Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: a

Numero di risultati: 4184 in 84 pagine

  • Pagina 1 di 84

Come devo comportarmi?

172050
Anna Vertua Gentile 3 occorrenze
  • 1901
  • Ulrico Hoepli
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Un fratello, maggiore di alcuni anni della sorella e conosciuto come giovine serio, ha l'obbligo, quando mancasse il padre o mancasse o non potesse la madre, di accompagnarla a passeggio, in bicicletta o a rendere qualche visita di confidenza, o anche a teatro. Ma badi, quando è con la sorella o con le sorelle, di non fermarsi a salutare gli amici, di non invitarli a passeggiare insieme od a far visita in palco. Badi di comportarsi in modo da essere vero protettore e morale difesa delle sorelle sue. Non spinga però il sentimento della cavalleria fino a l'esagerazione e a la permalosità. Non si offenda di uno sguardo rivolto a la sorella, di una parola di lode o di ammirazione che un amico le possa rivolgere con il dovuto rispetto. Sia un accorto e cortese cavaliere; non una rigida e ombrosa chaperon.

Pagina 105

A un invito a pranzo, il giovine gentiluomo ha ogni riguardo per la vicina che gli è stata designata e alla quale egli stesso ha dato il braccio al momento di entrare nella sala della mensa. Non le lascia mancare nulla e cerca ogni maniera di divertirla con il suo conversare. Se la signora o la signorina sono timide, cerca di rinfrancarle con l'affabilità e la spigliatezza; se sono inuggite, fa del tutto per distrarle e divertirle. E tutto ciò, sempre con il rispetto, la deferenza della persona educata. Parlando con signorine e assai riguardoso; non fa pompa di teorie o di idee a loro poco adatte, non le espone ad arrossire della loro ignoranza con domande inopportune. A un invito a pranzo, il giovine si presenta in abito di società; marsina o abito chiuso; guanti chiari, cravatta piccola, a nodo, bianca o nera, panciotto pure bianco o nero. Se pranza spesso in una casa, sa che ha l'obbligo, in certe circostanze, come a Natale, ad una festa per onomastico o altro, di fare un dono a la padrona di casa o meglio ai bimbi se ce ne sono, e di dare qualche mancia a la cameriera. Invitato a pranzo da persona inferiore per condizione o amica intima e di confidenza, può offrire in dono qualche cosa di utile; vini fini, per esempio, frutta, dolci, salumi, accompagnando il dono con lettera gentile o meglio con una frase scherzosa. Conosciuta una signora a un pranzo, a teatro o a un ballo, avendone in somma goduta la compagnia per un poco di tempo, il giovanotto farà bene di lasciare il di dopo, il suo biglietto di visita a la porta della casa. Non manderà il biglietto a una signora che avesse conosciuta in casa di comuni amici, nel giorno di ricevimento. Saluterà lungo la via le signore alle quali fosse stato presentato.

Pagina 191

Per affrontare i pregiudizi o anche per sfidarli, la signora nubile, alle volte, con l'audacia dei discorsi e la libertà delle azioni (sempre però scrupolosamente onesti) si atteggia a sprezzante superiorità delle esigenze e delle meschinerie sociali. Dice: «Quando la coscienza non mi rimprovera ed ho la certezza di non recar danno a nessuno, perche non potrò vivere a mio modo, non badando alle osservazioni, alle censure, alle critiche dei pedanti, degli oziosi e intriganti?» E vive a suo modo. Va a teatro sola, in carrozza sola; invita a pranzo uomini e giovanotti come meglio le pare, apre il salotto a serate brillanti, intraprende lunghi viaggi, ama la società degli artisti, legge tutto. Se un' amica prudente e timorosa o una vecchia parente la consigliano timidamente, a menare una vita più tranquilla, ritirata e ossequiosa alle abitudini, alle leggi della società, una vita da vedova, risponde allegramente, senza acrimonia, con la persuasione di chi è sicuro di se e sa di non far male: «Perche dovrò io condurre una vita da vedova quando a conforto, a compagno della solitudine e del silenzio non avrei nessun ricordo dolce e doloroso ad un tempo? Mi si consiglia l'ipocrisia in omaggio al pregiudizio, alla servile schiavitù di chi si china riverente alle più strambe esigenze sociali ?»

Pagina 391

Per essere felici

179250
Maria Rina Pierazzi 1 occorrenze
  • 1922
  • Linicio Cappelli - Editore
  • Rocca San Casciano - Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Le bambine, destinate a restar molto in casa con la mamma, devono essere avvezzate per tempo a prendere a cuore le sorti della famiglia. È bene abituarle fin dai più giovani anni ad amare e a curare la loro casetta. Benchè la scuola assorba molte ore giornaliere alle bambine, pure non si deve far trascurare l'abitudine — se non vi è cameriera in casa e anche se vi è — di riguardarsi la propria guardaroba, tener in bell'ordine il cassettone, accomodare possibilmente la propria biancheria, aiutare ad apparecchiare e insegnar loro a poco a poco a tener conti familiari. Perchè queste bimbe d'oggi saranno donne maritate, un giorno; e non v'è alcuna ragione di pretendere che il matrimonio cambi una signorina inesperta dell'andamento pratico della casa in una donna economa, preveggente, previdente, abile e giudiziosa, come se con il sacramentale "sì„ le si infondessero per miracolo, tutte queste virtù... Siamo logici. Poeti si nasce, ma donnine di casa, educate e capaci, si diventa a poco per volta, con un lungo tirocinio compiuto nella propria famiglia ove c'è la mamma a consigliare e a guidare e a correggere. E in questi tempi difficili in cui per molte la vita è dura, la necessità che la donna sia laboriosa ed economa è sentita come non mai.

Pagina 16

Si fa non si fa. Le regole del galateo 2.0

180520
Barbara Ronchi della Rocca 3 occorrenze
  • 2013
  • Vallardi
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Però la mancanza di norme «inflessibili» a volte porta a trascurare dettagli importanti, che fanno la differenza. A meno di reale improvvisata, invitiamo con un po' di preavviso, cercando di mettere insieme persone che possano reciprocamente incuriosirsi e stimolarsi (ma non incompatibili per opinioni politiche, antichi rancori e litigi, problemi d'interesse) e non tutti sconosciuti gli uni agli altri: si rischia di non riuscire a «rompere il ghiaccio». È sbagliato anche raggruppare solo persone totalmente «affini» o che svolgono tutte lo stesso lavoro: la conversazione sarebbe noiosissima! Se siamo tutti in coppia, chiederemo all'amico/a single di portarsi qualcuno, per non farlo sentire fuori posto. Normalmente si invita a voce, o per telefono, in maniera disinvolta ed estemporanea. L'importante è riuscire a essere chiari, espliciti, precisi, e non lasciare dubbi sul quando, il dove, a che ora, e come (con o senza partner, che genere di intrattenimento). Naturalmente, inviteremo a pranzo, a cena, a merenda, ma mai «a mangiare». Ecco un esempio di invito chiaro: «Mi piacerebbe che tu e Mariella veniste a cena a casa nostra venerdì prossimo. Sarà una cosa semplice, tra amici: ci saranno anche Mario e Paolo con le rispettive mogli. Vi aspetto alle 19,45, così prendiamo un aperitivo. A proposito, sarebbe fantastico se portassi un po' del prosciutto che hai comprato in Umbria». Quanto più l'occasione ha carattere formale, e l'invitato deve prevedere un abbigliamento elegante o l'acquisto di un regalo, tanto prima gli telefoneremo. Evitiamo i toni perentori («Se non venite mi offendo») e non insistiamo davanti a un rifiuto («Perché non puoi venire? Dove devi andare?»); insomma, lasciamogli la libertà di dirci di no senza farlo sentire sotto accusa. Di fronte a una serie di «no» diversamente motivati, sarà il caso di fare un esame di coscienza: forse non ha piacere di frequentarci, e se si tratta di un nostro superiore sul lavoro, per esempio, o di una persona molto importante, non toccava a noi prendere l'iniziativa. È gentile da parte nostra accennare a chi sono gli altri ospiti, per permettere «ritirate strategiche» a chi non vuole incontrare una persona che proprio non sopporta. Per esempio, nei confronti di (ex) componenti di una coppia «scoppiata», telefoniamo a ciascuno dei due, avvertendolo della probabile presenza dell'altro: così sarà libero di declinare l'invito, oppure, se lo accetta, sarà psicologicamente preparato ad affrontare il «nemico» con stile.

Pagina 112

Non usa più invitare qualcuno «a prendere il caffè», ma è sempre garbato offrirne una tazza a chi viene a trovarci prima delle 11,30, tra le 14 e le 16 e tra le 21 e le 22,30. Portiamo in salotto il vassoio con le tazze vuote e la caffettiera a parte. Solo se siamo in due è concesso arrivare con le tazzine già riempite dalla macchina a cialde. Non è affatto un obbligo, ma i nostri ospiti potranno gradire dei pasticcini mignon (senza crema o marmellate), ovvero le classiche friandises (così i francesi chiamano la «pasticceria secca» delle nostre mamme), oppure una fetta di torta. Nel qual caso porteremo anche un piattino su cui è già appoggiata la forchettina. Non scimmiottiamo i baristi appoggiando un cioccolatino sul piattino sottotazza: in casa, qualunque cosa va offerta con altro garbo (e altra generosità: se l'ospite ne volesse mangiare due o tre?). Solo nel caso in cui il caffè sia accompagnato da qualcosa da mangiare (cioccolatini compresi!) dovremo provvedere un piccolo tovagliolino per forbirsi le labbra. Un altro aggiornamento del galateo: oggi non è più da maleducati chiedere un'altra tazza di caffè (magari con un complimento per la bontà dell'aroma) sia a fine pasto sia in salotto. Resta invece vietatissima l'idea di avere invitati di serie A, che vengono a cena, e di serie B, che arrivano per il caffè; ma se è l'ospite stesso che, declinando l'invito a cena (magari perché è a dieta), ci propone di raggiungerci invece per il caffè, cerchiamo di non dilungarci troppo a tavola, così da evitargli sgradevoli attese.

Pagina 134

Una regola comune dovrebbe essere «non esagerare»: no a gonne troppo corte o con spacchi a mezza coscia, a scollature profonde, canottiere, pantaloni corti in città, a jeans a vita bassissima che mostrano la biancheria intima, a gioielli vistosi e logo disseminati in ogni dove. Nei nostri ambienti spesso surriscaldati, sono fuori luogo i maglioni da montanari andini o da pescatori irlandesi, gli stivali da pastore australiano, le fibre sintetiche che esaltano la traspirazione. Non applichiamo le tendenze alla lettera: non vestiamo «coordinato» dalla testa ai piedi, non sfoggiamo acriticamente l'ultimissima moda, non intasiamo l'armadio con capi che indosseremo una volta sola.

Pagina 14

Il Galateo

180995
Brunella Gasperini 2 occorrenze
  • 1912
  • Baldini e Castoldi s.r.l.
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Non pretendete che stiano zitti e fermi come mummie, ma abituateli a non cacciare strilli improvvisi, a non imitare a gran voce clacson e motori, a non scalciare, a non fare lagne. E vietate loro di sporgere testa e mani dai finestrini. Molti bambini soffrono il mal d'auto (e non tutti, anzi pochi, sopportano le apposite pastiglie). Fateli viaggiare sui sedili davanti, col finestrino un po' aperto; non incitateli a dormire, spesso è peggio; e non chiedete continuamente: «Stai bene? Stai male?»: è un richiamo pressoché certo al mal d'auto in agguato. Lasciateli stare, parlate d'altro, e se vedete che cominciano a sbadigliare e impallidire, fermate la macchina, fate fare loro un giretto, fategli mangiare qualcosa di solido (mai bere). Può darsi che funzioni e può darsi di no. È comunque conveniente abituare i bambini all'uso dei sacchetti di plastica, come in aereo. Dopo l'uso, aspettate a sbarazzarvi del sacchetto in un posto adatto, non in mezzo alla strada. Chiaro che a questi bambini l'automobile piace pochissimo. In compenso ce ne sono altri a cui piace moltissimo, in modo direi abnorme: piccoli mostri che a sei anni sanno tutto sui motori, le carrozzerie, gli accessori, la guida, riconoscono le marche e la cilindrata di tutte le auto che passano, ne recitano ad alta voce i pregi e i difetti con un linguaggio da tecnici consumati. «Che fenomeno», dicono i padri con orgoglio. Già, un fenomeno dei nostri tempi: a parer mio molto deprimente. Al posto di quei padri non ne sarei affatto fiera, ma piuttosto sgomenta. Va bene che i miti della nostra infanzia sono stati distrutti, ma per piacere non permettiamo che siano sostituiti dal mito dell'automobile: già in via di decadenza anche lui.

Pagina 174

A questo punto Gigi comincia a piangere, sua madre a sculacciarlo, e la signora a desiderare acutamente di essere altrove. Mettetevi in mente, madri, che la principale aspirazione dei vostri conoscenti non è quella di venir salutati dai vostri figlioletti; e che tutti quanti preferiscono di gran lunga rinunciare a questo onore che essere l'involontaria causa di una scena del genere. Le lezioni di saluto, gli insegnamenti, le opere di persuasione vanno fatte (se volete farle) sempre e comunque in privato. Se il vostro bambino, nonostante le lezioni, insiste a non voler «salutare la signora», potrete anche sgridarlo: ma dopo, per piacere, dopo! Per contrasto, ci sono bambini così condizionati che al primo fatidico invito materno «Saluta i signori, Peppino», scattano come fossero caricati a molla, si inchinano, fanno la riverenza o il baciamano (a seconda del sesso) e recitano identici stereotipati convenevoli a tutti i presenti: i quali, lungi dal lusingarsene, vivamente si augurano che gli si rompa quella maledetta molla e che ricomincino a essere bambini, non scimmiette ammaestrate, non fantocci di cui le madri muovono rigidamente i fili. A questi compitissimi Peppini io preferisco di gran lunga i recalcitranti Gigetti. Questione di gusti? Anche. Ma la caratteristica essenziale (e la più amabile) dell'infanzia è la spontaneità: e non mi si venga a dire che è spontaneo per un bambino baciare la mano a vecchie signore e recitare convenevoli a memoria. Nessuna madre aggiornata dovrebbe insegnarglielo. I bambini oggi devono essere naturalmente disinvolti, o timidi, mai saccenti, condizionati, repressi. Fino all'età di un anno circa, possono salutare con la manina se ne hanno voglia o non salutare affatto se non ne hanno: è loro sacrosanto diritto. Fino a quattro o cinque anni possono dire «Ciao» e basta: anche ai vescovi e ai capi di stato. Dopo, si potrà cominciare ad abituarli gradatamente, senza insistenze e pignolerie, a dire «Buongiorno», poi «Buongiorno signora», infine a stringere la mano come si deve.

Pagina 58

Il saper vivere

187268
Donna Letizia 10 occorrenze
  • 1960
  • Arnoldo Mondadori Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

L'abitudine di fumare a tavola a metà pasto è desolante: il gusto della sigaretta si sovrappone a quello delle pietanze e tanto varrebbe servire, anziché un menù prelibato, due uova e un'insalata. Le sigarette non dovrebbero apparire che al momento del dessert. In genere, vengono offerte appunto tra il dolce e la frutta, a meno che non siano già state disposte sulla tavola in apposite coppette. In quest'ultimo caso, la regola vorrebbe che nessuno incominciasse a fumare prima di esserne autorizzato dalla padrona di casa.

Pagina 107

Le ostriche si presentano già servite in ciascun piatto: esistono dei piatti speciali, divisi a scompartimenti, con uno spazio centrale riservato al limone. Le ostriche si mangiano con delle forchette piccole, a tre denti, che vengono apparecchiate a destra del piatto (anziché a sinistra come le forchette grandi). L'ostrica viene presa con la mano sinistra. Con la destra si prende la forchettina e si stacca il mollusco dal guscio.

Pagina 116

La sera indossa la marsina (senza la striscia sui pantaloni), gilet nero, camicia con sparato inamidato, cravatta a farfalla bianca. Potrà indossare, volendo, un secondo tipo di uniforme meno impegnativo: calzoni a righe come sopra, giacca corta nera, panciotto intonato, camicia morbida e cravatta nera. Il cameriere porta al mattino, per sfaccendare in casa, una giacca accollata di tela rigata. Pantaloni e scarpe nere. Per servire la seconda colazione porta, normalmente, d'estate una giacca bianca, chiusa, e d'inverno una giacca di colore scuro: verde bottiglia, blu, marrone ecc. chiusa fino al collo da bottoni di metallo argentato o dorato, volendo con il monogramma o lo stemma della famiglia. Calze e scarpe nere. Guanti di cotone bianco. La sera, indossa giacca bianca e cravatta. La livrea, che ripete nei propri colori quelli della famiglia, si addice solo a chi ha un tono di vita brillante: giubba in tinta, a coda, pantaloni intonati, panciotto a righe, bottoni con lo stemma o la cifra del cognome della famiglia, camicia a collo rigido, cravatta a farfalla bianca. Guanti bianchi, scarpe e calze nere. La livrea a calzoni corti, calze lunghe bianche, scarpe a fibbia, è di tono formalissimo. La cameriera veste, la mattina, un abito di tela chiaro unito o rigato e un grembiule bianco. Per servire a tavola, all'abito di satinette nero oggi si preferisce quello, meno sgualcitile, di lanetta o popeline blu o grigio chiaro o scuro. Il grembiulino può essere bianco, di organdis o mussola, oppure nero di taffetà. La cresta e il civettuolo nastro d'organza non si addicono a tutte le facce: meglio non imporli a una sgraziata "tuttofare". Si esigerà piuttosto che porti i capelli raccolti in una leggerissima retina. L'autista ha la responsabilità assoluta della macchina ed esegue eventualmente commissioni. Se padroni fanno scarso uso dell'automobile, gli si possono affidare altri compiti in casa, ma è bene mettersi d'accordo su questo punto fin dal principio. Una buona padrona non tiene inutilmente il suo autista ad aspettarla per delle ore, la notte, davanti a un dancing, ecc. Se ha bisogno di lui fino a sera avanzata, il giorno dopo gli concede due o tre ore di riposo. Chi non desidera adottare la classica livrea per il proprio autista, ripiega sul completo a doppio petto grigio scurissimo, camicia bianca, cravatta nera, calze, scarpe e guanti neri. Il berretto a visiera dovrà però completare l'insieme. Il cappotto sarà a due petti e intonato all'abito. Guanti scuri. D'inverno, pastrano a doppio petto intonato al completo. D'estate, la livrea può essere di lanetta, di grisaglia o di tela, con berretto a visiera intonato.

Pagina 143

È doveroso far visita: A un amico ricoverato in clinica. A una puerpera. A una famiglia amica colpita da lutto. A chi ci ha reso un servizio. A una persona cui si è stati annunciati o raccomandati con qualche lettera di presentazione. A un amico promosso a una carica importante. A un'amica che ci ha partecipato il fidanzamento della figlia o del figlio. Le visite ai malati e alle persone colpite da lutto devono essere brevi. Il subalterno che fa una visita di ringraziamento a chi lo ha beneficiato non si trattiene più di dieci minuti. Non si siede, se non ne viene pregato. Una visita di rallegramenti può prolungarsi di più, ma all'amico diventato ministro non si accennerà subito a quella certa pratica che ci sta a cuore, dichiarando che basterebbe una sua parolina perché, eccetera. La signora che desidera essere ricevuta dalla moglie del superiore di suo marito incarica quest'ultimo di chiedere al suo capo in quale giorno e a quale ora la signora gradirebbe una visita. Se il superiore risponde laconicamente e poi non torna più sull'argomento, la proposta non verrà rinnovata. Una volta, prima di lasciare definitivamente la città, era d'obbligo intraprendere un lungo giro di visite. Oggi si dà un cocktail di trenta, cinquanta persone (se le conoscenze sono troppo numerose, se ne danno due), e il problema del commiato è così risolto. Anche gli sposi, tornati dal viaggio di nozze, risolvono il problema della ripresa di contatti con un cocktail (ma alla vecchia zia, all'anziano generale, ai testimoni di nozze, all'amica più cara della mamma faranno una visita). E la puerpera potrà sdebitarsi con le amiche che sono andate a trovarla in clinica, offrendo un tè o un cocktail, appena rimessa e tornata a casa.

Pagina 198

nella sua stanza, a meno che non sia in convalescenza avanzata e sia lui a proporre una sigaretta. Non si parla ad alta voce. A una signora si portano dei fiori, escludendo gardenie, tuberose e tutto ciò che ha un profumo forte. A una puerpera si porta un regalino per il neonato. Ai bambini, libri illustrati, matite colorate, giuochi tranquilli. A un amico si portano libri, riviste, carte da gioco e sigarette. Agli uni e agli altri si possono portare dei frutti non indigesti: grape- fruits, arance scelte, un grappolino bellissimo d'uva, un ananas fresco, ecc.

Pagina 214

Sbaglia chi crede che l'importanza del galateo diminuisca a misura che ci si spoglia, per cui in costume da bagno preoccuparsi delle buone maniere sarebbe assolutamente superfluo. Al contrario: tanto meno una persona è vestita, tanto più dovrebbe sorvegliare i propri atteggiamenti. Una donna in "bikini" che cammina ancheggiando come se entrasse in un salone, è goffa. Seduta, con le gambe buttate di qua e di là, è sconveniente. Le collane, il bocchino, il maquillage pesante, i tacchi alti stonano sulla spiaggia. Questi ultimi, poi, vanno evitati con i pantaloni. Sconsigliabile il costume a due pezzi a qualsiasi donna che abbia l'addome funestato da salcicciotti o da grinze. Il costume a pagliaccetto, a gale, a nastri e altre leziosaggini vanno lasciati alle giovanissime. Non se ne rammarichino quelle che non lo sono: la linea classica del costume a un pezzo ha uno stile sicuramente signorile. Gli uomini, specie se non più giovanissimi, debbono portare costumi decenti, evitare copricapi e accessori stonati.

Pagina 225

Scrivendo a un superiore, una impiegata o un impiegato incominciano: "Signor Direttore", o "Signor Avvocato", e concludono: "Voglia gradire i miei rispettosi (o deferenti) saluti" (oppure: "Con ossequio" o "Con deferente ossequio"). Scrivendo a un subalterno ci si accomiata: "Con molti cordiali saluti" o "Con i migliori saluti" e si firma con nome e cognome. Una lettera di congratulazioni può chiudersi pressappoco così: "Ancora mille auguri e infiniti rallegramenti di tutto cuore". Una di condoglianze: "Con profonda e sincera simpatia" oppure: "Le sono vicino con commossa e sincera simpatia". Scrivendo a una persona che ci ha beneficiati si concluderà: "Con rispettosa gratitudine" o "Con commossa gratitudine" o "Con profonda gratitudine", a seconda dei rapporti fra benefattore e beneficato. A un militare ci si rivolge così: "Caro Tenente", "Caro Maggiore", "Caro Generale". Ma a un ufficiale di Marina di qualsiasi grado superiore, eccettuato quello di Ammiraglio, si scrive: "Caro Comandante". All'Ammiraglio ci si rivolge chiamandolo col suo grado. Solo quando la corrispondenza è di tono formale si scrive "Signor Tenente", "Ill.mo Signor Generale", ecc. Rivolgendosi a un Cardinale si scriverà: "Eminenza Reverendissima". Al Vescovo e all'Arcivescovo "Eccellenza Reverendissima". Scrivendo al Gran Maestro dell'Ordine di Malta"Altezza Eminentissima". A un dignitario della Chiesa che non sia Cardinale ci si rivolge scrivendo: "Reverendissimo Monsignore". Accomiatandosi da un Alto Ecclesiastico si scrive: 'Prego Vostra Eminenza (o Eccellenza) Reverendissima (o Monsignore) di accogliere l'espressione del mio profondo rispetto". Scrivendo al Presidente della Repubblica, si incomincia: "Signor Presidente". Si chiude: "Voglia gradire, signor Presidente, l'espressione del mio profondo ossequio". Scrivendo a un sovrano, si incomincia: "Maestà" e si chiude: "Prego Vostra Maestà di accogliere i sensi della mia profonda devozione" oppure "...di accogliere l'espressione del mio profondo omaggio". A un Ambasciatore, un Nunzio, un Ministro Plenipotenziario si incomincia: "Signor Ambasciatore", "Eccellenza Reverendissima", "Signor Ministro", e si chiude: "La prego di gradire, Signor Ambasciatore (Eccellenza Reverendissima o signor Ministro), gli attestati della mia più alta considerazione". A un Senatore, a un Deputato ci si rivolge con l'appellativo di "Onorevole". Ci si accomiata con: "Voglia gradire l'espressione della massima considerazione". Rivolgendo una richiesta a un Prefetto, a un Sindaco, a un Rettore d'Università, a un Preside ecc. si comincia: "Signor Prefetto" (o "Signor Sindaco" ecc.), e si chiude con la formula protocollare: "Con osservanza". A monaci e suore appartenenti a qualsiasi ordine religioso si scrive: "Reverendo Padre" o "Reverenda Madre". Una lettera a un sovrano incomincerà con "Maestà" (al Re o alla Regina); a un Principe di sangue reale con "Altezza Reale". Nel contesto si scriverà "Vostra Maestà" nei due primi casi, e "Vostra Altezza" nel terzo caso. Si concluderà cosi: "Rispettosamente sono di Vostra Maestà (o di Vostra Altezza Reale) devotissimo ecc.".

Pagina 235

Questo posto è bellisimo; ma non posso fare a meno di provare una certa nostalgia della casa, delle mie abitudini e della tua sollecitudine. Non sto a ripeterti le raccomandazioni che sai: ho piena fiducia in te e sono sicura che tutto procede a perfezione. A presto, dunque, e intanto mille cari saluti. IDA Rossi

Pagina 243

Rivolgendosi a una persona titolata i domestici diranno: « Signor conte », « Signori marchesa ». Un impiegato dirà: "conte, marchesa". Quando si è di pari condizione sociale, ma non in rapporti di amicizia, rivolgendosi a un uomo titolato sarà meglio chiamarlo per cognome, senza far precedere questo dal titolo. Se poi si è in rapporti amichevoli, si eliminano i vari "conte" e "marchesa" dalla conversazione. Non si dirà « contino » al figlio del conte, né « marchesina » alla figlia della marchesa. Di regola le qualifiche "don" e "donna" spetterebbero solo ai componenti delle famiglie insignite del titolo di principi e duchi (e dei conti e marchesi romani cosiddetti di Baldacchino). La qualifica "Donna" spetta anche alle consorti delle personalità indicate nelle categorie I e II nell'ordine di precedenza nelle pubbliche funzioni (vedere lo specchietto che è pubblicato a pag. 141), ma ormai se ne ammette un uso più elastico. È consuetudine, infatti, chiamare "Donna" le consorti di personaggi in vista o illustri. Tuttavia,abusare di questo titolo nella vita di società è uno snobismo ridicolo. Nel presentare una persona titolata, si dice: « conte Ferri» o « marchesa Prati ». Nel presentare i figli di un nobile: « conte Carlo Ferri » e « Donna Carla Prati », ma nel presentare una donna nobile - non sposata - si dirà semplicemente "la signorina X", se è molto giovane, oppure la si chiamerà "marchesa" se non è più giovanissima: mai Donna, se non ne ha il diritto. Ai Principi di sangue reale, ai granduchi regnanti ed ereditari spetta il titolo di Altezza Reale. A quelli di sangue imperiale, il titolo di Altezza Imperiale (per esempio, gli Arciduchi d'Austria). Ai Principi Sovrani(vedi Ranieri e Grace di Monaco) spetta il titolo di Altezza Serenissima. Ammessi alla loro presenza, ci si rivolge a lui dicendo « Monsignore », a lei « Vostra Grazia ». Alle Altezze Reali si parla alla terza persona. Nelle presentazioni, le signore fanno la riverenza, gli uomini un inchino. Non si fa il gesto di tendere la mano prima che l'Altezza Reale abbia tesa la sua. Di Principi oggi se ne incontrano un po' dappertutto: ai ricevimenti, nei luoghi di villeggiatura e di cura, sui transatlantici, ecc. Per quanto affabili e di facile approccio possano essere, il buon gusto vuole che si osservi nei toro confronti un contegno deferente e corretto. Il signore che viene a trovarsi alla presenza delCapo dello Stato, aspetta che gli venga tesa la mano. Nel prenderla, s'inchina. Una signora non fa la riverenza né al Presidente né alla Consorte del Presidente della Repubblica, ma marcherà la sua deferenza aspettando, anche lei, che le venga tesa la mano. Fatto il saluto, aspetterà ancora: non tocca a lei aprire il discorso. Non si rimane seduti al passaggio o in presenza del Capo dello Stato: gli si deve lo stesso rispetto che si deve alla bandiera. COME CI SI RIVOLGE: -a un Ministro del governo Signor Ministro -a un Senatore Senatore o Onorevole Senatore -a un Deputato Onorevole -a un Ambasciatore Signor Ambasciatore -a un Ministro Plenipotenziario Signor Ministro -a un Cardinale Eminenza -a un Vescovo Eccellenza -a un Nunzio Apostolico Eccellenza a un Prefetto Signor Prefetto -a un Sindaco Signor Sindaco -al Presidente del Consiglio della Corte di Cassazione della Corte dei Conti del Tribunale Signor Presidente -a un Curato Signor Curato -a un Ecclesiastico in generale Reverendo o Padre -a una Madre Generale Madre o Reverenda Madre -a una Madre Superiora Madre o Reverenda Madre -a una Suora Sorella -all'istitutrice italiana Signorina francese Mademoiselle tedesca Fräulein ingleseMiss -a un Pastore protestante Signor Pastore -a un Rabbino Dottore o Rabbi Rivolgendosi a un Capitano, a un Maggiore, a un Ufficiale superiore in genere, si dice soltanto il grado se i rapporti sono da pari a pari, o se chi gli parla è una signora: « Capitano, posso offrirle una tazza di tè? ». Ma a un anziano generale la giovane signora dirà: « Signor Generale ». Agli Ufficiali di Marina ci si rivolge con la qualifica di « Comandante », dal grado di tenente di Vascello in su. Ma a un Contrammiraglio o a un Ammiraglio ci si rivolge chiamandolo Ammiraglio.

Pagina 253

Se la tavola è rettangolare, invece, la padrona e l'invitato siederanno su un lato (lui alla destra di lei) e il padrone e l'invitata di fronte a loro (lei alla destra di lui). Se una coppia invita una signora sola, questa siederà alla destra del padrone di casa. Se l'invitato è un uomo siederà alla destra della padrona. Se una signora sola invita una coppia, avrà alla destra l'invitata, a sinistra l'invitato. Tra invitati di uguale importanza e circa della stessa età, si dà la precedenza a chi è meno intimo della casa.Un forestiero ha sempre la precedenza sugli altri commensali. Volendo usare pari riguardo a due coppie di invitati(in un pranzo numeroso), si potranno alternare gli onori del posto. Il marito di una delle signore siederà a destra della padrona di casa. La moglie dell'altro signore a destra del padrone di casa. Per le precedenze a tavola si legga quanto è scritto a pag. 118 nel capitolo dedicato a questo argomento. Qui mi limiterò a ricordare che è meglio rinunciare ad invitare a un medesimo pranzo persone importanti e suscettibili in fatto di precedenze se la designazione

Pagina 96

Galateo per tutte le occasioni

188090
Sabrina Carollo 2 occorrenze
  • 2012
  • Giunti Editore
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Le regole che seguiranno in questa seconda parte altro non sono che uno sviluppo dei "fondamentali", messi alla prova in diversi casi pratici in cui ci si può venire a trovare. Vogliono essere degli spunti di riflessione - impossibile mandare a memoria tutte le regole! - utili a interiorizzare un tipo di atteggiamento che alla fine dovrebbe venire spontaneo. Perché dietro ogni regola esiste una motivazione, una causa che suggerisce un determinato comportamento. Riuscire a comprendere questo meccanismo permette di saperlo adattare a ogni situazione, anche in quelle più impensabili che magari non sono contemplate nei manuali di buona educazione. A conclusione della prima parte, e a introduzione della seconda, dunque, riassumiamo due principi fondamentali, da ricordare sempre.

Pagina 100

Masticare a bocca aperta. Masticare chewing gum a bocca aperta. Mettere lo smoking a un matrimonio.

Pagina 249

Il pollo non si mangia con le mani. Galateo moderno

189180
Pitigrilli (Dino Segre) 2 occorrenze
  • 1957
  • Milano
  • Casa Editrice Sonzogno
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Oggi i piedi si chiamano piedi, perchè con l'invenzione delle calze trasparenti le donne hanno imparato, dopo 8000 anni ,di civiltà, a lavarseli, a curarli, a modellarli, a verniciarli. Alcune, non tutte, hanno anche imparato a camminare. E alcune, una quantità minima (le danzatrici e le sportive) hanno imparato una cosa difficilissima, a correre. Un consiglio generico alle mie lettrici, è di non correre mai; poche sanno farlo esteticamente, ed è meglio perdere il treno o il marito o un'occasione che perdere lo stile e l'eleganza. Grazie all'invenzione delle calze di seta nera che trionfarono nel «french cancan» e all'invenzione delle calze trasparenti, le gambe che per il passato erano dei semplici strumenti di locomozione, oggi sono opere d'arte, e lo stesso Socrate che faceva alla cortigiana Theodate un corso sull'arte di piacere, oggidì sul capitolo gambe non avrebbe niente di nuovo da insegnarle. Per gli uomini è diverso. Una scarpa di uomo non è una opera d'arte. E' una scarpa. La scarpa deve rimanere il più possibile con la suola a contatto del pavimento. E' lecito accavallare le gambe, quando si ha una calza di seta impeccabile da mettere in vista, ma a condizione che le due gambe formino un angolo non superiore ai 35 gradi. Cioè che al ginocchio di sotto corrisponda il vuoto popliteo di sopra. Non formare un angolo retto. Non formare una T. Non appoggiare una caviglia all'altro ginocchio, e non far girare il piede sovrapposto, come una lancetta d'orologio impazzito. Non prenderti la caviglia nella mano a teatro; e al cine non avvicinare la pianta del piede al ginocchio della vicina. Il piede serve esclusivamente a camminare e a spingere l'acceleratore, a suonare l'organo e a mettere fuori dei piedi chi non sa decentemente servirsi dei suoi.

Pagina 101

Riassumendo: A teatro non emettere né sbuffi né interiezioni se il violino stona, a una conferenza non agitarti se il conferenziere è in ritardo o se tu non condividi le sue idee. In un club milanese l'avv. Arturo Orvieto teneva una conferenza. A un tratto si impaperò. Era già accaduto a Demostene e a Lacordaire. Una brutta signora delle prime file - chissà perchè i clubs riservano le prime due file a certa gente che sarebbe molto più decorativo lasciare a casa? - pensò: «Si è impappinato». Ma, sprovvista della divina grazia del self-control, lasciò fuggire il pensiero dalla bocca. - Si, signora - le disse il conferenziere interrompendosi - mi sono impappinato. Non mi era successo prima, perchè avevo tenuto lo sguardo fisso su di lei. Appena l'ho distolto, ho visto entrare quella splendida signorina che sta cercando una sedia. Tutto il pubblico si volse verso la signorina, poi verso la signora, incenerita, e con un applauso totale - sappiamo che simpatica carogna è la folla! - le diede sepoltura. Ecco perchè a pagina 318 ho raccomandato di abituarsi a non pensare ad alta voce.

Pagina 320

Nuovo galateo

189462
Melchiorre Gioja 3 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Si è prodighi ne'saluti A) Per vanità. Alcuni abbordando un crocchio od entrando in una conversazione, non fanno tanti inchini, cerimonie, baciamani a questo, a quello, a un terzo, a un, quarto, a tutti, se non a fine di riceverne altrettanti ed eccitare una generale acclamazione sulla loro gentilezza; e allora la conversazione, a giudizio di Despreaux, s'assomiglia a quelle messe solenni, nelle quali il celebrante dopo di avere incensato tutto il popolo viene incensato egli stesso. B) Per isperanze e timori vaghi. Più di bassezza d'animo che di gentil costume danno segno coloro che a tutti indistintamente protestano gli stessi sentimenti di stima, di rispetto, d'amicizia, ad imitazione di quella donna che avendo accesa una candela a S. Michele, ne accese un'altra al demonio che suole pingersi a'di lui piedi, e che, sgridata dal curato, rispose: Ho sempre inteso a dire che conviene avere degli amici dappertutto, e non si sa mai dove si possa capitare.

Pagina 180

» Oltraggio chiamo io l'alterigia, i modi » Superbi, usati a me dagli insolenti » Ministri, o amici, o consiglieri, o schiavi, » Ch' io ben non so come a nomar me gli abbia » Quei che intorno ti stanno. E oltraggi chiamo » Quanti ogni giorno a me si fan; del nome » Appellarmi di re, mentre mi é tolto, » Non che il poter, per fin la inutil pompa » Apparente di re; vedermi sempre » Più a servitù, che a libertà, vicino ; » E i miei passi, i miei detti, opre e pensieri » Tutto esplorarsi, e riferirsi tutto; » E ogni dolcezza togliermi di padre; » E il mio figliuol, non che a mio senno il possa » Educar, né il vederlo essermi dato » E a me solo vietarsi ».

Pagina 57

La donna vana si move a passo lento, a fine di tenere a lungo presente allo spirito degli astanti l'idea della sua persona, persuasa che, vista da tutti i lati, non può che piacere.

Pagina 78

La gente per bene

191483
Marchesa Colombi 2 occorrenze
  • 2007
  • Interlinea
  • Novara
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

In tal caso una madre veramente ammodo non ne parla a suo marito per non esporlo a quistioni. Non ricorre a terze persone che, per quanto parenti od amiche, sono sempre di troppo in un segreto, in cui è impegnato il decoro di sua figlia

Pagina 200

A quei tempi le signorine educate parlavano in versi. Ora però, si può anche farne a meno.

Pagina 51

La giovinetta educata alla morale ed istruita nei lavori femminili, nella economia domestica e nelle cose più convenienti al suo stato

192222
Tonar, Gozzi, Taterna, Carrer, Lambruschini, ecc. ecc. 5 occorrenze
  • 1888
  • Libreria G. B. Petrini
  • Torino
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Per eseguire la reticella in rotondo si fanno due o tre maglie sul cappio che serve di avviatura, poi si seguita il lavoro girando sempre torno torno a queste, aumentandone il numero, prima più frequentemente, poscia meno, a seconda del bisogno (fig.15). Fig. 15 La reticella si ricama col punto a pannetto o a rimendo, a mezzo pannetto, a crocino, a punto tela, così denominato perché s'incrociano i fili come nella tela, a punto strega, col quale si riempie il fondo del lavoro. Si fanno pure dei ricami in rilievo, come foglie, Fig. 16 Fig. 17 stelle, ecc. Questi lavori vengono attaccati alla reticella che serve di fondo, ma sono affatto indipendenti da essa, e si ricamano a punto di rimendo (fig. 18). Fig. 18

Pagina 127

Pannolino di percalle, di tela fina e anche di batista della quadratura ordinaria di m. 0,50 che serve a soffiare il naso e ad asciugare il sudore dal viso. Se é munito di contorno ha quasi sempre il vivagno a due parti. Si orlano le altre due e si fanno le iniziali in un angolo. Se di stoffa liscia si fa tutt'intorno un orlo a traforo largo per lo meno 4 cm. e si marca pure in un angolo a punto di ricamo.

Pagina 165

Il ricamo in bianco può farsi socio, traforato, a rammendo, per applicazione e per rapporto. I punti principali che si usano in questi lavori sono : la filza, il cordoncino (sopraggitto o soprammano), il punto buono od a raso, che alcuni chiamano plumetis, il punto smerlo, lo smerlo a centina, il punto penna, l'impuntura, il punto sabbia od impuntura arruffata, che in una parola non è altro che il punto cieco, il punto a nodini, a rammendo, a retina od a traforo.

Pagina 183

Il disegno si produce su tela cerata ; sui contorni s'imbastisce a punti minutissimi un passamano detto anche mignardise (V. Bulgarini). Le retine riempiono le parti interne del disegno e s'attaccano da ogni parte al passamano. Il punto fondamentale delle retine é il punto smerlo, che si fa ora tutto unito, ora lasciando degli intervalli tra un punto e l'altro, ora facendo i punti alternati a due a due, a tre a tre, ecc. A questo punto se ne aggiungono altri di fantasia, che si possono combinare a volontà. Finito il lavoro si tagliano al rovescio i punti d'imbastitura e si stacca cosi la trina fatta.

Pagina 198

A questa dà un buffetto, a quella un pizzicotto ; una spinge col gomito, a un'altra strappa la penna dalle dita, e gliele imbratta d'inchiostro ; insomma Ernestina è un vero frugolo. Chiamata dalla maestra a proseguire la lettura, erra sempre nel luogo di cominciare. Interrogata a rispondere intorno a qualche cosa già spiegata, ella non sa spiccare una parola. Or bene, come riuscirà Ernestina? Sarà sempre una zucca vuota.

Pagina 77

Marina ovvero il galateo della fanciulla

193650
Costantino Rodella 1 occorrenze
  • 2012
  • G. B. Paravia e Comp.
  • Firenze-Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

. — Lo spirito d'osservazione, che abbonda nelle ragazze, e l'abitudine di mettere in ridicolo, spingono le allieve a contraffare gli atti, i gesti e i difettucci delle compagne ed anco delle maestre, e quindi a sgorbiarne ritratti, farne caricature; senza dire poi del talento di mettersi soprannomi; dal che derivano provocazioni, accuse e risse. Chi il crederebbe? Pure in quell'età v' è una gran tendenza a cavillare, a garrire, a bisticciarsi, a mettersi in dileggio, a imporsi nomignoli; risse belle e buone, che nell'animosità, nell'agognia di vendetta punto non la cedono a quelle de'grandi. Bisogna vederle, rosse in faccia, cogli occhi che schizzan fiamme, riprendersi fieramente, senza bontà, senza moderazione; non sentono che l'odio, che il bisogno crudele di vendetta; ih, che bizza! Guai se avessero il potere uguale allo sdegno! Marina biasimava codesta specie di ferocia, e più ancora quando la trovava tra fratelli e sorelle. E in quell'età quanto sono belli 1' amore, la fratellanza, il compatimento, il perdono!

Pagina 27

Donnine a modo

194038
Camilla Buffoni Zappa 1 occorrenze
  • 1897
  • Enrico Trevisini - Editore
  • Milano
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Questo è per chi scrive, ma per chi legge chi ha mai pensato a dir niente? Eppure quante fanciulle che hanno buoni libri, traggono profitto dalla lettura? Gli occhi sono sul libro e la mente si perde in pensieri inutili e vani, tanto che chiedendo a queste fanciulle che cosa hanno letto, non ve lo sanno dire per nulla. 87. Fu detto che un buon libro è un amico, e fu detto bene, esso vi adorna l'animo dilettandovi. Ma bisogna perciò che portiate attenzione a tutto ciò che leggete, e mettiate a profitto gli insegnamenti che dai libri vi vengono dati. 88. Quando avete bisogno di sapere qualche cosa preferite dirigervi a un libro, che a una persona: il vantaggio è doppio, non disturbate la gente, e quanto vi costa un po' di fatica a cercare vi si imprime meglio nella memoria. 89. Mi pare avervi detto, a traverso queste pagine, che recar dispiacere a una persona è cosa malfatta, che recarlo a chi vi dimostra in qualche modo di volervi bene, è cosa peggiore. Ora in quest'ultima pagina vi dichiaro che sarei molta addolorata se le mie giovani lettrici, chiuso il mio libretto, andassero a commettere uno qualsiasi di quegli atti inurbani ch'io segnai alla loro riprovazione. Ho lavorato per voi con amore di madre e di educatrice, usatemi la suprema cortesia di sapere che il mio lavoro vi ha rese un pochino migliori.

Pagina 68

Nuovo galateo. Tomo II

194297
Melchiorre Gioia 1 occorrenze
  • 1802
  • Francesco Rossi
  • Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

L'altrui distrazione, oltre d'essere un affronto a chi parla, giunge a turbare le di lui idee, mentre all'opposto l'altrui attenzione le raccoglie.

Pagina 58

Galateo morale

196664
Giacinto Gallenga 9 occorrenze
  • 1871
  • Unione Tipografico-Editrice
  • Torino-Napoli
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Se un poverino vien colto per istrada da una sincope, o gli si sloga un piede o un'inesperto automedonte lo manda a ruzzolare sul selciato; se uno di quei mille accidenti in somma che possono capitare a un galantuomo lo getta in terra e lo rende inetto a camminare, voi vedete in un'istante quel disgraziato circuito da una folla di curiosi che lo osservano, lo compiangono, lo interrogano e infine lo annoiano: da quei gruppi voi siate sicuri di udire a sorgere un torrente di invettive all'indirizzo dei cocchieri che ammazzano la povera gente, delle guardie che non li arrestano, del municipio che lascia deteriorare il selciato, del Governo che non s'incarica del tutto. Qualche volta per altro i primi sono da compatire perché han da fare con degli storditi che neanche una cannonata varrebbe a smuoverli dalla carreggiata e par lo facciano a cacciarsi nelle gambe dei cavalli. Le guardie anch'esse non hanno il dono dell'ubiquità, ne possono in conseguenza trovarsi appuntino dovunque succede una disgrazia. Il municipio per soddisfarli, questi piagnoni, dovrebbe stipendiare un esercito permanente di operai a riparare, a ripulire, a correggere ogni più lieve sconcerto del suolo pubblico; e il Governo, lui, può a gran pena provvedere a ciò che è più importante, vale a dire a premunirci dai malandrini d'ogni maniera: figuratevi se ha il tempo di provvedere ai disordini dell'acciottolato e all'imprudenza dei cocchieri.

Pagina 135

Vanno a tutte ore nei fondachi non già per comprare, ma per soddisfare la curiosità, per ammazzare il tempo. Obbligano commessi ed inservienti a vuotar le vetrine, gli scaffali, i magazzeni, a spostare insomma e a sciupare ben anco la mercanzia, chiacchierano un'ora sul gusto, sulla convenienza, sulla moda, espongono il proprio caso al negoziante come farebbero all'avvocato, al medico, per riceverne le istruzioni, i suggerimenti; osservano, toccano, assaggiano... e finiscono per non ispendere un quattrino; e così fan perdere al commerciante un tempo prezioso senza procurargli un soldo di guadagno. Eppure quegli è costretto a non lasciarsi sfuggir moccoli all'indirizzo dell'importuno anzi deve contrarre il viso in modo che sembri sorridente, poiché chi tiene stretti i cordoni della borsa ha slacciata per ordinario la lingua, e il povero negoziante che ci tiene al suo buon nome e ad esser detto cortese, convien che si guardi di dare altrui, a diritto o a torto, occasione di lagnarsi di lui, di menar le forbici addosso a questi accorrenti della mala ventura.

Pagina 157

Il negoziante non deve adottare nel fondaco i modi che sarebbero soltanto acconci in una conversazione fra persone che non si visitano per affari di commercio: sarebbe ridicolo che egli mettesse il discorso sulle faccende di famiglia o della politica; se offrisse la mano al compratore od usasse altrettali atti di confidente famigliarità, a meno che si tratti di congiunti, di amici o di altri che non siano entrati nel suo negozio unicamente allo scopo di commerciare. Bensì, trattandosi di persone del gentil sesso, o vecchie od infermiccie, dovrà offrire loro di sedersi: alle signore dee parlare con garbo ma guardarsi assolutamente dal corteggiarle in qualunque modo; non permetterà sicuramente che elleno si portino i cesti, i pacchi da loro stesse, ma non si offrirà nemmeno di accompagnarle, come si farebbe con una prossima parente ed amica. Ciò non sarebbe conveniente e avrebbe certamente per effetto di offendere le persone civili e costumate a cui venisse offerto quel ridicolo omaggio di servitù e di confidenza. Il fondaco non è luogo da commettervi sguaiataggini ed indecenze; e ciò serva d'avviso a certi impertinenti di fattorini che si vedono capitare al banco o a bottega qualche giovinetta appariscente o non troppo riservata, le si accostano, le sorridono, le parlano e van seco lei barzellettando, senza curarsi più che tanto dell'avventore che vien piantato in asso a far da testimonio a quei scipiti trattenimenti. I negozianti a cui sta a cuore la riputazione del proprio negozio non devono nemmeno tollerare che i loro subalterni stieno sulla porta della bottega o dietro le invetriate ad ammiccare a colui o a colei che è alla finestra in prospetto, a sorridere, a conversare con chi passa davanti alla bottega, a pavoneggiarsi, a lisciarsi i peli, per cui tu saresti tentato di paragonarli a quelle figure di cera che ti sorridono, soddisfatte, dalle bacheche dei parrucchieri.

Pagina 161

Quanta alle passioni, esse vi vengono dinanzi con quel loro volto seducente a tentarvi, quando uscite dall'officina, avviati verso casa vostra. «To', sei stanco, a quel che pare, Tonio! per bacco, al modo con cui lavori! vieni, andiamo a prendere un pochin di ristoro con una mezza bottiglia». E voi entrate a malincuore nella bettola, entrate causa quel maledetto rispetto umano che vi fa schiavi dell'altrui volontà, dell'altrui capriccio». «Non voglio, direte tra voi, si possa dire che io ho paura dei rimbrotti della moglie; non voglio che possano affibbiare dell'avaro, del pitocco!». La mezza bottiglia diventa con la sua compagna una bottiglia intiera, poi arrivano le sorelle a tener compagnia, e in capo a qualche ora, eccovi briachi fradici, incapace di trascinarvi a casa, giacché l'ubriaco ha questo di buono che si rende peggiore di un bruto, il quale anche abbandonato a se stesso trova la via del covile e della stalla, e l'ebbro non è più capace di trovare la strada che mena al suo abituro. E quel che ho detto del vino, applicatelo, operai, al giuoco e alle altre passioni, le quali sono simili a quegli ingranaggi che osservate nelle officine in cui andate a lavorare. Guai a chi si lascia cogliere per una falda dell'abito, per una punta delle dita. La macchina lo abbranca, lo trascina, lo schiaccia e lo rigetta a brani dalle sue viscere micidiali. La passione, quando riuscita a penetrare in un cantuccio dell'anima, tutta la invade, la avviluppa e la soffoca nelle sue spire, né più la respinge finché non l'abbia priva di ogni palpito generoso, di ogni nobil sentire, finché non l'abbia, come quella macchina di cui v'ho parlato, ridotta a brandelli. Un francese ha detto argutamente: Rien n'est bête comme un homme en ribote. Ma oltre al mostrarsi imbecille, un operaio dedito alle orgie si mostra anche crudele, poiché fa strazio d'ogni soave affetto di famiglia di patria. Esso dà una smentita a quel proverbio che dice «che il pensiero della casa, della moglie, dei figli trattiene l'uomo dal commettere il peccato».

Pagina 184

Se invece di corrispondere con eguale gentilezza al vostro cortese trattare, abusasse villanamente della sua posizione per usarvi dei soprusi, per instancarvi dal far capo a lui per le vostre bisogna? - Allora io vi direi di prendere a due mani il vostro coraggio e di non iscostarvi nemmen per questo dai precetti d'una squisita educazione. Oh che? vorreste voi lottare di scortesia con lui? Peggio per lui se la sua irta natura, se una deficienza di rispettabilità lo rese per sua, per nostra disgrazia intrattabile: ad ogni modo non converrebbe, per usare di rappresaglia, rischiar di farsi un nemico e dare a lui ragione con parole o con atti di lagnarsi a vostro riguardo di un difetto che egli non è capace di riconoscere in sé medesimo. Manca alla civiltà e all'onestà chiunque osa offrire mancie o regali a un funzionario o cerca in altro modo di aggraziarselo onde stimolarlo a fare il proprio dovere o peggio a tradirlo. Nel primo caso l'offerta è una critica inurbana, una satira mordace a quell'inerzia che in lui si suppose esistere; nel secondo è un tentativo di corruzione.

Pagina 203

L'avvocato non è tenuto a guarentirvi una favorevole sentenza più di quanto sia tenuto un medico a guarirvi da una malattia; nessuno, nella propria professione, per quanto bravo egli sia, è autorizzato a fare dei miracoli. Quindi il giureconsulto, né più né meno del vostro curante, non è obbligato da coscienza a farvi una deduzione da' suoi onerari, quando la vostra causa, non per difetto di zelo, non per sua colpa ebbe la disgrazia di volgere a male.

Pagina 305

vi sono dei mendicanti che arricchiscono elemosinando, mentre il povero operaio stenta col suo indefesso lavoro a provvedere ai più urgenti bisogni e non giunge talora a togliersi la fame ed è costretto a veder soffrire la moglie e i figliuoli. In un giorno del gennaio dell'anno scorso veniva arrestato a Milano un mendicante così male in arnese da destar proprio la commiserazione. Tradotto all'ufficio di P. S. si stava per accompagnarlo al ricovero dei mendici, allorché egli si mise ad urlare che là dentro non s'avevano a rinchiudere che i pitocchi, e non coloro che possedevano buoni danari. — Ma dove li avete questi danari? chiesegli il delegato. — Dove li ho? in tanti fondi e in tante cartelle del Debito Pubblico. — Ma! e perché mendicate allora? — Per far del bene a' miei simili; quello che raccolgo lo impiego a soccorrere gli infermi. - Si fecero indagini su quel mendicante filantropo e si venne a scoprire che esso possedeva più di centomila lire e che da oltre trent'anni esercitava l'accatonaggio. Vi furono dei mendicanti che lasciarono alle loro figliuole delle doti di 30, di 40 mila franchi! Un operaio lavorando cinquant'anni e risparmiando, a furia di economia e di privazioni, non arriva ad accumulare 40 mila soldi. «La società, esclama a tale proposito uno scrittore coscienzioso, non ha mai pensato a mettere le mani su quelle successioni, e dire — questo danaro prodotto dal lavoro fu fraudolentemente sottratto da un uomo che non lavorava; io lo piglio e lo mando in soccorso di coloro che lavorano. — La mendicità non deve trasformarsi in industria appo i popoli inciviliti».

Pagina 417

Accompagnate, per quanto lo potete, a scuola, a passeggio i figliuoli. Se voi vi fermerete qualche volta sulle pubbliche passeggiate, sui giardini nelle ore in cui i bambini vi si sollazzano, e farete di quà e di là qualche ispezione al modo di condursi delle persone di servizio, sui riguardi, sulle attenzioni che le medesime in genere dimostrano verso i ragazzi affidati alla loro custodia, resterete di leggieri persuasi della opportunità della mia raccomandazione. D'altronde i ragazzi abbandonati alle cure dei servitori prendono a non lungo andare i gusti, le tendenze, le usanze di coloro con cui essi convivono: per cui, dal vestito all'infuori, essi finiranno per rassomigliare perfettamente ai servitori. Ed oltre agli esempi d'inciviltà e d'indecenza a cui i vostri figliuoli saran costretti ad assistere, essi correranno anche il rischio di scavezzarsi il collo. Se il poverino dopo essersi slogato un braccio o fiaccato il naso si getta a gridare ed a piangere, arriva dopo un certo tempo la bonne (vedete che sarcasmo di nome!) la quale indispettita di quell'accidente che disturba i suoi interessanti colloquii coll'amica o col conoscente, strapazza di santa ragione il poveretto, e qualche volta per soprammercato lo batte: e per compierne l'educazione e per risparimiare a sé, quando sarà giunta a casa, i rimbrotti dei padroni, gl'insegnerà a schiccherare una bugia. Se non avete tempo o volontà d'accompagnarli, fissate almeno la località, dove hanno a recarsi coi figli vostri la persona di servizio che vi suppliscono in questa bisogna, e recatevi sovente a sorprenderle. La salute, in civiltà, la moralità delle vostre creature ve ne fanno uno stretto dovere. E così non permettete nemmeno che i servi si arroghino il diritto d'ingiuriare con epiteti indecenti e villani i ragazzi di qualunque età essi siano, o di prodigar loro carezze che possano suscitare in essi delle ignobili sensazioni. Inversamente non tollerate che i vostri ragazzi si avvezzino a comandare a bacchetta ai servi, giacché verrebbero così a prendere quelle abitudini di prepotenza che stentano poi, divenuti grandi, a smettere con uguali ad inferiori ed anche talvolta cogli stessi superiori e per cui diventano poi le person più uggiose del mondo; che si rivoltano ad ogni lieve contraddizione, e tengono con tutti quel fare tranchant che non è il più adatto a procacciar loro benevolenza dei loro simili.

Pagina 61

«Taluni - così il Francklin nella sua Vita - usann far disputare tra loro i figliuoli; non è savio un tale costume, poiché questi cavillatori, pronti sempre a contraddire, a confutare, non sogliono poi valere gran che nella condotta dei loro affari. Trionfano si a volte ma non guadagnano mai l'altrui simpatia che sarebbe molto più utile vittoria». È meglio, molte volte meglio che i ragazzi imparino a cedere che a sopraffare. Le liti onde sono rovinate tante famiglie sono generalmente sostenute da uomini che erano avvezzi, fin da giovanetti, a prepotere sui loro compagni.

Pagina 63

Come si fa e come non si fa. Manuale moderno di galateo

200890
Simonetta Malaspina 5 occorrenze
  • 1970
  • Milano
  • Giovanni de Vecchio Editore
  • paraletteratura-galateo
  • UNICT
  • w
  • Scarica XML

Amate pure il denaro, se volete, ma non parlatene mai a sproposito. Il denaro non deve offrire lo spunto a una conversazione da salotto: soprattutto se si tratta di denaro vostro. E neppure dovete commentare le ricchezze altrui o, peggio ancora, fare congetture maliziose sulle loro origini. Non scegliete le amicizie in base a un criterio economico: un sentimento non si deve mai pesare sulla bilancia del denaro. E non sentitevi superiore a chi dispone di beni inferiori ai vostri. Se siete ricchi non ostentate le vostre fortune soprattutto davanti a chi deve invece tirare la carretta fino all'ultimo del mese. Chi si compiace evidentemente della propria ricchezza è quasi sempre un povero di spirito o un megalomane: molto spesso a anche lui di umili origini. D'altra parte chi piange miseria in continuazione è altrettanto sgradito in una compagnia: anzi, è destinato quasi sicuramente a restare solo, poiché a nessuno piace un individuo che si lamenta sempre, a torto o a ragione, e ha eternamente l'aria di invidiare il prossimo più fortunato di lui.

Pagina 142

I genitori superino falsi pudori e rispondano alle domande dei bambini con sincerità, senza ricorrere a incredibili storielle. Non c'è niente di male a spiegare con delicatezza a un bambino il modo in cui è venuto al mondo, ma è logico che le parole si devono adattare all'età e all'intelligenza di chi ascolta per non provocare ingiustificati turbamenti. È meglio che la spiegazione sia graduale: sia cioè una successione di risposte alle domande che il bambino stesso comincia a fare spontaneamente a una certa età, incuriosito da certi fatti. Alla mamma o al papà che si trovassero imbarazzati a parlare ai loro figlioli, vengono in aiuto particolari pubblicazioni a cura di psicologi e pedagogisti.

Pagina 165

Se avete dei bambini, insegnate loro a giocare con calma, senza urlare: anche le loro graziose vocette possono diventare penetranti e sgradevoli. Se un'altra persona alza la voce, voi imponetevi a ogni costo di rimanere tranquilli. Anzi, parlate a voce più bassa del normale in modo che l'altro sia costretto a tacere per ascoltarvi. Vedrete che anche lui a poco a poco riprenderà a parlare in modo cortese. Quando al telefono non sentite bene la persona che è all'altro capo del filo, rifate il numero. Se la comunicazione è interurbana ed è impossibile ottenere l'intervento della centralinista, mettete la mano davanti alla bocca e al microfono: pur senza gridare, la voce risulterà amplificata. Non gridate per chiamare qualcuno per la strada. Non gridate se i vostri figli vi fanno arrabbiare: una punizione impartita serenamente farà più effetto. Non gridate dal finestrino dell'automobile per ingiuriare un pedone distratto. Alcune persone parlano a voce alta per abitudine. In un salotto riescono a rendere insopportabile qualsiasi conversazione. Quando vi telefonano, siete costretti a tenere la cornetta a distanza per non diventare sordi. Entusiasmo, gioia, affetto, dolore, rabbia, vengono sempre espressi in tono alto. Non comportatevi mai così, non imitate questa pessima abitudine.

Pagina 225

I bambini sono la delizia dei genitori, ma non sempre dei loro amici e conoscenti: a volte non lo sono neppure per i parenti più stretti, che non di rado si vedono ridotti al rango di bambinaie e di baby-sitter. Perciò la prima cosa da raccomandare ai papà e alle mamme è questa: non approfittate della gentilezza altrui e della naturale grazia dei vostri bimbi per "scaricare" questi ultimi appena possibile. Se dovete uscire la sera, cercate di organizzarvi in anticipo, senza ricorrere all'ultimo momento all'aiuto di qualche parente generoso e paziente; può darsi che anche lui (o lei) sia impegnato o abbia voglia di andare a dormire o desideri vedere in santa pace un programma alla televisione. Se vi è possibile, evitate di portare i figli piccoli in visita e di imporre la loro turbolenta presenza alle persone che vi vengono a trovare. I bambini, si sa, sono molto carini a vedersi e fanno tenerezza, ma cominciano a diventare noiosi non appena si mettono a giocare tra le gambe degli invitati, a chiacchierare a vanvera, a intromettersi nelle conversazioni dei grandi, a piangere, a scatenarsi. La responsabilità di questa invadenza, logicamente, non è dei piccoli ma dei loro genitori e in particolare delle mamme: quante di loro intrattengono le persone con l'interminabile racconto delle prodezze dei figli? Nella maggior parte dei casi le "prodezze" sono soltanto fatti normali e naturali, e perciò non stupiscono nessuno. Quando i bambini sono molto piccoli e non si ha una persona di servizio, bisogna rassegnarsi a non uscire spesso la sera. Non si può continuare ad affidare i piccoli alla vicina di casa gentile o alla portinaia, oppure costringere una nonna o una zia a fare da baby-sitter ai nipoti. Un rifiuto, in questi casi, non deve offendere i genitori del bambino: il torto è di chi ha approfittato per troppe volte della cortesia altrui, arrivando al punto di considerarla un dovere. Ma parliamo adesso dell'educazione dei bambini, che oggi è diventata un argomento alla moda. Lasciando da parte le teorie dei pedagogisti e degli psicologi, che non interessano il nostro galateo, ci limitiamo a raccomandare ai genitori una sola cosa: che i figli siano "veramente" educati. A volte l'eccessiva indulgenza porta conseguenze spiacevoli: i bambini, quando si sentono troppo importanti e osservati, tendono a diventare saccenti e petulanti. L'educazione di un bambino si concreta, anzitutto, nel rispetto per gli adulti. Per prima cosa la mamma abituerà suo figlio a rispettarla e a rispettare il padre, la nonna, i parenti, dosando nel giusto modo tenerezza e severità. Nessun bambino va picchiato, perché l'educazione non s'impartisce a suon di ceffoni e scappellotti. Ma una buona madre non si arrenderà a un capriccio e non cederà ai piccoli ricatti infantili: la miglior politica, in questi casi, è l'indifferenza. È evidente che non esiste un'età precisa dalla quale scatti l'operazione- educazione. Il bambino deve abituarsi subito a una disciplina, ed è sconsigliabile dargli la sensazione di essere il re della casa: un bambino è un bambino e non bisogna farlo diventare un tiranno.

Pagina 44

Non buttate i piedi a destra e a sinistra come i protagonisti di certe comiche del cinema muto. Non andate a braccetto in tre, sbarrando il cammino agli altri e costringendoli a scendere dal marciapiede per superarvi. Se passeggiate con un amico, non fermatevi di colpo per spiegargli meglio quello che state dicendo. Se camminate con la vostra fidanzata o con una ragazza che vi piace, lasciatela libera nei suoi movimenti e aspettate altre occasioni per abbracciarla. Non guardate sempre per terra, ma fissate un punto davanti a voi: diritti, ma non rigidi e impettiti. Non voltatevi a guardare la gente per la strada. Le donne, in particolare, devono essere disinvolte e sciolte nei movimenti. Per questo motivo è bene preferire scarpe comode, che consentano di camminare con agilità ed eleganza. Si può andare a braccetto con il marito il fidanzato, ma non con un amico. Non si dovrebbe andare a braccetto neppure fra donne. È un'abitudine di tono provinciale che va scomparendo. Assolutamente proibito a andare a braccetto tra uomini. È sempre la donna che si appoggia al braccio dell'uomo, mai viceversa.

Pagina 73