quella dei Galliari, che sviluppa in quinte e fondali la spazialità tiepolesca. Ciò che importa è che lo spazio non sia contemplato, ma vissuto ed agito
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attratti. Abbiamo lungamente contemplato quell’opera e ripensato ad essa con tenace memoria: il dramma ci pare vivo tuttavia e terribile, ma di una
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, che tocchi l’animo, e che lo tocchi per certe condizioni particolari, in cui esso si trovi, quasi indipendentemente dall’oggetto contemplato: il quale
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