Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

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Numero di risultati: 210 in 5 pagine

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Collected Papers (Note e memorie): volume I (Italy 1921-1938)

410799
Enrico Fermi 2 occorrenze
  • 1962
  • The University of Chicago Press e Accademia Nazionale dei Lincei
  • Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Anche tra i cristalli, come abbiamo visto per le molecole, dobbiamo distinguere i cristalli polari da quelli omeopolari; i primi sono costituiti da ioni positivi e negativi, tenuti insieme dalle attrazioni elettrostatiche; i secondi sono invece tenuti insieme, almeno in pane, dalle forze di risonanza a cui abbiamo già accennato. Un cristallo polare molto tipico è il salgemma costituito da atomi, o meglio ioni di cloro e sodio, i primi con carica negativa e i secondi positiva, disposti alternativamente nei vertici di un reticolo cubico. In generale i sali formano cristalli polari. Cristalli non polari sono invece per esempio il diamante e molti cristalli metallici.

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Abbiamo così passata in rapida rassegna la struttura dei corpi quali essi si presentano in condizioni ordinarie alla nostra osservazione; e per condizioni ordinarie intendo qui quelle che si possono realizzare nei nostri laboratori. Ma al di fuori dei nostri laboratori, ed in luoghi inaccessibili all'esperienza diretta dell'uomo, la materia può trovarsi in condizioni così profondamente diverse da quelle ordinarie che la sua. struttura viene ad esserne assai notevolmente alterata. Condizioni di questo genere hanno luogo verosimilmente, per l'enorme temperatura e l'enorme pressione, nell'interno delle stelle. Ma prima di parlare dell'interno diciamo due parole della superficie.

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Enciclopedia Italiana

429177
Enrico Fermi 1 occorrenze
  • 1932
  • Istituto dell'Enciclopedia Italiana
  • Roma
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Essendo noto, come abbiamo visto, il rapporto e/m tra la carica e la massa dell'elettrone, per conoscere separatamente i valori di queste due grandezze basta misurarne una sola. Le prime misure dirette della carica dell'elettrone sono dovute a J. S. Townsend; oggi conosciamo con notevole esattezza il valore della carica dell'elettrone grazie alle misure di R. A. Millikan; esse sono basate sul principio seguente:

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Fondamenti della meccanica atomica

443409
Enrico Persico 13 occorrenze
  • 1936
  • Nicola Zanichelli editore
  • Bologna
  • fisica
  • UNIPIEMONTE
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Per rappresentare poi con una sola formula la sovrapposizione di una radiazione che si propaga in senso progressivo ed una che si propaga in senso opposto, abbiamo esteso, nella (57), l'integrale da [simbolo eliminato] a [simbolo eliminato] , con la convenzione che A(-k) rappresenti ampiezza e fase delle onde regressive di numero d'onde k.

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Secondo questo modello, quello che si suol chiamare, piuttosto vagamente, «diametro dell'atomo» (e che abbiamo visto essere dell'ordine di [numero eliminato] cm.) si deve identificare all'incirca colla massima dimensione delle orbite esterne: si può dire che l'atomo occupa presso a poco una sfera di questo diametro, ma intendendo bene che questa sfera non è riempita di sostanza compatta, anzi è quasi totalmente vuota, ed in essa si aggirano soltanto dei granuli di dimensioni piccolissime rispetto alle loro mutue distanze Il raggio del nucleo è dell'ordine di [numero eliminato] cm., quello dell'elettrone si ritiene non superiore a [numero eliminato] cm. .

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Abbiamo così trovato la distribuzione spaziale dell'indice di rifrazione (che esso fosse funzione di x, y, z soltanto attraverso U, era del resto prevedibile). Osserviamo che, poichè in generale l'indice di rifrazione delle onde di De Broglie dipende dalla loro frequenza, C ed E saranno da considerarsi funzioni di v.

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Analogamente a quanto abbiamo fatto nel caso unidimensionale (§ 38), possiamo ora considerare brevemente il caso di una particella vincolata a restare entro una scatola parallelepipeda, di lati a, b, c, a pareti perfettamente elastiche: nell'interno della scatola non agiscono forze. Ricercheremo dapprima una soluzione semplice, corrispondente ad un dato valore di E, ossia ad una sola frequenza, lasciandoci guidare dall'analogia col problema delle onde luminose o sonore entro una scatola a pareti riflettenti.

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Si osservi inoltre che, per un risultato trovato al § 56 (quantizzazione spaziale) che si estende immediatamente anche ad atomi non idrogenoidi, un atomo posto in un campo magnetico si orienta in modo che la componente di p sulla direzione del campo sia , dove m è un intero che abbiamo chiamato quanto magnetico: dalla (344') si vede allora che la componente, sulla direzione del campo, del momento magnetico risulta anch'essa quantizzata, e cioè

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dell'energia magnetica, da aggiungere all'energia cinetica e potenziale dell'atomo: con abbiamo indicato il valore medio del campo H lungo l'orbita. Però un esame più approfondito, fatto tenendo conto della teoria della relatività, mostra che i valori precedenti devono essere ridotti a metà (1) V. L. H. THOMAS, Phil. Mag. 3, (1927) p. 1; J. FRENKEL, ZS. f. Phys. 37, (1926) p. 243. . Con un calcolo, che non riportiamo, basato sulle ordinarie leggi dell'elettromagnetismo, e sulla legge del moto kepleriano, si trova, utilizzando le espressioni note del numero di Rydberg R e della costante di struttura fina (form. 340):

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Lo spettro fittizio che abbiamo convenuto di chiamare classico si compone, perciò, di righe che sono individuate da due gruppi di indici: (che definiscono lo stato del sistema, e quindi le frequenze ) e . Perciò, a ciascuna riga dello spettro classico si può far corrispondere una riga dello spettro quantistico, e precisamente quella emessa nel salto dallo stato di numeri quantici allo stato di numeri . Vediamo ora quale è la frequenza di questa riga, calcolata secondo la teoria dei quanti.

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È questa la regola di selezione per il quanto azimutale, che abbiamo già trovato, con la meccanica ondulatoria, al § 50, e che ha importanza fondamentale. Difatti, riferendosi allo schema dei termini rappresentato in fig. 45, essa esprime che sono possibili solo i salti quantici tra due colonne contigue dello schema: ciò che riduce enormemente la complicazione degli spettri. In altre parole, i termini s si possono combinare solo coi termini p, i termini p solo con gli s e coi d, ecc.

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II abbiamo chiamato stati semplici o stazionari (1) Questa denominazione, di cui si vedrà la ragione al § 24, non deve far credere che questi siano i soli stati che non variano col tempo. P. es., sovrapponendo due stati stazionari col prendere come una combinazione lineare di due autofunzioni di Schrödinger, (v. § 29, p. II) si ha uno stato non stazionario, ma tuttavia invariabile nel tempo. o quantici e a cui corrispondono le autofunzioni della equazione di Schrödinger.

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Il caso che abbiamo chiamato della perturbazione minima è quello in cui si identifica con la proiezione di sulla varietà V.

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Traducendo queste uguaglianze tra matrici in uguaglianze tra gli elementi corrispondenti, e indicando con En gli elementi diagonali della matrice , cioè gli autovalori cercati, si ha (1) In questo problema, numeriamo le righe e le colonne delle matrici a partire da 0 anzichè da 1, per conformarci alla convenzione adottata nella trattazione ondulatoria dello stesso problema in cui abbiamo numerato gli autovalori , etc.

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In tal caso abbiamo dimostrato (v. § 30) che, nella teoria di Schrödinger, si mantiene costante il momento dell'impulso rispetto all'asse z, cioè che

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Abbiamo ragionato finora come se l'atomo potesse assorbire solo l'energia E2—E1 , prescindendo quindi dai possibili passaggi dal livello fondamentale E1 ai livelli E3, E4 ecc. E ciò è in molti casi lecito, e cioè quando gli urti sono così frequenti che quasi tutti gli elettroni, appena hanno raggiunto l'energia sufficiente per portare un atomo al livello E2, la perdono immediatamente in un urto e non arrivano così mai a provocare una eccitazione che richieda un'energia maggiore.

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Lezioni di meccanica razionale. Volume primo

487467
Tullio Levi Civita - Ugo Amaldi 32 occorrenze

. - Abbiamo già notato che i moti armonici forniscono il tipo più semplice dei moti vibratori permanenti, cioè tali che il punto riprende a intervalli di tempo uguali (periodi) le medesime caratteristiche geometriche e cinematiche. Indichiamo qui analogamente il tipo più semplice dei moti vibratori smorzati, cioè tali che le ampiezze delle successive oscillazioni tendano ad estinguersi.

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Denotate con Q 1, Q 2, Q 3 le proiezioni di Q sui tre assi, abbiamo (n. 13)

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Presi, invero, due punti P' e P" del sistema mobile e indicate con v'1, v''1, v'2, v''2;... le velocità che ad essi competono, in un medesimo istante generico, nei moti M 1, M 2… rispettivamente, abbiamo per definizione che nel moto composto competono a codesti due punti, in quel medesimo istante, le velocità

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Mentre in tal caso il moto composto risulta rotatorio soltanto in circostanze speciali (cioè quando il risultante delle velocità angolari ha durante il moto direzione fissa), abbiamo or ora assodato che, se ci limitiamo a considerare un tempuscolo infinitesimo, il moto composto di due rotazioni (infinitesime) intorno ad assi concorrenti in un punto è pur esso rotatorio, intorno ad un asse passante per quello stesso punto.

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Il prodotto v 2 Λ v 1 ha, per definizione, la stessa lunghezza di v 1 Λ v 2 , e, ove non sia nullo, anche la stessa direzione, ma ha verso opposto, perché sulla direzione ortogonale alla giacitura di v 1 e v 2 il verso, rispetto a cui l’angolo orientato, non maggiore di appare destrorso, è l’opposto di quello rispetto a cui appare destrorso l'angolo Abbiamo perciò

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Nei due Cap. prec. abbiamo studiato il moto di un punto o di un sistema rigido rispetto ad una determinata terna di riferimento Ωξηζ. Se il moto si riferisce ad una terna diversa, ne mutano in generale gli aspetti; ed è a priori manifesto come importi determinare in qual modo i caratteri cinematici dipendano dalla scelta del riferimento.

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L’osservazione precedente vale in quanto si consideri il moto assoluto in un intervallo finito di tempo; ma se ci limitiamo a considerare un solo istante t, abbiamo dalla (5) che ogni atto di moto assoluto si ottiene componendo i due atti simultanei di moto relativo e di moto di trascinamento cosicché trovano qui applicazione le varie osservazioni svolte ai nn. 27-29 del Cap. prec., sulla composizione degli atti di moto.

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Esclusa questa eventualità del tutto particolare, l’asse di moto cambierà posizione, da istante ad istante, sia rispetto alla terna Ωξηζ che alla Oxyz, e come luoghi delle posizioni da esso mano mano assunte rispetto all’una e all’altra di codeste due terne (o, ciò che è lo stesso, nello spazio e nel sistema mobile) restano definite certe due strisce di superficie rigate Λ ed L, che designeremo coi nomi di rigata fissa e di rigata mobile, in quanto esse sono rispettivamente solidali colle due terne, che abbiamo così denominate.

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Dato un moto rigido, sappiamo in ogni caso determinare, con sole operazioni di derivazione, i due vettori puramente temporali v 0 ed ω, che abbiamo chiamato caratteristici, in quanto permettono di assegnare esplicitamente, istante per istante, la espressione tipica dell’atto di moto rigido (Cap. III, n. 22). Qui a complemento della Cinematica dei solidi ci occuperemo, pur rapidamente, del problema inverso, cioè della determinazione di un moto rigido, quando ne siano conosciuti in funzione del tempo i vettori caratteristici.

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Sinora abbiamo tenuto fissa l’ipotesi del n. 29 che la rulletta sia esterna alla base. Ove sia invece la rulletta interna alla base (o viceversa), tutto procede concettualmente in modo analogo. Quanto alle formule e in particolare alla rappresentazione parametrica delle traiettorie, si verifica senza difficoltà che basta sostituire - a al posto di a, avendosi così, in luogo delle (7), le equazioni

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Ne abbiamo già avuto un esempio nel § prec. dove colle convenzioni del n. 26 si dà alla formula del Savary una forma valida in ogni caso (senza dover distinguere varie eventualità di posizione, come sarebbe necessario, qualora si volessero far apparire i valori assoluti dei raggi di curvatura).

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Sinora abbiamo considerato il moto di un punto materiale libero su cui agisca un’unica forza F, come accade nel caso tipico dei gravi (nel vuoto); ma per lo più accade che sia sensibile ad un tempo l’influenza di più forze: p. es. nel caso di un aerostato intervengono manifestamente il peso, la forza ascensionale e la spinta del vento.

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Viceversa, abbiamo esempi grandiosi della incapacità della materia a modificare la propria velocità: basta pensare all’azione energica che è d’uopo esercitare per fermare un treno, e alle conseguenze disastrose di un brusco arresto.

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Abbiamo escluso l’origine, perché ivi la definizione cadrebbe in difetto (direzione indeterminata, intensità infinita).

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Vien così resa fisicamente intuitiva la indipendenza del concetto di potenziale dal sistema di riferimento, che abbiamo già rilevato in base alla identità caratteristica delle forze conservative (Cap. VII, n. 26).

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Alle grandezze geometriche: segmenti di rette ed archi di curve, superficie, solidi, abbiamo aggiunto le grandezze cinematiche: tempi, velocità (di varie specie), accelerazioni, e poi, più di recente, le grandezze che potremo dire dinamiche: forze, masse, forze vive e lavori, potenze, impulsi e quantità di moto (percosse).

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Il sistema formato dai sistemi σ 1, σ 2', è dunque equilibrato, ossia, per quanto abbiamo veduto al n. prec., è riducibile ad un sistema assolutamente nullo. Ne scende che il sistema formato da σ 1, σ 2, σ 2' è riducibile all’unico sistema σ 2.

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Nel § prec. abbiamo sempre supposto che il vincolo unilaterale (o ciascuno dei vincoli unilaterali) a cui si immaginava soggetto un punto materiale P, fosse determinato dall’appoggio alla superficie di corpo fisicamente dato; ma in pratica un vincolo unilaterale di codesto tipo può essere realizzato anche in altri modi: p. es. un punto P, collegato ad un punto fisso O mediante un filo flessibile o inestendibile di data lunghezza l, può muoversi soltanto all’interno o sulla superficie della sfera di centro O e di raggio l (per quanto questa non abbia una esistenza materiale.

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È questa la funzione di r che abbiamo rappresentata, con φ(r), considerando in generale le forze centrali [Cap. VII, n. 29 e)]. S’è visto allora che il potenziale U altro non è che integrale indefinito di φ(r) (rispetto all’argomento r, si intende), onde nel caso attuale sarà, a meno di una inessenziale costante additiva,

Pagina 470

La giustificazione è concettualmente identica a quella che abbiamo precisata a proposito dei centri di gravità (Cap. prec., n. 15) e accennata a proposito dei momenti di inerzia (Cap. prec., n. 28). Basta aver riguardo alla definizione di densità e alla integrabilità della funzione sotto il segno, cioè, nel caso attuale, di Finché ci si limita, come abbiamo espressamente convenuto di fare, a punti potenziati P esterni al campo S (con che r si conserva sempre > 0), si può senza riserve affermare che è funzione integrabile, poiché lo sono i due fattori μ ed quest’ultimo anzi è funzione finita, continua derivabile, ecc. tanto delle coordinate ξ, η, ζ, del generico punto potenziante Q (rispetto alle quali va eseguita l'integrazione), quanto delle coordinate x, y, z del punto potenziato P.

Pagina 474

Se sostituiamo materialmente dt a Δt e chiamiamo, come in Calcolo, differenziale della funzione (vettoriale) v il prodotto dt, designandolo con d v, abbiamo l'enunciato, in tutto conforme a quello che vale per le funzioni scalari: L’incremento Δv, subito da v nell’intervallo elementare dv, differisce dal differenziale dv per infinitesimi d’ordine superiore al primo.

Pagina 49

Questo risultato rientra come caso particolare in quello che abbiamo accennato al n. 13 e che dimostreremo in generale nel Volume II.

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Se al solido S sono applicate certe date forze F, per avere tutte le forze esterne agenti su S dobbiamo aggiungere alle F la reazione Φ , che si suscita in O per effetto del dispositivo che ne assicura la immobilità; e allora, se si denotano con R ed M il risultante e il momento risultante rispetto ad O delle sole forze attive F, abbiamo come condizioni necessarie e sufficienti per l’equilibrio del solido (in quanto è nullo il momento di Φ rispetto ad O) le due equazioni

Pagina 523

Ma ciò basta, come abbiamo or ora avvertito, per poter riportare a tale forza unica il computo del lavoro. . Si tratta, in conseguenza, di un equilibrio indifferente.

Pagina 542

Risulterà provato che l'equilibrio sussiste, non appena avremo riconosciuto che i vettori applicati Φ i·i+1 che noi abbiamo definito formalmente mediante le (7), hanno il carattere di sforzi, cioè, precisamente, hanno ciascuno per linea d’azione la retta dell’asta corrispondente P i P i+1.

Pagina 579

. - Abbiamo visto al n. 11 che un poligono funicolare, sollecitato nei nodi intermedi da forze parallele, giace in un piano, contenente la comune direzione delle forze. Se ne arguisce, passando al caso limite di una sollecitazione continua secondo una direzione costante, che la funicolare è necessariamente una curva piana. Questa conclusione è naturalmente contenuta nelle equazioni indefinite e si ritrova immediatamente, supponendo uno degli assi, p. es. quello delle y, parallelo alle forze. Si ha allora X = Z = 0, e dalla prima e terza delle (16'), integrando rispetto ad s, si deduce

Pagina 595

Salvo il diverso significato di p, ritroviamo la stessa parabola (23) che al n. 26 abbiamo ottenuto come configurazione di equilibrio delle gomene dei ponti sospesi, nell’ipotesi della sollecitazione continua. Se quindi si considera in particolare il caso di due estremi A, B allo stesso livello, la lunghezza l del filo rimane approssimativamente espressa dalla formula (26), alla quale, naturalmente, si perverrebbe anche qui in modo diretto, sostituendo nella (32) agli esponenziali gli sviluppi testé indicati.

Pagina 609

Immaginando sostituito alle Fi il dispositivo dianzi descritto, abbiamo che i punti P i, supposti inizialmente in quiete, vi permangono anche quando al capo libero del filo si applichi la trazione ½ τ. Ciò vuoi dire che i vincoli non consentono ai punti P i nessuno spostamento, per cui il filo, seguendo la sollecitazione di ½ τ, esca, anche solo per un tratto piccolissimo, dall’ultimo anello Q N; o, in altre parole, se si ha equilibrio, deve essere per ogni spostamento virtuale del sistema

Pagina 652

Si noti che noi abbiamo fin da principio supposto di poter trascurare il peso proprio del filo di fronte alla tensione. Dacché P è il peso per unità di lunghezza, e l’avvolgimento è press’a poco di mezzo giro, il peso in questione (per ipotesi, trascurabile di fronte a T) sarà πp r. Ne viene che si potrà nella (14) sopprimere il termine tanto nel numeratore quanto nel denominatore, e ridursi quindi all’ordinaria condizione

Pagina 714

. - Per precisare e valutare matematicamente la nozione intuitiva che tutti abbiamo della varia rapidità secondo cui si svolge nel tempo un fenomeno di moto, mettiamoci dapprima nelle condizioni di maggiore semplicità. Intanto supponiamo prefissata come traiettoria di un punto P una certa curva l, cosicché a determinare il moto di P basterà assegnarne, in più, l’equazione oraria

Pagina 84

. - Dianzi, supposta prefissata la traiettoria, abbiamo valutato la velocità tenendo conto dei cammini percorsi dal punto P sulla traiettoria e prescindendo dagli spostamenti di P nello spazio, tanto che la espressione adottata per la velocità non si altererebbe se tenuta fissa l’equazione oraria (legge del moto sulla traiettoria) si immaginasse di deformare comunque (con flessioni e senza distensioni) la traiettoria nello spazio.

Pagina 89

. - Per definire il moto del punto P abbiamo dovuto prefissare come ente di riferimento, una certa terna di assi Oxyz. Se in luogo di questa si sceglie un’altra terna Ωξηζ, fissa rispetto alla prima, le equazioni (cartesiane) (2) del moto di P cambiano (e precisamente subiscono la corrispondente trasformazione di coordinate); ma la velocità vettoriale non varia, nello stesso modo come non variano né la forma geometrica della traiettoria né la legge temporale del moto.

Pagina 91

Enciclopedia Italiana

533402
Enrico Fermi 2 occorrenze
  • 1936
  • Istituto dell'Enciclopedia Italiana
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  • fisica
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è facile convincersi che se, come abbiamo ammesso, entrambi i sistemi hanno un numero grandissimo di gradi di libertà, ω1 e ω2 sono funzioni rapidissimamente crescenti dei loro argomenti. Si riconosce, p. es., senza difficoltà, che se uno dei sistemi è un gas perfetto, contenente N molecole puntiformi, racchiuse in un recipiente di volume costante, si ha

Pagina 520

Queste proprietà, come abbiamo già accennato, hanno importanza per la spiegazione delle proprietà elettriche dei metalli. Si trova infatti che il gas di elettroni, a cui sono dovute queste proprietà, si trova in condizioni di degenerazione assai forte (infatti per esso, data la considerevole concentrazione e la piccola massa degli elettroni, il parametro D risulta molto grande anche a temperature elevate) e quindi il suo comportamento è sotto molti punti di vista del tutto differente da quello che avrebbe un gas secondo le leggi classiche.

Pagina 523

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