LEOPOLDO Umberto Bagliotti-Gagginis, direttore della casa di riposo Villa Felice, stava seduto su di una comoda poltrona in pelle, dietro a
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muro, puntando qualcosa come un cane da caccia. Stava ritto sulle quattro zampe e fremeva in tutto il corpo, frustando l'aria con la coda inquieta
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l'importanza di ciò che stava per dire, fissando con una certa insistenza prima il tenente e poi il brigadiere. Lesse nei loro occhi un'ombra di disagio, un
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testa appoggiata al seno della ragazza. Più in là, con gli occhi aperti e inquieti, stava raggomitolato qualcun altro, che la guardò, la riconobbe, ma
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doleva dentro con uno spasimo da pugnalata. Doveva essere solo uno scherzo dell'immaginazione - si ripeteva - perché il suo cane adesso se ne stava al
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preferiscono essere dimenticati. Così raccolse i vestiti dalla sedia e andò a cambiarsi in bagno. Quando tornò, l'infermiera stava ripulendo la stanza
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, così ricchi e densi che il cucchiaio ci stava dentro in piedi. Dov'erano adesso le mani svelte che per tanti anni avevano sgusciato piselli e fagioli
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fasciava il corpo snello e le stava proprio d'incanto, tant'è che tutti si giravano per strada a guardarla. Ma lei tirava via dritta, per non arrivare
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L' ERNESTO, con il suo largo corpaccione, stava davanti alla porta, pronto a ritardare un'eventuale visita a sorpresa della Maria Pia. Argo, promosso
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suo cuore canino, provava una punta di gelosia per quella mocciosetta neonata che si stava prendendo tanta parte del tempo e dell'affetto del suo
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