Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIGE

Risultati per: a

Numero di risultati: 118 in 3 pagine

  • Pagina 1 di 3

Fedora

338415
Colautti, Arturo 30 occorrenze

Nell’antisala, a sinistra, mettono due uscî laterali con ricche portiere: a destra, due ampie finestre. Un canapè, quasi nascosto da un piccolo paravento, con seggiole, poltrone, sgabelli a destra; a manca, una graziosa scrivania Louis Quinze.

(Fedora e De Sirieux, conversando, risalgono lentamente a destra. – Loris li segue a distanza, quasi con gelosia: Borov, ridisceso dal fondo, gli si accosta, indi lo trae a sinistra. – Nel mezzo Olga passeggia, civettando, a braccio di Rouvel.)

(Sergio va a prendere sulla credenza una corta e panciuta bottiglia stemmata; poi ne mesce a tutti un bicchiere, anche a Dimitri, il quale però non si scuote.)

Sulla scena, a dritta, un tavolino dinanzi a un sofà: a sinistra, una scrivania: nel mezzo, un seggiolone di cuojo. – Alle pareti quadri, armi, majoliche: ninnoli, fiori e fotografie qua e là.

(Ivan siede pure alla scrivania, dirimpetto a Grech, e vi stende su le sue carte. – Grech fa segno a Desiré e a Dimitri di avvicinarsi. Gli altri servi si aggruppano nel fondo sulla soglia dell’anticamera.)

A sinistra del proscenio un caminetto a mensola, la quale sorregge una pendola e due candelabri: più indietro l’usciale della galleria.

(Loris, sfinito, si abbandona su una seggiola: Borov parla sommesso a Basilio, che esce frettoloso: Marka corre a sostenere Fedora vacillante.)

(Tutti e tre scoppiano a ridere: indi Fedora va a mescere un’altra tazza di thè per Olga.)

(Mentre Olga e Boleslao compiono a sinistra il giro, Fedora a braccio di Loris ricompare dalla dritta: ella freddamente istigante, egli più che mai affascinato.)

(Cirillo risale verso l’anticamera: passando vicino a Fedora, s’inginocchia e le bacia la mano, piangendo: poi va a confondersi nel gruppo dei servitori.)

(Lorek rientra, asciugandosi le mani a una tovaglia offertagli dall’Assistente; indi corre alla scrivania, e si mette a scrivere rapidamente in piedi.)

(A un cenno di Borov, De Siriex e Loris, ajutati da Basilio, sollevano a braccia Fedora per trasportarla dentro la villa; ma, giunti alla gradinata, ella si dibatte.)

(Borov, che ha raccolto da terra la croce di Fedora, ne mostra il castone vuoto a De Siriex, mentre Olga asciuga la fronte a Fedora e Loris la copre di carezze.)

(Basilio solleva il canestro e lo porge a Olga, la quale depone alcuni fiori in grembo a Fedora: questa li accarezza: ne prende uno, ma le cade tosto di mano.)

. – Terrazza a balaustra che dà sopra un vallone, donde si scorge in lontananza la cittadina di Thun in riva al piccolo lago. Nello sfondo le Alpi bernesi. – A sinistra gradinata di legno conducente ad uno châlet, del quale sporge un lato: appiè della gradinata poggia una bicicletta. – A destra un viale ombroso, chiuso nel fondo da un cancello che dà sulla strada maestra. – Dalla stessa parte, ma sul davanti, un padiglione di convolvoli e mortelle, con un divanetto rustico, una sedia a sdrajo con cuscini, un tavolino con sopra un telajo e un cestello da ricamo. – Di contro e più indietro, affissa a un albero, un’altalena. – Pomeriggio di maggio.

(Grech esce a sinistra.)

(Fedora, staccatasi la croce dalla collana, la consegna a Rouvel, che la esamina insieme a De Siriex e ad altri signori; mentre Olga si cerca d’attorno Boleslao, confusosi tra la folla. – Loris non abbandona degli occhi la Principessa.)

Lazinski s’inchina a Fedora, che gli stringe freddamente la mano. Grande animazione. – Un lacchè ha recato su d’un vassojo un dispaccio a De Siriex, che lo apre in disparte e lo legge con crescente emozione.)

Ricevimento in casa della principessa Fedora Romazov, a Parigi.

A destra, sul davanti, ampi finestroni a doppia invetriata, con grevi cortinaggi, attraverso i quali scorgonsi i tetti contrarî coperti di neve, riscintillante al chiaror della luna. – Più in su, una credenza russa con suvvi il samovar e un servizio da thè.

(Loris porge il dispaccio a Fedora, che lo percorre febbrilmente.)

Nel fondo si scorge l’entrata d’una serra a cristalli ricca di piante rare. Di là dall’arcata, sopra un rialzo, un pianoforte a coda: intorno, molte poltroncine.

(Loris, inginocchiato, singhiozza: Olga sostiene sempre la testa a Fedora: Basilio e Marka piangono: De Siriex guarda palpitante: Borov resta impassibile. – Fedora, appoggiato il capo sul petto di Loris, scorge a un tratto il canestro di fiori già deposto da lei sopra uno sgabello.)

(Tutti scoppiano a ridere: indi risalgono in gruppo, meno Borov.)

(Desiré e Ivan passano nello spogliatojo, il cui uscio rimane aperto: si vedono prendere una brocca, un catino, alcune spugne, certi pannolini, porgendoli a Fedora attraverso la porta di comunicazione. – Grech si accosta a De Siriex, il quale, appoggiato col dorso al caminetto, segue in piedi la scena.)

(Lunga pausa, durante la quale s’ode a brani dalla montagna una maggiolata.)

.– Fedora, seguita da Loris, scompare a destra. De Siriex e Boleslao offrono entrambi il braccio ad Olga, la quale, dopo alquante moine, si decide per quello del secondo, che sospira come un mantice, facendole gli occhi teneri. – Gli altri escono a gruppi, chiacchierando, per gli usci laterali.)

(Loris cade tramortito sulla seggiola: Fedora corre a lui, e lo circonda delle sue braccia.)

(Loris la trae a sé violentemente, fissandola forte negli occhi, esprimenti terrore e supplicazione insieme.)

(Fedora attraversa faticosamente la scena, sorreggendosi ai mobili, e va a cadere ai piedi di Loris.)

Iris

339143
Illica, Luigi 20 occorrenze

E il vecchio cerca intorno a sé; cammina, incespica, cade! Si rialza, chiama a gran voce! E quella notte implacata negli occhi suoi accresce tutto l’orrore di quel silenzio!… E il vecchio si agita e cammina! Vuole entrare nella sua casa e se ne allontana! – Urta nella siepe di biancospine, vi si punge il volto e le mani e disperatamente allora piangendo si abbandona a terra chiamando a grandi grida: Iris!… Iris!…

altre a rose tay intrecciate a scettri di comando. E gru! E rami fatti a gabbie! E uccelli di tutti i colori su vesti cangianti! E teste di Dharme! E ventagli tessuti! E ombrelli ricamati! Natura viva! Cose inanimate! Mari! Aurore! Cieli! Tramonti! Nubi! Sogni! Voli di colombi! di cicogne! di gru! di falchi! Montagne! Laghi! Pesci! Gatti in furore! Una tutta a bimbi! Una tutta a donne nude tra farfalle, fiori e arabeschi vertiginosi! mentre, da uno schiuso cofano in avorio e smalto, saetta fuori tutto un vivo sfavillare di piccoli raggi multicolori di topazii, diamanti, smeraldi, ametiste, opali, rubini di fuoco.

– La fronte sua corrugata a poco a poco si spiana e finalmente la bocca si impronta ad un sogghigno di soddisfazione!

Bouddah, lontano, dietro a lei, la grand’epa floscia a sfascio sul suo piedestallo fatto del loto mistico, ride sempre, i piccoli inesprimibili occhi semichiusi e sfuggenti.

Ecco le vesti in viola che vanno nel basso a tramutarsi in rosa fra rami e fiori e a stormi di grigi passeri volanti!, –

(ma a un tratto un rapido bagliore luccica proprio sotto al monte tagliato a picco – e un grido di sorpresa strozza al canterino cenciaiolo l’Elogio alla Luna).

E infatti – (e ciò riempie di estremo stupore quel pubblico di mousmé) – il pupo Jor riesce ad avvinghiare il pupo Dhia e, così abbracciato, portarlo con sé a… Nirvana! Allora le tre guèchas, improvvisamente, escono davanti al Teatro a danzare. La loro apparizione e la loro danza completano l’effetto della rappresentazione. Oh, strane danzatrici! Oh, strane danze! Portano sul viso bizzarre maschere e le vesti, a veli, quando sono agitate dai movimenti delle diverse danze, le fanno rassembrare a misteriosi esseri fantastici avvolti dentro a nuvole. Una ha la maschera della Bellezza e la nuvola che la intornia è fatta di luce mite e soavissima; un’altra ha la maschera della Morte, la terza quella di un Vampiro e le nuvole di veli che le avvolgono sono di colori tetri e funerei. Kyoto gira intorno a raccogliere le offerte e così riesce scaltramente a distrarre l’attenzione: la povera Iris a un tratto rimane isolata dal gruppo delle mousmé; e un pronto giro di danza e un alto e vertiginoso volo dei veli della Bellezza, della Morte, del Vampiro la nascondono… Alcuni fra i saltimbanchi rapidi s’impossessano della fanciulla; una mano sulla bocca le strozza un grido! E la danza finisce; e in un batter d’occhio il Teatrino è smontato, i pupi rinchiusi, i paraventi piegati, e la comitiva già s’avvia!

Qui, nella dolcissima ora del drago, non verrà il Sole a dissipare i piccoli sogni paurosi della tua infantile fantasia!; – qui, nella misteriosa ora del cignale, non la luna scenderà a posarsi con te! –

Le mousmé palpitano a pieni cuori a quell’armonia e vi vivono ora!

altre a glicine e nere nel tessuto!,

Presso al tuo letto, come spettri, stanno ancora le guèchas, ancora dentro a le loro orribili maschere. La guècha della commedia accosciata sussurra a bocca chiusa un «Anakomitasani» accompagnandosi al suono di sàmisen e tam-tam delle altre guèchas.

(mentre il padre continua a scagliar fango urlando:)

Oh, il lieto coro di vivaci mousmé, chiacchierone e chiassose come uno stormo di passeri, che – le ceste di giunchi o a braccio o in equilibrio su le teste – se ne vengono dal villaggio a lavare giù nel ruscello!

E il Cieco, giunto sotto alla verandah, si abbassa a terra e, raccolto del fango a piene mani, lo gitta alto verso dove gli viene la voce di sua figlia – e s’abbassa!, e grida!, e impreca!, raccoglie, gitta fango!, ne raccoglie dell’altro e continua in quella violenza di gesti, imprecazioni a insozzare di fango al Casa Verde, la verandah, Kyoto, lo splendore delle vesti di Osaka, sorpresi questi due alla improvvisa apparizione di quel padre furibondo, – e il fango va pure a colpire la buona mousmé, penetra in quei dolcissimi occhi, sulla bocca dove poco prima si è posato fremente e impossente il gran bacio di Osaka, e le si imprime sulla candida fronte.

L’impressione al risvegliarsi in mezzo a cose sconosciute, sbigottisce e abbatte; l’occhio gira, gira invano cercando intorno a sé l’indefinibile conforto di oggetti noti la di cui mancanza rattrista. La vita è fatta dell’amore di tutte le cose.

Qui – ricche stuoie a tessiture fantasiose, cortine, tappeti densi e soffici, drappi strani, distese di bambou e cannicci e lacca intarsiata intorno alla sporgente verandah che circonda fuori la Casa Verde, impediscono alla luce di penetrarvi, e, dentro, i trasparenti sourimoni di Gakutei, gli audaci «Poemi dell’origliere» di Outamaro e i soavissimi vaporosi chiaroscuri di Hokusaï, con tutte le meraviglie del mare, del cielo, della fantasia e del genio, preparano intorno a te, a ltuo risveglio, la sola possibile virtù dell’oblio – l’arte! –

. – La luce scende a te.

Sorpreso e atterrito dalla improvvisa apparizione del Cieco, il taïkomati si dà a strillare:

(e il giovane rapido solleva la fanciulla, stretta a sé, avvinghiandola, mormorando nell’abbraccio:)

ecco quelle candide, ove a striscie corrono in ogni senso, come insetti, i misteriosi caratteri nipponici!, –

Cerca

Modifica ricerca