Ma eravamo sempre d'accordo fra noi, e lontanissimi dalla proposta della maggioranza della Sotto-Commissione sopra tre essenziali elementi: ai generali non locale in convento; non abbandono dell'integrale valore dei beni; non infine assegno pecuniario di rendita accompagnata da capitale.
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Ebbene, il Piemonte, dopo aver seguito il suo grande uomo di Stato, e l'Italia, dopo aver seguito Quintino Sella nei loro concetti di restaurazione finanziaria, si sono forse trovati nelle condizioni d'assoluto abbandono, e di totale miseria, quali, oggi, l'onorevole Prinetti vorrebbe far credere fossero quelle del nostro paese? Si, certo, sono il primo a riconoscerlo, ci troviamo in un momento di difficoltà, abbiamo commesso anche errori, perchè una nazione giovane, facilmente si abbandona ad eccessive speranze, ad illusioni, giustificate, però, dal concetto che ha del suo avvenire, ma, per carità, non seguitiamo a dire che l'Italia è in uno stato di miseria insopportabile, e che quasi quasi non vi è più rimedio per essa; pensiamo che le nostre parole sono raccolte da tutti, amici ed avversari, che gli amici le accolgono con un sentimento di pietà e di compassione benevola, ma gli avversari se ne giovano come di un arma contro noi per apparecchiare i mezzi di nuocerci, non solamente nella politica, ma anche nella finanza. Lavoriamo, certifichiamo i nostri guai, determiniamoli con esattezza, cerchiamo tutti d'accordo di rimediare a questa situazione della finanza italiana, ma, lo ripeto, finiamo di parlarne come se fossimo in presenza di un disastro inevitabile, che dovesse subissare il Regno d'Italia e non permettergli più di far parte delle grandi nazioni.
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