vennero progressivamente ritraendo al punto, che due o tre mesi dopo pochissimo più ne rimaneva, una estensione di forse 300 chilometri al maximum; e anche
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Si era capito che l’universo stellare era immenso, ma “quanto” lo fosse rimaneva un mistero. Certo le parallassi dovevano essere minuscole, dell
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Eppure, nonostante gli sforzi di tante intelligenze, la previsione esatta del moto dei pianeti rimaneva un problema, specialmente per Mercurio, il
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considerarle sistemi di stelle analoghi alla Via Lattea. Altre nebulose invece sembravano autenticamente gassose. La questione rimaneva aperta.
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non era neppure immaginabile. Rimaneva la possibilità di compiere le osservazioni ad altissima quota, così da ridurre lo strato di aria attraversato
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spiegare la precessione del perielio dell’orbita di questo pianeta. O meglio, ne spiegava soltanto una parte. Rimaneva un eccesso di precessione pari a
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sufficiente aggiungere un nucleo di elio. Rimaneva un problema: il berillio-8 così ottenuto decade quasi immediatamente. Come poteva un effimero nucleo di
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Il più arduo ostacolo incontrato dai radioastronomi rimaneva tuttavia lo scarso potere separatore dei loro strumenti, che impediva la precisa
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dalla pubblicazione, quando Keplero e Galileo erano scomparsi da un pezzo, il gesuita Giovanni Battista Ricciòli, astronomo di valore, rimaneva
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restio a farsi inquadrare nel modello eliocentrico. Comunque si rigirasse la faccenda, rimaneva sempre un errore di almeno 8 primi tra le misure e le
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