Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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  • Pagina 3 di 5

Per il 1° anniversario della sezione operai S. Giuseppe e per l’inaugurazione della compagnia del ven. n. Suplrizio in Caltagirone.

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1896
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 17-29.
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Pur questi fanciulli, questi giovanetti, hanno un cuore come il nostro, anzi più innocente; hanno un fine soprannaturale come lo abbiamo noi, e perché deboli e ignoranti delle vie della religione e della società però più degni d'aiuto. Perciò la Sezione Operai cominciò lo scorso anno insegnare il catechismo nella parrocchia S. Pietro; ma vedendo come è necessario non solo istruire la mente ma formare il cuore della gioventù, istituì questa Compagnia sotto la protezione del Ven[erabile] Nunzio Sulprizio.

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Per la solenne inaugurazione della cassa rurale di prestiti S. Giacomo

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1897
  • Scritti inediti, vol. i. 1890-1924, a cura di Francesco Piva, pref. di Gabriele De Rosa, Roma, Cinque Lune-Ist. Luigi Sturzo, 1974, pp. 30-45.
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Ma abbiamo inoltre la beneficenza; non solo la beneficenza privata, perocché chi ha trovato il capitale, lavora, risparmia e anche dona, ma la beneficenza collettiva della Cassa. Uno degli articoli dello statuto stabilisce che il tenue guadagno, detratte le spese necessarie e formato un mediocre fondo di cassa, non vada diviso tra i socii, ma che invece venga erogato ad opere cattoliche; come a dire, l'istruzione religiosa dei fanciulli, o le cucine economiche o i monti frumentarii o qual altra lo zelo dei socii e le circostanze vorrà che sia caldeggiata. Ed ecco le Casse Rurali basate sul principio cristiano dell'aiuto scambievole e non sull'egoismo liberale o sul sovversivo comunismo, trovare il mezzo ad associare le grandi ricchezze colle piccole proprietà, i modesti capitali coll'assiduo lavoro, i giusti risparmi colla generosa beneficenza; proprio quando i doppi nemici che ci tocca combattere, nell'ordine economico han portato lo scompiglio delle ruberie e delle miserie; e nell'ordine sociale l'ismodato desiderio di ricchezza senza lavoro, di capitali senza credito, di beneficenza senza bisogno.

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Rivoluzione e ricostruzione

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Sturzo, Luigi 4 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 264-308.
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Noi abbiamo fiducia nel lavoratore italiano, nella sua forza di organizzazione, di produzione, di risparmio e di espansione; noi abbiamo fiducia nel lavoratore italiano, che nei giorni della guerra e del pericolo ha fatto baluardo con il proprio petto contro la pressione dell'esercito nemico. La deviazione bolscevizzante non ha toccato, in gran parte della massa operaia, né i sentimenti di moralità domestica e religiosa, né quelli di nazionalità, né quelli di amore e sacrificio al lavoro. Il nostro lavoratore ha l'animo plasmabile a sane idealità, e deve essere elevato, più che nelle sue condizioni economiche, nella sua funzione civile. Per questo noi invochiamo la fine della seminagione dell'odio e della vendetta, e auspichiamo una politica sociale equilibrata e serena.

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Il partito popolare italiano già da più di un anno è andato insistendo su questo ordine di idee con memoriali e con affermazioni; fu accusato di germanofilia, ed anche nostri amici francesi ci ebbero in sospetto, quando abbiamo sostenuto una politica di risanamento economico dell'Europa, i cui riflessi si sentono assai più da noi, che siamo i più poveri dell'Intesa. Se l'Italia potesse arrivare al compenso fra crediti tedeschi e debiti anglo-americani, pur nulla prendendo di riparazioni, avrebbe un tale sollievo e creerebbe una tale fiducia all'estero, da porre una prima salda base alla sua rinascita economica.

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Non abbiamo vantaggio alcuno ad acutizzare i nostri rapporti con la Jugoslavia, né utilità a fare una politica equivoca con la Piccola Intesa; sì bene ad influire per la formazione di una economia degli stati successori, che possa ricreare il nostro mercato con loro in una larga zona doganale. A questa visione economica devonsi coordinare le varie questioni politiche, che potranno oggi avere la soluzione intermedia dei trattati già firmati, ma si avvantaggeranno di uno spirito di cointeresse che farà superare anche antipatie di razze.

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Un altro punto della nostra politica è il Levante, ove bisogna avere il coraggio di rinunziare a pretese economico-territoriali, quali il « tripartito » che desta antipatie, e che in realtà non potrà giovarci, perché non abbiamo capitale da esportare; invece dobbiamo riprendere i nostri traffici con il Levante, ed aumentare la nostra influenza culturale e religiosa; dobbiamo sostenere le nostre colonie con politica ferma perché insieme si ottenga il rispetto, necessario fra i popoli levantini, che disprezzano il debole e l'infido, ma stimano il forte e sicuro; il che è possibile, se, come per l'Italia, non han da temere né mandati (contro i quali bisogna riprendere la libertà di indirizzo politico) né pretese territoriali in Asia, né soverchiamenti politici nella Turchia europea.

Pagina 295

La regione

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1921
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 194-231.
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In primo luogo, l'organizzazione e la rappresentanza (diretta o indiretta) di quanto nel campo della cooperazione, delle assicurazioni sociali, della previdenza, della beneficenza, del lavoro, dell'agricoltura viene creato come organo tecnico o arbitramentale o di propulsione o di propaganda attualmente presso le prefetture e le intendenze di finanza o come organi autonomi di enti centrali, da passarsi, come abbiamo detto, alle regioni, dovrebbero trovare nelle provincie un mezzo di decentramento locale adatto a funzioni amministrative permanenti e a dare naturale sviluppo a quanto corrisponde agli interessi collettivi, senza le preoccupazioni politiche o burocratiche, di prefetture o di intendenze. E anche quando, nei vari corpi tecnici e consultivi da creare, occorra la rappresentanza del governo o di enti statali o semistatali, l'ente provincia è molto più adatto della prefettura a dare a tale corpo carattere amministrativo non politico.

Pagina 221

La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi

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Murri, Romolo 13 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, 1-297.
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Ogni uomo, lo abbiamo veduto nei giorni scorsi, ha bisogno, per la sua attività morale, di una risposta ai problemi ultimi dell'essere e del valore della vita e delle cose: tali risposte non ci vengono date dalla scienza né da qualsiasi ramo del sapere positivo; e la stessa infinita varietà di soluzioni pratiche da individuo a individuo mostra che intervengono in esse ragioni ed elementi soggettivi, immensurabili: una intuizione delle cose e del mondo, spesso inconsapevole, una valutazione morale rispondente agli stati interni di ciascuna coscienza, un giudizio appoggiato sull'autorità, riconosciuta o subita, di affermazioni altrui, sono i precedenti di tali risposte; ed esse, cioè le credenze le quali dirigono l'azione morale di ciascuno di noi, costituiscono la nostra fede.

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È necessario avere il cuore dove è il nostro tesoro; interrompere di quando in quando l'esteriorità e la spontaneità della nostra vita; ritirarci in noi stessi, gittare gli occhi nell'intricato groviglio dei nostri stati di coscienza, vedere che cosa ci è venuto dal mondo esterno, che cosa è spuntato nelle umide penombre della nostra coscienza, misurare il cammino percorso e la distanza dai nostri ideali, dagli scopi voluti raggiungere e forse ancora lontani, vedere, insomma, quale è il nostro posto nel mondo delle anime e delle coscienze, sia per riguardo a Dio sia per riguardo a coloro che amiamo e verso i quali abbiamo dei doveri. Colui al quale la coscienza è quasi un estraneo non ha il diritto di chiamarsi cristiano; poiché il primo atto che il cristianesimo ci chiede è appunto la formazione di quest'uomo nuovo, interiore, spirituale, vivente di fede e di carità; la formazione cioè di una coscienza nostra, luminosa e alacre in Cristo.

Pagina 131

E nei rapporti col prossimo e con la società la severa norma di bene che abbiamo detto esige anche abnegazione sincera e costante: la vita civile è ancora un campo aperto di competizioni, di lotte, di cupidigie quasi feroci nelle quali molti, purtroppo, si armano delle più violente e insidiose maniere di nuocere e di vincere, sbarazzandosi di ogni ostacolo; e lo spirito evangelico, specie quando esso comanda di resistere e di agir contro, non può parere, come non parve a D. Abbondio, il miglior mezzo per far la sua via fra i violenti e gli astuti, od anche solo per vivere in pace.

Pagina 144

Questo che io dico non vi parrà strano, dopo che abbiamo veduto come la più alta forma di vita della coscienza è l'unità e l'armonia di tutto l'essere umano, posseduto nella piena consapevolezza delle attitudini e dei fini suoi e nella ricerca, la quale è insieme parziale raggiungimento, di un termine che sia come la perfetta espansione dell'essere stesso nel bene.

Pagina 147

Il fatto religioso, che abbiamo sinora esaminato come cosa delle coscienze singole, ci ha già tuttavia presentato delle caratteristiche per le quali esso apparisce nella natura sua come fatto d'indole eminentemente sociale. La religione colloca l'uomo al suo posto nel mondo delle realtà in sé ed invisibili; essa spoglia la coscienza dalle illusioni di ciò che è concreto, individuale e passeggero, stabilisce dei rapporti di anime, ispirati dai fini comuni e perenni dell'esistenza, sopra ai rapporti di individui aventi un determinato posto nello spazio e nel tempo e delle cose fugaci alle quali essi attaccano il loro essere, tende a creare l'unione delle volontà nel bene e la comunione fraterna dei beni spirituali che sono appunto i più intimi e delicati tesori interni dello spirito: il quale è chiamato ad effondersi, prodigarsi, diremmo quasi a socializzarsi nella carità e in Dio.

Pagina 174

Questo processo di purificazione delle rappresentazioni del mondo da ciò che esse hanno di grossolano e di concreto e di unificazione delle volontà, è, abbiamo detto, lo scopo della religione.

Pagina 174

Se ciò che vi è di più umano nell'uomo, la tecnica, la politica, il diritto è principio di associazione ed impulso ad un crescente progresso di essa; se, come abbiamo veduto, le nostre anime sono come plasmate di elementi rappresentativi ed affettivi penetrati in noi dal mondo circostante, e, mentre tutta questa materia spirituale — permettetemi la parola — ci viene dal di fuori e ci appartiene in comune, nostra è a pena la consapevolezza maggiore o minore di quello che noi, plasmati di questa comune materia, spiritualmente siamo, ci è necessario concludere da tutto quel che siamo venuti dicendo sin qui, nei giorni scorsi, che di tutti i fatti umani la religione, principio primo della vita delle coscienze, è il fatto più intimamente e profondamente sociale.

Pagina 175

E noi abbiamo avuto anche, in uno di questi nostri discorsi sulla carità, occasione di vedere come l'unione doverosa nel cristianesimo non può esaurire l'intima forza di associazione che è nella carità: ma via via che gli animi sono maggiormente penetrati di questa, essi sentono il bisogno di più intime associazioni, sino a porre tutto in comune quel che essi hanno, a negarsi il diritto di proprietà individuale, a mettere tutta la loro vita a disposizione di un volere collettivo e d'una autorità liberamente costituita e accettata.

Pagina 178

Quindi appunto, come abbiamo detto che, se Gesù non era Dio, dunque egli non poteva avere rivelato l'assoluto della coscienza religiosa, la religione definitivamente vera, noi diciamo ora che, se l'eucarestia non contiene Dio vero e presente, essa non può essere il rito della comunione delle anime; poiché manca ciò che veramente unisce queste anime o con Dio o fra di esse, manca cioè Dio stesso. Il dogma della presenza reale salva quindi e garantisce questa verità del rito centrale del Cristianesimo e l'efficacia di esso: nell'eucarestia noi entriamo in contatto vivo e personale, benché spirituale, con la realtà divina, con il Dio che ha già assunto a sé l'umanità, l'umanità di Gesù Cristo, che fa di essa come il tramite d'una nuova e più vasta unione fra tutti i credenti ed il loro Padre celeste.

Pagina 205

Così il pentimento non è che la volontà del bene opposta a ogni male che si commette sulla terra, ma in particolar modo al male insinuatosi in noi medesimi, per debolezza nostra, per sorpresa, per possenti suggestioni, vittoriose forse un momento del volere buono; è la carità stessa, principio, come abbiamo veduto, di ogni vita morale nel cristianesimo: è, nella caratteristica sua, un episodio nelle vicende della lotta dell'anima per il trionfo sul male e sull'incosciente e per il possesso di sé medesima. E questo pentimento ha quindi virtù di far più intenso il volere del bene; esso ridà all'anima la consapevolezza di una forza che non è da essa, ma che è a disposizione di essa, di una bontà che sale, soffrendo e perdonando, verso la pienezza del bene.

Pagina 218

E se all'attitudine, che è in ciascuno di noi, ad una degna e umana vita di pensiero, di giustizia, di operosità fraterna, di bene e di amore, così poco risponde e più spesso ancora così stranamente contraddice l'effetto, dove dobbiamo cercarne le cause se non in questa forza impellente e quasi cieca con la quale noi vogliamo noi stessi, senza discernimento e senza misura, nel falso concetto che abbiamo di ciò che ci conviene e ci giova veracemente o nella debolezza per la quale la volontà nostra, accogliendo o subendo impulsi e determinazioni inferiori, diviene cattiva?

Pagina 22

E per l'opera tacita umile fiduciosa di ciascuna anima, questo immenso organismo che noi abbiamo veduto essere la gerarchia ecclesiastica acquisterà, nel promuovere dovunque ed in tutti i modi le cause del bene, una efficacia uguale alle necessità dei tempi od al divino ideale di bene che è il cristianesimo: e l'iniziativa risoluta, vigorosa, possente nel bene tornerà ad essere la prima e più stimata virtù di tutti coloro i quali danno sé stessi, senza riserve e senza rimpianti, alla cultura del bene nelle anime. Che se le anime timide inerti povere sfruttano le grandi istituzioni e le grandi cause, il fermo convincimento e il coraggio audace le promuovono e le fanno crescere; né può dare la ricchezza e i tesori della vita se non l'anima che ne ribocca.

Pagina 260

Ora per entrare nel regno dei cieli conviene, in un senso che è vero per tutti, lasciare le ricchezze ed i beni della terra, dividersi da essi, farsi poveri in ispirito, per effetto di quel profondo invertimento nel giudizio dei valori e delle realtà che noi abbiamo già esaminato e che costituisce la base stessa del cristianesimo. C'è dunque un equivalente psicologico delle ricchezze esteriori possedute, una ricchezza in ispirito, con la quale non si entra nel regno dei cieli, vale a dire nella vita religiosa; e che rende difficilissimo l'ingresso in questa a coloro che sono realmente ricchi. Frenare le passioni, privarsi dei piaceri carnali quando un alto scopo spirituale non li nobiliti, nel matrimonio religiosamente inteso e praticato, sottoporre l' uso delle proprie facoltà e dei proprii beni ad una giusta misura che indichi sempre presente il riferimento di essi a beni ulteriori e spirituali è il contrario dell'amare le soddisfazioni organiche e le ricchezze per sé medesime, sotto l'impulso della cupidigia cieca ed esclusiva dell'uomo animale. Per questo io vi dissi già da principio che tale rinnegamento dell'egoismo individualistico era il punto di partenza della vita religiosa; e non vi sorprenderà quindi il vedere come ora, a proposito dell'osservanza della legge cristiana nella sua pienezza, che è appunto questa legge dell'amore intesa nel suo significato più intimo e comprensivo, noi abbiamo veduto come proprio in questa osservanza è il rinnegamento pratico ed effettivo dell'egoismo. E se alcuno esaminasse studiosamente la storia comparata delle religioni verrebbe, crediamo, alla conclusione che mentre la giustizia, una certa solidarietà, l'ossequio e l'amore del Dio sono cose comuni ad altre religioni ed anime religiose, proprio del cristianesimo è l'aver posto così alto questo precetto dell'amor fraterno, come fonte di obbligazioni positive verso tutti gli uomini: sicché gli apparirebbe meravigliosamente esatta la parola di Gesù Cristo: in questo riconosceranno gli uomini che voi siete miei discepoli, che vi amerete gli uni gli altri come fratelli.

Pagina 82

Prefazione alla seconda edizione

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1907
  • Murri, La vita religiosa nel cristianesimo. Discorsi, Roma, Società Nazionale di Cultura, 1907, VII-IX.
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Degli elementi storici del cristianesimo, quale ci si offre oggi fra noi in coloro che ne hanno fatto oggetto di riflessione scientifica o di insegnamento pastorale, ed in coloro che lo vivono e praticano, ne abbiamo posto specialmente in rilievo alcuni, quelli che ci parevano più conformi all'essere vero del cristianesimo, al valore sostanziale delle sue dottrine e dei suoi precetti. Mancano, naturalmente, in questi discorsi le giustificazioni dell'uso da noi fatto di questi dati teorici sulle dottrine e sul rito cristiano; la giustificazione della nostra scelta è, o dovrebbe essere, nell'insieme, nel valore dell'impressione che essi possono produrre sugli animi, nell'efficacia dell'insegnamento così presentato; efficacia la quale è data dalla corrispondenza di questo con la segreta attesa dell'anima fatta vigile dalla parola interiore.

Pagina VII

I problemi del dopoguerra

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1918
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 32-58.
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Certo che noi, vecchia Europa, abbiamo una storia che non si cancella; istituti umani e religiosi, innestati nel tronco secolare e vivo della chiesa, sussistono anche là dove la riforma anglicana e luterana credeva spazzare il papismo, là dove l'ortodossia assiderava ogni attività cattolica e ne reprimeva ogni manifestazione, là dove il giurisdizionalismo sopravviveva con gli istituti dei placet e degli exequatur;e questa storia ci dice che in tutte le forme di esteriore compressione e limitazione della chiesa e nella sovrapposizione del potere politico, sopravvive una virtù energetica incoercibile come le acque del fiume, che non si può arginare, come la forza della terra che germina nelle aridità e fra le rupi, come la luce del sole che penetra le nubi e vince le tempeste. Ma non per nulla oggi la storia arriva ad una svolta tragica e dinamica; non per nulla i popoli affrontano i vecchi ordinamenti e ne cancellano le orme; anche oggi i giuristi debbono rivedere i loro postulati, e nell'invocato regime di libertà dar la sua parte alla chiesa.

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Quando si riannoda il potere e l'enorme sviluppo tedesco alla filosofia kantiana, quando la politica militarista prussiana è simboleggiata dal Treitschke, non si fa della sintesi fantastica per comodo delle unificazioni ideali, delle quali abbiamo bisogno per appoggiare le nostre categorie mentali; si fa insieme della sintesi reale e vivente. Il popolo è intuitivamente logico, e la legge ferrea dei fatti è insieme legge ferrea delle idee. La ripercussione dell'azione sul pensiero collettivo non è che identica nell'ordine delle cause, benché specificamente diversa nell'ordine degli effetti, a quella unità spirituale che c'è in noi tra il nostro pensiero e la nostra azione individuale. La somma collettiva delle ripercussioni tra pensiero e azione dà un risultato specifico, dinamico, pari alla forza logica e alla convergenza reale dei bisogni sentiti.

Pagina 56

Crisi e rinnovamento dello Stato

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Sturzo, Luigi 2 occorrenze
  • 1922
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 232-263.
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Per questo se oggi l'enunciazione nostra ad alcuni sembra superficiale ed esteriore, se altri crede che non abbiamo un vero riferimento economico, tutto ciò avviene perché il terreno dei contrasti è spostato nell'attrito dei partiti e nel prevalere delle fazioni. Ma solo che si consideri la imponenza del fenomeno sindacale, lo sconvolgimento portato dalla rappresentanza proporzionale, la profondità dei contrasti fra economia libera e burocrazia statale e l'assalto immane, colossale, di tutti gli appetiti burocratici o travettisti contro la finanza statale, si vedrà che le linee costruttive del partito popolare italiano sono semplici, ma toccano le radici del male e tendono ad una profonda trasformazione istituzionale.

Pagina 250

E noi abbiamo la maggiore considerazione, anche politica, dei valori morali, che debbono essere diretti a dare anche nella vita pubblica una forza di carattere che oggi invano si cerca. È questo un lato trascurato dagli altri partiti legati ad una preponderante preoccupazione materialistica, ma è invece il mezzo precipuo, più profondo del risorgimento del nostro popolo, che ha ancora le riserve morali immense della famiglia e della religione come la forza di espansione e di vita nel lavoro e nel risparmio.

Pagina 263

La stampa quotidiana e la cultura generale

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Averri, Paolo 4 occorrenze
  • 1900
  • Averri, La stampa quotidiana e la cultura generale, Roma, Società Italiana Cattolica di Cultura, 1900, IV-70.
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Noi abbiamo oggi ⸺ ed è notissimo ⸺ una vita pubblica sui generis, nella quale l'uomo, il cittadino, invece di occuparsi con competenza e con frutto di quella parte della vita pubblica che lo riguarda direttamente (la cooperazione economica, il bene comunale, ecc.) s'occupa invece di molte altre cose per le quali non ha alcuna preparazione e, letto il giornale, parla con gli amici e con i vicini di grande politica. Egli si aliena così dallo studio degl'interessi immediati che nascono dalla vita di famiglia e in essa si ripercuotono, per occuparsi di altri, a scapito dei legami politici e civili più elementari e della società sua, e con un empirismo vacuo e pericoloso del quale il giornalismo è il primo e forse il solo alimento.

Pagina 27

Né avviene mai che, anche quando dinanzi ai giornali sta una causa atta a portarli all'altezza di considerazioni puramente umane, e cristiane, essi non vi mescolino interessi meno alti e spesso o partigiani o oziosi: come abbiamo veduto recentemente o in America, nella guerra per l'indipendenza di Cuba, o in Francia, per la rivendicazione d'un uomo ingiustamente punito e disonorato con le pene più gravi.

Pagina 35

Ma, d'altra parte, abbiamo riscontrato nel giornale l'opera libera e cosciente di pochi e un proposito o un complesso di propositi diretti ad influire attivamente sulla opinione pubblica e sul corso della vita politica e sociale; sicché ci si presenta ora il motivo e l'opportunità di una ricerca psicologica intorno a questo ente collettivo che è la redazione d'un giornale, ed al modo come esso si forma, si sviluppa e si scioglie. E la ricerca è tanto più utile in quanto quell'associazione di cinque o dieci scrittori, che avviene nella sala di redazione d'un giornale, rappresenta e compendia in piccolo un'associazione più vasta che avviene fra uomini d'uno stesso gusto e d'uno stesso vedere; ed una corrente misteriosa si forma, per la quale, mentre la redazione ha presente nello scrivere un lettore impersonale, che è come la somma de' suoi lettori, dall'altra parte questi hanno in mente un giornale astratto che è un complesso stabile di vedute e di criteri pubblici, un orientamento politico e sociale fissato.

Pagina 44

Pagina 49

Il modernismo che non muore

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Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 37-59.
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Dei tre uomini che abbiamo più particolarmente nominato, uno, il Tyrrell, ci è mancato; ma nessuno dubita che, vivendo, egli avrebbe continuato ad occuparsi con eguale fervore, nella sua operosa solitudine di Storrington. del problema religioso, così come gli era apparso ed egli lo aveva, sino alla sua morte, studiato e discusso; "Si veggano in particolare, oltre all'Autobiografia, le ultime cose di lui">Da Dio o dagli uomini, in «Rinnovamento», I, 4Medievalismo, Roma, Libr. Editrice Romana, 1909Il cristinesimoal bivio, Roma, Voghera, 1910Il papa e il modernismo, Roma, Voghera, 1912 gli altri due, Loisy e Murri, con¬tinuano instancabilmente il loro lavoro : di critica religiosa, l'uno, di propaganda religiosa nella democrazia, l'altro. Chi riconosce d'aver sbagliato strada la muta. Se essi tirano innanzi per la loro via, mostrano nel miglior modo di ritenere che essa non era sbagliata.

In questo tentativo sta il modernismo, quello che non può morire, che è cominciato da secoli, anzi al principio stesso della Chiesa, con la lotta fra la vecchia concezione messianica del giudaismo e il Regno di Gesù, poi fra paolinismo e giudaizzanti, e che è la storia stessa interiore, dialettica, della vita della Chiesa; ad esso appartiene, con ben altro valore e significato da quello che abbiamo veduto nel capitolo precedente, l'iniziativa e l'opera dei principali modernisti; la quale, in quanto esprime un momento caratteristico di questo perenne processo di adattamento della realtà allo spirito religioso, momento che è ancora ben lungi dall'avere avuto il suo epilogo, continua necessariamente, in essi o in altri; e può anzi e deve essere ripreso con più consapevole programma e più organica solidarietà di sforzi.

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Ed ora ci apparisce meglio la verità di quello che abbiamo detto. L'errore del modernismo morto, la sua illusione, fu nel fare dell'elemento Chiesa, istituzionale e gerarchica, la norma e il contenente; dello spirito religioso l'energia assoggettata alla norma, misurata e contenuta da quello; nell'avere insomma ingenuamente pensati che ci fosse un tale istituto storico, perenne e fondamentale nei suoi elementi costitutivi, il quale potesse, senza alcun suo rivolgimento e sovvertimento interiore, far proprie le nuove esigenze dello spirito- religioso: coscienza, critica, democrazia. Il modernismo che non muore sta nell'aver invertito il rapporto, nell'aver fatto della coscienza religiosa la dominatrice vera delle forme istituzionali e gerarchiche, considerate oramai tutte e solo come strumenti e mezzi esteriori riformabili e rinnovabili.

Pagina 44

I cattolici e la questione politica in Italia

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Averri, Paolo 1 occorrenze
  • 1897
  • Averri, I cattolici e la questione politica in Italia, Torino-Roma, Giacinto Marietti, 1897, 4-31.
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E le leggi di proscrizione sono tali che quello che noi cattolici di azione abbiamo tutti scritto nell'anima, rappresentando il pensiero della fede, della storia, e le necessità più intime della patria nostra, ci è persino impedito dirlo, da una censura, che contro i cattolici, il partito nato dell'ordine, è tanto severa quanto ogni altra sia stata contro qualsiasi partito pervertitore.

Pagina 11

Introduzione alla sez. "Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922)

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Sturzo, Luigi 1 occorrenze
  • 1923
  • Opera omnia. Seconda serie (Saggi, discorsi, articoli), vol. iii. Il partito popolare italiano: Dall’idea al fatto (1919), Riforma statale e indirizzi politici (1920-1922), 2a ed. Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 101-131.
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I vecchi termini di contrasti fra stato e chiesa — dei quali abbiamo le prime tracce politiche all'inizio dello stato di tolleranza proclamato da Costantino Magno — si sono spostati nello spazio e nel tempo per quasi due millenni, ma non sono scomparsi, per una fondamentale ragione di lotta fra lo spirito e il corpo in ciascuno di noi, nel dualismo della concezione cristiana, per la quale i valori morali sono trasportati ad un piano più elevato (sovrannaturale) con una finalità al di là della terra e della vita. La coordinazione dei fini, in quanto è atto personale subiettivo, produce la perfezione cristiana fino alla santità; in quanto è atto collettivo e oggettivo, dovrebbe produrre uno stato di perfezione sociale, il che nel fatto è impossibile, nemmeno con una disciplina che arrivi alla coercizione non solo civile, ma anche religiosa.

Pagina 107

I primi cattolici in Parlamento

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Murri, Romolo 3 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari– Società Naz. di Cultura, 1908, 86-107.
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Nella politica del lavoro, invece, i cattolici troveranno modo di essere ascoltati e di influire, col programma di patronato e di assistenza che abbiamo già detto. Essi mirano già all'Ufficio del Lavoro e sarà ora più facile ad alcuno di loro il penetrarvi; difenderanno eloquentemente alla Camera le proposte di legislazione sociale che rientrino nei loro piani, tenderanno alla neutralizzazione dei sindacati operai; prepareranno e proporranno progetti di legge di vario genere, i quali, lasciando inalterata, sostanzialmente, la fisionomia presente del contratto di lavoro, tendano a rimuovere alcune cause di malcontento o ad appianare con minori difficoltà i conflitti fra capitale e lavoro. Avverrà certamente in Italia quello che è avvenuto in Francia, dove socialisti alla Millerand e cattolici del Musée social e abbés démocrates si danno cordialmente la mano nelle varie commissioni per la legislazione sociale.

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Abbiamo detto questo, perché l'entrare di un nuovo gruppo di forze nazionali in parlamento non valga a confermare gli italiani un pregiudizio il quale ha già fatto enormi danni al paese: quello di credere che, nella nostra vita pubblica, parlamento e governo debbano essere tutto, o quasi. I cattolici clericali che entrano oggi, in una grande luce di rosee illusioni, a Montecitorio, si dovranno forse persuadere fra non molti anni che parlamento e governo sono assai poco, e sarebbero più e farebbero meglio se meno ci si contasse e se avessero una parte più regolare e modesta in un grande sistema di attività pubbliche.

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Questo che siamo venuti dicendo varrà. anche, crediamo, a dare un idea della fisionomia che avrebbe a Montecitorio il gruppo parlamentare: gruppo poco numeroso, limitantesi ad una azione negativa, quanto alla politica ecclesiastica, dominato ancora dai timori di una politica di conservazione, dalla quale esso comincia solo ora faticosamente ad emergere, avente programma di patronato sociale, con delle nuances di protezionismo di Stato alla Bismarck, più libero ne' suoi movimenti per la maggiore omogeneità e compattezza del corpo elettorale nei suoi collegi rurali (e non è piccolo vantaggio, questo, poiché permette ad essi di preoccuparsi maggiormente di interessi generali); partito di idee medie, e proclive quindi ad appoggiare -governi mediocri, Vediamo ora brevemente quali potrebbero essere la sua azione e la sua influenza in ordine ai problemi politici di maggior momento che sono ora sul tappeto in Italia; problemi che abbiamo diviso in tre grandi categorie.

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Teogonie clericali

403905
Murri, Romolo 5 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 108-137.
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Quando, con l'avvento di Pio X al potere, vi fu, nella politica della Santa Sede per riguardo all'Italia, una mutazione sostanziale, non fu difficile, a chi conoscesse le idee ed i precedenti politici del nuovo Pontefice, prevedere a qual termine sarebbero state gradualmente condotte le cose in Italia; ad un accordo politico e parlamentare fra cattolici e moderati e ad una partecipazione dei cattolici alla vita pubblica limitata dalle esigenze di questo accordo. Di questa politica; che è una delle parecchie che il Vaticano avrebbe potuto fare, che è opposta a quella del Papa di ieri, come può essere, ed assai probabilmente sarà opposta quella del Papa di domani, noi abbiamo, solo come cittadini italiani, il diritto di parlare, discutendola e criticandola; ma, per il rispetto che abbiamo verso la Santa Sede, ci regoleremo verso questa alla stessa maniera che usano sudditi leali verso la monarchia; la considereremo, cioè, come non responsabile; e poiché mancano degli uomini designati da essa ad assumere questa responsabilità, noi dobbiamo addossarla a coloro che sono in parte esecutori, ma in parte anche artefici liberi e cooperatori, più o meno volonterosi, di questa politica; cioè non ai vescovi, che sitrovano in condizioni di non responsabilità simili a quelle della Santa Sede, o possono esser riguardati come semplici esecutori della volontà di questa, ì quali quindi farebbero domani una politica opposta, se opposto fosse il comando, ma ai cattolici laici di azione. Così solo, con una finzione giuridica e quasi costituzionale, che ha i suoi inconvenienti, ma ha vantaggi maggiori di questi, noi possiamo combinare la libertà di critica in materia politica — alla quale non rinunzieremo — con il rispetto dovuto alla Santa Sede, nell'esame oggettivo di una politica della quale dissentiamo radicalmente. Ciò, del resto, è tanto più facile, in quanto non intendiamo qui esaminare i motivi od i precedenti che possono ispirare questa condotta politica ad autorità ecclesiastiche, ma solo il valore politico ed i probabili risultati, politici e religiosi, di essa: come il lettore vedrà, nel seguito.

Pagina 108

Niccolò Gallo: ma abbiamo imparato che egli fu il candidato ufficiale dell'autorità ecclesiastica, non senza qualche riluttanza e timore, ed opposto al «divorzista» Scaduto; che un sacerdote capo delle associazioni economiche della diocesi di Girgenti lo dichiarò «uno dei nostri - ; che la vittoria del «figlio» de11'on Gallo è dovuta agli 800 e più voti di cattolici; e che, a elezioni avvenute, essendo la redazione della Tribuna di Roma montata in collera contro quella che pareva una defezione «figlio» dai principii liberali del padre, ed .avendo chieste spiegazioni, il neo eletto non è più «dei nostri», ma dichiara puramente di non dovere la sua elezione a nessun partito, di avere il preciso programma di «papà» e di essere riuscito grazie alle simpatie dei concittadini per questo.

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5° In tutto ciò essa non si limita ad esigere un astratto riconoscimento di principii teorici; vuol che questo si converta nella domanda positiva di appoggio alle istituzioni pubbliche, politiche od amministrative, nella lotta contro quegli elementi di sviluppo civile i quali sembrino involgere una qualche minaccia per lo spirito od il culto religioso; e mentre nelle file dei cattolici avversa le frazioni giovanili più democratiche; offre alla sua volta appoggio ed aiuto allo Stato, quando questo mostri di voler mettersi per una via di più severo controllo e di limitazione di quelle libertà pubbliche alle quali, come abbiamo veduto, la Chiesa stessa è opposta per principio.

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Avviene dunque, appunto come è avvenuto a Bergamo, che sinché i cattolici stanno alle spalle dei moderati o si limitano ad entrare in parlamento faute de mieux, come fu nel caso di Cameroni e di Mauri, le cose vanno liscie: ma quando essi si attentano a presentarsi come cattolici, e cercano, comunque, di formulare un loro programma che possa non essere sconfessato dal Vaticano, la incompatibilità, della quale abbiamo detto sopra, apparisce invincibile e stridente; e alleanze decennali, che parevano solidissime, si rompono, e la coscienza dell'interno dissidio finisce opera dell'improvvisa opposizione esteriore, snervando e spezzando il corpo elettorale cattolico; e il candidato di questo trova di non poter far di meglio che ritirarsi.

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E l'indole di questo conflitto interno e profondo della coscienza politica dei cattolici è illustrata, in maniera paradossale e unica, nel caso di Bergamo, del quale abbiamo già parlato, dal fatto che il candidato dei cattolici era un…moderato puro, il quale accettava il programma cattolico, come una formalità poco piacevole, e poi ne diveniva pietosamente vittima; e il candidato dei liberali era un ottimo cattolico che per nulla al mondo perderebbe la messa della domenica, se nonforse per un collegio politico; e una alleanza stretta contro i sovversivi si risolve improvvisamente in una alleanza dei moderati e sovversivi contro gli ex alleati dei primi, che si ritirano dalla lotta, per farsi perdonare dai moderati il loro cattolicismo e rinfoderarlo.

Pagina 136

La crisi religiosa in Francia (Lettere al "Corriere della Sera")

404141
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 207-245.
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E noi abbiamo fiducia che nella forma nuova nella quale i rapporti fra Chiesa e Stato troveranno il loro equilibrio in Francia, il cattolicismo, rinascendo, lo stesso e diverso, dalle rovine presenti, potrà rendere assai maggiori vantaggi alla Francia ed alle forze di libertà e di progresso che questo simpatico paese rappresenta, in Europa e nel mondo.

Pagina 244

La nuova politica ecclesiastica

404258
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 149-165.
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I promotori del movimento autonomo, che si impernia nella Lega democratica nazionale, furono spesso accusati di una confusione nociva fra il programma politico e sociale dei sociali-cristiani e quello filosofico-storico dei critici e degli intellettuali; ed essi hanno risposto che, se non è ufficio loro discendere alle particolari conclusioni dell'indagine storico-comparativa su questo o quel tratto, e se essi debbono quindi in qualche modo rimanere neutrali dinanzi alle questioni che riguardano questo o quel punto particolare del conflitto fra la critica e la teologia, nell'insieme, tuttavia, il grande moto di revisione critica del pensiero cattolico li interessa grandemente, perché esso solo può liberare i cattolici da quei vecchi e falsi abiti mentali, da quelle abitudini di giudizio e di condotta che noi abbiamo sopra cercato brevemente di caratterizzare, e che sono la base stessa e diremmo quasi, l'aspetto teorico del clericalismo italiano. Il conflitto, qui, prima che fra due politiche e due programmi, è fra due diverse concezioni della vita e della società umana.

Pagina 160

Che cosa fu il modernismo?

404491
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 6-36.
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Il modernismo, adunque, non fu un movimento interno della chiesa cattolica, ma appartiene ad un ciclo enormemente più vasto di generazioni e di creazioni spirituali; il problema che esso elabora non é quello di una riforma del cattolicismo, come parve, per l'errore che abbiamo mostrato, ai principali sostenitori, ma quello stesso delle assise spirituali della coscienza contemporanea, che ha eroso, con la critica e con la democrazia, ogni immaginata e presunta e creduta eteronomia della dottrina e dell'autorità. La chiesa cattolica aveva due buone ragioni di difendersi: quella che la toccava in proprio, in quanto i modernisti erano fra i cattolici, e quella che ha comune con ogni altro istituto o tradizione di eteronomia o di autorità discendente dall'alto e imponentesi dal di fuori.

Pagina 35

Introduzione

404542
Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1908
  • Murri, R. La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari– Società Naz. di Cultura, 1908, 16-29.
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Per noi, almeno, esso è questo: e tale noi abbiamo il diritto di volere che sia per tutti coloro che lo seguono: il cattolicismo è la nostalgia, è l'ansia, è l'opera eroica di una ascensione divina dello spirito. Nulla di più vile, di più triste, di più penoso per noi che chiamare cattolicismo altre cose, che farlo sete di dominio complotto di interessi, agenzia di collocamento o di assicurazioni varie, non raramente anche, come avviene nel mezzogiorno, complice di brutture e di brutalità, vergognose. E si ha il diritto di sdegnarsi e di insorgere contro queste profanazioni; e si ha il diritto di dire che molti uomini odiano il cattolicismo perché non lo conoscono e che non lo conoscono perché troppo spesso ne veggono intorno sé solo delle contraffazioni.

Pagina 27

Da un Papa all'altro

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1905
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 30-55.
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Qui sta oggi il pernio della questione politico-ecclesiastica in Italia: la tacita ed effettuale rinunzia della quale abbiamo parlato sopra è politica di grandissimi risultati, ma negativa e spontanea; e ci si è offerta come un rallentamento di resistenza, poiché a questa venne a mancare ogni fiducia nel successo più che come positivo orientamento nuo vo. Ma la politica negativa può essere un risultato o una crisi, non può essere un programma di azione; e se oggi noi non riesciamo ancora a discernere le linee d'un nuovo programma di politica ecclesiastica, adatto ai tempi e coerente, non dobbiamo meno per questo spiare ed indagare i fatti, per vedere che cosa essi ci dicono e che cosa vanno preparando.

Pagina 48

Clericalismo

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Murri, Romolo 1 occorrenze
  • 1906
  • Murri, R., La politica clericale e la democrazia, I, ne I problemi dell’Italia contemporanea, Ascoli Piceno-Roma, Giuseppe Cesari–Società Naz. di Cultura, 1908, 73-85.
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Le parole: conservatore, liberale, progressista, dicono oramai troppe e troppo vaghe cose, nel campo religioso: ad indicare gruppi e sfumature diverse abbiamo preso dal socialismo la parola riformisti ed ora l'altra integralisti;per designare il movimento dei giovani, nel cattolicismo italiano, si è foggiata la parola murrismo, ed ora, con termine più generico, che dai giornali è passato nei documenti delle autorità ecclesiastiche, si dice modernismo. A designare gli oppositori, i giovani usano la parola reazionari, e l'altra refrattarii, venuta di Francia, ed oggi più largamente la vecchia parola clericali, precisandone o mutandone il significato. In Francia e in Italia, i giovani sono anche giunti a dichiararsi apertamente anticlericali, in un senso che è certo diverso da quello più noto e comune; poiché questi anticlericali si dichiarono insieme buoni e fedeli cristiani e cattolici.

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Un solitario

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Murri, Romolo 2 occorrenze
  • 1920
  • Murri, Dalla Democrazia Cristiana al Partito Popolare Italiano, Firenze, Battistelli, 1920, 128-144.
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E infatti dai cattolici che hanno commemorato il maestro abbiamo sentito dire che egli fu un sociologo e un filosofo, una guida di anime ed un costruttore della società ideale. Ma la sociologia è disciplina spuria, positivismo larvato — caratteristica l'ammirazione del Toniolo per E. Spencer, — e non è riuscita mai a fissar chiaramente i suoi metodi e le sue pretese; ed è, quindi, alogicità e confusione. Né filosofo fu o pretese di essere il Toniolo, perché il suo assunto stesso, come vedremo, glielo impediva; se egli ebbe perfetta fiducia nella consonanza e nella identità delle esigenze del domma e della grazia cattolica con la ragione e la libertà umane, era la sua fede che gli ispirava questa fiducia piena, e la sua economia sociale è, per molta parte, teologia.

Pagina 136

Toniolo, abbiamo detto, non era di questi: dinanzi ai timori del Vaticano egli si sentiva senza colpa. Quando aveva detto, correggendo il grido di Marx: Proletari di tutto il mondo, unitevi in Cristo, per Cristo egli intendeva il Papa, suo vicario visibile.

Pagina 142