Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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FIGLIA DEL  RE  C'era una volta un Re e una Regina, che avevano una figlia
FIGLIA DEL RE C'era una volta un  Re  e una Regina, che avevano una figlia unica, e le volevano
volevano più bene che alla pupilla de' loro occhi. Mandò il  Re  di Francia per domandarla in sposa. Il Re e la Regina, che
occhi. Mandò il Re di Francia per domandarla in sposa. Il  Re  e la Regina, che non sapeano staccarsi dalla figliuola,
risposero: — È ancora bambina. anno dopo, mandò il  Re  di Spagna. Quelli si scusarono allo stesso modo: — È ancora
una pulce, non si lasciava acchiappare. Pel solletico, il  Re  rideva, ah! ah! ah!, e il pancione gli faceva certi sbalzi
Allora la Cecina! — Pancione del Re, Palazzo per me! — Il  Re  dal gran ridere, teneva aperta la bocca; la Cecina, dentro
che dal suo palazzo ordinava: — Datemi da mangiare! — E il  Re  doveva mangiare anche per lei. — Datemi da bere! — E il Re
Re doveva mangiare anche per lei. — Datemi da bere! — E il  Re  doveva bere anche per lei. — Lasciatemi dormire! E il Re
il Re doveva bere anche per lei. — Lasciatemi dormire! E il  Re  dovea stare fermo e zitto, perchè là Cecina dormisse.
del Re, ce ne volea della roba! E bisognava pagare. Il  Re  fece un bando: — Chi gli cavava la Cecina dallo stomaco,
Cecina cresceva, per quanto poco crescesse, il pancione del  Re  si gonfiava e pareva dovesse scoppiare da un momento all'
e pareva dovesse scoppiare da un momento all' altro. Il  Re  la pregava: — Cecina bella, vien fuori, ti faccio Regina! —
da bere. — Se non fosse stato il timore della morte, il  Re  si sarebbe spaccato il pancione colle proprie mani. E il
pancione colle proprie mani. E il popolo che brontolava: —  Re  pancione ingoiava tutto! Lavoravano per Re pancione! — Come
brontolava: — Re pancione ingoiava tutto! Lavoravano per  Re  pancione! — Come se Re pancione ci avesse avuto il suo
ingoiava tutto! Lavoravano per Re pancione! — Come se  Re  pancione ci avesse avuto il suo piacere! Lo sapeva soltanto
dalla fatica, sudavano. Arrivati nella pianura, e messo il  Re  a pancia all' aria, uno degli uccellacci gli diè una
Tutti cioncavano e si ubriacavano. E il pancione del  Re  si sgonfiò un poco. Allora l' altro uccellaccio gli diè la
ed ecco rigurgitar fuori tutto il ben di Dio mangiato dal  Re  in tanti anni; maccheroni, salsicciotti, polli arrosto,
a crepapancia, come fosse di carnovale. E il pancione del  Re  sgonfiò un altro poco. Allora il Re disse: — Cecina bella,
E il pancione del Re sgonfiò un altro poco. Allora il  Re  disse: — Cecina bella, vien fuori; ti faccio Regina! - La
da uno dei buchi, e ridendo rispose: Eccomi qua. - E il  Re  tornò com' era prima. Si sposarono; ma il Re, con quella
piangeva: — Ah, poverina me! Son Regina senza Re! — Il  Re  per questo lamentìo, non la poteva soffrire. Andò da una
Maestà! — Ah, poverina me! Son Regina senza Re! - Il  Re  rimase stupito: — Come lo sapeva? — Tornò dalla strega e le
a dormire. — Più tardi, Maestà; per ora non ho sonno. — Il  Re  aspettò, aspettò, e si addormentò lui il primo. La mattina,
Maestà. — Ah, poverina me! Son Regina senza Re! — Il  Re  rimase stupito: — Come lo sapeva? — Tornò dalla strega e le
dalla strega e le raccontò la cosa. — Maestà, invitate  re  Corvo; appena la vedrà, ne farà un sol boccone. — Venne re
re Corvo; appena la vedrà, ne farà un sol boccone. — Venne  re  Corvo: — Cra! Cra! Cra! Cra! - E come vide la Cecina, alta
una spanna, cra! cra! ne fece un boccone. — Mille grazie,  re  Corvo. Ora potete andar via. — Cra! Cra! Cra! Ma prima di
occhi. — E con due beccate gli cavò gli occhi. Il povero  Re  piangeva sangue — La Cecina morta, e lui senz'occhi! Ah,
al padre il consenso al suo matrimonio. Di fatti, va dal  Re  e gli espone il suo desiderio. Il Re, che non sapeva
non sapeva contraddirlo in nulla, manda un'ambasceria al  Re  di Portogallo che aveva una figlia bellissima, per chiedere
e si fanno feste non mai vedute. Il popolo esultava, il  Re  e la Regina esultavano, il Reuccio era mezzo matto dalla
C' era una 'volta un  Re  che avea una bimba. La Regina era morta di parto, e il Re
Re che avea una bimba. La Regina era morta di parto, e il  Re  avea preso una balila che gli allattasse la piccina. Un
il popolo desidera una Regina. — Talchè finalmente il  Re  si decise, e mandò a chiedere la figlia del Re di Spagna.
il Re si decise, e mandò a chiedere la figlia del  Re  di Spagna. Ma, andato per sposarla, si accòrse che era un
via: — Maestà, buona caccia! — Senti, strega, — le disse il  Re  — se ti trovo un'altra volta per la strada, te la farò
mezzo carbonizzato del Re, e lo fece risuscitare. Ma il  Re  era diventato un altro. Domandò umilmente perdono del male
distruggevano la bellezza e la pienezza di quelle. Il  re  Faraone chiese agli interpreti egiziani la spiegazione dei
certi occhietti piccini piccini. Il  Re  non aveva voglia di ridere; ma come vide quello sgorbio,
caro amico, ma ti darei il regno intiero. — Parola di  Re  non si ritira. — Parola di Re! — Il Nano partì. E non era
— Il Nano partì. E non era trascorsa una settimana, che il  Re  riceveva un avviso: — Domani, allo spuntar del sole, si
popolo, per far festa alla sua figliuola, che ritornava! Il  Re  e la Regina non osavano credere: dubitavano che quello
furono portate sulla piazza davanti al Palazzo Reale e il  Re  scese per fare la scelta. Quando vide quella bella ragazza,
Rosetta fu addetta al servizio delle guardarobe reali. Il  Re  s'informò dov'era, e ogni momento andava in guardaroba, con
gli faceva capire di non poterlo soffrire. Un giorno il  Re  le disse: - Rosetta, vedi, io piango sempre per te! -
Rosetta. Presto presto cava di tasca il fazzoletto che il  Re  le aveva mandato per il padre e gli dice: - Ecco, vedete,
Questo basta ad asciugare le lacrime di un anno. - Il  Re  guarda il fazzoletto, lo riconosce e pensa: - Ma che questa
pure! - E gli porge il coltello. Dopo questa prova, il  Re  si convinse che Rosetta era proprio la figlia del mercante
che guardava sulla piazza del palazzo. Il giorno dopo il  Re  si fece mettere su un cataletto e si fece portare sotto la
cancelliere, e Rosetta gli disse d'andarsene perchè del  Re  non voleva sentirne parlare. Poi le mandò il gran
il gran siniscalco, e a tutti ella diceva che il  Re  poteva far miracoli, ma per lei era come se non esistesse.
per lei era come se non esistesse. Finalmente un giorno il  Re  scese dalla schiava, le si gettò in ginocchio e la supplicò
molte riserve di grano per gli anni di carestia. Il  Re  ammirò la sapienza di Giuseppe e lo nominò vicerè, perchè
e battè su un timbro d'argento. Comparve un cameriere, e il  Re  gli ordinò di portargli tre canne di corda ben solida.
minore e le dice: - Vedi a che cosa m'hai esposto? Il  Re  me ne ha fatta un'altra delle sue. Quando gli ho detto che
il bene che mi volete, dovete farmi un piacere: andate dal  Re  e ditegli che io m'ammazzo per lui! - Figlia mia, sei
pazza! Ti pare che io possa tornare per la terza volta dal  Re  dopo che mi ha trattato come mi ha trattato? - Padre mio,
finalmente a strappargli la promessa che sarebbe andato dal  Re  e gli avrebbe fatta l'ambasciata. Il mercante giunge a
manda a dire a Vostra Maestà che si ammazzerà per lui. - Il  Re  aveva infilato nella cintura un bel coltello col manico
ed espugnata la fortezza di Ancona, l'esercito del  Re  proseguì verso il Napoletano. Alla sua testa si era posto
i suoi occhi di fuoco, gridò, con voce tonante: «Salute al  Re  d'Italia!». «Viva il Re d'Italia!», fecero eco i presenti.
gridò, con voce tonante: «Salute al Re d'Italia!». «Viva il  Re  d'Italia!», fecero eco i presenti. Poi Garibaldi,
non vuol ricotta; Vuol sposare la Reginotta; E se il  Re  non gliela, dà, Topolino lo ammazzerà. Il Re consultò
E se il Re non gliela, dà, Topolino lo ammazzerà. Il  Re  consultò subito i suoi ministri; ed uno di loro disse: —
mentre la Reginotta trovasi ancora nelle fasce. — Perciò il  Re  messe fuori un decreto: — Pena la vita a chi non teneva uno
Fate la carità! fate la carità! - il  Re  non se ne dava per inteso. La vecchina arrancava dietro il
cavallo. — Fate la carità! fate la carità! — Il cavallo del  Re  s' adombrò, e urtò la vecchina che cadde per terra. Il Re,
al dito; sarà la tua fortuna. - Arrivati in quel paese, il  Re  accompagnato dal servitore passò e ripassò davanti la
quello dovrà essere il suo sposo. Possiamo provare. — Il  Re  a questa notizia rimase un po' turbato; ma poi pensò: — Se
servigio: mi fido soltanto di te. Portami questa lettera al  Re  di Spagna, e attendi la risposta; ma nessuno dee sapere
— Allora lui prese la lettera della vecchina, e quella del  Re  la buttò via. Ringraziò e proseguì il viaggio. Era già
passato un anno, e non si era saputo più nuova di lui. Il  Re  tornò dal ciaba, e disse alla ragazza: — Quell'uomo dev'
è lo sposarci noialtri. — Maestà, come voi volete. - Il  Re  fece i preparativi delle nozze, e quando fu quel giorno,
Chi era? Non si vedeva nessuno. Se durava un altro po', il  Re  moriva d' inedia. Perciò mandò a consultare un vecchio
il destino era quello, e non volendo morire d' inedia, il  Re  cominciò dallo scarcerare la povera donna, e tornò a
mago — prepari una bella festa e faccia così e così. - Il  Re  fece dei grandi preparativi, poi, secondo le istruzioni del
— Bimbo mio, tu sarai Re! Ed era già Reuccio, poichè il  Re  lo adottava! — Qui entrò una guardia e disse: — Maestà, c'è
c'è di là un cenciaiuolo; rivuole il suo soldo bucato. — II  Re  non ne sapeva nulla; ma la povera donna rispose subito: —
— Eccolo qui. — — Sentita la storia di quel soldo, il  Re  pensò ch' era meglio tenerselo per sè. Andò di là, bucò un
diamanti, sempre a mucchi, eran più grossi e più belli. Il  Re  si vuotava le tasche, e tornava a riempirsele di questi.
d' oro del giardino reale. C' era lì una bisaccia, e il  Re  la colmò. Or che sapeva il motto, vi sarebbe ritornato più
che lo attendeva. — Maestà, la Reginotta ora è mia. — Il  Re  si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello zoticone? —
al palazzo ve ne accorgerete. - Arrivato al palazzo, il  Re  mette giù la bisaccia e fa di vuotarla. Ma invece di arance
soli: il mercante e quel contadino che mi ha preso. — Il  Re  lo mandò a chiamare: — Facciamo un altro patto. Dimmi il
è questo: Ti sto addosso; Dammi l' osso. — Va bene. — Il  Re  andava e ritornava più volte colla bisaccia colma, e
il contadino: — Maestà, la Reginotta ora è mia. — Il  Re  si fece scuro. Dovea dare la Reginotta a quello zoticone? —
padrone? Quello zotico? — Quello zotico, Reginotta, è più  Re  di Sua Maestà. — Se fosse vero, lo sposerei. Va' a
aperse la gabbia. Ma il cardellino non tornò. Una volta il  Re  domandò alla Reginotta: — O il cardellino non canta più? È
un bel pezzo che non lo sento. — Maestà, è sulla muta. - Il  Re  s' acchetò. Un'altra volta, dopo parecchi mesi, tornò a
pezzo che non lo sento. — Maestà, è un po'malato. - E il  Re  s' acchetò. Intanto la povera Reginotta viveva in ambascia:
piccino piccino, Intanto venne un' ambasciatore del  Re  di Francia che la chiedeva per moglie. Il padre ne fu lieto
marina, non indugiate per via. — Partito che fu l'Orco, il  Re  raccontò alla ragazza, per filo e per segno, tutta la sua
fatatura ve la darei io. — La ragazza era una bellezza; il  Re  l'avrebbe sposata volentieri. — Ahimè, bella ragazza! Ho
e gli strofinò il petto con una pomata di suo padre. Il  Re  fu fatato. — E ora bella ragazza, dovreste prestarmi una
atterrarlo tu dia i colpi dove ti dirò io. — Va bene. — Il  Re  brandì la scure, che tagliava meglio d'un rasoio e domandò:
di assestare il colpo alla strega: essa stava guardinga. Il  Re  fece: — Oooh! — Che vedi? — Una stella. — Di giorno? E
la Regina ha le carni dure come il legno! — Possibile? - Il  Re  e i ministri andarono ad osservare. La cosa era
Lei intanto parlava e si muoveva. I ministri dissero che il  Re  non poteva sposare una bambola, quantunque essa parlasse e
gliel'aveva fatto la figliuola dell' Orco, per gelosia. Il  Re  disse ai ministri: — Vado e torno. — E si trovò nel bosco,
è la scure che tu mi prestasti. - Nel porgergliela, il  Re  fece in maniera di ferirla in una mano. — Ah, Maestà, che
— Ah, Maestà, che avete fatto! Son diventata di legno! — Il  Re  si fingeva affittissimo di quell'accidente: — E non si può
tutta coll' olio che è lì dentro, e sarò subito guarita. Il  Re  prese il barattolo: — Aspetta che io torni! - Lei capì e si
rubato anello. — Non ti disperare, non è nulla. Quando il  Re  avrà sposato, appena la Regina sarà entrata nel suo
questo chiodo sulla soglia dell'uscio e vedrai. — Perciò il  Re  non trovava mai l'uscio, quando voleva entrare nelle stanze
C'era quel chiodo piantato lì, che glielo impediva. Il  Re  scoppiava dalla rabbia. Fece chiamare novamente il mago, e
e cadde per terra? — Sì. — Era lei, la fata Regina. — Il  Re  dovette persuadersi che era inutile lottare con una Fata, e
di Francia. Il servitore sposò la figliuola del ciaba; e il  Re  gli diè una ricca dote e lo fece intendente di casa reale.
gli diè una ricca dote e lo fece intendente di casa reale.  Re  e servitore ebbero molti figliuoli: E noi restiamo da
in Egitto fu venduto a Putifar, capo delle guardie del  re  Faraone. Allora fu incaricato del governo della casa, ed
Io li ho spremuti e ho offerto poi il vino in una coppa al  re  Faraone. Giuseppe, illuminato da Dio, rispose: - Passeranno
paghi. - Racconta, racconta - esclama Nino. - Una volta il  re  degli animali invitò tutte le bestie ad una assemblea.
Passin passetto, giunse invece il giorno dopo. Irato, il  re  le domandò chi l'aveva trattenuta a casa. - La mia casa
Poi la strada era tanto lunga! - Bene, bene - disse il  re  - giacché in casa ci stai calda e comoda, restaci per
ramo, e comincia a cantare. Il  Re  avrebbe voluto tirargli, ma faceva buio come in una gola.
occhi. Il cardellino cominciò a canzonarlo: — Pss! Pss! il  Re  dorme! Pss! Pss! il Re dorme! - E canta, canta, canta, il
a canzonarlo: — Pss! Pss! il Re dorme! Pss! Pss! il  Re  dorme! - E canta, canta, canta, il Re s' addormentava
dorme! Pss! Pss! il Re dorme! - E canta, canta, canta, il  Re  s' addormentava peggio d' un ghiro anche lui. La mattina
mano della Reginotta, e in men di tre giorni l'avrete. — Il  Re  lo prese per le spalle, e lo messe fuor dell' uscio. Il
mano della Reginotta e in men di tre giorni l'avrete. — Il  Re  lo prese per le spalle, gli diè una pedata e lo messe fuor
ritorno. — Maestà, eccolo qui. La Reginotta ora è mia. — Il  Re  si fece scuro. Doveva dare la Reginotta a quello zoticone?
— Tenetevi ogni cosa. Sarà quel che sarà! - E andò via. Il  Re  disse al cardellino — Ora che ti ho tra le mani, ti vo'
soli: il mercante e quel contadino che mi ha preso. — Il  Re  mandò a chiamare il contadino. — Facciamo un altro patto.
è questo: Secca risecca! Apriti, Cecca. — Va bene. — Il  Re  andò, disse il motto, e la Grotta s'aperse. Il contadino
 Re  non lo potevan trattenere: schizzava fuoco dagli occhi. Ma
lo voglio! Vo'rimanere ragazza. — Il peggio fu quando il  Re  di Francia mandò a dire che fra otto giorni arrivava. Come
Di' di sì, o ti faccio affogare! - E la Reginotta zitta. Il  Re  la calò fino a metà. — Di' di sì, o ti faccio affogare! — E
Di' di sì, o ti faccio affogare! — E la Reginotta zitta. Il  re  la calava più giù, dentro l'acqua; le restava fuori
Per mantener la parola ora patisco tanti guai! - Il  Re  di Francia arrivò con un gran séguito, e prese alloggio nel
Non vuol farsi vedere? — Maestà, è un po'indisposta. - Il  Re  non sapeva che rispondere, imbarazzato. — Portatele questo
arance d' oro, e il giorno appresso la Reginotta sposò il  Re  di Francia. E noi restiamo a grattarci la pancia.
— Maestà, buona caccia! — La buona caccia te la darò! — Il  Re  avea condotto con sè le sue guardie, e ordinò che quella
una prigione. Da quel giorno in poi, tutte le volte che il  Re  andò a caccia, non potè più tirare un sol colpo. La
Non potendo più fare il solito esercizio della caccia, il  Re  cominciò a ingrassare, a ingrassare, e in poco tempo
già allargato tutti gli usci delle stanze, perchè il  Re  potesse passare; e una volta gli architetti dissero che se
Sua Maestà col gran peso gli avrebbe sfondati. Il povero  Re  si disperava: — O che non c' era rimedio per lui? — E
è piccina come un cece. — Sposerò la tua Cecina! — Il  Re  avrebbe anche fatto chi sa che cosa, pur di levarsi di
pancione, correndo di qua e di là, come se il pancione del  Re  fosse stato per lei una collina.
mattine la tromba suonava e svegliava i soldati del Re. Il  Re  si chiamava Alcibiade I, e aveva, naturalmente, il manto
nèi sulla faccia. Lei disse: — Andiamo a presentarci al  Re  mio padre. Son tredici anni che non mi vede: - Al portone
venire dinanzi: — Chi sa, poteva anche darsi! — Il  re  la guardò da capo a piedi: gli pareva e non gli pareva. Lei
eran lì dal giorno avanti, e cominciavano a passare. Ma il  Re  volea del pesce ad ogni costo, e il cuoco li comprò: —
due giorni e cominciano a passare. — Sta bene, — disse il  Re  — portali in cucina. — In cucina il cuoco fa per
il sangue avea servito di colla. Colle orecchie, il  Re  suo padre raffigurolla ad un tratto: — È lei! È la mia
trovarono una granata fitta in mezzo alla stanza, e il  Re  disse ai ministri — Ecco Sua Maestà la Regina! - I
senza osar di rispondere: — Maestà, è una granata! — Il  Re  in quella granata ci vedeva la figliuola del ciaba, la più
e si sussurravano nell' orecchio: — Che disgrazia! Il  Re  è ammattito! Il Re è ammattito! — Però, prima di arrivare
nell' orecchio: — Che disgrazia! Il Re è ammattito! Il  Re  è ammattito! — Però, prima di arrivare in città, dove il
— Maestà, perdonate!... Ma questa qui è una granata! — Il  Re  montò sulle furie; la prese per un'offesa alla Regina. Fece
tornò sano e salvo, colino di regali. — Che rispose il  Re  di Spagna? — Maestà, il Re di Spagna rispose: Fai, fai,
di regali. — Che rispose il Re di Spagna? — Maestà, il  Re  di Spagna rispose: Fai, fai, fai, Non l' hai avuta e non l'
Fai, fai, fai, Non l' hai avuta e non l' avrai. — Il  Re  fece finta di esserne contento, ma chiamò un mago e gli
la mano! — Ahi! ahi! ahi! — Ora la cosa andava bene, e il  Re  ordinò di bel nuovo i preparativi per le nozze. E quando fu
questo è il vostro appartamento. — Ma, poco dopo, quando il  Re  volle andare a vederla, gira di qua, gira di là, non
di molti invitati; poi si ritirava nel suo appartamento. Il  Re  voleva andare a vederla; ma, gira di qua, gira di là, non
i baffi, fatemi la chierica.... - Don Josè credeva che il  Re  fosse impazzito. - Presto, don Josè, andate e stasera
vestito che v'ho chiesto. Non vi movete? Sono o non sono il  re  di Spagna, d'Aragona, di Castiglia, di Leone, di Sicilia e
e d'Isabella di Castiglia, sono o non sono Carlo V  re  e imperatore? - Sì, Maestà, siete il più potente sovrano
appunto per questo, mi pare che l'etichetta richieda che il  Re  ne' suoi viaggi sia accompagnato.... - Al diavolo
bella chierica nel centro della testa. Così trasformato il  Re  uscì dal Palazzo Reale di Madrid senza esser riconosciuto
Una burrasca gettò la nave sulle coste di Trapani, dove il  Re  comprò un mulo e su quello si avviò alla capitale
non ce n'erano, le campagne erano incolte e deserte, e il  Re  fu fermato tre volte nel viaggio dai malandrini. I primi
subito e lo ristorò, lo calzò e lo vestì, altrimenti il  Re  sarebbe morto di fame ne' suoi felicissimi Stati. Il fabbro
di nuovo il Tribunale discutesse la causa e la discusse. Il  Re  quel giorno era nell'aula vestito da misero abate. A un
vostri! Se non ve ne andate, vi tiro il calamaio! - Il  Re  non voleva altro. Si sbottona la tonaca, si apre il
giudici rimasero come morti. - Giudici infami, - esclamò il  Re  drizzandosi - così vendete la giustizia? Ordino e comando
furono squartati, scorticati e con la pelle dei giudici il  Re  fece fare tanti seggi e su questi seggi ordinò che
e per riconoscenza sposò Angelina, la figlia del fabbro. Il  Re  fece alla sposa doni sontuosi e volle che le nozze fossero
EMANUELE II Il nuovo  Re  di Sardegna si mostrò infatti degno figlio del magnanimo
tra l'altro quella di revocare lo Statuto. Il giovane  Re  (aveva 29 anni) si eresse in tutta la maestà della persona
entusiasmo anche il Granduca di Toscana, il Papa, il  Re  delle Due Sicilie furono trascinati a mandar truppe
truppe regolari in aiuto di Carlo Alberto. L'esercito del  Re  di Sardegna varcò il Mincio dopo un accanito combattimento,
— qui ci vuol Ranocchino, o la Reginotta è spacciata. - Il  Re  si disperava: — Dove prenderlo quel maledetto Ranocchino!
mandria, una corda lunga un miglio, e venite con me. — Il  Re  prese il coltello di diamante, il più bel bue della
lassù. —O come? — Maestà, ammazzate il bue e vedrete. — Il  Re  ammazzò il bue. — Maestà, scorticatelo e lasciate molta
e lasciate molta carne attaccata al cuoio. — Il  Re  lo scorticò e lasciò molta carne attorno al cuoio. — Ora
il coltello fra i denti è vi lascerete andar giù. — Il  Re  esitava. — E se la corda si spezzasse? — Tenendo il
compariva la ragazza più bella della luna e del sole. Il  Re  se la divorava cogli occhi, mentre quella ballava. Dovea
stata sua sposa! E lui se ne tornerebbe al palazzo reale,  Re  come prima e più beato di prima! Ma la sua disgrazia volle
più bella della luna e del sole, e si messe a ballare, il  Re  non seppe più frenarsi, le corse incontro e l'abbracciò,
pur detto io: Chi tocca stronca, Chi parla falla! — Il  Re  pareva di sasso: — Bisognava ricominciare? — Bisognava
ballato mai, con una grazia, con una sveltezza! Il povero  Re  non potè più frenarsi e le corse incontro e l'abbracciò: —
Ah, Maestà, Maestà! Chi tocca stronca, Chi parla falla! Il  Re  pareva di sasso: — Bisognava ricominciare? — Bisognava
- Che ministri? I vecchi eran morti e quelli del nuovo  Re  lo lasciavano cantare. Si rivolge al popolo: — Come? non
a quella finestra, suona questo zufolo e vedrai. — Il  Re  si affaccia, si mette a sonare, tì, tìriti, tì, ed ecco un
suo popolo, e l'ammirazione degl'Italiani, che al generoso  Re  di Sardegna e al suo saldo e fedele esercito cominciavano a
 Re  Sole continuò il suo viaggio, e quelle due sorelle se le
il Nano una volta. — Ah, nanaccio impertinente! - E il  Re  gli tirò un calcio alla schiena, che lo fece saltare dalla
come se nulla fosse stato. — Buon viaggio! — disse il  Re  tutto contento. Ma la Reginotta, da quel giorno in poi,
selvaggio; doveva tramare qualche brutta vendetta! — Il  Re  rispondeva con una spallucciata: — Se quello sgorbio gli
moglie. La Reginotta non disse nè di sì, nè di no; ma il  Re  e la Regina non vedevano l' ora di celebrare le nozze. Il
vivo! Par di sentirlo nitrire! - Scese a vederlo anche il  Re  con la corte; e tutti: — Par proprio vivo! Par di sentirlo
quella vista il  Re  ammattì: — Oh che bellezza! Dovrà esser mia! dovrà esser
e al sole non sta, Fosse chi fosse, non l'otterrà. — Il  Re  avrebbe voluto darglieli lui la pioggia e sole! Ma c' era
anche «Padre della Patria». Oggi il corpo del gran  Re  riposa in Roma nel Pantheon; ed a Roma l'Italia
tolsi di mano lo spiedo e infilzai lui. Poi lo portai al  re  dei Topi bianchi che aveva già messo cento topi alla
allegro, e disse: — E io ho fatto un bellissimo scherzo al  re  bianco. Caterí era presa d'ammirazione per Tit; tutti i
a sentirlo; egli aveva veramente l'aspetto di un re. — Il  re  dei topi bianchi, — proseguí Tit, — ha una grande paura dei
cartone e glielo legai alla coda mentre dormiva. Quando il  re  dei topi bianchi si svegliò, e si vide il gatto dietro,
era attaccato alla sua coda. E ancora scappa, sapete, il  re  dei topi; eccolo, passa proprio in questo momento.
di questo mostro? Io direi di farla ammazzare. - Il  Re  non ebbe animo di commettere questa crudeltà: — Mostro o
in segreto. E che pensò? Pensò di dar ad intendere al  Re  che era nuovamente gravida e, quando fu l'ora, gli fece
lei avea fatto comprare a peso d'oro in un altro paese. Il  Re  fu molto contento; e alla bambina mise nome Gigliolina,
che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia. — Ma il  Re  disse: — Chi tocca Testa-di-rospo l'ha da fare con me.
Quello filo vogliò io! quello lì lo voglio io!— Accorse il  Re  e disse: — Non ti persuadi che quello è un po' più grande?
che gli date retta? Testa-di-rospo parla da bestia. — Ma il  Re  disse: — Chi fa danno a Testa-di-rospo, fa il proprio
Questi sassi son per me; Non li cederei neppure al Re. — Il  Re  fece finta di non aversela avuta a male e la notte dopo
è vero nulla. Il mio seminato è più bello di prima. - Il  Re  si morse il labbro: — Dunque i suoi ordini non erano stati
di quella nottata, non si poteano neppur muovere, il  Re  rimase! — Quest' altra notte, ad ora tarda, si mandi lì
è vero nulla. Il mio seminato è più bello di prima. - Il  Re  si morse il labbro: — Dunque i suoi ordini non erano stati
gli scoppiavano e che metà eran già morti di ripienezza, il  Re  rimase! — Qui c' è un mistero! bisogna scoprirlo. Vi do
mistero! bisogna scoprirlo. Vi do tempo tre giorni. — Col  Re  non si scherzava. I ministri cominciarono dal grattarsi il
fessure, si misero a spiare attraverso a queste. Il  Re  non avea potuto chiuder occhio pensando all'accaduto: e la
con quella sonata; e dopo le dice: Bella figliuola, se il  Re  ti vuole, Dee star sette anni alla pioggia e al sole. E se
anni alla pioggia e al sole non sta, Bella figliuola, il  Re  non ti avrà. — E poi? — E poi smette di sonare, e quella
questo cameriere e pigliamo il Re. Bisogna sapere che il  Re  aveva la manía dell'acqua e non predicava altro che
carne del collo di una povera donna di faccende. Dunque il  Re  cercava sempre donne di servizio e ogni tanto domandava a'
donna Peppa e di donna Tura. - Don Giovanni, - gli disse il  Re  - che novità ci sono? - Io, Maestà, non ho alcuna novità da
a tutti i costi, così ordino, e così voglio! - Quando il  Re  ordinava e il Re voleva, bisognava obbedire senza fiatare.
così ordino, e così voglio! - Quando il Re ordinava e il  Re  voleva, bisognava obbedire senza fiatare. E così fece don
servizio, - e rispose: - Sono il cameriere di Sua Maestà il  Re  nostro signore per grazia di Dio! - Ma che re e non re !
Sua Maestà il Re nostro signore per grazia di Dio! - Ma che  re  e non re ! Noi col Re non abbiamo mai avuto nulla da
il Re nostro signore per grazia di Dio! - Ma che re e non  re  ! Noi col Re non abbiamo mai avuto nulla da spartire, e a
signore per grazia di Dio! - Ma che re e non re ! Noi col  Re  non abbiamo mai avuto nulla da spartire, e a quest'ora non
quelle vecchie orrende, si sgomentò tutto, ma pensò: - Col  Re  non si scherza, e se lo faccio aspettare e non gli porto
il cameriere disse a donna Tura, che era la maggiore: - Il  Re  vi vuole subito, e il Re non intende di aspettare. Dunque
Tura, che era la maggiore: - Il Re vi vuole subito, e il  Re  non intende di aspettare. Dunque vestitevi per bene e io vi
vestitevi per bene e io vi ci accompagno. - Ma il signor  Re  che può mai volere da me? - Non lo so, e non facciamo
più perchè non aveva coraggio di comparire davanti al  Re  così brutta e mal vestita. Il cameriere chiama il
- State zitta! Peggior disgrazia non poteva capitarmi. Il  Re  mi ha mandata a chiamare, e come faccio a presentarmi a lui
- Il cameriere si sentì allargare il cuore di condurre al  Re  quella bella cameriera vestita come una gran signora e
servizio, condusse donna Tura in un salottino privato del  Re  e le disse d'aspettare. Quando il Re entrò la squadrò da
salottino privato del Re e le disse d'aspettare. Quando il  Re  entrò la squadrò da capo a piedi. - E lei chi è? - le
cameriera portata da don Giovanni. - Badi, - le rispose il  Re  che vedendola così bella e ben vestita non s'attentava a
Così le tengo sempre anche quando faccio il servizio. - Il  Re  s'accostò per guardarle le mani e sentì che la cameriera
vedendo tornare la sorella, si veste e va al Palazzo del  Re  a cercarla, e là giunta la fa chiamare. Donna Tura le va
abusava. A tavola beccava peggio di prima, nei piatti del  Re  e della Regina; razzolava, come se nulla fosse, nei piatti
volta passi. Un'altra volta te la farò vedere io! - Il  Re  scrisse di bel nuovo la lettera, e la lasciò sul tavolino
galletto, e gliela insudicia proprio dov' era la firma. Il  Re  perdè il lume degli occhi: — Sporco galletto! ora ti concio
è nulla. Domani prenderai un po' di becchime, tornerai dal  Re  e farai: billi! billi! Sentendo la tua voce, il galletto
la cresta doppia d' oro. — E cresta doppia d' oro sia! - Il  Re  cominciava a stufarsi; ma il gallo, con quegli sproni d'
Maestà, vo' mezzo regno; ho corona al par di voi! - Al  Re  scappò la pazienza: — Levatemelo di torno, questo gallaccio
qui ci vuole Fata Morgana; mandatela a chiamare. — Il  Re  mandò a chiamare La Fata Morgana. La Fata rispose: — Chi
Fata rispose: — Chi vuole vada, chi non vuole mandi. — E il  Re  dovette andarci egli stesso in persona. — Maestà, finchè
se ne pigli! E spargerete per terra l'ultimo grano. Il  Re  s' ingegnò di far tutto a puntino. Quando fu il momento:
soltanto la cresta e gli sproni. Ma non importava. Il  Re  disse al popolo: — Non ho figliuoli, e questo qui sarà il
che non ne farete nulla. - Stretto fra uscio e il muro, il  Re  accettò. Il forestiero cavò di tasca una boccettina, che
partorì e fece una bella bambina. A questa notizia il  Re  diede in uno scoppio di pianto: — Povera figliolina, che
fate caso. — La Reginotta cresceva più bella del sole; il  Re  e la Regina n' erano matti. Quando entrò nei sette anni,
Il giorno che la Reginotta compì i sette anni, il  Re  disse alla Regina:
CAVALLO DI BRONZO C' era una volta un  Re  e una Regina, che avevano una figliuola più bella della
Se fra due giorni non avrà lì la sposa, guai a voi! — Il  Re  non sapeva che cosa fare, e radunò di bel nuovo il
Se domani la sposa non sarà lì, guai a voi! - Il povero  Re  e la povera Regina avrebbero battuto il capo nel muro. —
salvezza del regno, bisogna sacrificare la Reginotta! — Il  Re  non sapeva rassegnarsi: avrebbe dato anche il sangue delle
s' avviò verso il bosco. Arrivata lì, abbracciò il  Re  e la Regina confortandoli che sarebbe tornata a vederli, e
dalla Fata gobba: altrimenti non ci sarà verso. — Il  Re  le turò le orecchie a quel modo, e lei partì. Giunta
la testa! La mala fortuna ci vien per lei. - Il  Re  non sapea risolversi: — Non era sangue loro? — Farò di mio
dovrai tornare indietro. — Maestà, sarà fatto! — Intanto il  Re  ordinava gli si chiamasse la zingara: — Dimmi la ventura di
la città mondiale e capitale d'Italia. In essa risiede il  Re  ed in una parte di Roma, la città del Vaticano, risiede il
C' era una volta un  Re  e una Regina. La Regina era incinta. Un giorno passò una di
di quelle zingare che van dicendo la buona ventura, e il  Re  la fece chiamare: — Che partorirà la Regina? — Maestà, un
della mamma e si mise a poppare. Quando fu addormentato, il  Re  gli aperse la bocca e vide che avea davvero un dente
oro straluccicava. Un giorno ripassò quella zingara, e il  Re  la fece chiamare: — Dimmi la ventura di Serpentina. — Buona
a una grotta: la Fata gobba abita lì. — Va bene, — disse il  Re  — partirò domani. - Prese le provviste per otto giorni, e
un urlo di creatura umana: — Ahi! m' ammazzano! ahi! — Il  Re  si fermò, irresoluto; quel grido strappava l' anima!... E
Emanuele III, il Sovrano che oggi felicemente regna.  Re  Vittorio Emanuele III e la Regina Elena del Montenegro,
è soprattutto, come il grande avo di cui porta il nome, il  Re  vittorioso ed il Re restauratore.
il grande avo di cui porta il nome, il Re vittorioso ed il  Re  restauratore.