calore delle ceneri cadute su Pompei dovevano avere un debole calore.
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L’ultimo colore, di una bella tinta rosa e dolce al tatto, che si riduceva in polvere impalbabile sotto le dita, esposto al calore, dopo anneritosi
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Secondo Thenard, Mèrimèe, Brunner e Lefort si ritiene fabbricato in questo modo: Si calcina portando il crogiuolo al calore rosso, una miscela di
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, tenace, ma meno molle dello stagno, tinge molto al tatto, fonde al disotto del calore rosso, e brucia all’aria con fiamma gialla scura
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bell’azzurro vivo. Resiste alla azione del calore e degli alcali, non però a quella di certi acidi che lo intaccano.
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La mastice è fragile, di frattura vitrea, trasparente, di colore giallo pallido. Si frange facilmente e al calore si ammollisce come cera. Ponendola
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Messi nel matraccio l’essenza, la resina ed il vetro pesto, si pone sul bagno-maria finchè a piccolo calore si sia sciolta la resina e dopo pochi
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del fuoco nudo, sempre regolare attentamente il calore perchè non volatilizzi l’essenza nè si carbonizzino le resine.
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Comunemente, per brevità d’operazioni, e perchè il calore assicura la limpidità del prodotto, le vernici all’essenza si fanno a bagno-maria. Non
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Si tenga il matraccio senza turacciolo alzato di otto pollici dal fuoco dolcissimo, per abituare il vetro per gradi al calore, tastando colle dita il
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il cammino del sole in modo che la bottiglia resti il meno possibile priva di calore. Si rimesti il liquido ad ogni occasione di avvicinarsi alla
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Occorre spesso molto tempo per ottenere la fusione del mastice al semplice calore del sole, talvolta molte settimane: ciò dipende dal grado di calore
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L’eccesso di calore produce sugli oli seccativi una decomposizione caratteristica; essi bollono in generale ad una temperatura di 300 a 400 gradi
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detta combinazione del minio si aumenta il calore sino a ridurre il minio incandescente, si forma sull’ossido di piombo un principio di vetrificazione in
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mano di colla, quando questa è secca, si copre dell’impasto di gesso e colla tenuto pronto, ad un grado di calore sufficente perchè non si rappigli la
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senza dar luogo a sviluppo di calore.
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Nelle pale d’altare esposte al calore ed al fumo dei ceri, la base del dipinto è sempre più offesa che la parte superiore. È chiaro che, tanto i
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al pennello come una tempera, e verniciata a cera, si fonde col calore, formando un corpo solo, a detta dell’autore, di una solidità considerevole
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Il calore delle dispute intorno all’encausto, che tiene luogo di argomentazioni presso tanti dei fautori della pittura a cera, non ha riscontro
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il sentimento di rimediare al lato difettoso dei primi studi con addizioni di materie insolubili ed opponentisi al calore ed agli attriti che sono i
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Il calore ritarda l’azione dissolvente che l’acqua produce sulla calce viva o caustica.
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grande calore l’acido carbonico si separa e si ha per risultato la calce viva.
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Emerge da questo semplice riflesso la inattendibilità che le sole dette mende del processo a tempera fossero alimento al calore d’indagini degli
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pallottole di cera mista a colore che si discioglievano esponendole al calore. I ferri caldi servivano a toccare il colore, penetrare nella cera
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sapone, asciugarla con uno straccio esponendola al calore. Dopo queste operazioni la tela può essere ridipinta ed è assai piacevole lavorarci sopra.
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