Vocabolario dinamico dell'Italiano Moderno

UNIPIEMONTE

Risultati per: abbiam

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Astronomia

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J. Norman Lockyer 5 occorrenze

Delle fasi che presenta Venere abbiam già detto nel § II del presente capitolo. Ora noteremo soltanto che noi non possiamo ammirare questo bell'astro quando ha il suo diametro apparente massimo, ossia nella sua congiunzione inferiore,

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Fra le costellazioni, notissime sono quelle che il Sole attraversa, come abbiam detto nel paragrafo XI del capitolo primo, in grazia del suo corso annuale apparente lungo l’eclittica. Sono le costellazioni zodiacali, e Zodiaco si chiama la zona di cielo che le comprende; ne abbiamo già enunciato i nomi (paragrafo appena citato) parlando del moto apparente annuo del Sole.

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Del resto non abbiam bisogno di discutere questa supposizione che urta il buon senso, dacchè abbiamo l'altra verosimile, già da me posta innanzi, la quale rende completamente ragione dei fatti che voi stessi avete notati.

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Dopo tre mesi, trovandosi in T2. egli verificherà quello che insieme già abbiam constatato nelle nostre osservazioni notturne, egli avrà le stelle B a destra (orizzonte ovest), e nuove stelle C, che non vedeva prima, sull'orizzonte est, cioè alla sua sinistra, ed è chiaro per sè che nel tempo da lui impiegato per trasportarsi colla Terra da T1, verso T2, egli avrà visto la configurazione delle stelle B muoversi di giorno in giorno sempre più verso la sua destra, ossia verso ponente. Trascorsi sei mesi dacchè egli fu nel luogo T2 il nostro osservatore arriverà colla Terra in T4 vedrà, verso l’ora di mezzanotte, ricomparire

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Per far ciò, attenendoci alla verità, non avremo che a trasportare il centro del circolo minore (che abbiam finto or ora rappresentasse l’equatore) sulla circonferenza del circolo maggiore P'M'PN', conservando fra i piani di essi la primiera inclinazione. Così avremo rappresentato la Terra che ruota intorno a sé stessa in un piano, e che ad un tempo muovesi in un altro piano al primo inclinato.

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Natura ed arte

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Giovanni Virginio Schiaparelli 4 occorrenze

Non conviene dunque illudersi su questi, che abbiam chiamato avvicinamenti di Marte alla Terra; sono vicinanze relative, e la Luna, che pure dista da noi trenta diametri del globo terrestre, ha ancora su Marte un grandissimo

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L'interpretazione più naturale e più semplice è quella che abbiam riferito, di una grande inondazione prodotta dallo squagliarsi delle nevi; essa è interamente logica, e sostenuta da evidenti analogie con fenomeni terrestri. Concludiamo pertanto, che i canali son tali di fatto, e non solo di nome. La rete da essi formata probabilmente fu determinata in origine dallo stato geologico del pianeta, e si è venuta lentamente elaborando nel corso dei secoli. Non occorre suppor qui l'opera di esseri intelligenti; e malgrado l'apparenza quasi geometrica di tutto il loro sistema, per ora incliniamo a credere che essi siano prodotti dell'evoluzione del pianeta, appunto come sulla Terra il canale della Manica e quello di Mozambico.

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Fino a questo punto abbiam potuto arrivare, combinando il risultato delle osservazioni telescopiche con probabili deduzioni tratte da principi conosciuti della Fisica, e da plausibili analogie. Concediamo ora alla fantasia un più libero volo; sempre appoggiati, per quanto è concesso, al fondamento sicuro dell'osservazione e del ragionamento, tentiamo di renderci conto del modo, con cui sarebbe possibile in Marte l'esistenza e lo sviluppo di una popolazione d'esseri intelligenti, dotati di qualità e soggetti a necessità non troppo diverse dalle nostre: e sotto quali condizioni si potrebbe ammettere, che i fenomeni dei così detti canali e delle loro geminazioni possano rappresentare il lavoro di una simil popolazione. Ciò che diremo non avrà il valore di un risultato scientifico, ed anzi confinerà in parte col romanzo. Ma le probabilità a cui per tal modo arriveremo non saranno minori che per tanti altri romanzi più audaci e meno innocui, che sotto il sacro nome di scienza si stampano nei libri e si predicano nelle assemblee e nelle Università.

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Ciò che noi vediamo là, o che finora abbiam chiamati canali, non sono larghissimi corsi d'acqua, come da alcuno fu creduto. L'ipotesi più plausibile è quella di considerarle come zone di vegetazione, estese a destra e a sinistra dei veri canali, i quali esistono sì lungo le medesime linee, ma non sono abbastanza larghi da poter esser veduti dalla TerraUna striscia oscura della superficie di Marte non può esser osservabile coi presenti nostri telescopi, se non ha almeno 30 o 40 chilometri di larghezza.. Queste zone di vegetazione facilmente si distaccano sulle circostanti regioni del pianeta per un colore più cupo, dovuto, com'è da credere, al fatto stesso dell'inaffiatura (si sa che il terreno bagnato è di color più oscuro che l'asciutto e disseccato dal sole) e anche in parte senza dubbio alla presenza stessa della vegetazione; mentre per le aree aride e condannate a perpetua sterilità rimane invariato il color giallo uniforme che predomina su tutti i continenti. Questo colore dobbiamo d'or innanzi considerare come rappresentante il deserto puro ed assoluto; e pur troppo si può far stima, che i nove decimi della superficie continentale di Marte ad esso appartengano.

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Le Stelle. Saggio di astronomia siderale

477558
Angelo Secchi 12 occorrenze
  • 1877
  • Fratelli Dumolard
  • Milano
  • astronomia
  • UNIPIEMONTE
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La lista originale è molto più copiosa, e contiene molti movimenti più piccoli di questi, ma abbiam creduto che questa bastar potesse per i nostri lettori.

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Si vede pertanto che definendo l’onda, come abbiam detto noi — «lo spazio che percorre il moto vibratorio nel mezzo durante il tempo della vibrazione molecolare» — non si deve verificare la variazione della lunghezza di onda, nè lo spostamento delle righe. Ciò si capisce meglio supponendo che la molecola si fermi dopo finita la prima ondulazione, poichè tutte le onde che nasceranno dalla prima si propagheranno percorrendo necessariamente uno spazio σ nel tempo Θ. Tuttavia è pure evidente che spostandosi il centro vibrante, le origini delle onde varieranno, e che una incalzerà l’altra con legge diversa da quella che avrebbe luogo pel punto quieto. Si capirà ciò che deve accadere, esaminando ciò che accadrebbe se la molecola camminando non potesse scuoter l’etere che a un’onda sì, e a un’onda no: in questo caso le onde non varierebbero di lunghezza, ma si succederebbero come nel caso in cui succedonsi quelle che nascono in un sistema di più punti, uno de’ quali fosse distante dall’altro dell’intervallo ω (dello spazio cioè percorso dal mobile) ora queste onde si sovrappongono e si compongono, ma non si accorciano nello spazio. Se il mobile si allontana, l’onda sarà tutta spostata, ma non allungata. Ne segue ancora che la forma dell’onda sarà cambiata dal moto del punto vibrante, e la curva delle sue ordinate molto mutata, perchè in una fase la velocità molecolare e la traslatoria si sommano mentre nell’altra si sottraggono. Ma questa modificazione è cosa ben distinta dall’allungamento o scorciamento dell’onda. Laonde la questione è ridotta a sapere = se queste onde che successivamente si incalzano aventi origine in punti diversi dello spazio, e sulle quali arriva la seconda avanti che la prima sia sviluppata, di sapere dico, se questo incalzarsi possa equivalere o no, per l’effetto ottico, ad un accorciamento di onda nel mezzo in cui esse si svolgono =. Il moto dell’osservatore però deve produrre l’effetto di allungamento o di accorciamento nell’onda per il fatto che nel medesimo tempo esso riceve più pulsazioni o meno secondo che si accosta al centro vibrante, o se ne scosta. Tal’è, se non erriamo, l’obiezione mossa alla teoria comune dal signor Van Der Willingen. Noi ignoriamo se altri lo abbia chiaramente confutato. Stabilito questo principio Döppler arguiva che pel moto delle stelle dovea accadere altrettanto, e che per conseguenza se la combinazione portava che le onde si accorciassero, la stella avrebbe perduto il rosso che sarebbesi per esempio, trasformato in ranciato o in giallo, e nell’allontanarsi avrebbe perduto il violetto che sarebbe divenuto bleu o verde. Quindi un cambiamento generale nel colore della stella. Fu però da noi Vedi Comptes Rendus 1863 2 Marzo, Bullettino Meteor. Del Coll. Rom. 31 Luglio 1863. e da altri fatto osservare che tal conseguenza non reggeva, poichè essendovi raggi oscuri invisibili oltre il rosso e il violetto, questi al cambiamento delle onde avrebbero preso le tinte che doveano scomparire pel rosso e pel violetto rispettivamente, talchè il colore generale non sarebbe cambiato. Aggiungevamo però che tal moto potevasi svelare mediante lo spettroscopio. Infatti se il giallo per esempio per tal moto fosse diventato verde questa mutazione non avrebbe però potuto sostituire le linee nere di Fraunhofer pel magnesio o pel sodio, e i raggi mancanti nelle righe b e D; talchè accorciate tutte le onde, anche quelle del magnesio e del sodio si sarebbero accorciate mutando refrangibilità, e per ciò non sarebbero più al posto del magnesio o del sodio chimico bruciato sul nostro globo; talchè queste righe sarebbero spostate nella stella rapporto ai nostri metalli in un senso o in un altro; e se la stella si accostava a noi esse sarebbero andate verso il violetto, se discostavasi verso il rosso. Quello che si dice del sodio deve dirsi dell’idrogeno e altre sostanze chimiche che noi possiamo confrontare colle stelle. Non solo ne additammo il fenomeno, ma cercammo anche di verificarlo colla sperienza, ma i nostri mezzi strumentali erano per ciò troppo grossolani. Per dare una idea della difficoltà dell’esperimento facevamo osservare che per fare accorciare l’onda di 40,63 milionesimi di millimetro e fare che la riga E passasse ad F la stella dovea avere una velocità di 32000 chilometri per secondo, cosa molto improbabile a trovarsi. Ma gli spettroscopii attuali potevano indicare spostamenti assai minori, e per spostare della quantità di cui sono separate le due D1, D2 del sodio bastano 304 chilometri per secondo, e il decimo di questo spazio sarebbesi ottenuto con non più che la velocità della nostra terra attorno al sole. I nostri nuovi esperimenti non furono potuti eseguire che nel 1868, e trovammo allora che mentre la F coincideva con H β dell’idrogeno nella Lira, essa non vi coincideva nell’ε Orsa Maggiore e in altre stelle, ma sempre la mediocrità de’ nostri mezzi lasciava dubbia la quantità dello spostamento, e spesso anche il verso. Laonde abbandonammo il lavoro, per allora.

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Si vede pertanto che definendo l’onda, come abbiam detto noi — «lo spazio che percorre il moto vibratorio nel mezzo durante il tempo della vibrazione molecolare» — non si deve verificare la variazione della lunghezza di onda, nè lo spostamento delle righe.

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Potrebbe quindi accadere che una gran parte dei movimenti stellari, di cui abbiam parlato dianzi, non fossero che dovuti alla traslazione del nostro Sole, ossia non fossero che moti apparenti, e come dicono gli astronomi parallattici. Ma se una gran parte di tali movimenti è dovuta a tal cagione, certamente non lo saranno tutti, e perciò complicandosi il problema del moto apparente col reale, la soluzione diventa più difficile.

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Abbiam detto che questa enumerazione delle stelle benchè incompleta forma uno dei più grandi lavori di astronomia. Per averne un concetto basta riflettere che coi suoi 3400 scandagli, molti dei quali essendo stati ripetuti non fanno che 683 scandagli indipendenti, Herschel non ha esaminato che 1/250 della volta celeste: l’esaminarla tutta avrebbe richiesto almeno 83 anni. Infatti il campo del telescopio avendo solo 15' 4" di diametro equivale a 1/832979 della volta celeste, onde supponendo che si facciano 100 scandagli per notte, e non potendosi contare più di 100 notti propizie al lavoro in un anno, ne risulta la cifra suddetta.

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Abbiam detto che i tempi delle rivoluzioni dei medesimi potevano pure determinarsi colla massima precisione mediante le osservazioni delle loro opposizioni col Sole: ciò e facile capire, ed ecco come.

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Il Polo Australe di questo circolo è, come abbiam detto, presso la stella Fomalhaut, cioè in 10or 45m di A. R, e 30° Decl. Sud, e il Boreale si trova in 22or 45m di A. R e 30° di Decl. Nord non lungi da xi Orsa Maggiore. Esso taglia l’Equatore a 4or 45m e 16or 45m di A R., e l’Eclittica nelle costellazioni del Toro e dello Scorpione presso Antares ed Aldebaran, ed ha una inclinazione di circa 70° alla medesima.

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Abbiam cercato di riprodurre le sue forme nelle Tavole l.a e 2.ª molto ridotte, come è naturale.

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È manifesto che lo spazio occupato da certune deve essere sterminato, abbracciando vaste regioni celesti difficili esse stesse a determinarsi, e definirsi, come quelle di Orione, di Argo e di Andromeda che occupano parecchi gradi interi di estensione: ma anche limitandoci alle più piccole e più decise, come le planetarie sopra mentovate che hanno piccol numero di secondi abbiam già veduto altrove quanta esser debba la loro grandezza reale. Una nebulosa del diametro dell’orbita della terra sarebbe impercettibile. Appena potrebbesi scorgerne una pari a quella di Giove e di Saturno: vedemmo molte esser superiori a quella di Nettuno fra le più compatte e definite come sono le planetarie e le trovammo avere esse dimensioni tali che la nostra imaginazione ne restava perduta.

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Da apposite ricerche col nostro refrattore che è uguale a quello di Dorpat (di 9,6 pollici inglesi) e che abbiam trovato avere una forza penetrante poco diversa dallo specchio di Herschel di 18 pollici, risulterebbe potersi con esso vedere fino alla grandezza quindicesima (15.2), cioè due ordini avantaggiati più oltre del limite assegnato da Johnson. Si concede in genere che le grandezze estreme Herscheliane sono esagerate, e che l’estrema scala di questo astronomo non è in consonanza colla parte superiore della medesima.

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Siccome però l’estensione di questo catalogo interromperebbe troppo il corso dell’opera, così abbiam creduto bene metterlo in fine, ove il lettore lo troverà aumentato di varii accessori sopra la 1a edizione fatta nelle Memorie degli spettroscopisti italiani del 1876.

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Alcuni astronomi hanno asserito che potea farsi a meno della lente cilindrica, giacchè il prisma genera da sè una nappa dilatata; ciò è vero, ma in pratica noi non abbiamo trovato utile questa pretesa semplificazione, ma invece abbiam sempre veduto migliore l’imagine colla lente e perciò l’abbiamo preferita.

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