mostre allestite da Plinio De Martis presso la Tartaruga di Roma col titolo generico di «Teatro delle mostre», proprio a indicare l’insoddisfazione di
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De Martis nella sua galleria «La Tartaruga» di Roma nella scorsa primavera (1968). Si trattava allora d’una serie di mostre dove, al posto di opere
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una maestà quasi sacerdotale, ora invece una fragilità da insetto, da libellula. Alle volte si rannicchia, rattrappendo il capo come una tartaruga
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1961, alla Galleria La Tartaruga di Roma, fece salire le persone su «basi magiche» eleggendole a sculture viventi.
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Non che il presentatore dica l’opposto di quanto risulta dalla ottima «personale» organizzata alla Galleria «La Tartaruga», tanto da «inventare» un
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sperimentatore di buon senso, legato ai «valori figurativi», pena il diluvio: quella natura morta, come tutte le altre esposte a «La Tartaruga» pur
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cinquantenne numero uno della «scuola romana», presenta alla Galleria «La Tartaruga», con uno scritto in catalogo del poeta Attilio Bertolucci; il quale così
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Tartaruga (che abbiamo voluto non ricollegare a Mafai, per scommessa) non è nuovo e importante; soprattutto non è nuovo e importante nel quadro dei
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punto di vista della tartaruga che è il centro invisibile, sentimentale, del quadro, pur costituendo una visione piuttosto delibata, da pittore
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