Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

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der indog. Sprachen di A. Fick (1ª ed. 1867, 4ª ed. 1891).  Il  fatto di porsi, entro l'unità indoeuropea, dal punto di
analoghi a quelli che di colpo aveva raggiunti  il  Diez; come nel Diez, è nel Curtius assai più forte il freno
il Diez; come nel Diez, è nel Curtius assai più forte  il  freno dei ragguagli fonetici, egli ordina addirittura il
il freno dei ragguagli fonetici, egli ordina addirittura  il  suo materiale etimologico secondo le serie dei suoni con
materiale etimologico secondo le serie dei suoni con cui  il  greco corrisponde a quelli di altre lingue (in seguito a
a quelli di altre lingue (in seguito a cui, p. es., contro  il  Pott, stacca pur da poiné), o i varî dialetti greci
ma questa a sua volta è l'arma dell'etimologo, e  il  metodo gli pare tanto sicuro da augurarsi il momento in cui
e il metodo gli pare tanto sicuro da augurarsi  il  momento in cui la conoscenza della lessicologia greca sarà
etimologica. Ma questo maggior progresso conduce  il  Curtius a negare ogni valore di dimostrabilità all'ultima
in potenza tutte le forme e i significati della parola; per  il  Curtius e l'età sua la radice invece era poco più che una
e l'età sua la radice invece era poco più che una formula,  il  che faceva sì che egli ne concepisse il significato
che una formula, il che faceva sì che egli ne concepisse  il  significato fondamentale come rappresentante la generalità
ricostruzione globale del lessico indoeuropeo, esso ebbe  il  merito di dare occasione a distinzioni cronologiche e
va ascritto a questa o a quella lingua, o a gruppi di esse;  il  metodo ricostruttivo in quanto porta a isolare sottounità
sottogruppi, o da quello del Trautmann che lo rinnova per  il  Balto-Slavo e del Muller Izn per l'unità italica
italica (Altitalisches Wörterbuch, Gottinga 1925), e  il  trascurare queste distinzioni (come nel Vergl. Wörterbuch
stessa se ne andrebbe a spasso. È un bene? è un male? C'è  il  suo bene e il suo male di sicuro; se più dell'uno o
andrebbe a spasso. È un bene? è un male? C'è il suo bene e  il  suo male di sicuro; se più dell'uno o dell'altro, giudichi
assai complesse; fisiologiche e storiche le principali.  Il  linguaggio latino, propagato dalla maravigliosa espansione
virtualmente fino dall'età stessa della grandezza romana:  il  tempo a poco a poco li dischiuse. A seconda delle
a determinare. Contentiamoci dunque che anche  il  dialetto milanese ci venga davanti sfornito della fede di
celtiche, e propriamente galliche. Ora non par dubbio che  il  substrato celtico, per dirla col linguaggio di un nostro
linguaggio di un nostro illustre, sia stato di tutti forse  il  più sovversivo; che cioè le bocche avvezze alle favelle
latino. Ma lasciando anche stare tutta la vita preistorica,  il  milanese ne ha una storica e riccamente documentata di più
che rispondono a due intendimenti diversi. Nel primo  il  dialetto ha una certa qual pretensione di esser lingua, e
pure tra gente volgare, cerca di farsi bello. Così è che  il  milanese di Pietro e di Bonvicino è un milanese difforme di
o degenerate; non cerca in nessun modo di rappresentare  il  suono dell'ö come se nemmeno esistesse; elimina vocaboli
la gente colta guardò a cotesta plebea, che parlava pure  il  linguaggio usato anche da lei abitualmente; se la condusse
tenne fedele al dialetto, ch'era per lei ciò che per Orrilo  il  capello fatale. Suo ufficio principale fu di ridere e far
Suo ufficio principale fu di ridere e far ridere; era come  il  buffone di casa, allegro pressochè sempre, mordace assai
fino alla Fuggitiva del Grossi. Della letteratura in cui  il  linguaggio parlato si riflette tal quale, non possiamo
avere i monumenti più antichi. Fra quelli che possediamo,  il  primo a me noto, se si lascian da parte certe parodie
me noto, se si lascian da parte certe parodie forestiere, è  il  sonetto di Lancino Curti per la fuga di Lodovico il Moro,
è il sonetto di Lancino Curti per la fuga di Lodovico  il  Moro, pubblicato dal Cantù. Si tratta di un sentimento
Gerolamo Maderna, Paolo Varese. Non nomino con loro  il  Lomazzo, troppo povero, se gli si tolgono certe poesie,
accordo. Col Maggi, sul cadere del seicento, ebbe principio  il  periodo classico; ma fu nel settecento, soprattutto nella
ma fu nel settecento, soprattutto nella seconda metà, che  il  poetare milanese ebbe gran voga; sono tutti settecentisti e
ebbe gran voga; sono tutti settecentisti e contemporanei  il  Birago, il Larghi, il Tanzi, il Simonetta, il Balestrieri,
voga; sono tutti settecentisti e contemporanei il Birago,  il  Larghi, il Tanzi, il Simonetta, il Balestrieri, per nominar
tutti settecentisti e contemporanei il Birago, il Larghi,  il  Tanzi, il Simonetta, il Balestrieri, per nominar solo i
e contemporanei il Birago, il Larghi, il Tanzi,  il  Simonetta, il Balestrieri, per nominar solo i maggiori. E i
contemporanei il Birago, il Larghi, il Tanzi, il Simonetta,  il  Balestrieri, per nominar solo i maggiori. E i settecentisti
per nominar solo i maggiori. E i settecentisti son come  il  piedestallo su cui posa la statua del poeta milanese per
miracolo che fu Carlo Porta. Al Porta sopravvive molti anni  il  Grossi; al Grossi non molti il Raiberti. Degli epigoni è da
Porta sopravvive molti anni il Grossi; al Grossi non molti  il  Raiberti. Degli epigoni è da ricordare il Picozzi. Non
Grossi non molti il Raiberti. Degli epigoni è da ricordare  il  Picozzi. Non bisogna dissimularsi che la poesia milanese
dissimularsi che la poesia milanese non ripiglierà mai più  il  posto tenuto fino a trent'anni fa; ciò principalmente per
poi non è: al contrario di tante e tante altre. C'è dunque  il  milanese di Milano e quello non di Milano. E forse che
stessa parla tutta ad un modo? C'è, per cominciare di qui,  il  linguaggio delle Marchese Travasa e delle donne Fabie
che doveva un tempo essere ben più diffuso di adesso, se  il  Maggi lo mette in bocca a tutti i suoi personaggi
volgo o servidorame. Ma forse questo linguaggio, nonostante  il  paese dove ci occorre, è piuttosto da classificare col
col persiano, o collo zulù, che coi dialetti nostri;  il  suo più prossimo consanguineo dev'essere la lingua franca
tanto o quanto forestiero. E già, dugent'anni addietro  il  Meneghino del Maggi, che sapeva l'una e l'altra lingua e
le differenze, invece di accrescersi, sono venute scemando;  il  rimescolio tanto maggiore delle persone ne ha cancellate
mi contenterò di riferir quelli segnati da due autorità.  Il  Cherubini, principe dei milanesologi, cui per riuscire un
tardi, dice nella prefazione di quell'opera insigne che è  il  Vocabolario milanese-italiano « I monti della Valsassina
da tramontana a mezzodì; la Valle Assina fin presso Como,  il  Lago Maggiore e il Ticino fin presso Pavia per una curva
la Valle Assina fin presso Como, il Lago Maggiore e  il  Ticino fin presso Pavia per una curva declinante da
confini naturali del parlare milanese propriamente detto. »  Il  Biondelli poi, nel Saggio ben notevole sui dialetti
lombardi in due gruppi, orientale ed occidentale, e posto  il  milanese come principale rappresentante dell'occidentale,
pavese fino a Landriano e Bereguardo, e varcando quivi  il  Ticino, si estende in tutta la Lomellina e nel territorio
tutta la Lomellina e nel territorio novarese compreso tra  il  Po, la Sesia ed il Ticino, fino a poche miglia sopra
e nel territorio novarese compreso tra il Po, la Sesia ed  il  Ticino, fino a poche miglia sopra Novara. » Figuriamoci
così esteso ! Fra tutte queste varietà bisogna scegliere  il  milanese in senso stretto. Naturalmente sarà il milanese di
scegliere il milanese in senso stretto. Naturalmente sarà  il  milanese di Milano, e non uno qualsiasi tra quelli del
e non uno qualsiasi tra quelli del contado, ancorchè  il  primo abbia fatto gitto di una parte del vecchio
nè una scranna! Una volta in città, cercheremo, beninteso,  il  nostro linguaggio dove lo si ha più costantemente in uso e
le occasioni delle mescolanze eterogenee, vale a dire tra  il  popolo. E appunto perchè regioni più abitate da popolani,
popolo. E appunto perchè regioni più abitate da popolani,  il  Cherubini ci designerà come una specie di Montagna
Pistoiese o di Firenze, le Porte Ticinese e Comasina,  il  Verzee e la più parte dei Terraggi La fama della Porta
La fama della Porta Ticinese è abbastanza antica. Già  il  Tanzi, nel piangere la morte del Larghi, dice che …………se el
on poetta original, Sgiss, sbottasciaa, e de Porta Zines.  Il  Maggi invece glorifica il Borgh di Occh No l'è todesch
sbottasciaa, e de Porta Zines. Il Maggi invece glorifica  il  Borgh di Occh No l'è todesch forlocch, Ma l'è bon milanes
merita d'esser detto, lui, un venezian del Bottonuu e  il  suo parlare un venezian del Poslaghett E il Tanzi medesimo,
del Bottonuu e il suo parlare un venezian del Poslaghett E  il  Tanzi medesimo, poetando Sora i Zerimoni esclama,
lingua sia emigrata adesso dal centro alla periferia; e c'è  il  suo bravo perchè. Al centro tuttavia cerca di ricondurla la
perchè. Al centro tuttavia cerca di ricondurla la sera  il  Teatro milanese. Il quale, non contento di tenere acceso in
tuttavia cerca di ricondurla la sera il Teatro milanese.  Il  quale, non contento di tenere acceso in città il fuoco
milanese. Il quale, non contento di tenere acceso in città  il  fuoco sacro, vestale assidua se forse non sempre
da un certo tempo s'è fatto altresì missionario, e porta  il  vangelo alle genti. Ma qui mi trovo addosso un mugolo di
un mugolo di cappe nere, che mi sostengono come qualmente  il  miglior milanese non si parli al Verziere, non a Porta
alla Corte d'assisie e alla Pretüra da certuni di loro che  il  volgo di corta intelligenza crede parlar italiano. Non
certo che un avvocato apra mai la bocca! Scherzi a parte,  il  milanese italianizzato di quei nostri concittadini, che, «
a parlare di sorde e di sonore, troverei sordo tutto  il  mio uditorio, dato che n'abbia uno. Mi limiterò dunque a
: fin dove posso, le caratteristiche che distinguono  il  milanese in mezzo alle parlate affini ; non le molte a cui
z, e in parecchi casi anche la scempia, ridotte a rasentare  il  suono della s. Si faccia pronunziare a un buon ambrosiano
tutti sappiano evitare quel grossolano sproposito, che è  il  dir Prussia Il cambiamento di l in r, soprattutto tra
evitare quel grossolano sproposito, che è il dir Prussia  Il  cambiamento di l in r, soprattutto tra vocali, resta sempre
dire un posto abbandonato fin dai primi del seicento; chè  il  Prissian Milanes osserva: « Quaichun dìsenn Miran, se ben
quale dipende in molta parte l'intonazione del dialetto, è  il  suono della n scempia in certe posizioni. e specialmente
con esse delle vocali nasalizzate, come in francese.  Il  Prissian la paragona al suono che « fa el cordon che bat el
a questa n mezza morta come la chiama lo stesso Prissian  il  dialetto milanese ne ha un' altra viva vivissima. L' n
si sia pur costretti ad adottare o l'uno o l'altro partito.  Il  femminile di bon non è nè bona nè bonna letti all'italiana.
e-cco (eco), euro-ppa, poe-tta In fatto di vocali,  il  milanese ne possiede due ignote al toscano: l'ö quell'ü
cosa che balza agli occhi, o piuttosto agli orecchi, è  il  molto affetto ai suoni larghi; gli o e gli e aperti
Romma; rott, sott, nagotta. Cito solo esempi - eccetto  il  primo, che è una storpiatura locale di Melchiorre - dove, e
primo, che è una storpiatura locale di Melchiorre - dove, e  il  toscano, e anche il più dei dialetti affini al milanese,
locale di Melchiorre - dove, e il toscano, e anche  il  più dei dialetti affini al milanese, contrappongono all'o
n scempia, non solo se questa è isolata e sale tutta per  il  naso, ma anche se la obbligano a prendere un po' più la
lunghe e medie. In fondo, è questa la particolarità che  il  Cherubini vuol significare, quando distingue un suono
mostrato d' accorgersi anche prima gli scrittori, adottando  il  sistema di segnare certe vocali coll'accento grave, di
certe vocali coll'accento grave, di mettere ad altre  il  circonflesso, e di scriverne molte duplicate. Dei tre gradi
parte sono brevi, parte lunghe, a seconda dell'origine. Per  il  suono, l'a lungo volta la sua faccia dalla parte dell'o
Nelle scritture del secolo passato a quest' a corrisponde  il  segno ae. Ora, ravvicinando a ciò il fatto, che realmente
a quest' a corrisponde il segno ae. Ora, ravvicinando a ciò  il  fatto, che realmente cotali a suonano e in certi dialetti
ambrosiano puro sangue, milanes de Milan ebbe dato  il  bando al suo predecessore, il dialetto della letteratura fu
milanes de Milan ebbe dato il bando al suo predecessore,  il  dialetto della letteratura fu universalmente quello della
Badia dei Facchini del Lago Maggiore. Fatto sta che già  il  Prissian primo varo trattatista del nostro dialetto, vuol
del seicento e del cinquecento. Gli è ben vero che  il  Prissian distingue per l'a due pronunzie diverse : la larga
latino, o piuttosto dal passo del Prissian Certo peraltro  il  bisogno di una mutazione c'era; come c'era per l'ö, che in
per questi in origine. Parecchi si trovano avere adesso  il  singolare in in; per esempio, basitt, piscinitt, dencitt ma
per istrada, e non perduto da tutti. Così omitt conserva  il  suo bravo omett e cereghitt può sempre vantare, accanto a
omett e cereghitt può sempre vantare, accanto a cereghin,  il  cereghett pizzamochett e il Cereghett, « Covoe Dominus. »
vantare, accanto a cereghin, il cereghett pizzamochett e  il  Cereghett, « Covoe Dominus. » Questa rispondenza, ett
Cherubini. Si conserva paricc, plurale di un singolare che  il  dialetto non ha; e sembra voler passare alle età future
alle età future come singolarissimo esempio di fedeltà  il  pronome quist. Un arcaismo di questo genere, che tutti
continuamente in bocca senza accorgercene, è, credo,  il  Bij della Contrada Bij giacchè il casato della famiglia che
accorgercene, è, credo, il Bij della Contrada Bij giacchè  il  casato della famiglia che dette nome alla via era
po no! ... Sulle differenze tra questo no che si pospone, e  il  minga che si prepone, potrei dir molte cose, conchiudendone
accorge di fare come quando, in una certa società numerosa,  il  signor X discorre un' ora filata sul suo argomento favorito
dire la sua? Dica per esempio, se le par bello o brutto  il  milanese; ne determini, se tiene ai paroloni, il valore
o brutto il milanese; ne determini, se tiene ai paroloni,  il  valore estetico! Ecco un punto, su cui tutti hanno idee
strappare, come erba cattiva, insieme col bergamasco, anche  il  milanese, e ricorda con una tal quale compiacenza una
stesso modo non si vergognò di pensare Luigi Pulci, che  il  22 di settembre del l473 ebbe la sfacciataggine di mandare
specialmente si prendon di mira; e solo una terzina deride  il  parlare: E' dicon le carote i gniffi, i gnarri, Et l' uve
spicciolate pinceruoli, Da far, non che arrabiare (1. Prima  il  Pulci aveva scritto, se non erro, impazzare.) i cani, i
tutto un' ingiuria al dialetto: Ambrosia, vistu ma  il  più bel ghiotton, Quel fiorentin ch' è in chà messer
in fe de dè ! Ma tasi ti, Che 'l non z' à ancor vezzuti  il  chò di bò ! Et chi credessi un certo odor che è qui Quasi
; Et ferrù coldi coldi ! Tanto ch' io serbo all'ultimo  il  sonetto, Ch' io mangerei forse io del pan buffetto. In
io mangerei forse io del pan buffetto. In fondo al sonetto  il  Pulci mette questa postilla per Lorenzo : « Nota che
queste ultime parole risulta che Lorenzo de' Medici sapeva  il  milanese; ciò vale a consolarci un poco delle insolenze di
vale a consolarci un poco delle insolenze di messer Luigi,  il  quale poi, per giusto castigo del cielo, volendo dileggiare
quale poi, per giusto castigo del cielo, volendo dileggiare  il  dialetto nostro, è riuscito a fare dei versi molto
solo più corretta, ma anche più spiritosa. Ecco venir terzo  il  Bandello: « II parlare milanese ha una certa pronuncia,
difesa ? — Milano tutta, come un sol uomo. Lasciam parlare  il  Prissian : « Par la proùma (1. Si legga proeuma V. quel che
savè cche el nost lenguag al è el più pur, el più bel, e  il  miò che se possa trovà. » E anche poco prima aveva detto: «
che darebbe forse motivo sufficiente di chiamare  il  Prisciano stesso davanti al tribunale della Santa
una guerra terribile, nella quale la prima lancia contro  il  Branda fu rotta dal Parini, oscuro abate tuttavia. Le
o chi aveva ragione in coceste lotte? - La ragione e  il  torto non si dividono mai in maniera così netta, che tutto
torto non si dividono mai in maniera così netta, che tutto  il  torto sia da una parte, tutta la ragione dall'altra, dice
torto sia da una parte, tutta la ragione dall'altra, dice  il  Manzoni. E il Manzoni appunto, milanese e affezionatissimo
una parte, tutta la ragione dall'altra, dice il Manzoni. E  il  Manzoni appunto, milanese e affezionatissimo al milanese,
in generale e di un dialetto in ispecie, l'abitudine, ossia  il  pregiudizio entra per quattro quinti. A molti letterati
A molti letterati tutti i dialetti paiono brutti, compreso  il  loro proprio; alla generalità, e particolarmente al volgo,
al volgo, paiono brutti tutti, a eccezione del loro. Quindi  il  continuo darsi la baia da paese a paese per ragion del
sono brutti e belli ad un modo. Non assento : per quanto  il  mi piace e non mi piace renda malagevole il giudizio, c'è
: per quanto il mi piace e non mi piace renda malagevole  il  giudizio, c'è bene anche un grado assoluto e variabilissimo
un grado assoluto e variabilissimo di bellezza e bruttezza.  Il  difficile sta a poterlo determinare. Non pretenderò già io
alcune cose le devo dire. Per quel cche spetta ai suoni,  il  milanese avrebbe una ricchezza invidiabile; ma non ne cava
una ricchezza invidiabile; ma non ne cava forse tutto  il  partito che potrebbe, giacchè certi elementi prevalgono un
necessità e dal logorio delle forme; chè, quanto a forme,  il  milanese è forse tra i dialetti cittadini dell'Italia
uno dei meno impoveriti dal tempo. Di derivazioni  il  dialetto milanese è copioso, tanto per i sostantivi che per
si volge l'attenzione ai morali, oh, come ha ragione  il  Tanzi di esclamare: Gh'emm ona lengua averta, avert el
ona lengua averta, avert el coeur! ll milanese è realmente  il  linguaggio di un popolo dal cuore aperto, bonario,
ricco di un buon senso alla mano. Un linguaggio fine  il  milanese non si potrebbe dire : efficace, è di sicuro. Il
il milanese non si potrebbe dire : efficace, è di sicuro.  Il  popolo che lo parla ci si riflette dentro tutto quanto,
esteriori. Giacchè, come s' è accennato in più casi,  il  dialetto si trasforma, e sempre s'è venuto trasformando in
trasforma, e sempre s'è venuto trasformando in tutto quanto  il  corso della sua vita. Ben si sa: la trasformazione è
di maggior rilievo avvenuta in tempi vicini a noi, riguarda  il  passato remoto, cominciato a cadere in disuso verso la metà
nei suoni. Per esempio la z, che aveva preso molte volte  il  posto del c e del g dinanzi ad e e ad i, è ricacciata di
pochi zerusegh, suzzed, suzzess Qui, tanto e tanto, s' ha  il  trionfo d'un vecchio diritto lungamente conculcato; ma è
letteraria o al toscano. Non ci sarebbe da dolersene, se  il  ravvicinamento potesse metter capo all'identificazione; ma
al dire dei matematici, e si danno con un bacio  il  « ben arrivato, » anche due parallele. E la lingua
la fonetica del dialetto; ne perverte ancor peggio  il  vocabolario. Essa v' introduce così alla sordina un numero
capisco perchè, mentre è severamente vietato di corrompere  il  toscano col mescolarvi voci, forme e pronunzie dialettali,
dialettali, abbia poi ad esser lecito di corrompere  il  dialetto con mescolanze toscane. Dunque l'uguaglianza di
che pare e piace: ma l'italiano italianamente, e anche  il  milanese milanesemente! È inutile: se s'ha a cuore la
non è ancor troppo tardi, pensare a un provvedimento. E  il  provvedimento lo propongo io medesimo, dando prova con ciò
multa per ogni delitto di lesa meneghità. In altre città  il  prodotto della multa potrebbe servire a ristorare le
particolare della linguistica storica; come questa, ridusse  il  problema dell'origine filosofica della parola a quello
speculazione filosofica che intanto era venuta trasformando  il  problema dell'origine del linguaggio in quello della natura
dell'uniforme spirito umano, condussero a formulare  il  compito dell'etimologia anche come il compito di isolare,
a formulare il compito dell'etimologia anche come  il  compito di isolare, tra fatti linguistici che presentino
di analisi storica della parola che l'età posteriore avrà  il  compito precipuo di correggere, l'etimologia empirica in
empirica in questa curiosità storica proietta semplicemente  il  suo sentimento linguistico attuale, cioè quel giuoco di
pensiero. Essa si fonda cioè su quello che fu definito  il  "bisogno etimologico" per il quale nessuna parola è viva in
cioè su quello che fu definito il "bisogno etimologico" per  il  quale nessuna parola è viva in noi e acquista il suo pieno
per il quale nessuna parola è viva in noi e acquista  il  suo pieno significato per sé, ma in quanto è sentita come
felix faustumque), ravvicinamenti attraverso cui  il  significato della parola esteticamente si crea (p. es.
impronta esteriore, come nei notissimi casi che vanno sotto  il  nome di etimologia popolare (il lat. accipiter ha la doppia
si confonda che etimologia prende d'ora innanzi anche  il  significato generico di linguistica storica, e che il primo
anche il significato generico di linguistica storica, e che  il  primo grande trattato etimologico della nuova scienza, le
perché di ambito storico relativamente ristretto, come è  il  caso della legge di Grimm sulle mutazioni subite dalle
d di qualsiasi altra lingua indoeuropea: lat. duco, duo);  il  suo scopritore notò subito che così si apriva la via a
pessima guida alla identificazione etimologica. Qui avviene  il  vero distacco dall'etimologia empirica; e, in quanto questa
ed è tanto più concreta, quanto più ristretto e noto era  il  campo storico al quale si applicava, come accadde per le
di greco, o di provenzale per l'italiano, di celtico per  il  francese (P. Bembo, B. Varchi, G. Muzio, L. Castelvetro; G.
Giambullari, E. Guichard). Se per solito in queste ricerche  il  presupposto storico indicava a priori il campo in cui
in queste ricerche il presupposto storico indicava a priori  il  campo in cui cercare un'etimologia (sì che un esperto
cui cercare un'etimologia (sì che un esperto etimologo come  il  Ménage non dubita di ricondurre il francese bru al latino
esperto etimologo come il Ménage non dubita di ricondurre  il  francese bru al latino nurus, o haricot a faseolus), per la
che elaborava nuovamente la teoria dell'onomatopeia, e  il  riposto valore originario delle parole cercato attraverso
comparata, svolgendo, attraverso l'ideologia romantica,  il  concetto di una evoluzione storica del linguaggio, viene a
in quanto essa chiede all'analisi stessa della parola  il  segreto della sua vicenda storica e condanna come
della sua vicenda storica e condanna come arbitrario  il  metodo empirico che fondava l'etimologia su apriorismi
die Sprache und Weissheit der Indier, Heidelberg 1808),  il  quale, più risolutamente che altri, fondando la
ind. matár); d'altra parte egli preconizzava un'età in cui  il  sezionamento degli elementi della parola, condotto
assolutamente come nell'etimologia empirica; ma nuovi sono  il  vigore e la finezza con cui, attraverso una rigorosa
a oltranza delle parole e delle radici, mentre  il  raggruppamento stesso per materia rende più solido lo
dei nomi mitici, e quelli dei nomi di luogo. Già  il  Grimm ammoniva che il concetto di unità indoeuropea non
e quelli dei nomi di luogo. Già il Grimm ammoniva che  il  concetto di unità indoeuropea non doveva far sì che si
e la storia particolare di ciascun sottodialetto, donde  il  canone, ripetutamente bandito in Italia dall'Ascoli e dal
preferenza nei dialetti vicini piuttosto che nei lontani, e  il  fatto che tutte le risorse del nuovo metodo risultarono
di ricostruzione primigenia; per converso nel ricondurre  il  materiale lessicale romanzo alla comune origine latina si
o prelatina, suggerita dall'evidenza della storia;  il  freno dei ragguagli fonetici, assai più facili da
complesse e delicate le osservazioni morfologiche. Infine  il  Diez, dandoci nella Romanische Wortschöpfung (1875) il
il Diez, dandoci nella Romanische Wortschöpfung (1875)  il  primo trattato di semasiologia romanza, dove, accanto alle
dal latino o prese da altra lingua, mise in rilievo  il  modo in cui le lingue romanze sono venute elaborando nuovo
fonte principale di Varrone. Questi accentua senza dubbio  il  carattere antiquario della ricerca e i suoi contatti con la
latino, nella tradizione romana si sviluppa particolarmente  il  problema dei grecismi, sia che aprioristicamente si
che aprioristicamente si derivasse dal greco tutto quanto  il  latino, sia che, come in Varrone o in Gellio, si temperasse
che  il  Curtius faceva per il greco, e p. es. il Corssen e l'Ascoli
che il Curtius faceva per  il  greco, e p. es. il Corssen e l'Ascoli per l'italico,
che il Curtius faceva per il greco, e p. es.  il  Corssen e l'Ascoli per l'italico, preludeva all'aspetto che
etimologica assunse presso i neogrammatici: dato che  il  problema metodico da essi sollevato era quello
e, riguardino una sola lingua come quello del Walde per  il  latino (1ª ed. Heidelberg 1907, 3ª ed., postuma, 1930
1907, 3ª ed., postuma, 1930 segg.), o del Boisacq per  il  greco (Heidelberg 1916), o un gruppo di lingue come p. es.
W. Meyer-Lübke (1ª ed. Heidelberg 1911, 3ª ed. 1930 segg.),  il  fine ricostruttivo si accompagna in essi a un interesse
riducibile nello schema di una legge linguistica; così  il  bisogno di distinguere tra voce ereditaria e voce presa a
dei calchi, dei casi cioè in cui una parola eredita  il  significato da una voce straniera di cui è traduzione
dalla tradizione del Grimm e del Pictet. Infine  il  semplice intento di rendersi conto di forme aberranti
puro e semplice del lessico ereditario, diviene  il  fulcro dell'indagine etimologica, il che implica una
ereditario, diviene il fulcro dell'indagine etimologica,  il  che implica una tendenza, opposta a quella tradizionale, di
una tendenza, opposta a quella tradizionale, di risalire  il  meno possibile oltre a stadî storicamente attestati. La
 il  giuoco dell'etimologia empirica consiste precisamente nello
ha valore linguistico in forza dell'esempio enniano, così  il  nome di monte granta parei ("grande parete") che qualche
etimologica (vivere vitam) sino a insegnare a esprimere  il  pieno significato di una parola per mezzo di
fonici atti a rappresentare la natura delle cose espresse:  il  movimento, o la mobilità (rein, kroùein, ecc.), il concetto
il movimento, o la mobilità (rein, kroùein, ecc.),  il  concetto di liscio, ecc. In questi elementi di ricerca, che
prende l'aspetto di una rassegna etimologica di tutto  il  mondo sensibile e conoscibile, tratto che rimarrà
Platone applica al presupposto che le parole prendano  il  loro significato dalla convenzione e dall'uso (thèsei),
i quali, sia in quanto ponevano teoricamente che  il  linguaggio fosse convenzione, sia per i fini loro proprî,
La tendenza alessandrina, che per quanto sappiamo trovò  il  suo principale espositore in Filosseno (sec. I a. C.),
con materiali di grammatici e di glossatori, costituì  il  fondamento delle grandi compilazioni bizantine:
compilazioni bizantine: l'Etymologicum genuinum (sec. IX),  il  Gudianum (sec. XI), l'Etymologicum magnum (principio del
XI), l'Etymologicum magnum (principio del sec. XII), che è  il  più noto di tutti, e l'Etymologicum Symonis(sec. XII).
qui désignent l'abeille di J. Gilliéron, Parigi 1914, e  il  repertorio etimologico che di essa più risente è l'Etym.
estesa di parole, individuabile semplicemente per  il  fatto che ciascun anello di essa, in un dato momento e in
dalla Magnae Derivationes di Uguccione da Pisa (morto verso  il  1210), dalla Panormia di Osberno da Glocester, dal

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