Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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Relazione critica intorno all'opera "Il quadro parlante" del maestro Bacchini

261800
Fabrini, Enrico 2 occorrenze
  • 1871
  • Tipografia della Società dei compositori- tipografi
  • Firenze
  • critica d'arte
  • UNIFI
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«La musica può indirettamente e fino a un certo punto suscitare immagini ed idee; ma la sua potenza naturale e diretta non è sull’immaginazione rappresentativa e sull’intelligenza, — è sul cuore. — La significazione conterminata e precisa delle parole sacrifica la musica e la toglie a’ suoi veri e naturali effetti. — Essa non è fatta per esprimere sentimenti complicati e fittizii, terrestri e volgari. La sua peculiare attrattiva è quella di elevare l’animo all’infinito, epperò si congiunge alla religione, e segnatamente a quella religione dell’infinito ch’è pure la religione del cuore; e aspira a ridurre a’ piedi dell’eterna misericordia, l’anima tremante, sulle ali del pentimento, della speranza e dell’amore».*

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Questo intanto ci preme mettere in sodo che, per un’arte o per una scienza vien sempre un periodo supremo di potenza inventiva, di grandezza conseguente e di maestà, nel quale le menti venturosamente chiamate a compiere i rivolgimenti benefici, pervengono colle opere loro ad un apogèo ch’è arduo oltrepassare; tanto che subito dopo, a grado a grado, come se la natura, dopo una produzione sì larga e si feconda, fosse esausta d’elementi generativi, principia l’èra del decadimento. Toccato allora il sommo di quell’arte, e fatta ella ricca de’ più svariati elementi che per lei si chiarivano necessarj a conseguire il sublime, i modelli esistono per coloro che debbono nel futuro serbarne inviolato il culto: in conseguenza non appena principino a percorrerne lo spinoso cammino, essi debbono di necessità, se non per amore, per forza almeno di raziocinio, prendere que’modelli a base de’ primi esperimenti e delle incipienti fatiche.

Pagina 9

Il cuoco sapiente

282754
47 occorrenze
  • 1871
  • Enrico Moro Editore
  • Firenze
  • cucina
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Conserva a cialde.

Pagina 033

Prima di far cuocere questo cavolo, come vedremo a suo luogo, bisogna lavarlo a più riprese nell’acqua fresca, onde fargli lasciare il sale eccessivo.

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Frullate un tuorlo d’uovo in una tazza, spremetevi un poco di limone, e continuando a frullare ag[giungete a poco a poco tanto brodo assai caldo quanto basta per una persona.

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Si fa stemperando nel brodo una specie di poltiglia (dai francesi detta purée), la quale si ottiene passando a forza per istaccio alcuni legumi a piacere, come piselli, lenticchie, fagiuoli, ecc., unitamente a un po' di zucca, il tutto precedentemente ben lessato. Il brodo così preparato può servire per ogni sorta di zuppe.

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Mettete al fuoco il brodo che vi abbisogna, e quando comincia a bollire gettatevi il semolino, facendovelo cadere a poco a poco, come a pioggia, e rimenando intanto col mestolo, affinchè non si formino grumi.

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Così, diconsi maccheroni, cannelloni, lasagne, vermicelli, spaghetti, nastrini, bavette, capellini, ecc. le paste a lungo taglio, e grandine, semi, puntine, anellini, stelline, ecc. Quelle minute. Le migliori qualità si fabbricano a Genova, a Napoli e in Toscana.

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Fate lessare nel brodo un pezzo di polmone di vitello tagliatelo a piccoli dadi; rimettetelo nel brodo, ed appena questo ha rialzato il bollore, mettetevi a cuocere il riso.

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Cotti che abbiate i maccheroni nell’acqua con sale, ritirateli dalla loro caldaja, fateli ben sgocciolare, accomodateli a strati in un gran piatto adattato, e a mano a mano conditeli spargendovi sopra del buon cacio grattato e versandovi del sugo di manzo (num. 35). Indi rivoltateli col cucchiajo, e serviteli ben caldi.

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Se volete mangiarli al brodo, non avete che a farli cuocere come le altre minestre, avvertendo solo che per ogni 4 dozzine di agnellotti occorre un litro di brodo: se invece volete farli al sugo, li lesserete prima nell'acqua, gettandoveli a pochi per volta quando questa è in piena ebullizione; indi ne li ritirerete con una mestola bucherata, a fine di farli sgocciolare, e mettendoli a strati in un gran piatto, li condirete con buon parmigiano grattato e sugo di carne, come abbiamo detto per le paste al sugo (num. 90).

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Fatti così i ravioli, metteteli a cuocere nel brodo assai bollente, gettandoveli con delicatezza ed a pochi per volta, onde il liquido non cessi di bollire, ed allorchè tutti sono venuti a galla, ritirateli con diligenza servendovi d’una mestola di rame bucherata, e conditeli con buon sugo di carne e parmigiano grattato, disponendoli a suoli in un gran piatto adattato.

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Tritate un po' di cipolla, e fatela soffriggere con olioo e burro a parti eguali: mettete indi nella stessa casseruola un chilogr. di riso, rimestate, e cominciate a bagnarlo con acqua bollente, pochissimo salata,, che terrete all'uopo preparata in disparte, e nella quale avrete fatto cuocere e quasi spappolare una cipolla intiera steccata con due garofani e già prima rosolata nel burro. A mano a mano dunque che il riso cuocendo s’imbeve di quest'acqua, versatene dell'altra a poco per volta, e continuate a rimestare. Quando il riso è a mezza cottura, aggiungetevi un pugno di funghi secchi, rinvenuti in acqua calda e trinciati, e poco prima di ritirare dal fuoco il vostro risotto, unitevi 10 acciughe salate, che avrete disfatte con olio caldo (num. 123), un ettogr. di burro, ed altrettanto parmigiano grattato, rivolgendo con un mestolo.

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Sbattete con un mazzetto di fuscelli due tuorli d’uova unitamente al sugo d’un limone e sale necessario, ed aggiungete a poco a poco mezzo bicchiere d’olio fine. Quando il composto sarà assai spumante, passatelo al fuoco in una piccola casseruola continuando a sbattere, ed appena comincia a condensarsi versatevi a goccia a goccia un poco d’aceto, sbattendo sempre, ed avvertendo di non lasciare troppo sul fuoco la salsa, acciocchè l’uovo non si rappigli. Essa serve a condir pesce, uova ed erbaggi a lesso.

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Manzo a lesso.

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Tacchino a lesso.

Pagina 114

Cappone a lesso.

Pagina 114

Pollastra a lesso.

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Pulite due piccioni, salateli internamente, e metteteli con un pezzetto di burro a cuocere al bagnomaria. A tale scopo sarà bene che abbiate un apposito recipiente di latta a foggia di scatola, munito del suo coperchio ed avente superiormente all'intorno saldati tre uncini di fil di ferro, mediante i quali possa appoggiare sull’orlo di altro recipiente più amplio, contenente l’acqua, dentro cui la scatola stessa, che contiene i piccioni, rimanga immersa sino a metà.

Pagina 116

Legumi a lesso.

Pagina 119

Gli sparagi si mozzano un poco dalla parte del bianco, e si mettono a lessare legati a mazzi.

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Prendete dei petti di pollo crudi, tagliateli in mezzo trasversalmente, e battete ciascun pezzo col matterello a fine di allargarli schiacciandoli: poscia spolverizzateli con poco sale, infilzateli ognuno con uno stecco, passateli nell'uovo sbattuto, a cui avrete mescolato un po' di prezzemolo sottilmente tritato, ed avvoltili poi in pan grattato, li farete friggere in padella con burro od olio a vostro piacere.

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Fate scottare nell’acqua bollente alcuni granelli (testicoli) di vitello; tagliateli a fette alquanto sottili; immergete queste in uovo sbattuto, a cui avrete unito del prezzemolo tritato, e poscia spolverizzatele copiosamente con semola di granturco, oppure con pan grattato. Finalmente friggete in padella con olio o burro a vostro piacere, e servite caldo con guarnizione di prezzemolo fritto.

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Preparate dapprima una crema alquanto densa con un litro di fior di latte, dieci tuorli d’uova, due ettogrammi di zucchero, 50 grammi di farina ed un poco di cedro candito grattato, facendo cuocere a lento fuoco senza cessare di tramenare. Se la crema non riescisse abbastanza densa, vi aggiungerete a poco a poco del semolino.

Pagina 158

Prendete albicocche non troppo mature; privatele del nòcciolo, tagliatele a fette od a spicchi, e ponetele in un recipiente inviluppate e coperte di zucchero, lasciandovele per parecchie ore, o meglio per un intiero giorno; poscia ritiratele, immergetele nella solita pastina d’acqua e farina, e friggetele in padella fino a far prender loro un bel colore.

Pagina 160

Stemperate la farina di castagne con acqua, sino a farne una densa poltiglia, avvertendo però di aggiungere l’acqua a poco a poco; unitevi un pizzico di sale, zibibbo e pinocchi, e del composto fate le frittelle mettendolo a cucchiajate nella padella ad olio bollente.

Pagina 164

Uova a bere.

Pagina 168

Pulite i vostri pollastri, tagliateli a pezzi, ed asciugate questi ad uno ad uno colla salvietta; indi metteteli in casseruola con un pezzo di burro, poc'olio, e cipolla trinciata, salando a dovere; lasciate cosi rosolare per circa un quarto d’ora, rimestando di quando in quando col mestolo, e poscia aggiungete alcuni pomidoro mondati della loro buccia e de’ semi e tagliati a pezzetti, prezzemolo tritato e poco pepe. Fate così cuocere completamente a gran fuoco, e infine servite il tutto in un piatto.

Pagina 202

Stendete sul fondo d’una casseruola alcune sottili fette di lardo; accomodatevi sopra le vostre pernici, già pulite a dovere; aggiungete una cipolletta steccata con quattro garofani, salate quanto basta; coprite le pernici medesime stendendo su di esse altre fette di lardo; bagnate con buon brodo, e fate cuocere così con fuoco sotto e sopra. Poscia ritirate dalla casseruola le pernici; togliete via i residui del lardo e la cipolletta, e nell'intinto che rimane mettete a sobbollire insieme a pezzetti di prosciutto qualche ortaggio a vostro piacere, cioè o sedani, o carote, o rape, ecc., che avrete prima lessato a parte sino a mezza cottura. Rimettete poi le pernici nella medesima casseruola, onde far loro riprendere il caldo, e servitele finalmente in un piatto contornate coll’ortaggio che avete prescelto.

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Fate arrostire sino a mezza cottura la lepre, sia allo spiede, sia in casseruola, cospargendola di sale ed ungendola con olio: poi disossatela, mettetene le ossa con alcuni pezzetti di carne in un mortajo, pestate ben bene, in modo da ottenere come una pasta, passate questa per istaccio bagnando con qualche cucchiajata di brodo. Prendete allora la carne rimanente della lepre, tagliata a tocchi, e mettetela a finir di cuocere in casseruola col sugo suddetto passato allo staccio, a cui unirete un pezzo di burro, del prosciutto taglialo a pezzetti e un poco di buon vino. Rimestate con un mestolo, lasciale concentrare l’intinto o servite come al solito.

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Pulite bene la razza, togliendole le interiora compreso il fegato; tagliatela a grossi pezzi; mettetela in una casseruola con acqua, aceto, sale, prezzemolo e cipolla, e dopo un bollore ritiratela, asciugatene i pezzi con una salvietta, toglietene la pellicola che li ricopre, e rimetteteli a sobbollire per alcuni minuti in una salsa piccante già preparata a parte nel modo descritto al num. 126.

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Tagliate a pezzi il vostro baccalà, e mettetelo a cuocere in un tegame con olio, aglio, finocchio e pepe, bagnandolo con poco vino bianco quando è a mezza cottura.

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Questa vivanda si può servire fredda, tagliandola a fette a guisa di salame, ovvero si può servirla calda con guarnizione di patate machées (num. 148). Per renderla più squisita si aggiungono al suo ripieno due tartufi mondati e tagliati a piccoli dadi.

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Battete con un bastoncello le costolette, onde spianarle il meglio possibile; tenetele per due o tre ore in un recipiente con olio, sale e pepe; indi sgocciolatele, spolverizzatele di pan grattato, a cui sia mescolato un po' di sale, e fatele arrostire sulla graticola a fuoco di brace, rivoltandole a tempo per far loro prendere il colore da ambe le parti.

Pagina 273

Potrete anche unire i rocchi a due a due infilzandoli con stecchi, e farli indi arrostire sulla gratella, voltandoli e bagnandoli più volte colla concia suddetta.

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Tagliate l’anguilla a rocchi, come è detto sopra, e mettetela a marinare per circa un'ora in una concia composta di olio, sale, pepe e fette di limone: poscia infilzate i rocchi allo spiede, alternando ad ogni rocchio una fetta di limone, e fate arrostire a lento fuoco bagnando spesso colla medesima concia.

Pagina 283

Frullate 10 uova (tuorli e chiare) insieme con 120 grammi di zucchero in polvere; unitevi poscia un litro di buon latte, versandovelo a poco a poco senza cessare di sbattere; aromatizzate a vostro gusto, sia con vainiglia, cannella, cioccolata od altro, e versato indi il liquido in una forma, ponetelo al fuoco a bagnomaria e lasciatelo cuocere finchè sia divenuto consistente come gelatina. Allora lasciate raffreddare, indi rovesciate il contenuto della forma sur un piatto e servite.

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Mettete in un piccolo catino mezzo chilogr. di zucchero in polvere, 12 tuorli d’uova ed un poco di scorza di cedro grattata; sbattete per circa mezz’ora servendovi d’un mazzetto di vimini o di arnese apposito; aggiungete poscia 10 chiare, che avrete già sbattute a parte sino a ridurle come neve; mescolate bene insieme il tutto, ed unitevi per ultimo 250 grammi di fior di farina, che aggiungerete a poco a poco continuando a sbattere il composto. Versate allora questo in una casseruola o in una forma unta con burro, e fate cuocere al forno a moderato calore.

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Mettete dentro questa caldaja 3 chilogr. di miele, e chiarificatelo per tre volte a fuoco lento con chiare d’uova sbattute insieme a poc'acqua. Continuate a far cuocere il miele, agitando sempre in tondo colla mestola finchè non sia giunto a tal grado di cottura, che mettendone un poco sulla punta d’un bastoncello e soffiandovi sopra si solidifichi quasi all'istante. Allora aggiungete 3 chilogr. di mandorle e 100 grammi di pistacchi, seguitando a rimestare; aromatizzate con qualche essenza a vostro piacere (menta, bergamotta, cedro, ecc.), e ritirando la caldaja dal fuoco versate e distendete il composto sopra ostie bianche per l’altezza di circa due dita; coprite indi con altre ostie, ed allorchè il torrone così fatto sarà quasi raffreddato, tagliatelo con buona coltella a pezzi lunghi o quadrati, e serbatelo in luogo asciutto.

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Fate dapprima gli spumanti nel modo sopra descritto; quando sono cotti staccateli dalla carta, sfondateli dalla parte di sotto, ed al momento di servirli uniteli a due a due da questa parte medesima dopo averne riempito il vuoto con una densa crema, o con panna montata, o con una conserva di frutta a vostro piacere.

Pagina 323

Sbattete per mezz'ora 6 tuorli d’uova insieme a 300 grammi di zucchero in polvere; aggiungete le 6 chiare, già sbattute anch'esse a parte; mescolate, ed unite per ultimo a poco a poco 150 grammi di farina, continuando a sbattere il composto. Dopo ciò versatelo in un cartoccio o specie d’imbuto fatto con grossa carta, e comprimendo questo alternativamente, ne farete uscire pel suo orifizio di sotto il composto medesimo a guisa di tanti bastoncelli o rocchi della lunghezza di 10 o 12 centimetri, che lascerete cadere in simmetrica disposizione sur una lamiera sottostante, ponendo cura a che non si tocchino fra loro. Così preparati i vostri savojardi, spolverizzateli con zucchero e fateli cuocere in forno non troppo caldo.

Pagina 325

Rompete intanto 8 uova, separatene i tuorli e sbattete le chiare sino a ridurle quasi come neve, cioè in una spuma fitta e consistente, servendovi all’uopo d’un mazzetto di fuscelli: unitevi un poco di zucchero in polvere, e sbattete ancora per alcuni minuti. Appena poi il latte cominci a bollire, mettetevi a cucchiaiate queste chiare sbattute, rimestando nello stesso tempo con un mestolo; indi ritirate il tutto dal fuoco, colate il latte attraverso uno staccio, e raccogliete in un piatto le chiare cosi cotte. Frullate allora i tuorli che avevate messi a parte, unitevi a poco a poco il latte ancor tiepido, in cui avete fatto cuocere le chiare; aggiungete quattro cucchiajate di zucchero, e rimettete il composto al fuoco per farne una crema, avvertendo di tramenare continuamente senza lasciarla bollire. Quando questa crema comincia a condensarsi, ritiratela, versatela sulle chiare già accomodate nel piatto come abbiam detto sopra, e servite caldo o freddo a piacere.

Pagina 326

Sbattete 10 tuorli d’uova insieme a 150 grammi di zucchero in polvere ed una presa di cannella o di vainiglia, secondo più vi aggrada; aggiungetevi a poco a poco un litro di eccellente latte, tramenando il miscuglio, e versato questo in una casseruola, ponetelo al fuoco e continuate a tramenare senza interruzione con un mestolo di legno, finchè non vedrete che il liquido cominci a farsi un poco denso, cioè che aderisca al mestolo formandovi come un leggiero velo giallognolo. In ogni caso avvertite di non lasciare alzare il bollore al vostro composto, perocchè le uova allora rappigliandosi si separerebbero dal latte, e la crema sarebbe sciupata. Fatta dunque la crema, ritiratela tosto dal fuoco, tramenatela ancora un poco, e lasciatela poscia freddare per servirla in chicchere con savoiardi a parte (num. 661), od altri biscotti.

Pagina 327

Fatela a freddo come quella di fragole (num. 696), sostituendo a queste dei lamponi ben maturi.

Pagina 339

Volendo adoperare un infuso, un decotto, od un succo che già siano ben limpidi, basta sciogliervi zucchero bianchissimo a bagnomaria od a lento fuoco, ed il sciroppo si otterrà senza bisogno di cottura nè di chiarificazione. Tuttavia è bene notare, che la cottura preserva più lungamente i sciroppi, i quali altrimenti sono più che mai soggetti a muffire od a fermentarsi quando debbono essere così conservati senza l’aggiunta dell’alcool, come si pratica per la composizione de' rosolii.

Pagina 344

Poscia preparate a parte un sciroppo, facendo sciogliere a freddo chilogr. 2 di zucchero sopraffino in un litro d’acqua di fonte e mezzo litro d’acqua di rose.

Pagina 358

Si fanno a freddo (e quindi senza bisogno di alcuna cottura o distillazione) molte sorta di rosolii, a cui si dà il gusto con qualche goccia d’un'essenza a piacere. Tali essenze si trovano in commercio già preparate, ed in tutti i laboratori chimici se ne può comprare con tenue spesa.

Pagina 359

Sbattete in una casseruola 20 tuorli d'uova insieme con 350 gram. di zucchero in polvere, unitevi a poco a poco due litri di panna o fior di latte, aggiungete infine una bacchetta di vainiglia a pezzetti, e ponete il tutto sul fuoco seguitando a tramenare in giro, sempre per lo stesso verso, finchè il composto cominci a condensarsi leggermente. Allora ritiratelo dal fuoco, passatelo per istaccio, onde separarne i pezzetti della vainiglia: lasciatelo divenir freddo, e messolo poscia nella sorbettiera, fatelo gelare nel modo sopra descritto (num. 741.)

Pagina 362

Stemperate mezzo chilogr. di cioccolata grattata in due litri di panna o fior di latte: indi a parte sbattete 12 tuorli d’uova insieme a 200 grammi di zucchero in polvere; unitevi a poco a poco il suddetto miscuglio di panna e cioccolata, e mettete il tutto sul fuoco in una casseruola senza cessare di tramenare. Appena la crema comincia a legarsi ritiratela dal fuoco, onde non abbia ad alzare il bollore; passatela indi per istaccio, e freddata che sia versatela nella sorbettiera e gelate, come è detto al num. 741.

Pagina 364

MILANO IN PERCORSA IN OMNIBUS COMPILATA DA GAETANO BRIGOLA ED ILLUSTRATA DA NOTIZIE STORICHE ED ARTISTICHE DA FELICE VENOSTA

683192
Brigola, Gaetano 1 occorrenze
  • 1871
  • Editore Librajo -PRESSO GAETANO BRIGOLA
  • prosa letteraria
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Questa porta era dedicata a Venere, forse per l'amenità e piacevolezza del luogo. Era già chiamata Vercellina, perchè da essa si va direttamente a Vercelli; indi Magenta in memoria della battaglia combattuta in quel borgo il 4 giugno 1859, che portò la libertà a Milano. _ Dalla porta stessa entrò nel 1805 Napoleone I, che veniva a Milano a cingere la celebre corona ferrea. Nella casa al numero 9, nel Corso Magenta, nacque nel 1598 il matematico Bonaventura Cavalieri; in quella al numero 66 visse, e morì nel 1851, Francesco Cherubini, e al numero 67 Giovanni Gherardini. Lapidi apposite sulle facciate di queste case ricordano tali fatti.

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