Qui, a ogni modo, si vuol accennare a quel « ringraziamento tangibile » che si suol dare a chi ci ha reso un servizio. D'altra parte, è giusto che chiunque ha fatto per noi qualche cosa a cui non era tenuto abbia una ricompensa: da chi ci porta un mazzo di fiori a chi ci aiuta a infilare il pastrano; da chi ci serve a tavola, in un ristorante o in una casa d'amici, a chi ci attacca un bottone nell'albergo. Perciò, è tutto detto quando si è raccomandato - a chi può - di non lesinare in fatto di mance; badando solamente che esse non sieno « poco dignitose » per la esiguità o per il modo.
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Ma va, a mano a mano, scomparendo; e senza lasciare rimpianto. Se mai, si pensa con una punta di nostalgia al nostro bel tempo antico, quando mettevamo la letterina augurale, dettataci generalmente dal maestro, sotto il piatto della mamma o del babbo; alla poesiola d'occasione, mandata a memoria, recitata con cugine e cugini, in casa del nonno, che ci ascoltava sorridente e commosso e ci rimunerava con qualche regalino. Ma ora anche i ragazzi pare che abbiano da pensare ad altro! Delle ricorrenze alcune sono di carattere religioso - Natale, Pasqua, onomastico - altre di carattere civile - Capodanno, genetliaco, nozze d'argento e d'oro ; - quindi, si capisce che variano da popolo a popolo, da regione a regione, e quasi da famiglia a famiglia. In realtà, non si comprende perché si debbano far voti di salute, di prosperità, di bene, di gioia, soltanto in alcuni giorni dell'anno. Ma se coloro ai quali li esprimiamo son persone a noi vicine e a cui siamo legati da affetto, espressi o non espressi quei voti, son vivi e fervidi sempre; e lo sanno quelle persone proprio come lo sappiamo noi! Di modo che gli augúri servono, in fondo, a null'altro che a ricordarci a qualcuno, ovvero a far sapere a qualcuno che, in quella speciale circostanza, ci siamo particolarmente ricordati di lui. Perciò, poco male se, avendo tempo e denaro da sprecare, si continua a lanciare augúri in tutte le direzioni. Dal momento che c'è ancora la vana ipocrisia delle visite cosí dette ufficiali, possono benissimo sopravvivere anche gli augúri; tanto piú che, in fondo, essi sono pur sempre « una forza di bene » che si invia. Però, se si è liberi di farli o di non farli, si è in dovere di ringraziare almeno coloro che hanno avuto un pensiero gentile per noi. Può dispensarsene soltanto chi è troppo in alto: e chi, a costo di riuscire scortese, vuole interrompere una tradizione che non gli va a genio. È prudente non fare augúri per il genetliaco a signore e a signorine cui si sa che gli anni cominciano a pesare... Il mezzo piú sbrigativo è, oggi, la cartolina illustrata, ma è un mezzo che suppone familiarità; meglio è adoperare, come ho detto, la carta di visita, con una concisa espressione cordialmente amichevole o devota, secondo la persona cui si scrive e la natura della relazione con lei.
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A me niente, cognata? Rubo il vostro bacio a Nedda
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(a lana)
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(a Cola)
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È per non darcene quanto toccherà a voi? A noi piacciono i dolci. Alla vostra salute...
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(A Cola)
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(A Nedda)
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Oggi a me, domani a te! Così va il mondo. Chi l'avrebbe detto che io mi sarei afforcato prima di te?
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(a Nedda)
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(a lana)
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(a Nedda)
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(a Nino).
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A sinistra, alla parete, altarino. In fondo, finestra e letto; A desera, cassettone e tavolino ZIA PINA e MASSAIO PAOLO, poi IANA.
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(fingendo di non capire e deviando il discorso; così, a a riprese, per tutta la scena).
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Io vado a casa mia. Se hai bisogno, chiamami, siamo a due passi. Povera figliola!
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Ridurmi a questo!... Povera a me! Povera a me!
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Tu pure credi a queste minchionerie? Vatti a far benedire...
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Aveva anche cominciato a ridere... poi, tutt' a un tratto...
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Che sei venuto a infinocchiare a mio padre?... Vi saluto, compare Nino... Come stai, lana?
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(A Iana:)
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Se non volete dirlo a me, ditelo a lui. Ha fatto il più, può fare il meno. Abbiate fiducia in lui... Lo chiamo?
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Ma si dice anche: A chi ti toglie il pane, taglia le mani... A chi ti ruba un core... spaccagli il core... Così!...
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(a Caterina).
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(a Santuzza, che arriva agitata dalla prima viottola a sinistra, col viso nascosto nella mantellina)
E vostra moglie, che vi vede soltanto a Pasqua e a Natale, cosa dice?
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Oggi son venuto a far, la Pasqua a casa mia.
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(dalla prima stradicciuola a sinistra, con la mantellina in capo, va a dare la chiave a suo marito)
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Piuttosto andate a dire a vostra moglie che suona la messa, scomunicato!
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Corro a governare le mie bestie, e vado a dirglielo. Non dubitate, son cristiano anch'io.
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Non andare in chiesa a far peccato oggi! Non mi fare quest'altro affronto di faccia a quella donna.
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mala Pasqua a a te!
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COMPAR ALFIO in fretta, dalla viottola in fondo a destra, e SANTUZZA a metà della scena.
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Scellerati son coloro che ci mettono questo coltello nel cuore, a voi e a me. Chè se gli si spaccasse il cuore davvero a tutti e due con un coltello avvelenato d'aglio, ancora non sarebbe niente! Ora, se vedete mia moglie che mi cerca, ditele che vado a casa a pigliare il regalo pel suo compare Turiddu.
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(La gente comincia a tornare dalla chiesa e si disperde a destra e a sinistra. TURIDDU MACCA, LA GNA' LOLA, COMARE CAMILLA, LA GNA' NUNZIA, LA ZIA FILOMENA vengono avanti senza badare a SANTUZZA che resta verso la viottola in fondo a destra, imbacuccata nella mantellina. Solo LO ZIO BRASI, che viene l'ultimo, accorgendosi di lei)
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(di sotto la tettoia fa segno a sua moglie di andarsene a casa. Comare Camilla via).
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In margine a questa lettera, scritto a matita, c'era un conticino da trattoria.
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Chi a venti anni non sa, a trenta anni non fa; a quaranta non ha fatto e non farà. Ave Maria, piena di Grazia il signore è con voi, voi siete benedetta fra le donne e benedetto il frutto del ventre vostro, Gesù.
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Ditele che le ho serbate apposta per lei, a soldo a soldo...
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dopo aver scosso il capo, quasi a scacciarne la tristezza, e tornando a mostrarsi gaia o sorridente.
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senza guardarla, continuando a soffiare e a fischiettare.
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E il danno che si fa a me non lo fanno a te pure?
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No, va a coricarti. Eri già a letto quando son venuto.
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A letto?... No.... No.... grazie tante!... Prima.... No! a letto, no!... Chi dorme non piglia pesci....
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a DI FLERI.
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Almeno a me!... Voi non so. Siete così strana! A volte arrivo a dubitare persino delle parole che mi dite.- con cui mi fate perdere la testa.... dinanzi a tutto il mondo però!
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S'interrompe a un tratto fingendo di tender l'orecchio a non si sa che rumore, ed esclama:
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Tanto, poichè nessuno vorrà crederci poi.... nè a me nè a voi!...
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A buon rendere.
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Non ci avrei guadagnato nulla a fare il geloso.... E, perdonatemi, non avrei voluto cominciare a farlo proprio con voi.
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