fremente nella mia testa; l'amor, l'orgoglio oblìa del tuo poeta, le sue lotte, i suoi sogni, e le sue pene, là nelle braccia della prima creta che
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coll'usato affetto e mi sedette accanto. Poi mi narrò de' suoi lunghi malanni e delle pene della famigliuola; sentirsi affranto e avvelenato ormai dall'afa
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!... Oh! vi potrei strappar, maschere oscene! Vi spezzerei scudi e freccie da nolo!... E sapreste che sian quaggiù le pene che all'onestà fan la perfidia
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