Si osservi che la velocità tra i due istanti e , (che può essere calcolata, come abbiamo detto, con tutta l'esattezza voluta), è una quantità priva di interesse fisico, poichè la sua definizione stessa presuppone che nell'intervallo considerato la particella non interagisca con il mondo circostante.
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Si osservi che se l'elettrone si trova in uno stato di quelli che al § 29 abbiamo chiamato « semplici», cioè se la sua energia ha un valore ben determinato e quindi la ha la forma (128), le espressioni precedenti divengono
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Nel caso particolare di un solo grado di libertà, la condizione di Sommerfeld coincide con quella (303') che abbiamo dedotto in via approssimata dalla meccanica ondulatoria: si noti però che nel caso di un grado di libertà oscillatorio abbiamo trovato che la migliore approssimazione si ottiene eguagliando l'integrale a , mentre nel metodo di Sommerfeld lo si eguaglia a nh come per i gradi di libertà rotatori: effettivamente in questi casi l'introduzione di numeri «semi-interi»(cioè del tipo ) al posto dei numeri quantici interi migliora generalmente (come del resto si rilevò empiricamente anche prima che sorgesse la meccanica ondulatoria) l'approssimazione data da Sommerfeld, ed in certi casi (p. es. nel caso dell'oscillatore) dà senz'altro il risultato esatto. Invece, pei gradi di libertà rotatori, i numeri quantici, come si è visto, devono essere interi.
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È invece soltanto approssimata l'espressione (329) del momento angolare: abbiamo già detto infatti che nella teoria rigorosa questo risulta espresso (in unità )non da k ma da ossia ovvero . In particolare, per k = 1 dovrebbe risultare p =0 mentre la (329) dà .
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Quanto abbiamo detto ora si riferisce solo alle frequenze delle righe spettrali, non alla loro intensità ed al loro stato di polarizzazione, che, mentre per lo spettro classico si sanno ricavare dai coefficienti dello sviluppo di Fourier, sono indeterminati nella teoria quantistica di Sommerfeld. Questa
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L'introduzione della funzione impropria ci permette di considerare formalmente gli assi dello spazio hilbertiano che abbiamo chiamati «continui» al § 12, come assi principali di un o. l., e cioè come un caso particolare degli assi considerati fin qui. Difatti, si consideri l'o. l. e si ricerchino i suoi assi principali, ponendo l'equazione
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L'ipotesi che la luce abbia natura corpuscolare (che cioè sia composta di corpuscoli nel senso intuitivo della parola) mentre sembra quasi imposta dai fenomeni di cui abbiamo parlato nei §§ precedenti, incontra però gravissime difficoltà in un'altra non meno vasta categoria di fenomeni, e cioè in tutti quei fenomeni che hanno costituito, da HUYGHENS in
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Molto spesso nella meccanica quantistica si indicano con lo stesso simbolo una osservabile e il suo operatore (o la matrice corrispondente), anzichè distinguerle usando un diverso carattere come abbiamo fatto noi: ciò porta a scrivere le relazioni di permutazione (106) sotto la forma
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Come abbiamo detto più volte, non si può attribuire nessun significato fisico alla locuzione «insieme delle posizioni e delle velocità dei punti di un sistema in un dato istante», e quindi l'enunciato citato sopra, valido in meccanica classica, perde qualsiasi significato in meccanica quantistica. Vale in suo luogo la proprietà seguente.
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Il metodo delle matrici, come si è detto nella parte I, è stato ideato da HEISENBERG ed è stata la prima forma data alla meccanica quantistica: tuttavia il punto di vista dal quale era presentato allora era notevolmente diverso da quello che abbiamo ora accennato, al quale ci atterremo nel seguito di questo capitolo.
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(1) In questo problema, numeriamo le righe e le colonne delle matrici a partire da 0 anzichè da 1, per conformarci alla convenzione adottata nella trattazione ondulatoria dello stesso problema in cui abbiamo numerato gli autovalori , etc.
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Si noti che ha forma diagonale, perchè, per la parte privilegiata che abbiamo conferito all'asse z, le matrici sono riferite allo «schema »: adottando un altro schema (e quindi un altro significato per ) le tre matrici si trasformerebbero come è stato spiegato al § 8.
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Si noti che una soluzione della forma qui considerata può esistere solo per m compreso tra ed l (estremi inclusi), altrimenti vi figurerebbero dei simboli di funzioni sferiche con l'indice superiore più grande (in valore assoluto) dell'inferiore, simboli a cui non abbiamo dato significato. Quanto a , esso può assumere i valori 0, 1, 2,...
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Si riconosce così che le p autofunzioni, parte simmetriche e parte antisimmetriche, che abbiamo sostituito alle (361), sono tutte ortogonali tra loro.
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Esso però normalmente non rimane in questo stato, come abbiamo già detto, ma torna allo stato fondamentale eseguendo il salto inverso, ed emette quindi l'energia che aveva assorbito, precisamente sotto forma di radiazione della stessa frequenza.
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Mentre queste difficoltà si andavano accumulando nel campo della meccanica atomica, non meno grave appariva la situazione nel campo della teoria della luce, per la quale, come abbiamo già detto, si avevano due modelli, uno ondulatorio ed uno corpuscolare, ciascuno dei quali permetteva di interpretare esattamente una categoria di fenomeni, ma era incompatibile con l'altra categoria.
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Abbiamo dunque ∞6 moti diversi aventi la data accelerazione.
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Per es. riferendoci ancora al moto circolare dell’estremo libero P del nostro vettore nuotante, abbiamo che la proiezione P y, di P sull’asse y si muove secondo l'equazione oraria [seconda delle (38)]
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Abbiamo visto (n. 26 del Cap. prec.) che la condizione (15) è costantemente verificata pei moti rigidi intorno ad un punto fisso e per quelli paralleli ad una data giacitura. Riservandoci di studiare direttamente e diffusamente questi ultimi nel prossimo Cap. ci intratterremo qui brevemente sui moti rigidi intorno ad un punto fisso.
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Se indichiamo con Θ l’angolo delle due rette orientate AB ed OX, abbiamo
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I risultati generali, che sui moti rigidi piani abbiamo stabiliti nei §§ 1, 2 per via sintetica, si possono ottenere senza difficoltà anche analiticamente; qui a complemento della trattazione indicheremo nel modo più rapido le formule fondamentali, per applicarle alla deduzione di qualche ulteriore proprietà generale.
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Riassumendo, abbiamo che in conseguenza delle ipotesi fatte sulla scelta del riferimento, si ha nell’istante t, per modo che, limitatamente a codesto istante, le espressioni (25) delle componenti della accelerazione del punto P che occupa, sul piano fisso la posizione generica ξ, η assumono la forma
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. - Abbiamo già rilevato che, se un sistema è sottoposto a vincoli anolonomi o di mobilità (n. 10), le sue configurazioni possibili nei singoli istanti non subiscono per questo restrizione; ma, come risulta dalla espressione analitica generale di ogni vincolo di tal natura
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Se profittando della costante additiva arbitraria facciamo in modo che il potenziale si annulli in un certo punto P, del campo e designamo con P (x, y, z) un punto generico, abbiamo per la (7)
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. - Sinora, nello studio del moto di un punto materiale, abbiamo sempre ammesso che il fenomeno, negli intervalli di tempo considerati, si svolgesse con continuità (si ricordino le ipotesi poste una volta per tutte al n. 4 del Cap. II). Ma può anche accadere che un punto materiale, ad un dato istante, cambi bruscamente di velocità, senza che muti sensibilmente, in quell’istante, la sua posizione. Ciò si verifica quando il punto è sollecitato da certe speciali forze, di cui ancora non abbiamo fatto cenno, e che prendono il nome di percosse. Alla considerazione di forze siffatte si è indotti, quando si osservi, per es., un colpo di martello su di un incudine, un colpo di stecca su di una palla da biliardo, l’urto di una palla di gomma lanciata contro un muro, ecc.
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Concludendo, al limite per τ tendente allo zero abbiamo la rappresentazione matematica di una forza che agendo per un tempuscolo infinitesimo con intensità infinitamente grande, determina sul punto materiale sollecitato una brusca variazione finita di velocità, pur imprimendogli uno spostamento infinitesimo.
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e se, per precisare le condizioni di corrispondenza nella similitudine, ricorriamo alla velocità, che è il carattere cinematico più facilmente valutabile, abbiamo che la relazione testé determinata per le resistenze sussisterà per velocità che stiano fra loro nel rapporto λ½, cioè per velocità legate dalla equazione
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Sin qui abbiamo ragionato nella ipotesi che fra le forze applicate figurassero i pesi; ma vi son dei casi, in cui l’azione della gravità si può risguardare o per se stessa trascurabile o quanto meno neutralizzata da altre forze, esplicantisi esclusivamente in questo effetto.
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Al n. 40 abbiamo veduto sotto quali condizioni un sistema di vettori è equivalente ad un unico vettore; ora possiamo aggiungere che un sistema di vettori è equivalente ad un’unica coppia (eventualmente nulla) allora e solo allora che il suo risultante è nullo.
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Della insufficienza delle conclusioni cui ora pervenimmo nella discussione del problema particolare considerato possiamo renderci ragione riflettendo che, nel costruire la nostra rappresentazione teorica dei fenomeni meccanici, abbiamo proceduto per successive idealizzazioni dei dati sperimentali, trascurando man mano quelle circostanze di fatto, che apparivano trascurabili in una prima approssimazione.
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Così nel caso concreto presente, noi abbiamo considerato le superficie di appoggio come assolutamente rigide e indeformabili:si riuscirebbe appunto a caratterizzare univocamente il comportamento delle due reazioni, se si tenesse conto di quelle deformazioni, pur lievissime, che le due pareti, supposte solo fisicamente rigide, subiscono sotto la pressione del punto materiale sollecitato.
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In conclusione, tenendo conto anche dell’enunciato del n. 7, abbiamo che per un qualsiasi punto potenziato (di massa 1) sia esso esterno o interno al corpo potenziante (o sulla sua superficie) l’attrazione esercitata su di esso ha per componenti le derivate, rispetto alle coordinate del punto, del potenziale
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Abbiamo così un vettore funzione dei punti di una linea; ma tale nozione non differisce sostanzialmente da quella di vettore funzione di un parametro, data precedentemente.
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Questo enunciato conciso, la cui completa giustificazione in base ai postulati risiede nei varii passaggi logici, che abbiamo avuto cura di precisare, risponde ad una diretta intuizione fisica e va tenuto presente, perché si può invocare con vantaggio in altri casi analoghi.
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Ma ciò basta, come abbiamo or ora avvertito, per poter riportare a tale forza unica il computo del lavoro.
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Nel campo di validità dei fatti sperimentali, da cui abbiamo preso norma, il parametro h dipende dalla natura materiale delle superficie a contatto ed è invece indipendente dalla lunghezza R, che interviene, nell’esempio in questione, a caratterizzare la forma geometrica del corpo.
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Abbiamo in conclusione il risultato: Un filo flessibile e inestendibile (sollecitato da forze in punti discreti) si comporta, quanto all’equilibrio, come un sistema articolato di aste rigide, coll’unica restrizione in più che gli sforzi non possono essere indifferentemente pressioni o tensioni, ma esclusivamente tensioni.
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Per determinare codeste quattro incognite, abbiamo le quattro equazioni (16'), (18), di cui le prime tre sono del secondo ordine (nelle x, z) e la quarta è del primo; ed è facile fare il computo delle costanti arbitrarie, da cui dipende l’integrale generale.
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Abbiamo già supposto (n. 73) che si tratti non di una retta, ma di una effettiva curva, ossia che t non sia costante. È quindi da escludere che, per la l che si considera, sia dovunque
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Non è privo di interesse il raffrontare la parabola funicolare (23) con la parabola che al n. 16, considerando una sollecitazione discreta, abbiamo ottenuto come circoscritta al poligono funicolare, e che, riferita al suo asse principale (verticale) e alla tangente nel vertice, ammette l’equazione
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In questi casi l'equilibrio, che, nell’ipotesi ideale della assenza di attrito, risulterebbe teoricamente impossibile, va riconnesso appunto, come a circostanza essenziale, all’attrito offerto al filo dalla superficie di appoggio o di avvolgimento: si presentano cioè circostanze analoghe a quelle che abbiamo illustrato al n. 17 del Cap. prec. con l’esempio della scala a piuoli.
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Abbiamo chiamato linea materiale (Cap. X, n. 5) ogni corpo, di cui una dimensione preponderi sulle altre, in modo, che la configurazione del sistema possa risguardarsi sufficientemente individuata da quella di una sua qualsiasi curva interna, che dicesi direttrice. Un esempio notevole di linee materiali è fornito appunto dai fili flessibili e inestendibili, di cui ci siamo occupati nei §§ prec. Nell’impostare per essi lo studio della Statica abbiamo trascurato le dimensioni trasversali del filo non solo nei riguardi della configurazione geometrica, ma anche in ordine agli effetti della sollecitazione direttamente applicata. Infatti, considerando la sollecitazione, cui si trova soggetta la porzione di linea materiale corrispondente ad un generico elemento ds di direttrice, la abbiamo senz’altro risguardata sostituibile con un’unica forza F ds, applicata in un punto qualsiasi P del ds. In realtà codesta sollecitazione sarà costituita da forze applicate nei vari punti Q della porzione elementare di linea materiale considerata; e in taluni casi, pur essendo le dimensioni trasversali abbastanza piccole perché nei riguardi geometrici il corpo si possa assimilare ad una linea, può non essere fisicamente legittimo, nei riguardi degli effetti delle forze, l’identificare tutti i punti Q della considerata porzione elementare con P, cioè più precisamente, il trascurare i vari momenti rispetto a P (e con essi il momento risultante) delle forze applicate nei diversi punti Q.
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Se dunque, come abbiamo accennato, si verifica l’identità formale delle definitive condizioni di equilibrio (fornite, per i vari casi, dai due metodi), si può senz’altro inferirne la loro coincidenza completa, risguardandovi ciascuna volta implicate le sole forze attive di origine esterna.
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. - Abbiamo visto (n. 75) che una curva, nell’ intorno d’un suo punto generico P, si scosta dal piano osculatore in P per infinitesimi d’ordine superiore al secondo. È chiaro quindi che, per apprezzare le modalità di questo scostamento, bisogna non arrestarsi al second’ordine, ma precisare almeno il termine immediatamente successivo.
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Al n. 25 abbiamo determinato le condizioni di equilibrio di un sistema olonomo riferito a coordinate lagrangiane indipendenti. Si può chiedere come si esprimano codeste condizioni quando si ricorra, come in taluni casi torna opportuno, a coordinate sovrabbondanti. Ciò risulterà implicitamente dalle considerazioni che svolgeremo nel prossimo §.
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Nei capitoli precedenti abbiamo studiato le condizioni di equilibrio di varie specie di sistemi materiali, riferendoci ad una terna di assi fissi, o risguardati fissi (nel senso che si attribuisce in Meccanica a tale qualifica).
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Abbiamo chiamato Γ 1, Γ 2 i momenti rispetto ad O delle due prime coppie; quello della coppia peso-reazione è in valore assoluto (poiché la linea d’azione del peso passa per O, e quella della reazione è la verticale di P)
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La condizione di aderenza della cinghia con C l era compresa in a), ma, nella discussione, non ne abbiamo tenuto conto. Ciò è giustificato dal fatto che, esclusi gli scorrimenti su C, rimangono praticamente esclusi anche quelli su C l.
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In base alla (5) abbiamo per codeste componenti le equazioni di trasformazione:
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Questo equivale, infatti, a dire che è fisicamente impossibile determinare lo stato di un sistema come un punto nello spazio delle fasi; il margine d'incertezza è, nelle migliori condizioni, entro un'area dell'ordine di grandezza h, pari cioè all'estensione che abbiamo trovato doversi attribuire alle celle dello spazio delle fasi.
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