei bicchieri, secondo l'entità del pranzo e le qualità dei vini da servirsi, varia dai tre ai cinque: un bicchiere grande per il vino da pasto o per l'acqua, due bicchieri più piccoli, uno per il Madera, l'altro per il Bordeaux e una coppa da sciampagna bastano anche per un pranzo elegante. Il servizio di porcellana sarà finissimo ma semplicissimo; se la casa che riceve è nobile, potrà esservi dipinto l'intero stemma o la corona; altrimenti basterà un piccolo contorno floreale a illeggiadrirlo. È somma eleganza che tutto il servizio di vasellame, dalle scodelle al servizio di caffè sia eguale; quel mutare ogni momento forma e colore dei piatti dà l'aria di averli racimolati a poco a poco e non è mai di buon gusto. Le carafe d'acqua e di vino, le saliere e altri accessori saranno a portata di mano dei convitati — a meno che disimpegnando il servizio diversi servitori, tocca a questi mescere da bere ai signori, versando loro il vino da essi prescelto. La minestra si servirà già ne le scodelle prima che gli invitati si siedano a tavola; questi, sedendosi, prenderanno la salvietta che si trova alla loro sinistra. È una regola da osservarsi scrupolosamente, affinchè non succedano scambi od errori. In un pranzo di cerimonia, la lista delle vivande è scritta con elegante calligrafia sopra cartoncini bianchi, filettati in oro o dipinti a mano. Ogni invitato ne ha uno dinanzi a sè. Tuttavia l'abitudine della lista non è simpatica; dà sempre l'aria dell'albergo e l'impressione di voler mettere in guardia gli invitati contro le insidie di un pranzo troppo luculliano. L'invito a desinare non significa soltanto invitare gli amici a rimpinzarsi ben bene; ma significa il desiderio di passare insieme ad essi alcune piacevoli ore, mettendo in secondo luogo l'importanza del convito.

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Consiglio alle giovinette di far a meno dell'inutile abitudine del fumo; non serve a niente e molto meno non giova a niente. Ma se proprio per la loro felicità terrena e per la condiscenza materna sentono di non poter rinunciare a quei cinque minuti di fumo, abbiano almeno il buon senso di non esagerare nell'esibizione di questa loro piacevole consuetudine. E specialmente non si aggirino pei salotti ostentando una disinvoltura americana che è bene lasciare alle femministe dell'altro emisfero. E consiglio anche alle mamme di non permettere che i loro figliuoli, inferiori di età ai diciotto anni, prendano la mania del fumare. A volte s'incontrano per la strada certi mocciosetti in calzon corti con la loro brava sigaretta in bocca o magari con un sigaro più lungo di loro. E si danno un'importanza tale da far venir la cristianissima voglia di prenderti per un'orecchio e mandarli a riscuotere una buona razione di sculacciate familiari. Perchè, in generale, fumano di nascosto e il fumo eccessivo non è un precetto d'igiene per la salute dell'adolescenza. E non mi si venga a dire che chi comincia non ne può più fare a meno; le persone che asseriscono queste banalità devono avere una ben meschina padronanza di sè stessi se non sanno imporre ai propri nervi la propria volontà. L'organismo umano può piegarsi a ogni constrizione dell'individuo. Tranne il pane e l'aria e l'acqua nulla è indispensabile: si vive benone anche senza fumare e, specialmente, senza abusare del fumo. A coloro che asseriscono il contrario, adducendo il pretesto che una volta preso le abitudini non è più possibile lasciarle, rispondo con due parole: — Non prendetele. E forse è questo uno dei segreti della felicità: non aver abitudini... Chiudo la parentesi.

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Ogni cavaliere sarà attento e premuroso verso la sua dama; le accosterà la sedia appena seduta, se non vi sono domestici pronti per tale officio e a sua volta non si siederà se non quando ella sarà accomodata. Durante il pranzo converserà amabilmente con lei, starà attento che le bevande non le manchino nei bicchieri, le offrirà tutto ciò che le può occorrere, richiedendo a chi serve tutto quello che non è a sua portata di mano. Tocca al cavaliere mantenere con la signora una piacevole conversazione, anche se la vicina di tavola non è nè giovane, nè amabile, nè di suo gusto. Vi sono leggi cavalleresche che esorbitano da qualsiasi personalità; del resto sarebbe troppo comodo mostrarsi gentili e premurosi soltanto con le persone che ci vanno a genio. Dal canto loro i padroni di casa faranno il possibile perchè fra i convitati regni la più perfetta cordialità. Checchè se ne dica un pranzo ben scelto, dei vini generosi, delle conversazioni piacevoli, sono sempre preziosissimi coefficenti per tener alto il morale e far dimenticare in buona compagnia tante calamità della vita quotidiana. Del resto è saggia cosa non sciorinare innanzi alla società i propri fastidi; la gente che se la gode è sempre poco disposta a porgere orecchio alle altrui preoccupazioni, e un viso chiuso e addolorato dà parecchia noia a coloro che non hanno crucci, senza contare l'apprezzamento poco lusinghiero, ch'essi potrebbero fare su simile attitudine tenebrosa. Perciò se si hanno dolori o se ci si sente male è meglio starsene a casa, poichè contare sulla generosità degli estranei per ottenere un conforto sincero è calcolo sbagliato. E in società, anche se si riesce a foggiarsi un viso ilare o per lo meno non eccessivamente funereo, è bene non parlare con nessuno dei propri guai e delle proprie preoccupazioni. Dopo tutto andare ove ci si diverte per ostentare un contegno tragico è tal contradizione da urtare anche i nervi meno sensibili e da offendere le suscettibilità meno delicate. In generale tutti i sentimenti ostentati sono sempre discutibili. Di più non è nemmeno cortese mostrare un volto melanconico — irriducibilmente melanconico — alle persone che hanno usato la premura d'invitarci nella loro casa per trascorrere piacevolmente qualche ora. "A tavola non s'invecchia„ ammonisce l'antico dettato — è vero; perchè — prendendo tale asserzione nel suo più simpatico senso — perchè a tavola si è lieti, si dimenticano tante cose opprimenti e si provvede al sostentamento della macchina umana la quale, come ogni altra macchina, ha bisogno di combustibile se si vuol che funzioni regolarmente.

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La solenne cerimonia degli antichi conviti, in cui si serviva una lista di vivande degne di Gargantua e si allietava con un'orchestra a getto continuo, è passata nel numero dei più. Nei nostri pranzi attuali il numero delle portate — fra calde e fredde — non deve superare il numero di cinque. Ce n'è a sufficienza per non aver l'aria di voler sfamare i propri invitati per una settimana. Il servizio sarà sbrigato con celerità ed esattezza. I piatti sono presentati ai convitati da sinistra; i vini sono mesciuti da destra; al "dessert„ dai servi con apposita spazzola saranno raccolte in un vassoio d'argento le briciole e i pezzi di pane avanzati sulla tavola; quindi si distribuiranno i piatti da frutta con su le speciali posatine; cioè un coltello a lama d'acciaio per il formaggio uno a lama d'argento per le frutta, un cucchiaino da dolce e una forchetta. Se il servizio è compiuto da un domestico e da una cameriera, l'uomo calzerà guanti bianchi, la donna invece sarà a mani nude, ma il suo compito si limiterà a mettere e a togliere i piatti dinanzi ai convitati, mentre il servo passerà le vivande e mescerà i vini.

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In certe famiglie vi è l'abitudine di distribuire agli ospiti, a fin di pranzo, delle ciotole d'argento o di altro metallo, con acqua e una fettina di limone per lavarsi le estremità delle dita. Non mi sembra un uso lodevole, supponendo che delle persone bene educate non debbano intrugliarsi le dita, mangiando; anche per la frutta vi sono ormai tante specie di posate adatte da evitare l'inconveniente di doverle mangiare con le mani. È vero che anticamente, dopo le agapi, gli ospiti si risciacquavano anche la bocca, ma mi sembra superfluo affermare che tutto ciò era un'autentica porcheriòla e nessuna padrona di casa la tollererebbe alla propria tavola. Sebbene non elegantissimo, v'è l'aiuto degli stuzzicadenti i quali furono un tempo tenuti in siffatti onore che l'ammiraglio di Coligny non poteva fare a meno di averne sempre uno in bocca dalla mattina alla sera — anche nei momenti più solenni della sua carica. A proposito di stuzzicadenti — e a titolo di cronaca — va rammentato quello che fu venduto, anni sono, per la rispettabile somma di quattordicimila cinquecento lire. Era uno stecchino qualunque; ma era stato regalato a un gentiluomo da Re Carlo I. d'Inghilterra il giorno stesso della sua esecuzione.

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Vi sono alcune regole d'elementare etichetta a cui non si può in alcun modo derogare, a meno di non passare per maleducati. Appena seduti a tavola si aspetterà a mangiare che la padrona di casa spieghi il proprio tovagliolo dando così il segnale del principio del pranzo. La salvietta si terrà sulle ginocchia, senza permettersi di appuntarsela addosso per non macchiarsi l'abito; è un brutto uso da commessi viaggiatori da non imitarsi da persone capaci di stare a tavola e non infrittellarsi. Appena finito di mangiare, forchetta e coltello saranno incrociati sul piatto e non lasciati sulla tavola per adoperarli alla pietanza successiva giacchè a ogni servizio le posate devono essere immancabilmente cambiate. Se vi sono degli asparagi questi richiederanno un coltello e una forchetta speciali, d'argento, molto graziosi ambedue e fatti in modo da tagliare facilmente il lungo stelo e portarselo alla bocca senza timore che scivoli. Naturalmente non salterà mai in testa a nessuno, specialmente in un pranzo elegante, di prendere gli asparagi con le dita. A tal proposito ecco un grazioso aneddoto. Allorquando uno Scià di Persia pranzò alla Corte di Re Edoardo d'Inghilterra, fra le vivande più squisite furono offerte al principe dei superbi asparagi. Ma quale fu la stupefazione del Re e dei suoi convitati vedendo il monarca persiano gettarsi dietro le spalle gli steli degli asparagi dopo averne appena mordicchiata la punta! Edoardo VII, uomo di spirito e di risorse, prese il suo partito per non infliggere una mortificazione al regale ospite, e fece altrettanto, imitato, s'intende, da tutti i suoi cortigiani. Così allo splendido Scià coperto di gemme scintillanti, non passò nemmeno per la mente di aver commesso una grossa sconvenienza...

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A volte dopo il pranzo si giuoca. A tal fine sono disposte in una sala vari tavolini destinati a simile uso non ingombrando però il locale dove si tiene conversazione; ciò disturberebbe chi giuoca o costringerebbe chi non giuoca a starsene fermo e in silenzio. Tocca però alla padrona di casa non permettere che si gettino sul tappeto verde somme troppo forti; una sala non è una bisca e quel borseggiarsi a vicenda genera un senso antipatico di preoccupazione da cui ogni riunione di persone dabbene dovrebbe essere esente. Anzi è sempre corretto che i padroni di casa si esimano dal giocare col natural pretesto del loro dovere di ospiti, che non possono trascurare nessuno degli invitati. I mazzi di carte messi a disposizione dei giocatori devono essere nuovissimi e di ottima qualità. È sempre una buona precauzione perchè non accadano incidenti; purtroppo talvolta anche sotto uno sparato bianco si celano dei brutti vizi e talvolta, per paura di perdere somme superiori alle proprie possibilità finanziarie, c'è chi cerca non di "barare„ ma semplicemente di correggere la fortuna... Ma, tirate le somme, è poi la medesima cosa, benchè — come asseriscano taluni — il fine giustifichi i mezzi. Si racconta che Monsignor di Cosnac arcivescovo d'Aix, era assai innanzi con gli anni allorchè gli dissero che si stava canonizzando San Francesco di Sales. — Come! — gridò il venerabile pastore — Si canonizza il mio vecchio amico! Sono contento dell'onore che gli tocca; era un galantuomo, un uomo piacevole ed anche onesto, benchè avesse l'abitudine di barare a "picchetto„ quando giocavano insieme. — Ma, monsignore! — gli rispose qualcheduno stupefatto di simile rivelazione — È impossibile che un santo abbia potuto barare al gioco! — Oh! — replicò pacificamente il vescovo — Non bisogna meravigliarsene. Quel sant'uomo aveva bisogno di denaro per le sue elemosine, e quelli rubati li dava ai poveri!...

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Tuttavia se si può fare a meno d'impiantare serie partite di giuoco nella propria casa è molto meglio. Volere o no è una passione nociva e brutta; si sa come si comincia ma non si può sapere come si finisce. Vi sono tanti altri modi da passare piacevolmente una serata senza ricorrere proprio al più pericoloso, e farà opera intelligente ed opportuna — potrei dire onesta — quella padrona di casa che eviterà di stendere sulla sua tavola il famigerato tappeto verde... Non si possono conoscere le condizioni finanziarie di tutti gli invitati e si può invece nuocere a coloro i quali, obbligati a prender parte al gioco, si espongono a perdere più di quanto comportano le loro condizioni, e, se non hanno indosso tanto denaro che basti, a fare delle brutte figure... Non tutti, giocando, pensano alle elemosine e ai poveri come San Francesco di Sales...

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Allorquando una padrona di casa apre le proprie sale a un ricevimento o a un ballo, ella deve anzitutto "obliare sè stessa„ prodigandosi infaticabilmente per il benessere e il divertimento dei suoi ospiti. Avrà somma cura che tutto riesca inappuntabile sia nella decorazione che nel servizio. La sua casa sarà ben illuminata ma non eccessivamente calda, perchè la riunione di tante persone aumenta gradi di temperatura e non sarà nemmeno tanto fredda in modo da nuocere alle signore che intervengono, scollate, alla festa. Si dovranno regolare i caloriferi in modo da non superare i diciotto gradi. La signora riceverà sulla soglia della sala i suoi ospiti; il padrone accompagnerà le dame a prendere posto: se si tratta di un ballo nel vestibolo saranno collocati dei grandi vassoi pieni di "carnets„ tra cui le invitate ne sceglieranno uno a meno che lo abbiano portato esse stesse. Prima di entrare in sala le signore saranno fatte passare in una stanza adibita a guardaroba ove poseranno sciarpe, mantelli e pelliccie. Alcune cameriere saranno ai loro ordini; accanto alla guardaroba si preparerà un gabinetto da "toilette„ affinchè le dame possano rinfrescarsi e ravviare le acconciature scomposte durante la danza. Dovranno essere preparati, su apposito piano, pettini, spazzole, forcine d'ogni colore, scatole di cipria, boccie d'acqua di Colonia, fiale di aceto aromatico, infine tutto ciò che potesse eventualmente occorrere alle invitate.

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A Corte, questo si apre dopo mezzanotte ed è servito in sale appositamente preparate; vi sono due generi di servizio: caldo e freddo: Così pure hanno adottato questo sistema le famiglie signorili che amano ricevere con larghezza. A mezzanotte dunque si spalancano le porte della sala da pranzo ove sopra una grande tavola disposta a ferro di cavallo o sopra diversi tavolini, apparecchiati identicamente, sono disposte le mense. La lista delle vivande deve essere abbondante e varia perchè gli invitati possano scegliere a tutt'agio ciò che è di loro gradimento. Tocca ai cavalieri occuparsi delle dame, richiedendo alla servitù ciò che si desidera di cibi e bevande calde e fredde. Invece il servizio di thè e di rinfreschi sarà preparato in un'altra sala e potrà essere frequentato sin dal principio del ballo il quale però non è mai iniziato prima delle ventidue.

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Trattandosi, invece, di balli in sale speciali, o in clubs, o in circoli, il buffet, essendo naturalmente a pagamento, sarà frequentato a tutte le ore; toccherà ai cavalieri accompagnarvi le dame, badando però di comporre in tal modo la tavolata da non lasciare una signora senza il proprio marito, nè una signorina senza il padre, o la madre, o il fratello.

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Allorchè vi sono invitati nel palco, toccherà a questi il posto d'onore; il qual posto d'onore è quello di prospetto al palcoscenico; se invece non vi sono altre persone tal posto sarà occupato dalla signorina, non dalla madre, sembrando a taluni cosa disdicevole che una giovinetta prospetti continuamente il pubblico. È raccomandabile l'uso moderato del binoccolo, specialmente alle giovani signore. Quel curioso ispezionare delle poltrone e dei palchi — quel soffermarsi a fissare un dato punto del teatro, qualunque ne sia la ragione, ha qualchecosa di scorretto e d'impertinente, e urta con facilità i nervi di chi si vede oggetto di simile osservazione. A loro volta se le signore si vedono fissate con soverchia insistenza, non hanno che da voltarsi con disinvoltura senza far atto di essersi accorte di simile persecuzione... ottica.

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Occupando posti di platea, ed essendo nell'immediato contatto del pubblico si dovranno osservare scrupolosamente le regole della più perfetta cortesia; si dovrà evitare di escire a ogni intervallo se il posto occupato è tale che per abbandonarlo si deve scomodare i vicini — specialmente se si tratta di signore. Obbligati però a passare, si chiederà prima permesso a coloro che si disturba e immediatamente si ringrazierà. Con nessuna somma, a questo mondo; si può comprare il diritto di essere scortesi. Se fra noi e qualche nostra conoscenza, nella medesima fila di poltrone, vi è qualche estraneo, saluteremo gli amici con un cenno od un sorriso; oppure con un breve saluto parlando dietro alla persona estranea e non passandole mai, e per nessuna ragione, davanti.

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Ma io auguro a tutti di non aver bisogno di giungere fino a questo estremo....

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A meno che la salute del neonato non dia delle serie preoccupazioni, si aspetta che la puerpera sia in grado alzarsi per celebrare il battesimo. Scelto il giorno della funzione il bimbo sarà portato in chiesa in automobile o in carrozza chiusa, ove prenderanno posto la levatrice che reca ella stessa il battezzando, il padre di questo, il compare e la comare. Se vi sono altri invitati seguiteranno in apposite vetture. L'abito della madrina dovrà essere molto semplice e possibilmente chiaro, giacchè la festa del battesimo è la festa della vita; ma dovrà sfoggiare una certa eleganza. Il compare sarà in "redingote„. Gli altri parenti ed invitati si uniformeranno al maggior o minor sfoggio di mondanità che si vuol dare alla cerimonia, vestendo adeguatamente. Dopo avvenuto il battesimo tocca al padrino fare un'offerta di denaro alla chiesa anche a nome della madrina. Tale offerta — sempre, s'intende, adeguata ai mezzi disponibili — deve essere generosa. Al ritorno della funzione ha quasi sempre luogo un pranzo in casa del neonato. La mamma aspetterà su la soglia della sala che la madrina le porga il nuovo cristiano, ed ella l'abbraccierà ringraziandola di aver iniziato la vita spirituale della sua creatura. Il compare bacierà la mano della signora. Al pranzo intimo o ufficiale il posto d'onore sarà naturalmente riservato al compare e alla comare. Essi siederanno al centro della tavola, uno in faccia all'altro. Il pranzo deve essere perfetto, la tavola parata a festa. I fiori non saranno mai troppi; e nastri rosei o celesti (secondo il sesso del neonato) orneranno da un punto all'altro la tovaglia. A ogni invitato sarà offerta una bomboniera con le cifre del battezzato. Generalmente la madre riveste una lunga e sciolta vestaglia bianca, un poco scollata e porta i suoi gioielli di nozze. Bisogna aver di lei ogni cura; evitarle la vicinanza di fiori troppo profumati e avere il buon senso, da parte delle signore, di non profumarsi esse stesse per non recarle fastidio. Alla fine del pranzo, se l'ora lo permette, il neonato verrà portato dalla balia a fare il giro dei convitati e ricevere... i non ancor udibili omaggi. A volte la creaturina è presentata adagiata in una cesta di fiori o coricata in una culla portabile imbottita come una bomboniera. Da tal giorno è stabilita tra compare e comare una buona e durevole amicizia. Essi si recheranno sovente a vedere il figlioccio, specialmente la madrina la quale terrà compagnia alla madre durante la lunga convalescenza. È costituita, insomma, una parentela spirituale fra i genitori e coloro che hanno promesso a Dio, a nome del loro figliuolo, di fuggire il male e trascorrere degnamente il tempo che egli dovrà restare su questa terra. E qualora uno dei genitori venisse a morire, tocca al compare e alla comare rimpiazzarlo nell'allevamento e nell'educazione del piccolo orfano. E il bimbo dovrà crescere con un riverente amore per chi lo ha vegliata sin dal suo nascere, considerandoli come parenti e dimostrando loro una riconoscenza affettuosa e un rispetto profondo, affinchè la promessa ch'essi fecero per lui dia veraci frutti di felicità e di onore.

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Il tramonto; il riposo forse troppo a lungo desiderato, la stanchezza troppo a lungo sopportata, un male troppo profondamente nascosto... Il tramonto, oggi. Un'alba, domani.

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L'ansia, la fatica, la disperazione accasciano una persona per quanto possa essere robusta e forte — e costringerla a parlare a riaprire continuamente la propria ferita per rispondere a domande spesso intempestive è una crudeltà. Le visite di condoglianza si faranno a suo tempo; dopo almeno un mese, per lasciare ai superstiti la possibilità di riprendere la vita. Anche le lettere scritte a coloro che furono colpiti da una sventura devono avere un carattere di schietta affettuosità senza però stemperarsi in frasi pompose e prolisse; anzitutto suonerebbero male e poi, tenendo conto della quantità ricevuta, costringerebbero chi le riceve a risposte troppo lunghe e faticose, aumentando loro il disagio e il dolore. Per il conforto bastano poche parole.

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Nella continua ascesa del nostro progresso sociale molte consuetudini si sono necessariamente evolute e la gloriosa tragedia della guerra ha forse precipitato quest'evoluzione, sì che se qualcheduno dei nostri avi potesse mettere la testa fuori del sepolcro e dare un'occhiatina alle cose avvenute sulla terra da un mezzo secolo a questa parte, la ricaccerebbe subito dentro persuaso di esservi svegliato in un altro mondo... Ne consegue necessariamente che anche la donna non è più nelle condizioni di una volta, allorchè nemmeno a una sposina novella era permesso di andar fuori sola. Non parlo poi delle ragazze le quali non mettevano il naso oltre l'uscio se non erano accompagnate dalla mamma e dal babbo, magari da tutti e due; e nei giorni di minor parata, o per casi speciali, si metteva loro al fianco una servetta col suo bravo grembiule bianco, ben inamidato; servetta la quale era, spessissimo, molto più giovane della padroncina e aveva molto meno giudizio di lei. Non è difficile capire gli inconvenienti di tale accompagnatura, sulla quale le buone mamme fidavano un po' troppo ciecamente; ma è facile, però, capire che al giorno d'oggi sarebbe molto più notata una signorina che girasse con la servetta al lato, di quanto non la si noti allorchè se ne va dritta e seria per la propria strada. Diritta e seria, ho detto. E su questo punto sarà opportuno soffermarci quel tanto necessario a stabilire bene le cose. Ripeto che oramai le giovinette e anche le bambine vanno fuori sole ogni qualvolta capita loro l'occasione e nessuno ci trova nulla a ridire poichè l'uso è generalizzato e accettato — ma benchè la concessione di tale libertà sia di pieno gradimento delle nostre signorine, bisogna che esse si persuadino che c'è modo e modo di andar fuori sole. Prima di tutto nessun abito vistoso, nè eccentrico, nè tale da dare nell'occhio. La moda è la moda: d'accordo; e non è possibile sottrarsi sempre alle sue esigenze; v'è però maniera di conciliarla col buon gusto e con la serietà doverosa in una signorina per bene. Nulla è più spiacevole d'incontrare per la strada delle giovinette in abiti chiassosi per colore e per forma, con dei cappellini eterocliti ingozzati fin sul viso... che non si vede più in grazia di certi ciuffi di capelli sfuggenti alla tesa, i quali arrivano fino a metà guance dando l'aspetto di cani "pinch„ a certi volti giovanili cui l'aria e la luce non devono far paura... Un abitino semplice, ben fatto; un cappellino scuro e grazioso; delle scarpe accuratissime e dei guanti in ordine sono più che sufficienti a dare un'eleganza sobria e seria alle signorine che desiderano essere giudicate, sia pure dalla sola apparenza del vestito, signorine a modo. Il contegno della giovinetta, anche per la strada, deve essere inappuntabile. Per nessuna ragione si volterà indietro, nemmeno se non si è subito accorta d'essere salutata da qualcheduno; e, qualora non si tratti di qualche vecchio amico di famiglia già innanzi con gli anni, o di qualche stretto parente, non permetterà mai di essere fermata da un uomo. Se si tratta invece di qualche signora, ella le si mostrerà grata di essersi fermata per chiederle notizie o darle notizie di famiglia; ma non le chiederà di accompagnarla per un tratto di strada aspettando che l'invito le giunga da quella signora più anziana di lei. Imbattendosi in amiche o in coetanee non proromperà in esclamazioni violente di gioia. Accade talora di udire delle signorine che incontrandosi fanno un passeraio da stordire e... da far voltare tutti quelli che passano. Con quanto giòvamento al loro contegno lo lascio immaginare a voi. Qualora le amiche ch'ella incontra si permettessero di gridare come gazze, chiedendole rumorosamente notizie d'ogni singolo membro della famiglia, e di ciò che fa, e dove va, ella dovrà trovare il modo di reprimere cortesemente quell'esplosione di loquacità e di voce, trovando magari un pretesto per liberarsi subito da quella spiacevole posizione. Se invece trovandosi in tranvai s'imbatte in qualche conoscenza, farà molto bene a limitarsi ad un semplice saluto e a rispondere brevemente alle domande che le sono rivolte. Non v'è nulla di più spiacevole che quelle conversazioni a lungo metraggio intavolate da loquaci signore, in virtù delle quali tutti i passeggieri riuniti nel carrozzone pubblico vengono a conoscenza dello stato di famiglia, dei difetti della cameriera, dell'abilità della sarta, del piccolo intrigo della pigionale, dell'avarizia del padron di casa, e via dicendo; tutte cose che gli sono perfettamente indifferenti e in grazia alle quali le chiacchierine si attirano gli sguardi dei passeggieri, sguardi non sempre benevoli nè cortesi — perchè non è nemmeno improbabile che fra gli ascoltatori si trovi un parente della cameriera, un'amica della pigionale, o la suocera del padron di casa. Io ho avuto la gioia di assistere in qualche lungo percorso tranviario a delle vere conferenze.

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Se l'essere ammessi a un ricevimento del gran Re costituiva il più alto onore a cui poteva aspirare un nobile suddito, non si creda che, alla stretta dei conti, la cosa fosse eccessivamente piacevole. Nelle splendide sale ove conveniva il fior flore dell'Isola di Francia non v'erano nè canapè nè panchetti nè seggiole. Soltanto il Re si sedeva e le dame e le damigelle d'onore dovevano restare in piedi per ore ed ore, con qual gusto è facile immaginarsi! Col tempo le principesse di sangue reale ebbero diritto alla poltrona e le duchesse agli alti sgabelli, posti a conveniente distanza dal Re. Luigi XIV voleva che tutto attorno a lui fosse splendido e lieto, amando le riunioni cerimoniose ove gli ospiti scambiavano parola facendo del sereno pettegolezzo, poichè l'istruzione del tempo non permetteva nè a dame nè a cavalieri una conversazione artistica o letteraria, se si fa astrazione di poche personalità profondamente dotte alle quali si tributavano onori, tenendole però a distanza per non sfigurare. L'amore di questi ricevimenti periodici germinò anche fra le dame aristocratiche del regno, le quali, a poco per volta, presero l'abitudine di visitarsi l'una con l'altra in giorni stabiliti e per turno. Soltanto nei saloni dorati v'era penuria di canapè e di poltrone; onde coloro che giungevano in ritardo erano costretti a contentarsi di qualche sgabello e in mancanza di questi dovevano starsene in piedi. Il rinfresco obbligatorio era servito nel salone da pranzo; e i dolci, i pasticcini e i gelati ognuno se li prendeva per conto suo, senza preoccupazioni di piattini, di cucchiai e di salviette. Le dita, per grazia di Dio, devono pur servire a qualchecosa! Erano ricoperti di damaschi e di trine preziose e di gioielli, i nostri avi gloriosi; ma in quanto a comodità e a raffinatezze di educazione scialavano poco..... Con l'andare degli anni le nostre abitudini si sono totalmente cangiate. Se i ricevimenti hanno perduto gran parte del loro cerimonioso splendore, è però penetrato nei salotti moderni un soffio di più chiara cordialità e a nessuna padrona di casa salterebbe in capo di lasciar in piedi un ospite con lo specioso pretesto che nella sala non ci sono più seggiole. La consuetudine delle visite ha, in questi ultimi anni, perduto un poco di quella austerità grave che vi imprimevano le nostre nonne; forse le nuove occupazioni, il nuovo turbine febbrile che travolge la vita odierna, lasciano meno tempo e meno voglia di perdere parecchie ore della settimana in chiacchiere spesso inutili. Comunque sia la giovinetta che si reca con la mamma a visitare qualche signora deve presentarsi nella sala in ordine perfetto. Coi mezzi di locomozione che vi sono ora è inammissibile entrare nei salotti con le scarpe infangate o con gli abiti polverosi. L'ombrello si deve lasciare, anche se asciutto, in anticamera o consegnarlo al servitore o alla cameriera che verrà ad aprire la porta; si può, invece, tenere l'ombrellino da sole, ma tenerlo da una parte, accanto alla seggiola o alla poltrona e non mai bilanciato sulle ginocchia col rischio di urtare qualcheduno e molto meno di adoperarlo, parlando, a uso penna stilografica descrivendo sul pavimento una serie di complicati geroglifici. Il che accade qualchevolta anche fra persone compite, con qual vantaggio dell'educazione è inutile dire... L'abbigliamento adatto per le visite — checch'è suggerisca la moda — deve essere per una signorina della più elegante semplicità, affinchè non abbia l'aria di entrare in un salotto per farsi ammirare e sfoggiare l'ultimo figurino. E del resto non c'è nulla di più stridente che vedere in tranvai signore cariche di pelliccie e di gioielli mentre potrebbero mostrarsi egualmente eleganti e lasciare lo sfarzo per l'automobile o la carrozza. "'Volere e non potere„ no. Bisogna che una donna intelligente e di buon senso abbia il coraggio di mantenersi pur nella forma esteriore, nella condizione in cui le circostanze e la fortuna l'hanno collocata. Sarebbe sciocco ritirarsi dal consorzio sociale perchè le nostre finanze non ci consentono delle pelliccie da ventimila lire e dei vezzi di perle da cinquantamila. Anche nella posizione più modesta una donna intelligente e giudiziosa trova sempre modo di far bella figura senza dover ricorrere al mezzuccio di gettar la polvere negli occhi del prossimo per apparire più ricca e brillante di quello che non sia. Eviti quindi, allorquando si reca in visita, di pararsi e adornarsi esageratamente. Sopratutto una signorina si contenti della semplicità del proprio abito, e non si lasci coglier dalla mania d'incipriarsi eccessivamente, e di guernirsi la giacchettina con dei fiori di setà manipolati onestamente in casa, e non si carichi i polsi di braccialetti... Tutto ciò, in lingua povera, si chiama: "cattivo gusto„. Visitare una persona di conoscenza, nel giorno stabilito, non vuol dire andare ad un'esposizione di moda. Gli abiti eccessivamente fastosi, le foggie capricciose, i gioielli di valore bisogna lasciarli per i ricevimenti in grande, svolti in ampie sale, e in date circostanze. Anche la signorina ricchissima se per recarsi a una semplice visita sciorina agli occhi altrui i segni della propria opulenza, dà prova d'una inaccettabile ambizione e d'un'assoluta mancanza di signorilità, e anche d'una somma indelicatezza verso l'ospite e i convitati. Il suo più bell'ornamento è la giovinezza; e non c'è nulla che invecchi tanto una signorina quanto il voler scimmiottare le maritate ed esagerare nell'eleganza e negli ornamenti. La visita è un atto di cortesia che si fa e che si riceve; evitiamo che la cortesia prenda troppo facilmente l'apparenza dell'importunità.

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Il fatto solo che un uomo o una donna si trovano nella sala di una comune conoscenza, basta a rassicurare sull'onorabilità di coteste persone anche l'animo più scrupoloso; e non c'è quindi bisogno di inalberare un cipiglio sospettoso, quasi si temesse d'aver a fianco un tiraborse o una donna mal famata; si troverà modo invece con bel garbo di presentarci discretamente anche per non mortificare la padrona di casa a cui può essere sfuggita per errore una dimenticanza. V'era un lord, famoso per la rigidezza del protocollo d'educazione sociale che egli professava; un giorno trovandosi in una sala, si avvide che alcune faville sfuggite dal caminetto ove crepitava una bella fiammata erano cadute sull'abito di una signora appiccandovi fuoco senza che ella se ne accorgesse. Chiunque altro, nei suoi panni, si sarebbe precipitato al soccorso — ma tra lui e la carità cristiana v'era il protocollo che gli vietava assolutamente di rivolgere la parola ad una signora cui non era stato presentato. Onde egli si alzò dal suo posto, andando in cerca della padrona di casa perchè la presentasse alla sconosciuta dama. Appena compiuto il piccolo cerimoniale il rigido lord si rivolse con gran premura alla dama. — Avevo molto desiderio di esserle presentato, signora — le disse inchinandosi. La dama, assai vanitosetta, arrossì di piacere poichè il giovane lord era un uomo elegantissimo, alla moda e molto piacente. — Si — egli continuò vivacemente — Volevo avvisare la signora che il suo abito sta prendendo fuoco... La dama strillò immediatamente di paura... ma l'attenzione era troppo tardiva e l'elegante abito fu sciupato in modo irrimediabile, nonostante che tutti i presenti si affrettassero a correre in suo aiuto... E questa, in lingua povera, si chiamerebbe mancanza di buon senso, dovuta... a un eccesso di educazione. Ora anche in certe formule, come nel resto, occorre la misura e l'opportunità, perchè tutto ciò che è correttezza non degeneri in caricatura. Tuttavia le presentazioni sono, in ogni caso, indispensabili; soprattutto per evitare il pericolo che qualcheduno si esprima in modo poco piacevole sul conto di una persona creduta assente mentre è facile che si trovi appunto in quella società a sentir enunciare a proprio riguardo un giudizio tutt'altro che piacevole. Per gli uomini, ormai, è invasa la consuetudine che si presentino l'un con l'altro, pronunciando semplicemente il proprio cognome; ma la padrona di casa dovrà sempre presentare gli uomini alle signore e ai vecchi, aggiungendo alla frase convenzionale qualche parola adatta che qualifichi immediatamente le qualità del presentato, in modo particolare se costui è un letterato, o un artista, o un uomo politico e d'azione, onde poter avviare subito fra i suoi ospiti un'interessante e piacevole conversazione. La signorina a cui viene presentata un uomo eviterà la solita insipida frase adottata da troppi: "Ho piacere di fare la sua conoscenza„ e molto meno questa: "Onorata di fare la sua conoscenza„. È un francesismo di cattivo gusto, di cui i nuovi ricchi, per sfoggiare un eccesso di cortesia, fanno veramente abuso. Una signora nè una signorina non deve mai eccedere nella forma di gentilezza sociale; adesso che gli uomini hanno preso la spiacevole abitudine di comportarsi nei salotti con eccessiva familiarità, tocca alle donne di equilibrare con accortezza ed amabilità questa licenza mascolina tenendo il proprio posto e dimostrando che se i tempi hanno cambiato parecchi usi, non devono però cambiare la condotta deferente e rispettosa che un uomo è obbligato a professare verso le gentildonne. Si è discusso tante volte se è corretto nominare la dama a cui viene presentato un cavaliere. A me sembra un brutto uso provinciale, tanto più che v'è modo di far sapere all'uomo il nome della signora alla quale si presenta. Si può dire, per esempio: "Permetta, signora X che io le presenti il cavalier tale dei tali„... E il cavalier tale dei tali, sa subito il nome della dama, senza che questa venga a lui presentata, il che salverà l'etichetta. Una volta quando si presentava una signora ad un uomo, questi se borghese, la baciava sulle guancie, e se nobile, sulla bocca. Tale uso, in gran favore specialmente fra i Russi, non piaceva a Montaigne il quale anzi, lo deprecava con simili parole: "È un'abitudine spiacevole e irrispettosa per le donne, costrette a porgere "le labbra a chiunque abbia tre valletti alle calcagna, essendo tuttavia rozzo e "poco pulito„. Forma più gentile d'omaggio è il baciamano — ma le signorine ne sono escluse a meno che non appartengano a Casa reale o sieri grandissime artiste. In qualche casa aristocratica si conserva l'abitudine di fare annunciare i visitatori da un servo; e allora la padrona non ha più l'obbligo della presentazione della sopraggiunta cui presenterà, invece, le signore che già si trovano nella sala. Ma anche simile consuetudine ha il suo inconveniente, molto meno lieve di quel che sembra, perchè talvolta i domestici storpiano siffattamente i nomi da non riconoscerli più; e ciò quando non suscita il riso, suscita sempre il malcontento di chi si sente ribattezzato in così malo modo. Meglio, quindi, che il compito della presentazione dei suoi visitatori se l'assuma la padrona di casa, qualunque sia il grado ch'ella occupa in società; è un atto di cortesia più intimo che dispone in certo qual modo alla conversazione semplice ed amichevole di persone liete di conoscersi e di trascorrere piacevolmente un poco di tempo insieme. Qualora la società fosse numerosa è permesso chiedere il favore di essere presentato a una data persona che interessa particolarmente. Ma anche da quest'atto di familiarità le signorine devono essere escluse — come sarebbe scorretto da parte di un uomo, se, avendo notato la leggiadrìa di una signora, mostrasse desiderio di conoscerla soltanto per quello, e le si piantasse accanto non occupandosi più degli altri. La presentazione, in società, è condizione indispensabile per evitare qualche spiacevole incidente — ma bisogna, in ogni modo, che una padrona di casa bene educata e di buon senso sappia circondarsi di persone di condotta inecceppibile onde, anche s'ella si dimentica di declinare alle une il nome delle altre, non abbia ad accadere qualche spiacevole incidente. E qui non c'entra il galateo — ma il giudizio.

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Vi sono persone che infatuate nel loro discorso e costrette a interromperlo per l'entrata in sala di una nuova visitatrice, appena questa è seduta, ripigliano senza scomporsi il filo della propria loquela, e non fanno grazia di una parola finchè la narrazione da loro reputata interessantissima sia finalmente esaurita. Ciò è sconvenientissimo; come è sconvenientissimo rivolgere a proposito di persone delle quali si parla delle domande di simil genere: "Sono ricchi? Che patrimonio avranno? Danno una bella dote alle signorine? — Questa preoccupazione del denaro altrui bisogna lasciarla ai commercianti avvezzi a valutar tutto a suon di biglietti di banca; ma le persone finemente educate, le persone di buona nascita devono riflettere che è facile diventar ricchi, in un modo o nell'altro, ma che la ricchezza non serve a ingentilire l'animo nè a conquistare la nobiltà di modi. Val più una signora distinta in un modesto abito di lana, che una "provincialotta„ in abito di velluto e ricoperta di gioielli, la quale si lascierà sfuggire delle frasi volgari, dei modi triviali e si permetterà di stare in casa sua "quando nessuno la vede„ vestita con poca nettezza, spettinata e in ciabatte. Un saggio dettato ammonisce: "Il signore si distingue a letto, a tavola, al gioco.„ Poichè alzandosi non lascierà le coperte in disordine — e a tavola si comporterà perfettamente anche se solo e al gioco serberà quella freddezza d'espressione che non si altera mai nè nella buona nè nell'avversa fortuna, essendo assai poco elegante mostrare un esagerato attaccamento al denaro. Ma di ciò ne riparleremo. Concludendo; nella conversazione tra persone distinte bisogna mantenere quel giusto contegno che vieta il chiacchiericcio come il dialogo monosillabico. Non pettegolezzi, non maldicenza; l'arte, il lavoro, la letteratura, le vicende familiari, la beneficenza, lo sport; sono tutti argomenti che offrono un vasto campo di conversazione simpatica, brillante e varia, a cui le signore possono liberamente abbandonarsi senza timore d'incorrere nel chiacchiericcio e nei luoghi comuni. Ma, per carità! Niente serve, niente discussioni politiche le quali lasciano il tempo che trovano — niente maldicenza nè canzonature. Una padrona di casa deve possedere l'arte rara e sottile di bandire dal proprio salotto tutto ciò che sa di mediocre, di falso e di cattivo. Purtroppo quest'arte non s'insegna; è una forma di amabile cortesia che nasce dal cuore, che è materiata di educazione e di bontà, e non è trovatile in nessun galateo del mondo; ma forse basta formarsela da sè a furia di osservazione, di gentilezza, d'indulgenza pei difetti altrui, di severità per i difetti propri. Così, non altrimenti, è possibile formarsi una grazia speciale, capace di cattivarsi la simpatia delle persone più rudi e meno accessibili alla cortesia.

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Vi sono delle giovani signore le quali non si peritano a sfoggiare, come la romana Cornelia, i loro bimbi "i loro gioielli„ con una prova d'amor materno assai commovente. Se non che "i gioielli„ sono spesso — troppo spesso! — insubordinati e capricciosi; salgono sulle poltrone, mettono i piedi sul canapè, si rotolano sul tappeto, ficcano il nasetto petulante in tutti i cantucci, aprono le bomboniere, sfogliano gli album, toccano le fotografie, pestano i piedi dei visitatori, gridano, strillano, mettono le mani addosso e via dicendo, sordi ai flebili ammonimenti materni: — Buono, gioia! Non toccar tutto, amore! Vieni da mammà, tesoro!... — mentre la disgraziata padrona di casa è obbligata ad un sorriso stereotipato, e a rispondere, cul cuore trepidante per i piedi dei suoi ospiti e per i gingilli del suo tavolino: — Ma lo lasci fare! È tanto carino! Tanto vispo! I bimbi, si sa, non possono, star fermi... Però quel sorriso obbligatorio e quella dolce voce cambiano subito, non appena la signora e il bambino sono esciti. Allora per reazione comincia una serie di apprezzamenti poco lusinghieri a carico della zelante mammina la quale sente il prepotente bisogno di esporre all'ammirazione altrui il prodigioso pargolo. Meglio, dunque, che i ragazzi se ne stieno a casa quando la mamma va a fare le sue visite. È inutile e pericoloso imporre ai bimbi — anche a quelli meglio educati, — il supplizio di star fermi per un tempo relativamente lungo. Per buoni e tranquilli che sieno, dopo cinque minuti d'immobilità le loro gambette si agitano, sferrano dei calci alla seggiola, le loro manine cominciano a grattare la stoffa dei mobili, tirandone le nappine, compiendo qualche piccola opera distruggitrice alla quale la padrona di casa non può opporsi senza timore di richiamare sul piccolo devastatore l'attenzione degli altri e i rimproveri della mamma. Se vi sono in casa dei bimbi saranno trattenuti coi minuscoli compagni in un'altra sala o in giardino sotto la sorveglianza immediata della cameriera o della governante o delle sorelle maggiori le quali, alla lor volta, potranno trattenervisi con le piccole amiche. Ma, regola generale, i ragazzi è bene che sieno tenuti lontani dalle conversazioni nelle quali è difficile che non si annoino, mentre è facilissimo che annoino gli altri. Nemmeno allorquando si conducono a vedere i parenti — specialmente se questi sono di una certa età — è bene trattenerli molto, perchè la loro vivacità turbolenta potrebbe recar fastidio alle persone vecchie e malazzate. Non bisogna che l'amor materno acciechi e faccia veder ne' propri figliuoli delle meraviglie da esporsi continuamente all'altrui ammirazione; perchè in generale certe forme di ammirazione hanno una vita effimera e durano poco mutandosi facilmente in un sentimento assai diverso. Ho già accennato al malanno dei "fanciulli prodigio„ e non torno sull'argomento. Ma se in qualche casa fiorisse una di queste calamitose creaturine, per carità! non imponetela agli amici e conoscenti con un'inesorabilità degna dell'agente delle tasse, ma serbatela tutt'al più per i parenti. Anche se qualcheduno, cortesemente, vi sollecitasse l'esibizione del piccolo fenomeno, non abusate della sua gentilezza; certe meraviglie bisogna propinarle a dosi omeopatiche perchè, ripeto, ai fanciulli prodigio nessuno ci crede più; e le sonatine sul pianoforte, e le poesie a lungo metraggio, e i componimenti gonfi e pretenziosetti non divertono anima viva; si sopportano con più o meno disinvoltura, a seconda del temperamento più o meno docile dell'individuo che ascolta. Mi rammento di aver assistito in certa famiglia a una scena non troppo attraente nè simpatica. Questa famiglia possedeva un bel salotto, un bel pianoforte e una "bimba prodigio„ di cinque anni. Ogni qualvolta il bel salotto era pieno di visitatori, la mamma si sedeva al bel pianoforte, e la "bimba prodigio„ equilibrandosi sulla punta dei piedini eseguiva delle danze immaginarie, con sulla bocca innocente il sorriso fittizio d'una prima ballerina. Zampettava con grazia, contorcendosi, piegandosi, fermandosi talora in pose plastiche copiate da giornali illustrati, mentre il padre, i fratelli, i congiunti spalancavano gli occhi dalla meraviglia, e i conoscenti assistevano impavidi a quel perpetuo saltellìo che, a seconda dell'immaginazione materna, prendeva nome di "danza greca„ dl "danza armena„ di "danza turca„ e vìa dicendo. E il divertimento durava parecchio perchè la gente era stata invitata apposta per quello. Ma fra gli spettatori v'erano anche delle persone di buon senso, capaci di giudicare quell'esibizionismo come si meritava; e una signora mordace e salace disse alla sua vicina: — Cara Lei, comincio a convincermi che Darwin aveva ragione. Discendiamo proprio dalle scimmie: non c'è più dubbio.

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Specialmente in campagna, a titolo di libertà, conoscenti ed amici non hanno ritegno talora di capitarvi in casa accompagnati da uno o più cani. Questi "amici dell'uomo„ si credono in dovere di mettersi immediatamente a rincorrere i polli, ad abbaiare dietro ai gatti, e magari d'abbaiare alle persone, e correre per tutte le stanze, a tutti i piani, lasciando ovunque le impronte delle loro zampine polverose o fangose, senza aver preso la precauzione, come ogni persona bene educata, di pulirsi le estremità allo stoino e al togli fango... Oppure entrano in salotto, installandosi trionfalmente sulle poltrone e sui canapè, con grave trepidazione della padrona di casa impensierita per i suoi mobili talvolta ricoperti di stoffe delicate, la quale non può far a meno di mandar in cuor suo bestie e proprietario a quel paese ove si deportano col pensiero tutti gli importuni ed i maleducati. A volte, invece, è la stessa padrona di casa che espone all'ammirazione dei visitatori il cagnolino prediletto vantandone i pregi, descrivendone le prodezze, narrandone con lusso di particolari i malanni. E bisogna far buon viso alla bestiola, e sopportarla con pazienza se vi latra contro e se addenta i vostri abiti e i vostri stivaletti, annusandoli prima in attitudine sospetta. Tutto ciò è ingrato e malamente accettabile anche dalle persone più accese d'indulgenza e più educate; sarà, dunque bene lasciare "gli amici dell'uomo„ o in anticamera, quando si riceve, o in casa quando si va a far visita. È anche questa una forma di cortesia verso le nostre conoscenze delle quali si ambisce la considerazione e l'amicizia...

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Anche una parola di rimprovero può ferir meno se pronunciata con tòno limpido e sonòro; mentre il più lusinghiero dei complimenti rivolto con un vocione da finanziere riesce raramente a commuovere colui al quale è rivolto. È necessario, quindi, aver una cura particolare delle corde vocali, ricorrendo, magari, a specialisti perchè rimedino in tempo alla loro durezza sì da riescire a dare alla voce l'elasticità e la chiarezza indispensabile per renderla armonica e simpatica. Ma qualora esistesse qualche difetto inguaribile che smorza la limpidezza vocale, occorre avere abbastanza spirito per riconoscere tale difetto e cercare di farlo sentire agli altri il meno possibile allorchè ci si trova in società. Mi è accaduto più volte di udire voci stridule raggiungere un diapason tale da rintronare i timpani dei loro vicini, sopraffacendo la conversazione, imponendosi sgarbatamente, dominando con l'impertinenza d'un timbro elettrico. Ed essendo impossibile che la proprietaria di simile malanno non se ne accorga è facile congetturare il grado di educazione di tal persona, anche poco accorta, giacchè non si perita di accentuare un proprio difetto. E se di tali voci se ne trovano disgraziatamente due o tre in un salotto, e ciascheduna vuol inalzarsi sulle altre, vi lascio immaginare che cosa avviene! È indispensabile, quindi, nelle cose tanto grandi che piccole della vita avere il coraggio di "anatomizzarsi„ la persona e di guardarsi bene allo specchio, "Anatomizzarsi„ cioè scrutarsi per entro, osservare i propri difetti e le proprie qualità, senza fare come lo struzzo che per non essere visto chiude gli occhi. In quanto a guardarsi bene nello specchio, ne parleremo più in là... Un semplice e popolare dettato c'insegna: "È il tòno che fa la canzone„ Vale a dire: ha più importanza il tòno della voce con cui si pronunziano le parole che le parole stesse. — Infatti provate a rivolgere una frase gentilissima e lusinghera in tòno brusco o canzonatorio e vi accorgerete subito, dal viso del vostro interlocutore, il, bell'effetto che ha prodotto! Ecco dunque la necessità di avere specialissime cure per la voce senza credere, con questo, di dover diventare un' Adelina Patti.... Saper parlare con gentilezza, con proprietà, è dote posseduta purtroppo, da poche signore; dote, però, che si può, volendo, acquistare con un po' di buona volontà. Anche una voce difettosa è suscettibile di correzione come ogni altra manchevolezza umana. Benchè il timbro non si possa cambiare si riesce sempre a saperla modulare, non alzandola nè abbassandola troppo, soprattutto in società, quando un certo numero di persone parla contemporaneamente. Nelle discussioni, in modo speciale, questa benedetta voce non deve mai oltrepassare il "diapason„ normale. Parlo, s'intende, di discussioni femminili, perché la donna partecipa, generalmente, in modo così attivo all'andamento politico- sociale, da dover gareggiare talvolta in eloquenza coi depuntati d'opposizione.... Ho già detto che nei salotti, in visita, è sconsigliabile qualsiasi genere di discorsi politici; ma qualora in grazia a speciali avvenimenti si divenga a uno scambio d'idee, per carità che la discussione non degeneri in comizio! E la voce non si alzi, e il gesto non infuri, e le opinioni sieno espresse in quella maniera cortese, sebbene schietta, per la quale pur sostenendo le proprie opinioni, non si offende coloro che pensano in un altro modo! Non è certo con l'alzare il diapason della propria voce che si riesce a cambiar le idee nelle teste altrui! A questo dovrebbero pensare e provvedere le mamme allorchè i loro bambini o per averla vinta o per esprimere qualche cosa che ha colpito la loro fantasia, strillano come gazze assordando coloro che hanno la gioia di udirli. Certe forme di educazione devono essere insite nelle animuccie infantili senza ch'esse se ne accorgano, così come le piccole menti imparano a leggere a scrivere senza sforzo e senza fatica; quasi, direi, istintivamente. "L'arte della parole„ è un'arte difficile e preziosa; bisogna tenerne conto, coltivarla, perfezionarla per la grazia compiuta della donna, la quale — checchè ne dicano le suffragiste — è ancor lontana dalla necessità di scendere in piazza e arrochirsi nelle dimostrazioni, per ottenere dei diritti di cui non solo può fare a meno, ma che messi tutti in un mazzo non valgono, per lei, l'ineffabile poesia di un sorriso, nè di una buona parola. Imparate a parlare con dolcezza, signorine gentili; e molte piccole vittorie saranno per voi.

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Dopo quattro ore di divertimento offerto, è lecito desiderare un poco di riposo; le signore più anziane daranno il segno della partenza; gli altri invitati si congederanno a poco a poco per non suscitare l'impressione di una fuga generale. Talvolta, invece di un ballonzolo, è un concerto che la padrona di casa offre ai suoi amici per presentare qualche artista, o, meglio ancora, per far ammirare in intimità un artista di fama il quale ha accettato di farsi sentire ai pochi privilegiati dell'ospite. In tal caso, qualunque sia la capacità e la fama dell'artista, io consiglio le signorine di non voler esagerare nell'ammirazione e di non prorompere in frasi roboanti e liriche pescate in qualche libro di buona volontà.... L'entusiasmo può essere espresso più con la scarsezza che con l'abbondanza di parole. Le frasi impetuose, a punti esclamativi, intieriezioni violente, sanno troppo di studiato e depongono contro la schiettezza e la sincerità. Mi rammento, a questo proposito, la frase di una giovinetta pseudo sentimentale la quale aveva udito in casa mia uno dei più grandi tenori italiani; egli aveva acconsentito a cantare un brano dell'opera rappresentata al Regio di Torino e il dono, per tutte noi, era stato veramente gradito. Naturalmente la musica del grande artista ci aveva toccato fin nel profondo del cuore, e glielo esprimevamo più col volto che con la voce; ma la signorina di cui sopra gli afferrò le mani con gesto tragico, esclamando fra una tempesta di sospiri: — Dopo questo è dolce morire! Fu un successo d'ilarità di cui si fece capo l'artista medesimo poco avvezzo, forse, a simili solcinature, e la povera figliuola restò lì intontita e confusa per quella non sospettata accoglienza del proprio lirismo fuori di posto. Perciò è sempre prudente evitare gli entusiasmi esagerati, le frasi rindondanti e le "turribolate„ poco consigliabili alle giovanette, le cui più belle doti sono la schiettezza e la semplicità. Un altro inconveniente accade spesso nei piccoli e grandi concerti familiari; quello di veder sorridere ed ammiccarsi tra loro gli invitati, allorchè l'artista non è precisamente.... un artista. Nei luoghi ove si paga, certe palesi dimostrazioni della propria opinione sono permesse — ma allorché si è invitati ad un qualsiasi trattenimento bisogna sapervi assistere con bel contegno senza permettersi commenti che potrebbero offendere la padrona di casa la quale ha usato verso di noi una cortesia. Lo so. A volte ci troviamo di fronte a tenori, a soprani, a poeti, a pianisti di disgraziatissima fama i quali non si peritano a schiacciarvi sotto il peso della loro.... (chiamiamola così,) della loro arte; poveri illusi a cui nessuno ha mai reso il ragionevole servizio di consigliarli a mutar mestiere. E sono signorine che miagolano romanze peripatetiche, giovinotti che assassinano i più grandi autori musicali, o tartassano il povero Apollo con dei versi che se vanno.... non tornano; tutte brave persone capaci di disimpegnare con onore la professione di dattilografe e di portalettere, ma nati, disgraziatamente, con un insviluppabile bernoccolo artistico, alimentato dalle più rosee illusioni e dalle più balorde istigazioni familiari; perchè, ripeto, è raro che in una famiglia si possa fare a meno del "prodigio„ qualunque ne sia il genere. E ne viene di conseguenza l'esibizionismo di tal prodigio, e il continuo pericolo di trovarci a tu per tu con tenori sfiatati, con poeti senza rima, con pianiste discutibili, ai quali occorre far buon viso, dato che l'incontro avvenga in salotti amici e sotto l'egida di una disgraziata signora la quale, per chissà quante sconosciute ragioni, non ha potuto esimersi dall'incarico di presentarli e di sopportarli. Vi sono certe forme d'eroismo sociale a cui bisogna piegarsi con la serena freddezza di martiri cristiani. Ed è di cattivo, anzi di pessimo gusto, voler far dello "spirito„ e sottrarsi a quei doveri che c'impone la buona educazione, e mostrarsi villani per essere originali. Non v'è alcun articolo del codice civile e penale che punisca coloro i quali non vanno in società. Liberissimo ognuno di fare il misantropo e di starsene a casa sua; ma allorché si desidera frequentare il cosidetto "mondo„ è indispensabile assoggettarsi a tutti i canoni della cortesia imposti dalle sue leggi. Nessuno negherà che sentir cantare "il fil di fumo„ da un soprano uso zanzara — che il sorbirsi un "Alberto da Giussano„ a dei versi propri (il che è anche peggio) da un dicitore mal destro e l'assistere alle sfuriate pianistiche di qualche troppo volenteroso dilettante (li chiamano "dilettanti„ perchè sono loro, quei disgraziati, che si dilettano, non il pubblico!) nessuno negherà, dico, che queste sieno torture sociali a cui è difficile sottrarsi — ma non è una buona ragione per ridere in faccia agli esibitori di simili delizie, e di canzonarli più o meno palesemente! V'è una forma di carità cristiana che non consiste soltanto nei precetti della Chiesa, ma che s'impone nei limiti della cortesia, cosi come s'impone l'obbligo di ascoltare i discorsi altrui senza sbadigliare e senza sbuffare.

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Una imprescindibile regola di buona educazione è questa: Giungere sempre a tempo, nei luoghi di riunione. Alcuni credono che l'entrare in ritardo in una sala o in un teatro sia l'espressione più fina d'un elegante importanza. E, invece, è una villania bell'e buona. "La puntualità è l'educazione dei re„ afferma un antico dettato — e, infatti, chi più puntuale di un sovrano? Non v'è mai un minuto di ritardo sull'ora da esso stabilita per partecipare a una festa, a una funzione, a una solennità; com'è dunque possibile veder persone educate farsi aspettare per mezz'ore intere, se non più, ed entrare in un teatro a rappresentazione cominciata, disturbando il pubblico e provocando al proprio indirizzo dei commenti tutt'altro che piacevoli? Tutto ciò se dimostra poca finezza in un luogo pubblico, dimostra addiritura la mancanza di ogni più elementare principio di buona educazione, allorchè si tratta di un ricevimento privato. Chi ha tempo da perdere in visite e in divertimenti, deve aver anche tempo a disporre delle proprie ore in modo da giungere, ove è invitato, all'ora stabilita. Giungendo dopo disturberebbe troppo la padrona di casa, la quale non potrebbe fare a meno di alzarsi ed andar incontro ai nuovi venuti, interrompendo necessariamente la conversazione o disturbando coloro che cantano o recitano. Nel caso, poi, che per forza maggiore o per qualche incidente di locomozione, si giungesse assai più tardi dell'ora indicata dall'invitante per la sua riunione, è bene non entrare nella sala se non quando il pezzo musicale o la dizione sono finiti. Allora, appena salutata la padrona di casa la quale si farà premura di venirle incontro, la ritardataria o le ritardatarie si collocheranno in fondo alla sala in modo da non disturbare alcuno; e non si crederanno in dovere di distribuire a destra e a sinistra dei violenti cenni amichevoli come usano talvolta parecchie persone allo scopo di farsi notare. Non è che con l'ingegno e il lavoro che si può creare una fama; i gioielli, gli abiti fastosi, l'esibizione sfacciatella del lusso, ricoprono troppo spesso delle nullità, dei piccoli cervelli, delle anime grette, delle ambizioni ridicole. È superfluo inchinarsi a coteste sfavillanti miserie; inchinatevi dinanzi a coloro che si sono scavata la propria via nel mondo, con lacrime e coraggio e prove e rassegnazione; anche se non rivestono pelliccie costose e non sfoggiano gioielli scintillanti e non sono aspettate alla porta dall'automobile o dalla pariglia, poco importa. Tocca a loro passare innanzi ai fantocci impomatati e dipinti, di cui i nostri salotti si popolano troppo spesso, con qual vantaggio del buon senso e dell'opportunità non saprei.

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