A un invito a pranzo, il giovine gentiluomo ha ogni riguardo per la vicina che gli è stata designata e alla quale egli stesso ha dato il braccio al momento di entrare nella sala della mensa. Non le lascia mancare nulla e cerca ogni maniera di divertirla con il suo conversare. Se la signora o la signorina sono timide, cerca di rinfrancarle con l'affabilità e la spigliatezza; se sono inuggite, fa del tutto per distrarle e divertirle. E tutto ciò, sempre con il rispetto, la deferenza della persona educata. Parlando con signorine e assai riguardoso; non fa pompa di teorie o di idee a loro poco adatte, non le espone ad arrossire della loro ignoranza con domande inopportune. A un invito a pranzo, il giovine si presenta in abito di società; marsina o abito chiuso; guanti chiari, cravatta piccola, a nodo, bianca o nera, panciotto pure bianco o nero. Se pranza spesso in una casa, sa che ha l'obbligo, in certe circostanze, come a Natale, ad una festa per onomastico o altro, di fare un dono a la padrona di casa o meglio ai bimbi se ce ne sono, e di dare qualche mancia a la cameriera. Invitato a pranzo da persona inferiore per condizione o amica intima e di confidenza, può offrire in dono qualche cosa di utile; vini fini, per esempio, frutta, dolci, salumi, accompagnando il dono con lettera gentile o meglio con una frase scherzosa. Conosciuta una signora a un pranzo, a teatro o a un ballo, avendone in somma goduta la compagnia per un poco di tempo, il giovanotto farà bene di lasciare il di dopo, il suo biglietto di visita a la porta della casa. Non manderà il biglietto a una signora che avesse conosciuta in casa di comuni amici, nel giorno di ricevimento. Saluterà lungo la via le signore alle quali fosse stato presentato.
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Il penitente trasformato momentaneamente, dice a ciascun giocatore: - S'io fossi un pappagallo, che cosa m'insegneresti tu a ripetere? Ciascuno dà la risposta che più gli aggrada; ma se uno degli interrogati rispondesse: - T'insegnerei a baciarmi, o ad accarezzarmi, o a salutarmi, ecc. Il penitente deve subito baciare, o accarezzare, o salutare, ecc., la persona che gli insegnerebbe a ciò fare; e se questa non lo volesse, ha da porre pegno e subire la penitenza che le verrà assegnata.
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Oggi, nel crescente movimento delle metropoli, si vedono sempre più raramente persone che vadano per strada a braccetto. Anche le coppie di coniugi o di fidanzati preferiscono di non andare a braccetto, specialmente di giorno. Si riservano questo piacere piuttosto per le ore del crepuscolo. Molti ritengono in generale poco elegante di andare in pubblico a braccetto e lo tralasciano del tutto. A persone di statura molto diversa, o a persone corpulenti, non è raccomandabile di andare a braccetto; anzi bisogna possibilmente evitarlo.
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Perdonando troppo a chi falla si fa ingiuria a chi non falla. B. Castiglione, Il cortigiano. Più facilmente s'induce a perdonare chi è offeso che a restituire chi possiede. Guicciardini. Perdonate a chi vi ha offeso, anzi pregate per lui; che oltre all'acquistarne merito, vi sentirete anche allargare il cuore. Manzoni, Promessi sposi. Il perdonare viene da animo generoso. Machiavelli.
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Si prenda la parte B, un poco più lunga che quella segnata con A. 3. si sorpassi verso giù per ottenere la figura 4: Si pieghi A. due volte, per ottenere figura 5. 5: Si tiri la parte C. sotto quella A., per terminare a D, il nodo secondo figura 6. - 2. modo: Sino a fig. 3 al pari del 1. modo. 4: Si sorpassi completamente B sotto A, per ottenere fig. 5. 5: si sorpassi di nuovo figura 6. - 3. modo: 1. e 2. al pari del 1. e 2. modo. 3: Si tiri A in giù per ottenere fig. 4. 4: Si pieghi la parte A due volte per ottenere fig. 5. 5: Si tiri la parte A, sotto quella B. per terminare il nodo secondo fig 6. - 4. modo. 2: Si giri la parte A, come nella figura 3, per ottenere fig. 4. Fig. 4: Si pieghi la parte A doppiamente, per ottenere fig. 5. 5: Si tiri la parte doppia A sotto quella B, per terminare il nodo secondo fig. 6. - 5. modo. (nodo per lo « smoking »): 1: Si sorpasso A sopra B. 2: Si tiri A, attraverso B e C. 3: Si sorpassi A verso giù. 4: Si pieghi A in su, affinchè si torni cappio C. 5. Si pieghi B. secondo il modo indicato in fig. 4 e si tiri il cappio formatosi, sotto di C. Poi si sorpassi l'estremità libera A sotto di B, affinchè A formi anche un cappio diretto verso destra. - 6. modo. In questa figura troviamo il modo più conosciuto e più usato dei signori che hanno l'abitudine di fare da se stessi la cravatta. Fig. 5. Si sorpassi parte A sotto quella B per terminare il nodo secondo figura 6.
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Però la mancanza di norme «inflessibili» a volte porta a trascurare dettagli importanti, che fanno la differenza. A meno di reale improvvisata, invitiamo con un po' di preavviso, cercando di mettere insieme persone che possano reciprocamente incuriosirsi e stimolarsi (ma non incompatibili per opinioni politiche, antichi rancori e litigi, problemi d'interesse) e non tutti sconosciuti gli uni agli altri: si rischia di non riuscire a «rompere il ghiaccio». È sbagliato anche raggruppare solo persone totalmente «affini» o che svolgono tutte lo stesso lavoro: la conversazione sarebbe noiosissima! Se siamo tutti in coppia, chiederemo all'amico/a single di portarsi qualcuno, per non farlo sentire fuori posto. Normalmente si invita a voce, o per telefono, in maniera disinvolta ed estemporanea. L'importante è riuscire a essere chiari, espliciti, precisi, e non lasciare dubbi sul quando, il dove, a che ora, e come (con o senza partner, che genere di intrattenimento). Naturalmente, inviteremo a pranzo, a cena, a merenda, ma mai «a mangiare». Ecco un esempio di invito chiaro: «Mi piacerebbe che tu e Mariella veniste a cena a casa nostra venerdì prossimo. Sarà una cosa semplice, tra amici: ci saranno anche Mario e Paolo con le rispettive mogli. Vi aspetto alle 19,45, così prendiamo un aperitivo. A proposito, sarebbe fantastico se portassi un po' del prosciutto che hai comprato in Umbria». Quanto più l'occasione ha carattere formale, e l'invitato deve prevedere un abbigliamento elegante o l'acquisto di un regalo, tanto prima gli telefoneremo. Evitiamo i toni perentori («Se non venite mi offendo») e non insistiamo davanti a un rifiuto («Perché non puoi venire? Dove devi andare?»); insomma, lasciamogli la libertà di dirci di no senza farlo sentire sotto accusa. Di fronte a una serie di «no» diversamente motivati, sarà il caso di fare un esame di coscienza: forse non ha piacere di frequentarci, e se si tratta di un nostro superiore sul lavoro, per esempio, o di una persona molto importante, non toccava a noi prendere l'iniziativa. È gentile da parte nostra accennare a chi sono gli altri ospiti, per permettere «ritirate strategiche» a chi non vuole incontrare una persona che proprio non sopporta. Per esempio, nei confronti di (ex) componenti di una coppia «scoppiata», telefoniamo a ciascuno dei due, avvertendolo della probabile presenza dell'altro: così sarà libero di declinare l'invito, oppure, se lo accetta, sarà psicologicamente preparato ad affrontare il «nemico» con stile.
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Rivolgendosi a una persona titolata i domestici diranno: « Signor conte », « Signori marchesa ». Un impiegato dirà: "conte, marchesa". Quando si è di pari condizione sociale, ma non in rapporti di amicizia, rivolgendosi a un uomo titolato sarà meglio chiamarlo per cognome, senza far precedere questo dal titolo. Se poi si è in rapporti amichevoli, si eliminano i vari "conte" e "marchesa" dalla conversazione. Non si dirà « contino » al figlio del conte, né « marchesina » alla figlia della marchesa. Di regola le qualifiche "don" e "donna" spetterebbero solo ai componenti delle famiglie insignite del titolo di principi e duchi (e dei conti e marchesi romani cosiddetti di Baldacchino). La qualifica "Donna" spetta anche alle consorti delle personalità indicate nelle categorie I e II nell'ordine di precedenza nelle pubbliche funzioni (vedere lo specchietto che è pubblicato a pag. 141), ma ormai se ne ammette un uso più elastico. È consuetudine, infatti, chiamare "Donna" le consorti di personaggi in vista o illustri. Tuttavia,abusare di questo titolo nella vita di società è uno snobismo ridicolo. Nel presentare una persona titolata, si dice: « conte Ferri» o « marchesa Prati ». Nel presentare i figli di un nobile: « conte Carlo Ferri » e « Donna Carla Prati », ma nel presentare una donna nobile - non sposata - si dirà semplicemente "la signorina X", se è molto giovane, oppure la si chiamerà "marchesa" se non è più giovanissima: mai Donna, se non ne ha il diritto. Ai Principi di sangue reale, ai granduchi regnanti ed ereditari spetta il titolo di Altezza Reale. A quelli di sangue imperiale, il titolo di Altezza Imperiale (per esempio, gli Arciduchi d'Austria). Ai Principi Sovrani(vedi Ranieri e Grace di Monaco) spetta il titolo di Altezza Serenissima. Ammessi alla loro presenza, ci si rivolge a lui dicendo « Monsignore », a lei « Vostra Grazia ». Alle Altezze Reali si parla alla terza persona. Nelle presentazioni, le signore fanno la riverenza, gli uomini un inchino. Non si fa il gesto di tendere la mano prima che l'Altezza Reale abbia tesa la sua. Di Principi oggi se ne incontrano un po' dappertutto: ai ricevimenti, nei luoghi di villeggiatura e di cura, sui transatlantici, ecc. Per quanto affabili e di facile approccio possano essere, il buon gusto vuole che si osservi nei toro confronti un contegno deferente e corretto. Il signore che viene a trovarsi alla presenza delCapo dello Stato, aspetta che gli venga tesa la mano. Nel prenderla, s'inchina. Una signora non fa la riverenza né al Presidente né alla Consorte del Presidente della Repubblica, ma marcherà la sua deferenza aspettando, anche lei, che le venga tesa la mano. Fatto il saluto, aspetterà ancora: non tocca a lei aprire il discorso. Non si rimane seduti al passaggio o in presenza del Capo dello Stato: gli si deve lo stesso rispetto che si deve alla bandiera. COME CI SI RIVOLGE: -a un Ministro del governo Signor Ministro -a un Senatore Senatore o Onorevole Senatore -a un Deputato Onorevole -a un Ambasciatore Signor Ambasciatore -a un Ministro Plenipotenziario Signor Ministro -a un Cardinale Eminenza -a un Vescovo Eccellenza -a un Nunzio Apostolico Eccellenza a un Prefetto Signor Prefetto -a un Sindaco Signor Sindaco -al Presidente del Consiglio della Corte di Cassazione della Corte dei Conti del Tribunale Signor Presidente -a un Curato Signor Curato -a un Ecclesiastico in generale Reverendo o Padre -a una Madre Generale Madre o Reverenda Madre -a una Madre Superiora Madre o Reverenda Madre -a una Suora Sorella -all'istitutrice italiana Signorina francese Mademoiselle tedesca Fräulein ingleseMiss -a un Pastore protestante Signor Pastore -a un Rabbino Dottore o Rabbi Rivolgendosi a un Capitano, a un Maggiore, a un Ufficiale superiore in genere, si dice soltanto il grado se i rapporti sono da pari a pari, o se chi gli parla è una signora: « Capitano, posso offrirle una tazza di tè? ». Ma a un anziano generale la giovane signora dirà: « Signor Generale ». Agli Ufficiali di Marina ci si rivolge con la qualifica di « Comandante », dal grado di tenente di Vascello in su. Ma a un Contrammiraglio o a un Ammiraglio ci si rivolge chiamandolo Ammiraglio.
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Riassumendo: A teatro non emettere né sbuffi né interiezioni se il violino stona, a una conferenza non agitarti se il conferenziere è in ritardo o se tu non condividi le sue idee. In un club milanese l'avv. Arturo Orvieto teneva una conferenza. A un tratto si impaperò. Era già accaduto a Demostene e a Lacordaire. Una brutta signora delle prime file - chissà perchè i clubs riservano le prime due file a certa gente che sarebbe molto più decorativo lasciare a casa? - pensò: «Si è impappinato». Ma, sprovvista della divina grazia del self-control, lasciò fuggire il pensiero dalla bocca. - Si, signora - le disse il conferenziere interrompendosi - mi sono impappinato. Non mi era successo prima, perchè avevo tenuto lo sguardo fisso su di lei. Appena l'ho distolto, ho visto entrare quella splendida signorina che sta cercando una sedia. Tutto il pubblico si volse verso la signorina, poi verso la signora, incenerita, e con un applauso totale - sappiamo che simpatica carogna è la folla! - le diede sepoltura. Ecco perchè a pagina 318 ho raccomandato di abituarsi a non pensare ad alta voce.
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» Oltraggio chiamo io l'alterigia, i modi » Superbi, usati a me dagli insolenti » Ministri, o amici, o consiglieri, o schiavi, » Ch' io ben non so come a nomar me gli abbia » Quei che intorno ti stanno. E oltraggi chiamo » Quanti ogni giorno a me si fan; del nome » Appellarmi di re, mentre mi é tolto, » Non che il poter, per fin la inutil pompa » Apparente di re; vedermi sempre » Più a servitù, che a libertà, vicino ; » E i miei passi, i miei detti, opre e pensieri » Tutto esplorarsi, e riferirsi tutto; » E ogni dolcezza togliermi di padre; » E il mio figliuol, non che a mio senno il possa » Educar, né il vederlo essermi dato » E a me solo vietarsi ».
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A quei tempi le signorine educate parlavano in versi. Ora però, si può anche farne a meno.
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Il ricamo in bianco può farsi socio, traforato, a rammendo, per applicazione e per rapporto. I punti principali che si usano in questi lavori sono : la filza, il cordoncino (sopraggitto o soprammano), il punto buono od a raso, che alcuni chiamano plumetis, il punto smerlo, lo smerlo a centina, il punto penna, l'impuntura, il punto sabbia od impuntura arruffata, che in una parola non è altro che il punto cieco, il punto a nodini, a rammendo, a retina od a traforo.
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Il disegno si produce su tela cerata ; sui contorni s'imbastisce a punti minutissimi un passamano detto anche mignardise (V. Bulgarini). Le retine riempiono le parti interne del disegno e s'attaccano da ogni parte al passamano. Il punto fondamentale delle retine é il punto smerlo, che si fa ora tutto unito, ora lasciando degli intervalli tra un punto e l'altro, ora facendo i punti alternati a due a due, a tre a tre, ecc. A questo punto se ne aggiungono altri di fantasia, che si possono combinare a volontà. Finito il lavoro si tagliano al rovescio i punti d'imbastitura e si stacca cosi la trina fatta.
Pagina 198
A questa dà un buffetto, a quella un pizzicotto ; una spinge col gomito, a un'altra strappa la penna dalle dita, e gliele imbratta d'inchiostro ; insomma Ernestina è un vero frugolo. Chiamata dalla maestra a proseguire la lettura, erra sempre nel luogo di cominciare. Interrogata a rispondere intorno a qualche cosa già spiegata, ella non sa spiccare una parola. Or bene, come riuscirà Ernestina? Sarà sempre una zucca vuota.
Pagina 77
Se un poverino vien colto per istrada da una sincope, o gli si sloga un piede o un'inesperto automedonte lo manda a ruzzolare sul selciato; se uno di quei mille accidenti in somma che possono capitare a un galantuomo lo getta in terra e lo rende inetto a camminare, voi vedete in un'istante quel disgraziato circuito da una folla di curiosi che lo osservano, lo compiangono, lo interrogano e infine lo annoiano: da quei gruppi voi siate sicuri di udire a sorgere un torrente di invettive all'indirizzo dei cocchieri che ammazzano la povera gente, delle guardie che non li arrestano, del municipio che lascia deteriorare il selciato, del Governo che non s'incarica del tutto. Qualche volta per altro i primi sono da compatire perché han da fare con degli storditi che neanche una cannonata varrebbe a smuoverli dalla carreggiata e par lo facciano a cacciarsi nelle gambe dei cavalli. Le guardie anch'esse non hanno il dono dell'ubiquità, ne possono in conseguenza trovarsi appuntino dovunque succede una disgrazia. Il municipio per soddisfarli, questi piagnoni, dovrebbe stipendiare un esercito permanente di operai a riparare, a ripulire, a correggere ogni più lieve sconcerto del suolo pubblico; e il Governo, lui, può a gran pena provvedere a ciò che è più importante, vale a dire a premunirci dai malandrini d'ogni maniera: figuratevi se ha il tempo di provvedere ai disordini dell'acciottolato e all'imprudenza dei cocchieri.
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«Taluni - così il Francklin nella sua Vita - usann far disputare tra loro i figliuoli; non è savio un tale costume, poiché questi cavillatori, pronti sempre a contraddire, a confutare, non sogliono poi valere gran che nella condotta dei loro affari. Trionfano si a volte ma non guadagnano mai l'altrui simpatia che sarebbe molto più utile vittoria». È meglio, molte volte meglio che i ragazzi imparino a cedere che a sopraffare. Le liti onde sono rovinate tante famiglie sono generalmente sostenute da uomini che erano avvezzi, fin da giovanetti, a prepotere sui loro compagni.
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Il signor Goffredo non fece in tempo a rispondere alla sciocchezza del ragazzo che si udì un comando secco, emesso con il megafono. Di nuovo silenzio e una trepida attesa. Allora, come per incanto, accompagnata prima dal ronzare dei martinetti poi da un rumore sordo, la nave cominciò a muoversi, a calare verso l'acqua: a poco a poco accelerò la discesa, con la poppa alzò grandi schiume e infine, arrivata stabile e trionfante nel mare, parve essere soddisfatta ed esprimere: - Oh! finalmente sono a casa mia!
CIÒ CHE MARIO DEVE IMPARARE La maestra di Mario ha assegnato il posto a tutti i bambini, poi quando ognuno è seduto nel proprio banco ha cominciato a dire: «Quest'anno dobbiamo studiar tanto: dobbiamo imparare a conoscere il paese che abitiamo per rispettarlo; le persone che stanno intorno a noi per voler loro bene».
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e giungere presto a casa, ma allora sì che andava piano e che le gambe le facevano cicche ciacche. Basta, tutte le cose vengono a termine e venne a termine anche quella passeggiata notturna per le vie di Palermo. Appena a casa la vecchia dovette mettersi a letto perchè non ne poteva più, e in letto lesse il biglietto di donna Tura, che diceva:
- lascia la scatola nelle mani di Rita, e va a sedere sul canapè a dritta, asciugandosi gli occhi.
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Il signor Duchino è uscito e mi ha ordinato di dire a Vostra Eccellenza che non verrà a pranzo.
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- Volete ch'io vada a tirare a qualche beccaccia per avere il piacere di offrirvela?
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È andato a mettersi a letto con la scusa dell'emicrania, per non condurti da Rita, che ti voleva giovedì a casa sua.
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Non so perchè l'Amelia si sia incaponita a voler che mia moglie venga anch'essa a quella gita...
Pagina 45
- (va a battere con le nocche delle dita all'uscio di fronte, a sinistra).
Pagina 53
A trovare mia madre? a vedere i pentolini e i giornali?
Pagina 29
Il riso a quest'ora sarà stracotto. Andiamo a tavola!
Pagina 46
Tutti a maglia. Ne ha fatto uno a Ginestra. Vero Ginestra? No, Virginia è davvero molto industriosa.
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Se lei vuole, Giuliana, figlia mia, dirò a Virginia di fare anche a lei un piccolo cappotto. Oppure una giacca a maglia, se preferisce. Per Virginia, lavorare a maglia è una vera distrazione.
Pagina 52
Ma a forza di essere costretto, nella mia qualità di Avvocato, a incontrarmi ogni giorno familiarmente.... con la zia....
Pagina 17
A dirlo a te in confidenza, ho paura di aver capito ogni cosa. Ma non posso parlare.
Pagina 61
E me lo hai ripetuto tante volte, che, alla fine, io n'ero rimasta convinta e m'ero detto: - piuttosto che morire d'inedia a Roma, andiamo a seppellirci, provvisoriamente, nella campagna viterbese!... Mi annojerò a morte; ma avrò con quistato il benessere materiale...
Pagina 252
Basta poco, a vent' anni!... Pochi giorni!... Quanto a voi, rinunciate a poca cosa. E, da domani, cambierete vita!
Pagina 56
A che mai rinunciate?... A una passione di pochi giorni!
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Ed una basta a dissipare i dubbî... e un'altra a farti spalancare gli occhi... e la terza a far tendere le mani...
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Mi appello a voi che l'altra sera eravate a Sceaux... Che si diceva di Fulier?
Pagina 73
(Si mette a rammassare i vestiti dei bambini; a un tratto si arresta).
Pagina 46
Faremo a mezzo, come si conviene a marito e moglie; è un dovere.
Pagina 65
Perchè se tutte le donnine allegre sono come queste, non so proprio che gusto ci troviate a cercarle, a mantenerle, a disputarvele, e sopratutto a portarvele a cena! Io, come me, alzo il calice, e vi dichiaro che a queste orge sfrenate, preferisco ancora il banchetto della mia prima comunione!
Pagina 137
Che ti viene a portare dei fondi, a giudicare dalla tua contentezza...
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Oh a nulla. A soffrire un po' di più. Mammà lo sapeva?
Pagina 189
A pranzo hai mangiato. Discorrevi. Quando Massimo stava per andarsene, hai celiato sulla gita che faremo domenica a Chamonix. Hai parlato a mammà con tanta dolcezza. Ne ero così contento! Non ti sentivi nulla allora....
Pagina 209
A me? Tutt'altro. Che ci stanno a fare le carrozze in piazza?
Pagina 87
(fingendo di non capire e deviando il discorso; così, a a riprese, per tutta la scena).
Pagina 24
(a Santuzza, che arriva agitata dalla prima viottola a sinistra, col viso nascosto nella mantellina)
Piuttosto andate a dire a vostra moglie che suona la messa, scomunicato!
Pagina 17
Scellerati son coloro che ci mettono questo coltello nel cuore, a voi e a me. Chè se gli si spaccasse il cuore davvero a tutti e due con un coltello avvelenato d'aglio, ancora non sarebbe niente! Ora, se vedete mia moglie che mi cerca, ditele che vado a casa a pigliare il regalo pel suo compare Turiddu.
Pagina 43
In margine a questa lettera, scritto a matita, c'era un conticino da trattoria.
Pagina 128
No, va a coricarti. Eri già a letto quando son venuto.
Pagina 27
A letto?... No.... No.... grazie tante!... Prima.... No! a letto, no!... Chi dorme non piglia pesci....
Pagina 30
Almeno a me!... Voi non so. Siete così strana! A volte arrivo a dubitare persino delle parole che mi dite.- con cui mi fate perdere la testa.... dinanzi a tutto il mondo però!
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