Palazzo. Mettile su quell'autocarro postale, e torna subito. — Sissignore, — rispose Paolo Pietro, e partí.
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bellissimo sorriso. — E smettila di abbaiare! — continuò Massimo. — È il mio stomaco che abbaia, io non ne ho colpa, — rispose il povero Piuma. Per
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stanze. — E dov'è Rosetta? — chiese Caterí. — Io sono un'amica di Rosetta, — rispose la donnina, — Rosetta non viene mai, ora. — E perché? — chiese
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dall'uscio. Che si deve fare? E fatela entrare! — rispose il Re che quel giorno era allegro. — Maestà, quella vecchietta ha un canestro coperto con un cencio e
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Caterinuccia. — Sono Tit, — egli rispose. — Qui fa piú caldo che fuori. Ho bussato al tuo palazzo perché ho fame. Potrai offrirmi un po' di stufato e la
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lei, si rincantucciò e abbassò gli occhi. — Ma no, signora, — rispose Tit, piuttosto risentito, — é la madre di Bellissima. Avete nessuna notizia di
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— Tit, piangi? — Che? Hai sognato! — rispose la voce adirata di Tit. — Continua a dormire! E Caterí si addormentò, finalmente. Sperava di sognare
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, che è fatta di stoffa. — No, — rispose la Signora, e fece un viso imbronciato a causa del regalo. Allora Tit raccolse una foglia, e con l'unghia ci
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sulla tavola verde, gridò cantando: — Fante, cavallo e re! — Re degli straccioni — rispose chi sa di dove una voce, con l'aria di prendere in giro.
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si mosse. Guardò Pic con uno sguardo sprezzante, e chiese con calma: — E se io le tenessi giú, le mani? Pic non rispose, ma semplicemente si levò di
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fragole. La Signora del Pineto si avvicinò: — Avete trovato Bellissima? - chiese con leggera ironia. — No, — rispose Tit, e non parlò affatto della sua
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arrossí. Tit rispose: — Mi piacerebbe di andare a passare qualche giorno vicino al Palazzo dei Sogni; ma credo di non poter camminare perché sono ancora
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un'enorme valigia piena di stoffe, di nastri e di tappeti: — Desiderate stoffe, signori? — domandò cortesemente. — No, non ci occorre nulla, — rispose Tit. Vi
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zitta, sa fare la frittata di lumache e sa spazzare in terra. — E Grigia vi ricambia? — chiese Tit con interesse. — È qui, il difficile, — rispose il
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in testa. Il suo fazzoletto era grandissimo affinché vi potessero entrare tutte le sue lagrime. Rosetta fece subito un inchino e la Principessa rispose
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Fornaio che abitava lì vicino: — Mi vuoi per fare il pane? — gli chiese. — Signor Negretti, — rispose il fornaio, — con le sue mani nere vuol toccare la
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va quel Negretti? — il canino rispose subito: — Bene! Bene! Si figuri che mi chiama perfino Eccellenza! — e se ne andò a dormire, dondolando la coda
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niente, Eccellenza. — Per niente non si sospira, — rispose il canino. E riprese a saltellare con un'aria sempre pii furba. — Voglio andare in cima a quel
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padre dei vizi? — Io sono di professione cuoco, e l'amico è servitore, — rispose Massimo, — e, proprio in questo momento, il nostro signor padrone ci
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parola, gli dava un calcio. — Bene, — dissi io. — Ora lavorerete e sarete onesti. Che cosa vi piacerebbe di fare? — Io il campione, — rispose Massimo
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Festa del Re che si sceglie una sposa? — Sí, ma insieme con la mia scimmiettina, — rispose la Principessa. Paolo Pietro si grattò la testa, e sospirò
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spiritoso, gridò: - Ehi, nonnetto, mi venderesti quel bellissimo asino? - Ben volentieri — rispose il nonno — ma prima dovresti sentire tuo padre se è
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