Solo nell’ultimissima stagione della sua opera (quando, in seguito alla malattia Fontana preferiva non affaticarsi a dipingere) abbiamo una serie di opere dove i fori o i tagli sono eseguiti in maniera meccanica sopra lamine metalliche o lignee realizzate quasi industrialmente.
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Lo stesso ricorso oggi così frequente a schemi semiologici, di cui abbiamo spesso discusso, è una riprova della tendenza al progetto cui sopra accennavo: l’analisi semiotica applicata al fare architettonico e artistico altro non è che il bisogno di chiarire a se stessi l’oscurità semantica del proprio e dell’altrui operare.
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L’arte dunque non può essere scienza (oggi, non ieri quando la «funzione» dell’arte era diversa), proprio per il fatto che nella scienza abbiamo una univocità del rapporto signifiant-signifié. Esiste, cioè, soltanto l’aspetto denotativo e non quello connotativo cosi importante e spesso preminente nelle operazioni letterarie e in genere artistiche. Se togliamo, dunque, questa possibilità di una molteplicità del signifié corrispondente ad un determinato signifiant del segno artistico, togliamo le condizioni necessarie alla realizzazione dell’opera d’arte; e abbiamo delle operazioni pseudoscientifiche che non riesciranno mai a tradursi in artistiche.
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o non piuttosto ad una «sazietà» che abbiamo sviluppato verso le civiltà da cui proveniamo?
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Mark Rothko, dunque - questa figura solitaria, sino ad alcuni anni or sono noto solo a pochissimi e solo al di là dell’Atlantico —, appare qui come l’unico esempio d’un indirizzo diverso da tutti gli altri di cui abbiamo parlato.
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Si precisa allora il problema dell’ambito a cui appartenga in via assoluta il primo e fondamentale momento della critica d’arte, che abbiamo definito come rivolto all’essenza, e che costituisce il momento di individuazione dell’opera attraverso l’indagine sulla sua struttura.
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Abbiamo detto che la concezione dialettica della storia rappresentava la vivificazione del materialismo storico, ma dovremmo aggiungere che in nessun campo come in quello della storia dell’arte, sia pure intesa solo come storia dell’epifania dell’opera d’arte, questa vivificazione ha avuto tanto poco luogo 40.
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Visione unita: È il tipo di composizione da ricollegare alla forma chiusa, dove, come abbiamo già detto, tutti gli elementi rispondono ad un asse di simmetria, determinando una visione “unita”. In questo caso la lettura va fatta partendo dal generale per scendere poi al particolare.
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Anche la pittura, di cui purtroppo abbiamo un numero minore di testimonianze, rispecchia questa tendenza, come dimostra il Ritratto di Paquio Proculo e sua moglie, conservato nel Museo Archeologico di Napoli (figura 100).
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Dobbiamo ringraziare illustri professori di chimica e di ingegneria se oggi abbiamo questi mezzi. Dobbiamo ringraziare gli artisti di grande fama se oggi la ceramica ha tanta risonanza.
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In Italia, salvo qualche malintesa riproduzione artigiana abbiamo il piacere di rimarcare che la lezione picassiana è stata veramente utile nei centri della ceramica d’arte dove agiscono gli artisti più intelligenti e gli artigiani veramente maestri dell’arte.
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In questo caso, la carta inumidita nel modo che abbiamo descritto, si adagia semplicemente sulla tavoletta, chiudendola poi con cura nella cornice, la quale, con apposite aste di legno, verrà fissata posteriormente.
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Se il colorito vi sembrasse troppo acceso, smorzatelo col passarvi sopra l’azzurro o il verde, composti come abbiamo detto, avendo però la precauzione di non estenderli nè sulle guance, nè sulle parti luminose.
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Abbiamo guardato la grandiosa Mostra di Picasso alla Galleria d’arte moderna in tempi successivi, prima rapidamente, poi sempre meno in fretta, quasi al rallentatore, stratificando, per dir così, nella nostra mente, le varie impressioni.
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Naturalmente, al di sopra delle apparenti contraddizioni della personalità umana e artistica di Brancusi — di cui abbiamo fin qui descritto le principali — i si può leggere una stupenda unità: è in quasi tutte le opere dello scultore un valore finale e irrepetibile, al di sopra di ogni compromesso col gusto corrente.
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Nello stesso luogo abbiamo altri affreschi d’Innocenzo: il Transito della Madonna nella curvatura del nicchione di fondo, l’Assunzione nel catino, l’Annunziazione nella parete sovrastante al nicchione. Or bene, la Risurrezione che abbiamo considerata, è un episodio brevissimo nella vita artistica di costui. Ei ci lascia col dolore di vederlo uscir subito da una strada eh’era meglio accomodata ai suoi passi. Basta volger lo sguardo per vedere lo stesso uomo inerpicarsi in alture ove procede a disagio, e di cui tenta invano raggiungere le cime. Meglio sarebbe stato per lui non impacciarsi di questo disegno così scolasticamente corretto, eppur così freddo, così lontano dalle buone origini della natura vivente! E possiamo dir così con franchezza anche perchè troviamo nel Transito tre ritratti bellissimi di monaci olivetani, quello principalmente di fra Barnaba Cevenini, priore del monastero, che è una meraviglia e che dimostra quanto Innocenzo vedesse acutamente nel vero, allorchè, sciolto di ogni preoccupazione, tutto gli si abbandonava fiducioso. Di questa sua facoltà, rimasta quasi sterile, abbiamo un altro indizio nei ritratti dei due coniugi dipinti nella sacra famiglia della pinacoteca, che ho già ricordata.
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Ora che abbiamo seguito con tanta diligenza, magari con tanta prolissità, lo svolgimento dell'arte del Napoletano, la nostra conclusione sarà brevissima; soltanto per ribadire gli anelli della catena battuta.
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Abbiamo già ricordato la perfetta corrispondenza tra la descrizione del quadro del Jordaens citato nell'inventario del 1640, e quello che si conserva nel Museo di Bruxelles; noi propendiamo per una identificazione delle due citazioni.
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Infine, noi non abbiamo nessuna tenerezza speciale per gli autografi; ma via, non possiamo nascondere l'emozione cordiale di fronte ad alcuni biglietti firmati in Amsterdam da Rembrandt van Rijn. In verità dopo l'esumazione dei tesori barbarici nei paesi latini nulla mi ha commosso più di queste improvvise orme giganti.
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Abbiamo dunque il libro sul Piranesi. Poiché per quante correzioni di particolari possano venire avanzate da specialisti, lo scritto del Focillon è squisitamente intelligente e le linee maestre necessarie alla comprensione di Piranesi non potranno esser spostate di molto.
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Del Borro abbiamo lungamente parlato in proposito del monumento a Daniele Manin. Non possiamo tacere il nome del Minisini, uomo attempato, scultore saggio, placido e qualchevolta gentile di monumenti sepolcrali, di statue religiose e allegoriche.
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Lessate prima a mezza cottura i fagiolini e scolateli bene; poi fateli finir di cuocere procedendo come abbiamo detto per i carciofi in fricassea, N. 80; solo si avverta di bagnare i fagiolini con un poco di brodo, se prima d’essere completa[mente]
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., si fanno a viva voce fra gli amici intimi; ma con le persone di riguardo e con quelle con le quali non abbiamo molto dimestichezza, si fanno per lettera scritta o stampata.
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. — Abbiamo detto che col buon brodo si fanno delle buone salse e queste unite con qualunque carne o pesce, volaglia o verdura, le condisce e rende squisite, benché fossero insipide. Tre sono le principali salse colle quali si formano quasi tutte le altre:
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Fate i ravioli come abbiamo detto al num. 100; cuoceteli nell'acqua a bollore, ritirateli con una mestola bucherata, onde possano sgocciolare, e accomodandoli a suoli in un piatto, conditeli con burro liquefatto e formaggio parmigiano grattato.
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Pestate nel mortajo un buon pugno di capperi, riducendoli come una pasta; passateli per istaccio di crine, mescolateli alla senape già stemperata come abbiamo detto sopra, e passate nuovamente per istaccio il tutto.
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Procuratevi un bel pezzo di castrato, e di preferenza nella coscia, e fatelo arrostire allo spiede come abbiamo detto pel montone (num. 543). Anche la carne di castrato però non devesi cuocere se non quando è frollata abbastanza.
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Come abbiamo veduto, l'insalala si reca in tavola non condita, perchè ciascuno si serva a suo modo; ma accade sovente che tutti i commensali, specialmente in famiglia, s’accordino di farla condire in comune. Ecco dunque, toccando a voi un tale compito, come dovrete operare.
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. — Abbiamo detto che col buon brodo si fanno delle buone salse, e queste, unite con qualunque carne o pesce, volaglia o verdura, le condiscono e rendono squisite, benchè fossero prima insipide. Tre sono le principali salse colle quali si formano quasi tutte le altre:
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. — Preparate le rane nette come abbiamo detto a N. 1 (Vedi fritture magre); tagliatele a metà della schiena ed alla punta delle zampe, rivolgete le gambe all'insù in croce sopra la schiena; marinatele come il pesce, infarinatele e friggetele allo stesso modo.
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Si possono ancora servire i legumi con crostini di pane fine arrostito, fregando loro sopra un poco di aglio e cipolla allorchè sono caldi, quindi mettendoli sul piatto, e versando loro sopra le civaie cotte e condite come abbiamo detto.
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Vi abbiamo insegnato il modo semplice e alla buona per ottenere, a mezzo della cucchiaia da frittura, i vermicelli di castagne. Se però avrete un setaccio di fil di ferro a maglie larghe o la siringa da pasticceria, tanto meglio. In questo caso regolatevi come è detto più innanzi pei «Piccoli monte-bianchi».
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Pestate nel mortaio un buon pugno di capperi, riducendoli come una pasta; passateli per istaccio di crino, mescolateli alla senape già stemperata come abbiamo detto sopra, e passate di nuovo per istaccio il tutto.
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Abbiamo parlato della salsa D'Uxelles (Cap. I). Il ripieno si fa con erbe cotte e quindi rimaste e scaldate nel burro e con molti funghi triti, legando il tutto con sugo d'umido ed uova. Serve a molti usi.
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Lessate prima a mezza cottura i fagiolini e scolateli bene; poi fateli finir di cuocere procedendo come abbiamo detto al Num. 128 parlando dei carciofi; solo si avverta di bagnare i fagiolini con un poco di brodo, se prima d'essere completamente cotti prosciugassero troppo.
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Potrete, volendo, prima di friggerle, tenerle nello zucchero e lasciarle in fusione nel rum, come abbiamo detto per le mele al Num. 212; poi immergetele nella pasta medesima. Comunque, dopo fritte, le spolverizzerete con zucchero.
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Volendo arrostire gli ortolani in cazzaruola, non devesi adoprare che poco burro e sale quanto occorra, procedendo in tutto come abbiamo detto pei tordi al Numero 478, ma avvertendo però che una breve cottura per essi è sufficiente.
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Fateli come abbiamo detto sopra per le pinocchiate, sostituendo ai pinocchi una quantità eguale di mandorle, che monderete della loro pellicola dopo averle scottate nell'acqua calda, e che poscia, ad una ad una, taglierete in mezzo per il lungo.
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Con elasticità abbiamo abbandonato il Carso dopo Caporetto, abbiamo riso mentre il cuore piangeva nella ritirata. Come potremo, senza elasticità, schiacciare il passatismo austro-ungarico, rinnovare integralmente l'Italia dopo la vittoria? T'impongo, caro dottore, d'interrompere con elasticità futurista la tua spanciata passatista!
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Il movimento che io, Elliot, Joyce e altri abbiamo iniziato a Londra non sarebbe stato, senza il Futurismo».
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Fate i ravioli come abbiamo detto sopra; cuoceteli nell'acqua a bollore, ritirateli con una mestola bucherata onde possano sgocciolare, e accomodandoli a suoli in un piatto, conditeli con burro liquefatto e formaggio parmigiano grattugiato.
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Lasciamo agl’Inglesi il gusto di mangiare i legumi lessati senza condimento o al più con un poco di burro; noi, popoli meridionali, abbiamo bisogno che il sapore delle vivande ecciti alquanto.
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Fate cascare gli uovi come abbiamo detto, montateli sul piatto, abbiate pronto un latte alla creme come al capitolo 16 n. 79, versatelo sopra e serviteli con crostoni di biscottini.
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— Ti ricordi di quei tali carciofini che abbiamo mangiato quella tal volta ad Arezzo, in quella tal linda osteria, nella quale pure si mesceva quel tal vinello così buono? Dovresti anche quest’anno...
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Il modo di cucinarli è perfettamente eguale a quello dei dindii che noi abbiamo nei nostri pollaj. Si possono cuocere in bollito, farne preziosi arrosti ed anche in qualunque modo condirli; ma la razza selvatica, altre di essere assai più grossa, è ancora di un sapore mollo più delicato.
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In un momento Sono sfiorite le rose I petali caduti Perché io non potevo dimenticare le rose Le cercavamo insieme Abbiamo trovato delle rose Erano le sue rose erano le mie rose Questo viaggio chiamavamo amore Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose Che brillavano un momento al sole del mattino Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi Le rose che non erano le nostre rose Le mie rose le sue rose P.S. E così dimenticammo le rose. (per Sibilla Aleramo)
Dalle spedizioni interplanetarie degli ultimi dieci anni abbiamo imparato più cose sul cosmo di quante ne avessimo dedotte in tutti i millenni precedenti; abbiamo visto, fra l' altro, che lunari, venusiani e marziani non esistono e non sono mai esistiti. Siamo soli. Se abbiamo interlocutori, essi sono così lontani che, a meno di imprevedibili svolte, con loro non parleremo mai; tuttavia, qualche anno fa abbiamo mandato loro un patetico messaggio. Ogni anno che passa ci rende più soli: non soltanto l' uomo non è il centro dell' universo, ma l' universo non è fatto per l' uomo, è ostile, violento, strano. Nel cielo non ci sono Campi Elisi, bensì materia e luce distorte, compresse, dilatate, rarefatte in una misura che scavalca i nostri sensi e il nostro linguaggio. Ad ogni anno che passa, mentre le cose terrestri si aggrovigliano sempre più, le cose del cielo inaspriscono la loro sfida: il cielo non è semplice, ma neppure impermeabile alla nostra mente, ed attende di essere decifrato. La miseria dell' uomo ha un' altra faccia, che è di nobiltà; forse esistiamo per caso, forse siamo la sola isola d' intelligenza nell' universo, certo siamo inconcepibilmente piccoli, deboli e soli, ma se la mente umana ha concepito i buchi neri, ed osa sillogizzare quanto è avvenuto nei primi attimi della creazione, perché non dovrebbe saper debellare la paura, il bisogno e il dolore?
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Nel parlare della chiesa di San Paolo, abbiamo accennato alla contessa della Guastalla Lodovica Torelli. E alla stessa che devesi questo collegio, fondato nell'anno 1557, per l'educazione civile e religiosa di donzelle milanesi nobili e povere. Esso è il più antico di questa specie.
E poi a qual pro, se ad ogni passo, delle loro grida, ne abbiamo intronate le orecchie?