- lascia la scatola nelle mani di Rita, e va a sedere sul canapè a dritta, asciugandosi gli occhi.
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- (va a prendere la pelliccia; poi, sorridendo, a Fabio, che vorrebbe risparmiargli l'incomodo di portarla alla Duchessa)
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Rossa a diritta e gialla a sinistra? Ma che io abbia tutto l'arcobaleno negli occhi?!
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Il signor Duchino è uscito e mi ha ordinato di dire a Vostra Eccellenza che non verrà a pranzo.
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- Oh, sua Eccellenza si leva tutte le mattine all'alba, e va nel bosco a far la posta a qualche beccaccia...
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- Volete ch'io vada a tirare a qualche beccaccia per avere il piacere di offrirvela?
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- Ci vuol poco: quello in cui a noi viene la voglia di presentarci a loro!
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Ma come mai questi uomini non si accorgono che si fanno prendere a noia da noi quando li vediamo troppo! E poi si lagnano di non riuscire a farsi amare! Ma se non indovinano il buon momento per presentarsi a noi!
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- Sofia voleva andare a Napoli e ne aveva pregato suo marito; e gli aveva persino detto la ragione per cui voleva andare; e suo marito, il mio degnissimo signor fratello, le manda a dire che non può venire a prenderla per accompagnarla... Uh!
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E ora come fare a domandare a mia moglie dieci mila franchi in prestito?
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- (va a battere con le nocche delle dita all'uscio di fronte, a sinistra).
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Son salita... son salita... perchè mi seccavo a star sola... Mi secco a star sola... Hai capito? Mi secco!
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Si va a passare alcuni giorni a Castelletto! Che ne dici? II mio Castelletto che è così caro!
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E lei si è messa a ridere, e ha detto: Perché no? Ma prima faccio il bagno. E ha fatto il bagno, e dopo è venuta fuori con l'accappatoio di Manolo, e si è seduta sul tappeto in salotto, vicino a me. E allora le ho raccontato tutto. A un'altra, a quella Topazia che mi ero immaginata, cosí bella, sprezzante, superba, non avrei raccontato niente. Ma a questa qui, a questa ragazzotta mi veniva di raccontare tutto, come faccio adesso con te. E le ho detto: Ma lei perché l'ha piantato? E lei ha detto: Io l'ho piantato? Col cavolo che l'ho piantato! E' lui che ha piantato me. Hai capito? Parlava cosí. Non aveva nessuno stile.
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Come faceva a rifare la stanza, non vedi che io sono a letto ?
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Quando andavo a scuola, imparavo tutto subito, i fiumi, le capitali, le guerre, tutto, tutto. La maestra diceva: Sentiamo Vittoria, a che sa cosí bene le capitali. Mi sarebbe piaciuto continuare a studiare. Ma ho fatto fino alla quarta elementare, poi ho dovuto andare a lavorare in campagna. Eravamo nove fratelli.
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Ma a forza di essere costretto, nella mia qualità di Avvocato, a incontrarmi ogni giorno familiarmente.... con la zia....
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Ad un patto però: che io debba dir tutto con franchezza a lei e a te.
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Tutto ciò va benissimo; ma ho le mie ragioni di rivolgere le mie domande a voi, piuttosto che a lui.
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E vorreste che io fossi la prima a parlare? Vorreste che io, senza conoscere le sue idee, le sue intenzioni a mio riguardo, mi esponessi così, senza consiglio, chi sa, forse anche a un rifiuto?
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Allora, io ero a Milano a far pratica...e mi presentai a lei con una lettera del babbo... È una signorina molto seria...molto istruita... una vera americana... E come parla bene italiano!
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Sta a vedere adesso, che, per far dispetto a me, glie la dài la camera!
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Se non vuol venire al Pincio...vediamoci a Villa Borghese...a San Pietro in Montorio...
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Trovarci fuori...lo vede...ci espone a dei dispiaceri: d'altra parte, vederci qui...senza ricorrere a qualche ingenuo... troppo ingenuo...sotterfugio...
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E me lo hai ripetuto tante volte, che, alla fine, io n'ero rimasta convinta e m'ero detto: - piuttosto che morire d'inedia a Roma, andiamo a seppellirci, provvisoriamente, nella campagna viterbese!... Mi annojerò a morte; ma avrò con quistato il benessere materiale...
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Porta nel fondo, che comunica con altro «ambiente» praticabile [salotto da pranzo], a destra dello spettatore. - A sinistra, due porte.
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E, per aprirmi una strada in società...devo pure assoggettarmi a certe esigenze... a certi contatti...a certe apparenze...
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Non avrebbe che a chiedere un acconto a qualche sua cliente delle più ricche...e tutto sarebbe accomodato!... Fa così...perchè...perchè sono stato uno sciocco, io, a credere che una donna volgare come lei... sarebbe stata capace di capire la nostra condizione!... Che cosa le domando, in fin dei conti?... Le domando quello che marito e moglie hanno tutto il diritto di esigere reciprocamente... cioè, di ajutarsi a vicenda....Ebbene, oggi lei doveva ajutar me col suo commercio: domani, quando io avrò uno stato, sarebbe toccato a me...
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Voi, che fino a quel momento, mai avete pensato di tentarmi, cominciate in vettura a mancar di rispetto...
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Qui a Chaillot, lo so bene, essa si annoia!... Pur ieri mi parlava d' un ritorno a Parigi...
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Senti che purità c'è intorno a noi... a noi poveri, miseri, sbattuti come rottami inutili nel nulla, alla deriva!...
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L'interno della Locanda della posta, a Saint-Denis. - Nel fondo una grande porta, e due ampie finestre ai lati. - A destra, in primo piano, la porta in comunicazione con la scala e la Cucina. In secondo piano un vasto camino. - Due porte laterali a sinistra. - Tavoli, sedie, panche. Tra le due porte a sinistra una credenza carica di stoviglie. - Un lucernone spento pende dal soffitto affumicato.
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(MANON s'è tutta aggrappata a LAURETTA. E al riflesso della lampada ch'è a terra, il suo volto appare spettrale).
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Io mi allontano a poco a poco... e tu pensi: domani!
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E perchè quel qualcuno s'è data questa pena, siamo obbligati a crederci?... Mai più! Tanto vale inventarla a nostro comodo... a meno che non sia contemporanea...
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- non tormentarmi, esamina... a Saint-Cloud, - probabilmente Sua Eminenza si sarebbe confuso e l'avrebbe Iicenziato a pieni voti.
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In fondo, a destra, l'uscio dell'anticamera; a sinistra quello della stanza di studio di Helmer. Tra i due usci, un pianoforte. A sinistra della scena un uscio e più in qua una finestra. Presso la finestra un tavolino rotondo, una poltroncina, un piccolo canapè. A destra della scena, un po' indietro, un uscio; e al primo piano un caminetto davanti a cui sono schierate alcune poltrone e una seggiola a dondolo. Tra il caminetto e l'uscio un tavolinetto. Stampe alle pareti. Scaffalino con porcellane ed altri oggetti d'arte. Armadino con libri riccamente rilegati. Tappeto sul pavimento. Il caminetto è acceso. Giornata invernale.
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(Si mette a rammassare i vestiti dei bambini; a un tratto si arresta).
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Faremo a mezzo, come si conviene a marito e moglie; è un dovere.
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A te! A te!... Non lo sai!... Lo saprai prestissimo, ma ancora, no, non lo sai!
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Che merito hai tu - a trent'anni - a possedere tutti i giorni della tua settimana!
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Ti ricordi, Armando, quando eravamo ragazzi, e tu venivi qualche volta a passare le tue vacanze a Juvisy?
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(A poco a poco durante la scena che segue, dalla finestra aperta si intravvede scendere la sera, e la città illuminarsi)
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A Nennele. Io non ci sono poi a colazione. Non voglio trovarmi col signor Precettore.
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Stamattina, mi ha tolto il governo della casa, per darlo a mammà! Mi fa sorridere, pensare che ti racconto... Sono tanto lontana da questo. Me lo ha tolto.... e non glie ne faccio rimprovero, ma poi, subito è venuto quasi a scusarsi, e a dirmi piano che sorvegliassi ancora! ... Eh! Eh! Eh!
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Prende la lampada, va a chiudere a chiave la porta comune e poi va precipitoso, in camera di Nennele. NENNELE rimane rigida presso la tavola.
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Guardate che a momenti sarà qui Massimo. Dev'essere arrivato stamattina, e farà viaggio con noi, ben inteso. So che non è nelle vostre grazie, e nemmeno in quelle di Nennele. E si capisce. Ho già detto a Nennele quello che le spetta e dico a voi che non ammetto arie.
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A quest'ora ha già messo a macerare il suo cinquantesimo Monte Bianco di cotone entro il cinquantesimo lago d'anice.
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A me? Tutt'altro. Che ci stanno a fare le carrozze in piazza?
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