La serra offre ora – sul finire di una giornata d’inverno del 1789 – un curioso aspetto; sembra un giardino colle sue statue di Bacco, di Flora, coll’altare di Minerva, ed è sala, talmente ovunque vi sono sparsi mobili – e, perfino fra vasi di piante esotiche, un clavicembalo Silbermann – ed è campagna, anche, verso l’estremo lato sinistro dove, per una mite e microscopica collinetta, aprentesi ai piedi in grotte da ninfe, su sale a una casetta rustica da latteria e pastorelle addossata ad un infantile mulino.
(Olga risale, rotolando la bicicletta, fino al fondo del gran viale: De Siriex la segue, e stacca la sua dall’albero, cui era addossata: poi entrambi escono fuor dal cancello, e scompajono dietro le piante. – Fedora ripiomba nel suo dolore.)