Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNICT

Risultati per: abbandonarsi

Numero di risultati: 3 in 1 pagine

  • Pagina 1 di 1

Mitchell, Margaret

221961
Via col vento 3 occorrenze
  • 1939
  • A. Mondadori
  • Milano
  • Paraletteratura - Romanzi
  • UNICT
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Geraldo aveva cominciato ad abbandonarsi a una collera piacevolmente clamorosa, quando qualche cosa nel volto addolorato di Rossella lo fermò. - In fondo, sei giovine. L'amore per la terra ti verrà col tempo. Non potrà essere diversamente, perché sei irlandese. Ora sei una bambina, preoccupata soltanto dei tuoi adoratori. Quando sarai piú vecchia, vedrai... Ora rifletti, cerca di pensare a Cade o ai gemelli o a uno dei ragazzi di Evan Munroe, e vedrai come ti metterò bene a posto! - Oh, babbo! Geraldo era ormai stufo della conversazione e infastidito del problema che veniva a gravare sulle sue spalle. Inoltre si sentiva offeso che Rossella avesse ancora l'aria desolata dopo che le erano stati offerti i migliori giovanotti della Contea e per di piú, Tara. A Geraldo piaceva che i suoi doni fossero accolti con battimani e abbracci. - Ora non facciamo il broncio, madamigella. Non importa sapere chi sposerai, purché sia uno che la pensa come te e sia un bravo e orgoglioso meridionale. Per una donna, l'amore viene dopo il matrimonio. - Oh babbo, queste sono idee del tuo paese! - E sono idee ottime! Guarda un po', questi americani che hanno la smania di fare dei matrimoni d'amore, come i servitori, come gli yankees! I matrimoni migliori avvengono quando i genitori scelgono per la ragazza. Come potrebbe una stupida ragazzina come te distinguere un gentiluomo da un mascalzone? Guarda i Wilkes. Che cosa li ha conservati forti e orgogliosi attraverso tante generazioni? Il fatto di essersi sempre sposati tra di loro; tutti hanno sempre sposato i cugini o le cugine desiderate dalla famiglia. Rossella diede un piccolo grido, sentendo rinnovarsi la sua pena alle parole del padre che confermavano la tremenda inevitabile verità. Geraldo guardò il suo capo chino e si sentí a disagio. - Piangi? - chiese; e cercò di sollevarle il mento mentre sul suo volto si dipingeva una grande pietà. - No! - gridò la fanciulla con ira, volgendo altrove la testa. - Dici una bugia, ma ne sono fiero. Sono contento che tu sia orgogliosa; e voglio che questo orgoglio tu lo dimostri domani. Non mi piace che tutta la Contea spettegoli e rida di te, perché hai dato il cuore a un uomo che non ha mai avuto per te un pensiero che non fosse di semplice amicizia. «Lo ha avuto il pensiero» disse fra sé Rossella dolorosamente. «Oh, ne ha avuti tanti! Lo so. Ne sono certa. Se avessi avuto ancora un po' di tempo, so che lo avrei condotto a dirmi... Oh, se non fosse che i Wilkes debbono sempre sposarsi fra cugini!» Geraldo le prese il braccio e lo passò sotto al suo. - Ora andiamo a cena; e tutto questo rimane fra noi. È inutile preoccupare tua madre. Soffiati il naso, bambina. Rossella si soffiò il naso nel fazzoletto lacerato; quindi si avviarono a braccetto per il viale, col cavallo che li seguiva lentamente. In prossimità della casa la giovinetta stava per ricominciare a parlare, ma vide sua madre nella semioscurità del porticato. Aveva la cuffia, lo scialle e dietro a lei era Mammy col volto annuvolato, tenendo fra le mani la borsa di cuoio nero in cui Elena O'Hara portava sempre le bende e i medicinali che adoperava per curare gli schiavi. Le labbra di Mammy erano grosse e pendule; e quando essa era indignata, quello inferiore poteva raggiungere il doppio della sua lunghezza normale. In questo momento era lunghissimo, e Rossella comprese che Mammy stava rimuginando qualche cosa che non approvava. - Mister O'Hara - gridò Elena quando li vide avvicinarsi lungo il viale. Elena apparteneva a una generazione che rimaneva cerimoniosa anche dopo diciassette anni di matrimonio e la nascita di sei figli. - Mr. O'Hara, c'è bisogno di me dagli Slattery. Emma ha avuto un bambino, ma è moribondo e bisogna battezzarlo. Vado con Mammy a vedere che cosa posso fare. La sua voce aveva un tono interrogativo, come se ella attendesse l'approvazione di suo marito; una semplice formalità ma che a Geraldo faceva piacere. - Santo Dio! - proruppe Geraldo - perché quegli straccioni della palude vengono a chiamarti proprio a ora di cena e mentre io desidero raccontarti quello che si dice della guerra ad Atlanta! Vai, signora O'Hara. Non dormiresti tranquilla stanotte sapendo che fuori c'è qualcuno che ha delle angustie e tu non sei ad aiutarlo. - Non riposare mai tranquilla, perché dovere tante volte alzarsi per curare negri e bianchi poveri che non possono curarsi da soli - borbottò Mammy con voce monotona mentre scendeva i gradini e andava verso la carrozza che aspettava nel viale laterale. - Prendi il mio posto a tavola, cara - disse Elena accarezzando dolcemente il volto di Rossella con la mano coperta dal mezzo guanto. Benché sentisse alla gola il nodo delle lagrime, la fanciulla rabbrividí al tocco magico della mano materna, e al debole profumo di verbena che emanava la sua veste di seta. Per lei vi era in Elena O'Hara qualche cosa che toglieva il respiro; un miracolo che viveva in casa con lei e le ispirava rispetto, la affascinava, la blandiva. Geraldo accompagnò sua moglie fino alla carrozza e diede ordine al cocchiere di fare attenzione. Tobia, che aveva cura da vent'anni dei cavalli di Geraldo, sporse le labbra con muta indignazione nel sentirsi dire come doveva guidare. Mentre si allontanava, con Mammy seduta accanto a lui, entrambi erano la perfetta personificazione del broncio africano pieno di biasimo. - Se io non facessi tanto per quegli straccioni bianchi degli Slattery ed essi dovessero pagare qualcuno per tante cose - si adirò Geraldo - sarebbero costretti a vendermi quei miserabili pochi jugeri di fondo di palude e la Contea sarebbe sbarazzata di loro. - Poi, rallegrandosi in anticipazione di una delle sue solite burle: - Vieni, figliuola; andiamo a dire a Pork che invece di comprare Dilcey ho venduto lui a John Wilkes. Gettò le redini del suo cavallo a un negretto che era lí accanto e si avviò su per i gradini. Aveva quasi dimenticato il crepacuore di Rossella, e pensava solo a burlarsi del suo domestico. Rossella salí lentamente gli scalini dietro a lui, coi piedi pesanti. Pensava che, dopo tutto, un'unione fra lei e Ashley non sarebbe stata piú strana di quella di suo padre con Elena Robillard O'Hara. Come sempre, si chiese come mai sua padre, cosí rumoroso e cosí poco sensibile, avesse potuto sposare una donna come sua madre; poiché mai vi erano state due persone piú lontane come nascita, come educazione, come abitudini mentali.

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Com'era bello abbandonarsi senza passione, senz'ansia, come nelle braccia di un amico diletto. Solo Ashley che condivideva i suoi ricordi e la sua giovinezza, che conosceva il suo passato e il suo presente, poteva comprenderlo. Udí rumore di passi fuori, ma non vi badò, credendo che fossero i carrettieri che andavano a casa. Rimase un istante ad ascoltare il lento battito del cuore di Ashley. Improvvisamente egli si sciolse da lei ed ella fu sorpresa dalla sua violenza. Alzò gli occhi stupita, ma egli non la guardava; al disopra della sua spalla, Ashley fissava la porta. Si volse: sulla soglia erano Lydia, pallida, coi suoi chiari occhi fiammeggianti, e Baldo, malevolo come un pappagallo guercio. Dietro a loro era la signora Elsing.

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Melania non aveva mai visto piangere un uomo; e non avrebbe mai pensato che Rhett cosí tranquillo e beffardo, cosí sicuro di sé, potesse abbandonarsi al pianto. Quei singhiozzi disperati la spaventarono. Pensò che era ubriaco; e l'ubriachezza suscitava in lei un istintivo terrore. Ma quando egli levò il capo ed ella scorse il suo sguardo, entrò nella stanza, chiudendo l'uscio dietro di sé, e gli si avvicinò. Non aveva mai visto piangere un uomo, ma aveva confortato le lagrime di molti bambini. Gli posò una mano sulla spalla; e le braccia di lui la circondarono impulsivamente. Prima ancora di essersi accorta di ciò che accadeva, si trovò seduta sul letto, col capo di lui nel grembo e le sue mani e le braccia aggrappate a lei in una stretta frenetica che le faceva male. Accarezzò dolcemente la testa nera mormorando: - Via, via! tranquillizzatevi! Ora sta meglio! A queste parole la stretta si fece piú convulsa ed egli cominciò a parlare in fretta, balbettando, con voce rauca, come dinanzi a una tomba che non avrebbe mai rivelato i suoi segreti mormorando per la prima volta in vita sua la verità, denudandosi spietatamente a Melania che fin dal primo momento, pur senza comprenderlo, fu soavemente materna. Parlava a frasi spezzate, nascondendo il capo nelle pieghe dell'abito della donna; a volte le sue parole erano smozzicate, soffocate, altre volte le giungevano all'orecchio anche troppo esplicite: parole aspre ed amare, di confessione e di avvilimento, che dicevano cose che ella non aveva mai udito neanche da una donna, cose che le facevano salire al volto le fiamme della verecondia, ringraziando Dio che egli tenesse la testa china. Gli accarezzò il capo come faceva col piccolo Beau, dicendo: - Zitto, capitano Butler! Non dovete dirmi queste cose! Non siete in voi... Zitto! Ma la voce di lui continuò simile a un torrente irrefrenabile, mentre egli si aggrappava alla veste di Melania come se quella fosse la sua speranza di vita. Si accusò di azioni che Melania non comprese; mormorò il nome di Bella Watling; e la impressionò con la sua violenza quando gridò: - Ho ucciso Rossella! L'ho uccisa io! Voi non capite. Lei non desiderava questo bambino e... - Tacete! Siete fuori di voi! Non desiderava un bambino? Ma tutte le donne desiderano... - No! No! Voi li desiderate. Ma lei no. Non un bambino mio... - Finitela! - Non capite! Lei non voleva altri bambini ed io l'ho resa madre. Questo... questa gravidanza è tutta colpa mia. Non dormivamo piú insieme... - Ma tacete! Non è conveniente... - Ero ubriaco, quasi impazzito e volevo farle male... perché lei mi aveva offeso. Volevo... ma lei non mi voleva. Non mi ha mai voluto bene. Ed io feci tutto il possibile per... - Vi prego! - E non ho saputo di questa gravidanza fino all'altro giorno... quando è caduta. Non sapeva dov'ero per potermelo scrivere... ma se anche lo avesse saputo non me lo avrebbe scritto. Vi dico... che sarei tornato subito se avessi saputo... anche se lei non avesse desiderato la mia presenza... - Oh, sono certa che sareste tornato! - Sono stato come pazzo, tutte queste settimane; pazzo e ubriaco! E quando me lo disse, sulle scale, sapete che dissi? Che feci? Risi e le dissi: «Stai allegra. Potresti anche abortire». E lei... Melania impallidí e i suoi occhi si spalancarono inorriditi. Il sole pomeridiano entrava a fiotti dalla finestra aperta e a un tratto ella vide, per la prima volta, com'erano grandi e forti le mani di lui e com'erano vellose. Involontariamente distolse lo sguardo da esse. Le sembrarono predaci, crudeli, eppure - aggrappate alla sua gonna - deboli e innocenti. Possibile che egli avesse saputo della menzogna sul conto di Ashley e di Rossella e si fosse ingelosito? Veramente, aveva lasciato la città subito dopo lo scandalo, ma... No, non poteva essere. Egli partiva sempre all'improvviso per i suoi viaggi. Non poteva aver creduto a quel pettegolezzo. Se fosse stato a causa di quello, perché non se l'era presa con Ashley? O non gli aveva, almeno, chiesto spiegazioni? Non poteva essere. Egli era ubriaco e spezzato dalla tensione, e la sua mente galoppava, come quella di un uomo in delirio, attraverso le piú strane fantasie. Gli uomini non sopportano la tensione nervosa come le donne. Rhett era sconvolto: forse aveva avuto una piccola disputa con Rossella e ora la ingrandiva. Forse qualche cosa di quanto diceva aveva un fondo di verità. Ma non certamente l'ultima frase! Nessuno può dire una cosa simile a una donna che ama con passione come Rhett amava Rossella. Melania non aveva mai conosciuto il male, mai visto la crudeltà; ed ora che la prima volta si trovava di fronte ad essi li trovava troppo inconcepibili per poterli credere. Rhett era ubriaco e malato. E coi bambini ammalati bisogna essere consenzienti ai loro capricci. - Via, via! - gli disse dolcemente. - Tacete adesso. Ho capito. Egli rialzò la testa violentemente e la guardò con gli occhi iniettati di sangue respingendo con impeto le sue mani. - No, perdio, non potete! Siete troppo buona per comprendere. Non mi credete; ma tutto quello che vi ho detto è vero ed io sono un cane. Sapete perché ho fatto questo? Perché ero pazzo di gelosia. Lei non mi ha hai voluto bene e io ho creduto di poter riuscire a farmi amare. Ma non vi sono riuscito. Non mi ama. Non mi ha mai amato. Ama... Il suo sguardo ubriaco, pieno di passione, incontrò quello di lei, ed egli si interruppe, rimanendo a bocca aperta, come se per la prima volta vedesse con chi stava parlando. Il volto di Melania era pallido e teso, ma i suoi occhi erano fermi e dolci, pieni di pietà e di incredulità. Vi era in essi una luminosa serenità; e l'innocenza di quelle pupille brune e profonde lo colpí come un fulmine, illuminando il suo cervello offuscato dall'alcool, trattenendo le sue parole folli, insensate. Egli balbettò qualche cosa di incoerente abbassando gli occhi, battendo rapidamente le palpebre mentre cercava di rientrare in sé. - Sono un mascalzone - mormorò, lasciando ricadere stancamente il capo nel grembo di lei. - Ma non fino a questo punto. E se io ve lo dicessi, non mi credereste, non è vero? Siete troppo buona per credermi. Non ho mai conosciuto nessuno, prima di voi, che fosse veramente buono. Non mi credereste, non è vero? - No, non vi crederei - rispose Melania calmandolo e ricominciando ad accarezzargli i capelli. - State tranquillo, capitano Butler! Rossella sta meglio... Non piangete! Vedrete che guarirà.

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