volte succede che qualcuno per sbaglio si scopre ed è un gioco bellissimo: vedere come l'altro si fa piccolo, come si chiude nel suo disonore e si
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carni rosee e dagli accesi occhi fuggitivi: anni ed anni ed anni fondevano nella dolcezza trionfale del ricordo. ... Inconsciamente colui che io ero
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sue spalle alle mosse e la sua finestra scintillava in attesa finché dolcemente gli scuri si chiudessero su di una duplice ombra. Ed il mio cuore era
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nell'ombra illanguidita Ed andavamo io e la sera ambigua: Ed io gli occhi alzavo su ai mille E mille e mille occhi benevoli Delle chimere nei cieli
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fanciulla della razza nuova, Occhi lucenti e le vesti al vento! ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve La riva selvaggia là giù sopra
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tutti i giorni cercando una causa divina il mio dolce bene ed io. Ma quel giorno già vanía e la causa della nostra morte non era stata rivenuta. E calò la
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del titano aveva dolcezze, sconforti, malinconie, tristezze profonde, nostalgie terribili... Ed egli le offriva i suoi morti, tutte le navi infrante
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croce e spezzi invano quel suo cuore ardente. Chi mi parla dell'anima? Un impuro ladro, forse, o un abate incipriato? L'anima è morta ed io ne son sicuro
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terra Itti e Senia i principi del mare sul suolo triste sotto il sole avaro Itti e Senia si risvegliaro. - Ebbero padre ed ebbero madre e fratelli ed
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Come le rondinelle anno per anno tornano al nido che le vide implumi, così l'uomo nel giro dei suoi giorni torna e ritorna al pensier della culla. Ed
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nella morte già eri raccolta ed alla morte come ad un riposo stanca le membra e i veli disponevi, con moto lento, come di chi ascolta d'una squilla
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! il mio sole! Ma pel cielo montan le nubi su dall'orizzonte, già lambiscono il sole, già alla terra invidiano la luce ed il calore. Un brivido
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inerte. Al mare aperto drizzata ho la prora per navigare, ed alla sorte oscura la forza del mio braccio ho contrapposta. Non ho temuto il vento avverso e
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preda senza schermo, parmi l'anima mia nel suo segreto. Ed il sogno che nasce palpitante, la «storia» che non soffre le parole ma vuol esser vissuta
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, tutti all'aperto! Presto, rotonda - e rubiconda nella bonaccia, la bella faccia risplenderà. Corna a ponente, luna crescente! Betulla e salice, olmo ed
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Ed ella a lui: - Fuggiam da queste bolge alla nostra pendice; sotto il verde e l'azzurro il tempo volge lento e felice. Avrai l'aperto della tua
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dall'anima stupita esclamò : - Nume, Iehova, Signore! fortunati i viventi in questa vita: oh crea l'imperituro, regalalo al passato ed al futuro! - E
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soldo fra le vecchie coscie, ed entra in chiesa, e non ti riconosce! Elemosina a lei che, a mane e a sera, vaga in sogni di fame e di preghiera. Come
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darò un altare tutto per lei, tutto profumi ed or! Sera e mattina, senza mai posare, dovrà cantarmi l'Angelus nel cuor. Porrò l'Invidia accanto al
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felici. Apri, ingrato, ai dolor! siam noi la musa, l'eterna musa che pel mondo corre; non è poeta l'uom che ci ricusa, l'uom che ci abborre . - Ed io
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spettacoli del nostro cimitero! Un muricciuolo squallido, un campo grasso e nero, ed una danza assidua di tibie innominate, e smorfie, e ghigni, e occhiate
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: come è bella la sera in mezzo ai monti? O pace, o solitudine, o dolcezze! Tu appoggiavi i piedini al focolare, ed io la testa fra le tue carezze; e il
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, parlava del molto concesso nel poco; ed Emma, una bruna dall'occhio profondo, parlava dei bimbi che vengono al mondo; e Nina, una fragile dal senno
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chioma dalla negra tinta: forse vi intreccia mammole a quest'ora qualche beltà nel gineceo discinta. Ed io che le avea fatto una canzone alla povera
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macilento le ragnatele che vi scuote il vento. Ed io siedo a un gradino ove devoti innumeri han pregato, ove ginocchia che or son fango o fiori una traccia
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andare, io voglio ammazzare - la fame con me. Quei soldi eran gli ultimi - ed or son bevuti; accetti i saluti - lasciatemi andar. Quel bruto d'orefice
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poneansi al crine fra i vezzi, fra le trine e gemme e perle e corone immortali di fiori artificiali ... ed io già in petto avea l'onda dei versi, e gli occhi
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, che la suora diletta le rimanda un amplesso d'amor ... ma che Roma confida ed aspetta, e Venezia è una martire ancor!
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una pelle liscia, gialla, scintillavan, come faci, occhi ceruli e rapaci, segno questo che non falla; ed il naso uscia schiacciato monco, nero
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pelago scatenasi, e placido e giocondo il tuo disco s'innalza e irradia il mondo! Ed io ti amai sul piano, ti amai, luna, sui monti, e nel cupo fragor
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fede gli angeli con lei, con lei spariti! Cade la pioggia a torrenti, e risuonano come tasti di cembalo le tegole; un gatto nel cortil miagola ed urla
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fiano servi, facchini, o pizzicagnoli, fabbri, arrotini : arti tranquille, in cui perito è l'uom che mai non si è tagliato un dito. Ed io? nel fervido
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carnefici Echeggia l'ululato! Bevi al tuo nappo e i cantici svolgi che il ciel ti spira, ma sia sommesso ed umile il suon della tua lira, nessun s'arresti a
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, garrule del monte abitatrici, e i mandriani intuonano a bassa voce i canti, che le greggie vaganti chiamavano all'ovil ; ed ecco, ecco le vittime
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pochi soldi appena, ed una scarsa cena! Pur son felici, e al mendico cantore regalano, passando, un pesciolino. Poi, quando il sole è fervido, seduti
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(Versi scritti in giardino) ALLA SIGNORA CONTESSA ERMELLINA DANDOLO Mi parve una farfalla, ed era un bruco. Movea sul tavolo coll'incesso di un bimbo
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beati inganni, milite sacro ad una santa guerra - milite già vincente - ed a trent'anni posto sotterra! Gentile e casto e intemerato ingegno, amico
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prepotenti amori! Ed Ei brillava come un bardo antico dei mercatanti fra l'ignobil greggie, che stupito il vedea, del plettro amico, a passeggiar le
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tu verresti a fermar spesso alle grate il più tranquillo dei morelli tuoi, e, per le vaghe arcate, mediteremmo insiem messale ed arpa, cilizio e
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mio pensier le imagini funeste ho cancellate; sono larve obliate, sogni ed ubbie e d'allor! "A Bacco e all'amicizia!" dicea l'augusto prete, quando le
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O primavera, gioventù dell'anno, gioventù, primavera della vita. Creso pagò con lucciole ed Elena ha sorriso: la terra e il paradiso favellano d'amor
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moscherin che su un verso si posa. Amo la casa mia, penso al deserto, all'oasi ed ai ghiacciai... ho ancor sogni bizzarri alle mie notti... e crudi e cotti. I
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Talpa, il Bòtolo e il Ramarro da molte albe tacevano nell'edere e nel loto. Il giardino pareva attonito ed immoto, e dal loto e dall'edere correano
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sfinge davanti all’Obelisco. Se folleggia, se canta e se m’insidia concedendomi un po’ della sua mano pel Dio Termine! E’ Clori, è Filli, è Lidia ed
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